Buoni pasto, le nuove norme non risolvono i problemi. Anzi…

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di Oscar Fusini*

Quando si dice che la montagna ha partorito il topolino.

Il nuovo decreto del ministero dello Sviluppo Economico sui buoni pasto, in vigore dal 9 settembre, introduce la cumulabilità dei buoni ed allarga la platea di coloro che possono accettarli, ma non interviene sulla sostenibilità di questi strumenti da parte della filiera coinvolta.

Ci aspettava, dopo anni di ritardo e di difficoltà, una legge che risolvesse i problemi del settore ed invece il provvedimento rischia di aumentare ancora di più le criticità.

Certo, in alcuni ambiti come quello della trasparenza dei rapporti tra emettitori ed esercenti, la legge è un passo in avanti, ma il provvedimento non sana la grave lacuna della non sostenibilità economica del buono e, con questo, l’indebolimento qualitativo della rete degli esercizi e dei servizi erogati.

In primo luogo la tanto decantata cumulabilità non sembra una novità. Il nuovo decreto estende la cumulabilità fino a otto buoni senza chiarire se è per prestazione o giornaliera. Del resto, comunque, questa era una prassi già in uso e consolidata.

Il vero problema dei buoni pasto è a monte. Giusto per non usare giri di parole, occorre ricordare che lo Stato per i buoni pasto dei suoi 900.000 dipendenti vuole risparmiare qualche miliardo di euro e cerca di scaricare il suo onere innanzitutto sui dipendenti che li ricevono, consegnando loro buoni con valore facciale uguale ma con valore reale sempre più basso, e poi sugli esercenti, che devono o dovrebbero offrire un servizio adeguato a prezzi inferiori.

Questo spiega perché il Ministero abbia deciso di allargare la platea di chi li può accettare. Non era un privilegio che fin qui li potessero accettare solo bar, ristoranti ed esercizi limitatamente a piatti pronti per il consumo, dato che il buono rappresentava un servizio sostitutivo della mensa e per questo ha sempre goduto della detassazione che tanto piace a datori di lavoro e beneficiari.

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Oscar Fusini

Ora con i buoni si potrà comprare qualsiasi prodotto alimentare, anche materie prime, semilavorati ecc. non pronti per essere consumati.

Chiaro che da una funzione di servizio si è passati a considerare il buono pasto uno strumento di pagamento e qualche rischio sulla detassazione potrebbe esserci.

In realtà la manovra è più strategica. Dato che la rete dei bar e dei ristoranti fatica a sostenere il costo delle commissioni, si apre l’accettabilità anche alle altre categorie sperando di trovare nuovi accettatori.

Ben venga, allora, che anche gli artigiani, gli agriturismi, gli ittiturismi e tutti coloro che vorranno d’ora li possano accettare, sappiano però che si siedono ad una tavola molto imbandita dove uno solo mangia e tutti gli altri pagano.

In questo modo si rafforzerà il fronte di coloro che chiedono una reale riforma del settore a beneficio di tutti.

Il fatto è che il decreto ministeriale segue il decreto legislativo 50 del 2016 e il suo fatidico art. 144 comma 6 sulle gare d’appalto dei servizi di ristorazione che stabilisce che il ribasso sul valore nominale del buono non possa essere superiore allo sconto incondizionato verso gli esercenti.

Potrebbe avvenire che questa norma faccia da calmieratore delle commissioni – ipotesi molto difficile –, più facile che le commissioni per gli esercenti raggiungano e superino il 20% senza più possibilità di ritorno.

Ma chi potrà sostenere questi nuovi buoni pasto?

Verrebbe da dire nessuno ma qualche disperato lo si trova sempre. Temiamo sempre di più che precipiterà la qualità del servizio e aumenteranno i prezzi. A danno di tutti: consumatori, lavoratori esercenti con lo Stato l’unico che continuerà a risparmiare.

*direttore Ascom Bergamo Confcommercio


Fogalco al fianco delle imprese

La nostra Associazione, attraverso la Cooperativa di garanzia Fogalco – afferma Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo – vuole continuare ad essere al fianco dei nostri Imprenditori, per assisterli nelle loro richieste come si è fatto sino ad oggi per l’ottenimento dei 600 euro, nell’aggiornare gli imprenditori su tutte le novità che sono state introdotte dai Decreti ministeriali e dalle ordinanze regionali, e riguardo alla miriade di domande che i nostri associati in queste settimane ci hanno rivolto ed alle quali abbiamo cercato di rispondere. Sul credito automatico abbiamo costituito un gruppo di lavoro che si è reso disponibile ad accompagnare e assistere gli associati nella predisposizione delle relative richieste di agevolazione.

Decreto Liquidità, Credito Adesso, voucher camerali, sono queste le principali misure dedicate al credito che a livello nazionale, regionale e locale sono state messe a disposizione degli imprenditori e sulle quali Ascom e Fogalco sono fortemente impegnate.
I provvedimenti contengono interventi importanti per le micro, piccole e medie imprese, per i lavoratori autonomi e per i professionisti e sono nate con lo scopo sia di assicurare la necessaria liquidità e il supporto finanziario in questa situazione di emergenza sia di assistere le stesse imprese per il raggiungimento del necessario riallineamento finanziario distorto dalla grave crisi.
Abbiamo raccolto le più significative operazioni di sostegno alle imprese già in fase operativa Credito automatico con massimale di 25.000,00 euro.

Potete trovarle nel vademecum Ascom pubblicato sul sito alla pagina: https://tinyurl.com/ybevvzvl


IL COMMENTO / Occupazione ai livelli pre-crisi, i “lati oscuri” di una buona notizia

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di Oscar Fusini*

La notizia rimbalzata sui media qualche giorno fa relativa al recupero dell’occupazione in Italia non ci ha affatto rinfrancato. I giornali hanno pubblicato i numeri diffusi dall’Inps secondo i quali il mercato del lavoro in Italia ha pressoché recuperato i posti (ne mancano solo 230mila) persi nella doppia crisi 2008-2012 ed ha raggiunto il massimo storico di lavoratori in attività da aprile 2008. La disoccupazione, sempre secondo le stime ufficiali, è calata sotto i 2,9 milioni di unità, valore più basso da dicembre 2012.

Se la notizia è positiva, dal nostro osservatorio la situazione non è però così rosea.

Senza essere pessimisti ad ogni costo, siamo preoccupati per la graduale ma continua riduzione dei lavoratori indipendenti, che in Italia sono passati, dal 2008 ad oggi, dal 35 al 31%.

C’è quindi, e prosegue, il ridimensionamento del mondo dell’impresa, con calo di unità, volume d’affari e, insieme, del numero delle persone, titolari e collaboratori, che lavorano nell’impresa stessa.

Per qualcuno questa concentrazione potrebbe rappresentare una risposta al problema del nanismo delle imprese italiane, per noi il dato rappresenta soprattutto il ripiegamento di un modello economico e sociale che ha garantito crescita e prosperità nel nostro paese. Quel modello ha sostenuto l’imprenditorialità diffusa e la classe media con il suo innalzamento della qualità della vita. E l’elezione americana è lì a confermare quanto la frattura e l’impoverimento della classe media possa determinare esiti inaspettati anche nella politica.

L’impoverimento non è solo quantitativo. Se il lavoro era già pesante per il piccolo imprenditore ieri, oggi è addirittura estenuante perché, a fronte di un ridimensionamento economico e di status, non è corrisposto un effettivo aiuto nella diminuzione degli adempimenti e della burocrazia. Difficile pensare che la spinta al lavoro in proprio come ricerca di uno status e di maggiore guadagno possa mantenersi anche nella nostra provincia ai livelli degli anni del boom economico. I numeri tengono in forza di un turnover di nuovi imprenditori che aprono e chiudono alla ricerca di uno sbocco occupazionale o come risposta alla precarietà del posto di lavoro.

Anche per i lavoratori dipendenti la situazione pensiamo non sia affatto migliorata in questi anni. Crescita inconsistente se non riduzione, mancanza di prospettiva delle imprese unitamente a obiettivi più complessi e budget ridotti hanno imposto impegno più snervante e remunerazioni più contenute per i lavoratori dipendenti. D’altronde sembra quantomeno difficile che un imprenditore che perde o guadagna molto meno possa pagare di più i suoi dipendenti.

Senza una crescita effettiva, di almeno il 2-3% annuo, difficilmente potremo invertire una rotta che offre poche prospettive ai titolari di impresa ed anche ai loro dipendenti. Occorre snellire, sburocratizzare e in generale offrire prospettive di lungo termine e di largo respiro agli imprenditori.

La partita si giocherà sui giovani, la formazione e il loro inserimento nel mondo del lavoro.

Il sistema educativo deve intensificare la crescita delle competenze e i ponti tra scuola e impresa. Il Job’s Act ha dato un segnale di discontinuità rispetto al passato nel rompere il modello dei compartimenti stagni formazione/lavoro/pensione verso un processo più liquido che immette la formazione nell’intero percorso lavorativo della persona. Segnale di cambiamento che deve tradursi in leggi, incentivi, sgravi per non restare nelle intenzioni del legislatore.

Le istituzioni e le scuole devono compiere i passi necessari per rendere realmente appetibile l’assunzione dei giovani. Infine il cambio culturale è anche del mondo dell’impresa che, al di là degli incentivi, deve saper rileggere i propri modelli di alternanza e di inserimento lavorativo che non possono essere interpretati in una logica solo conservativa ma di cambiamento e miglioramento continuo.

Insomma, numeri in crescita a parte, c’è ancora molto, ma molto, da fare.

*direttore Ascom Bergamo Confcommercio


Dettaglio alimentare, rallentano investimenti e occupazione. «Colpa anche dei nuovi voucher»

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Consumi giù e ricavi in peggioramento. È il quadro che emerge dall’Osservatorio congiunturale sulle imprese del commercio al dettaglio dell’alimentazione realizzato da Format Research per Fida, relativo al primo semestre dell’anno.

Il risultato dei due fattori è un rallentamento di investimenti e occupazione: tra le imprese che hanno visto ridursi i ricavi, oltre la metà è stata costretta – secondo la rilevazione – a rivedere i propri piani di investimento o ad intervenire sugli organici, contribuendo all’immobilismo del quadro occupazionale, in rallentamento nella prima parte dell’anno.

Non aiutano le recenti disposizioni del Governo in materia di lavoro occasionale. Tra le imprese del comparto emerge infatti un malcontento dovuto, da una parte, all’eliminazione dei voucher, dall’altra alla “contromisura” adottata, i cosiddetti “nuovi voucher”.

Ad oggi, solo un’impresa su quattro sembra intenzionata ad utilizzare il nuovo istituto, accompagnato da un’ombra di scetticismo riconducibile alle caratteristiche dello stesso: l’86% delle imprese auspica l’eliminazione del tetto massimo di 5mila euro annui previsto dalla legge e il 70% spera nell’estensione della possibilità di utilizzo dello strumento a tutte le imprese, al di là della dimensione.

Resta stabile, secondo l’Osservatorio, la capacità delle imprese del dettaglio alimentare di far fronte al proprio fabbisogno finanziario. La tendenza resta comunque meno performante della media, anche a causa della pressione fiscale, giudicata in aumento dall’85,9% degli operatori.

Torna difficile, infine, il rapporto con le banche. Se da una parte è stabile la quota di imprese che si recano in banca per chiedere credito, dall’altra diminuiscono coloro che ricevono risposta positiva (il 68%, ma quasi la metà con un ammontare inferiore a quello desiderato).


Amazon, un modello perfetto. Ma è proprio quello che vogliamo?

di Oscar Fusini*

Dove stiamo andando? Ci soddisfa questo modo di “fare commercio”? Fino a quando sarà sostenibile? Sono le domande sorte dopo la visita al centro Logistico di Amazon a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, proposta dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio Milano, alla quale abbiamo partecipato con una rappresentanza dei nostri Giovani Imprenditori.

Si tratta di un centro logistico moderno e integrato, diverso da come lo si potrebbe immaginare. La più grande internet company del mondo riserva agli ospiti un’accoglienza impeccabile, una visita guidata nel cuore della propria portentosa logistica – durata circa un’ora e un quarto – in perfetto stile americano: guida con microfonino, cuffie collegate di colori diversi a seconda del canale di frequenza, spostamenti precisi, nessuna pausa né fronzoli. Visita perfetta. Guida bravissima. Si è potuto assistere a tutte le fasi che si svolgono all’interno del grande centro, dall’arrivo della merce allo stoccaggio nel magazzino, al prelievo, all’imballaggio fino alla spedizione.

Non ci sono dubbi, ci si trova al cospetto di un meccanismo ben ordinato, con procedure standardizzate, in cui vengono valorizzate le idee e le proposte dei singoli dipendenti. Ma è proprio l’aver visto da vicino gli ingranaggi del colosso che sta rivoluzionando il modo di fare acquisti in tutto il mondo a far nascere alcune riflessioni – serene e lontane da una visione puramente conservatrice -, sulla moderna e modernissima distribuzione.

Ciò che ha colpito immediatamente è stata la differenza tra percezione e realtà. Un conto è infatti interfacciare una maschera internet di un’organizzazione leader, che vende milioni di articoli, che ha il più grande assortimento al mondo, che è uno dei più grandi magazzini commerciali e che gestisce ogni giorno decine di migliaia di spedizioni. Un altro è vedere all’opera questa realtà: percepire la velocità delle macchine, dei rulli e delle persone che si muovono all’unisono, in un sistema teso a ridurre i costi e i tempi. Questo è certamente il nuovo che avanza. Moderno, efficace, efficiente sempre più robotizzato e innovativo.

Ma a chi conviene questo progresso?

Certamente, in primis, ai consumatori che desiderano visionare l’assortimento massimo di ciascuna referenza e trovare il prodotto che cercano al prezzo più basso. L’idea che paga psicologicamente è di fare, o pensare di fare, un affare paga. Però è un’idea non è una certezza.

Il consumatore vuole poi una consegna rapida ed efficiente e Amazon la offre. Ma fino a quando questo sistema sarà sostenibile nel lungo termine? Perché corrieri diversi che arrivano alla stessa casa per portare pacchi diversi a più famiglie o alla stessa famiglia non è detto che sia, almeno da un punto di vista ambientale ed economico, sostenibile.

Il cliente però non si accorge che sta perdendo qualcosa: l’aspetto emozionale del fare l’acquisto, il sistema di relazione con le persone, l’empatia che unisce chi vende a chi compra, la consulenza preziosa di un venditore esperto. Perde, infine, la luce dei negozi sotto casa, che chiudono a favore di un maxicapannone agli imbocchi dell’autostrada, dove si lavora 7 giorni su 7 per 365 giorni all’anno.

Amazon “conviene” poi ai produttori, che trovano nel breve termine un partner commerciale efficiente e che per volumi è oggi un canale in fortissima crescita. Ma fino a che punto è opportuno per un produttore di marca avere uno o pochi clienti di questa dimensione con un potere contrattuale maggiore rispetto al proprio?

E poi, naturalmente, ci sono i posti di lavoro, fintanto che, nel nome di una maggiore efficienza, gli addetti non saranno sostituiti quasi interamente da macchine e robot. Quanto al tipo di lavoro – personalmente – fa pensare ad una catena di montaggio fordista, che lascia poco spazio a movimenti diversi da quelli stabiliti, secondo tempi ben regolati, sette giorni su sette, per tre turni (almeno nei giorni feriali) e che offre uno stipendio sicuro a molti e vera ricchezza a pochi.

La verità è che il modello di Amazon è vincente, ma completamente diverso da quello al quale siamo abituati e da quello che vorremmo. È un modello molto “americano”, così lontano da quello di sviluppo economico e sociale delle piccole e medie imprese, delle famiglie, dei collaboratori familiari, che ha creato la ricchezza diffusa e lo sviluppo economico del nostro territorio e che ha dato vita alle nostre città e ai nostri borghi.

Chi rappresenta questo mondo non può fare a meno di volere che anche i propri figli possano continuare a condividerne i valori e i vantaggi. Valori e vantaggi che, invece, stiamo rottamando a colpi di liberalizzazione selvaggia, deregolamentazione, recepimento di direttive europee “farlocche”. Pensiamo bene dove vogliamo arrivare o sarà troppo tardi.

È su queste riflessioni che come associazione intendiamo aprire un confronto serio e costruttivo per gettare le basi delle nostre azioni future.

* direttore Ascom Bergamo Confcommercio


Ristoranti e bar, il lavoro c’è ma pochi lo vogliono. Ecco perché

Secondo una recente indagine della Federazione italiana dei pubblici esercizi, nel 2016 le aziende del settore hanno avuto difficoltà a trovare 4mila tra cuochi, camerieri e baristi. Pare strano, in un periodo in cui ogni giorno si legge del problema della disoccupazione giovaile eppure, a sentire i gestori, mancano candidati (per il 31,5% degli intervistati) e chi si propone non ha competenze professionali adeguate (lo sostiene il 68,5% delle imprese).

Il problema è sentito anche a Bergamo. Ristoranti e bar sono costantemente alla ricerca di personale e la denuncia comune dei titolari è di una generale mancanza di motivazioni e interesse. I giovani non sono disponibili a lavorare nel weekend, alcuni mollano ancora prima di iniziare, altri spariscono dopo un paio di servizi, c’è anche chi non si presenta ai colloqui e addirittura chi chiama il giorno prima per rinunciare all’incarico con assurde motivazioni: questi i casi più comuni raccolti tra gli addetti ai lavori.

Non solo. I ragazzi sono poco preparati e le cose stanno peggiorando. «Nessuno sa più come si porta un piatto a tavola, come si accoglie un cliente che entra nel locale – è opinione concorde di chi cerca camerieri -. Ci sono troppo pochi veri professionisti e moltissimi giovani che cercano di avvicinarsi senza passione e amore». In pratica la ristorazione e la somministrazione più che attirare persone interessate e ambiziose sono l’approdo incerto di ragazzi senza alternative.

I dati appaiono ancora più sorprendenti se si considera l’aumento delle scuole che forgiano cuochi, camerieri, baristi e pasticceri (a Bergamo l’ultima è nata a gennaio all’Isis Guido Galli) e il boom di iscrizioni agli istituti alberghieri. Il Miur parla di 204.327 iscritti nell’anno scolastico 2016/17, un piccolo esercito munito di coltelli e shaker che finisce disperso chissà dove.

A creare questo trend ha giocato senza dubbio la fascinazione per il mestiere esercitata dai talent show di cucina, Masterchef in primis. Ma perché, allora, domanda e offerta non si incontrano? Perché gli studenti si iscrivono agli istituti alberghieri e poi, terminata la scuola, fanno altro? Abbiamo posto queste domande agli insegnanti, per capire soprattutto come si può uscire da questa impasse. Ecco cosa ci hanno risposto.

Marco Cimmino (ex docente Istituto alberghiero Nembro)

«I nuovi programmi scolastici sono un disastro»

Marco Cimmino, docente per molti anni all’Istituto alberghiero di Nembro, punta il dito contro i nuovi programmi scolastici. «Un tempo si studiava per tre anni e anno per anno si imparavano le ricette dei primi, dei secondi, dei dolci. Gli studenti uscivano da scuola con l’ossatura della professione. Oggi negli istituti professionali non bisogna più insegnare il mestiere, ma rendere lo studente capace di imparare in modo elastico perché non è detto che chi frequenta l’alberghiero poi lavori nel settore, potrebbe fare anche l’elettricista. È una linea di tutte le scuole ma nel ramo professionale si sente ancora di più».

«Negli anni questa teoria si è rivelata disastrosa, eppure si continua a seguirla – rileva -. E il risultato, nonostante la bravura di alcuni presidi, è che gli studenti non sono più elastici, solo più ignoranti. Non si può non tener conto dello sbocco professionale a cui ci si rivolge».

Persa la specializzazione che avevano anni fa, le scuole ora danno una preparazione più ampia, ma nella realtà del lavoro poco concreta. «Lo stesso corpo docente, pur preparato – dice -, spesso è formato da insegnanti che non hanno alle spalle esperienze professionali. In alcuni casi, sono ex allievi, bravi sul piano teorico, ma spesso non in grado di trasferire le competenze del mestiere. Le cose che insegnano le hanno imparate nell’alberghiero vecchio stile».

Brizio Campanelli (dirigente Ipssar San Pellegrino)

«La scuola punta a dare le basi, non può insegnare tutto»

L’Ipssar di San Pellegrino Terme, quanto a incontro tra domanda e offerta di lavoro, rappresenta un modello virtuoso: tra il 48 e il 50% dei suoi diplomati lavora almeno un giorno nell’anno successivo al diploma, contro il 18% circa della percentuale regionale e il 15-18% della media nazionale. I dati di Fondazione Agnelli parlano di una coerenza altissima. «Riceviamo richieste dal mondo del catering, del franchising e dei fast food che sono più confacenti ai ragazzi; per un po’ di tempo possono andare bene, ma non soon mai scelte definitive. Abbiamo un incontro annuale con Esselunga che ogni anno fa assunzioni e quest’ anno abbiamo creato un rapporto anche con Percassi settore food. Sulla pagina Facebook degli ex alunni arrivano offerte di lavoro da parte delle aziende. Questo anche grazie alla storicità dell’Istituto e alla fama del marchio “San Pellegrino”», dice il dirigente scolastico Brizio Campanelli.

«Le richieste da parte di ristoratori, baristi e albergatori e catene del food sono talmente tante che gli studenti delle scuole non sono sufficienti a coprirle. Inoltre i giovani sentono il fascino dell’estero e molti tendono a muoversi e a spostarsi a lavorare in altre zone. D’estate tantissimi vanno in località balneari o in centri montani. In generale, appena diplomati, i ragazzi accettano il primo lavoro che capita loro, poi cercano occasioni migliori, con uno stipendio più alto. Non tutti vanno avanti per molti anni a fare questo mestiere».

Campanelli difende il ruolo della scuola. «La cucina di oggi non è quella di 20 anni fa. Non dobbiamo formare esecutori di ricette, ma preparati sulla salute, sugli aspetti nutrizionali e con una cultura ampia del cibo e del lavoro. È difficile insegnare tutto in aula, si punta a dare una preparazione di base».

Il profilo di chi si iscrive all’istituto alberghierio è duplice: chi ha già genitori, amici o familiari che lavorano nella ristorazione ed è cresciuto sgambettando in cucina e chi esce con voti bassi e pensa che sia una scuola facile scegliendola come ripiego rispetto a indirizzi più impegnativi (in realtà, assicurano gli insegnanti, proprio per le motivazioni illustrate sopra, le materie non sono più semplici). Chi ci crede veramente e vuole diventare uno chef stellato è raro. «In generale tutti gli studenti, non solo chi fa l’alberghiero, sono poco motivati – rileva il dirigente -. Purtroppo l’idea di impegnarsi nello studio per il lavoro non c’è. Chi è motivato difficilmente lo è per ragioni economiche. La vastità di interessi che hanno i ragazzi oggi contribuisce a renderli poco ambiziosi».

Irina Cigolini (docente iSchool Bergamo)

«Il problema è anche nella qualità del lavoro offerto»

All’iSchool di Bergamo l’apprendimento del mestiere rimane invece una materia importante. Tanto che l’istituto ha addirittura creato al suo interno un ristorante didattico, un’esperienza forse unica in Italia. «I ragazzi che si iscrivono al nostro istituto alberghiero, sin dalla classe prima sono inseriti nell’ambito lavorativo e possono rendersi conto di ciò che comporta in termini di sacrifici e soddisfazioni l’appartenere al mondo della ristorazione – dice una delle docenti, Irina Cigolini -. Il ristorante interno offre loro un’opportunità formativa professionale concreta e accresce le loro competenze permettendo di confrontarsi con la realtà operativa». Non tutti continuano il percorso, «spesso si rendendo conto di aver fatto una scelta non dettata dalla passione, ma dalla moda del momento», evidenzia.

Se domanda e offerta di lavoro nella ristorazione non si incontrano il problema, secondo Cigolini, è in molti casi è la qualità del lavoro che viene loro offerto. «Purtroppo non tutti coloro che offrono opportunità in questo campo sono professionisti del settore e spesso si incorre in situazioni di sfruttamento. Gli orari e i ritmi di lavoro sono decisamente impegnativi con turni che poco spazio lasciano ad una vita privata».

Il nodo dello stipendio

Oggi in Italia negli esercizi pubblici e negli alberghi si rimediano al massimo lavori part-time o a tempo determinato. Di media, per un primo impiego a tempo determinato (7 ore al giorno con un giorno di riposo) lo stipendio si aggira sui mille euro al mese che salgono a 1.300 quando il lavoro va “a regime”. Con i nuovi Presto – Contratti di prestazione occasionale che hanno preso il posto dei voucher -, il compenso netto per il lavoratore è di 9 euro netti l’ora, più o meno la stessa cifra che resta in tasca anche con i contratti a chiamata. Pochi? Tanti? La cosa certa è che il mestiere della tavola, lontano dai riflettori degli studi televisivi e al netto della fama che solo in pochissimi possono raggiungere, è tra i più faticosi e impegnativi e che nella maggior parte dei ragazzi la voglia di sacrificarsi non c’è.

Eblink, il portale che fa incontrare domanda e offerta

Sul web sono diversi i portali e le app che aiutano a fare incontrare domanda e offerta di lavoro nel settore della ristorazione e dei pubblici esercizi. A Bergamo, uno strumento utile è il sito www.eblink.it, creato dall’Ente Bilaterale del Terziario che dà la possibilità di pubblicare annunci e candidature, mettendo in contatto le aziende del territorio con chi è alla ricerca di un impiego.


Nuove professioni, con le regole arrivano anche le opportunità

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«Lo Statuto del lavoro autonomo, approvato lo scorso 22 maggio, riconosce che il lavoro non è solo quello dipendente e che le prospettive di crescita occupazionale sono sempre più legate alle professioni». Così Anna Rita Fioroni, coordinatrice di Confcommercio Professioni, sintetizza la portata della nuova – e attesissima – legge che per la prima volta introduce un quadro di regole per tutte le libere professioni, sia quelle ordinistiche sia quelle non organizzate in ordini e collegi: un’ampia platea, quest’ultima, che copre l’intero spettro dei servizi alla persona e all’impresa, che va da attività più tradizionali, come l’amministratore di condomini o il consulente tributario, a quelle più innovative, spinte dalla progressiva digitalizzazione, come l’esperto di Ict, di comunicazione, il formatore, il designer.

L’occasione il convegno che l’Ascom di Bergamo ha dedicato alle novità legislative e che ha “ufficializzato” l’apertura dell’associazione verso le attività professionali. Oltre a Fioroni, hanno illustrato e si sono confrontati sul provvedimento l’onorevole Elena Carnevali, Maurizio Dal Conte, presidente dell’Anpal, Agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro, ed Emmanuele Massagli, presidente Adapt e docente di Pedagogia del lavoro presso l’Università degli Studi di Bergamo.

Numeri in crescita

Che si tratti di un settore strategico lo dimostrano i numeri. Secondo l’ultima analisi effettuata da Confcommercio Professioni, in Italia circa un quarto degli occupati è rappresentato da lavoratori indipendenti e la crescita dei professionisti “non ordinistici” è netta, +49% nel periodo 2009-14, per un totale che nel 2014 si è attestato sulle 340mila unità. Anche in provincia di Bergamo il mondo delle Partite Iva è in crescita: solo nel primo quadrimestre di quest’anno si sono registrate oltre 1.100 aperture, il 5% in più rispetto allo scorso anno.

Più tutele

«Lo statuto – prosegue Fioroni – dà una risposta regolatoria alle nuove esigenze del mercato, in primo luogo alla necessità di tutelare la libera scelta professionale, offrendo condizioni favorevoli, dal punto di vista burocratico, fiscale e previdenziale, per esercitare l’attività».

Tutte importanti le “conquiste”, ottenute anche grazie al confronto costante di Confcommercio Professioni con Governo e Parlamento nella fase di redazione della legge. «Le novità si possono riassumere in tre linee – sintetizza Fioroni -. La prima riguarda la tutela contrattuale vera e propria, in particolare in materia di tempi di pagamento, con la norma che rende inefficaci le clausole oltre i 60 giorni. Il secondo versante è quello del welfare e della previdenza con novità importanti per maternità e conciliazione tra vita e lavoro, tema fondamentale per le libere professioni».

La sfida della competitività…

Il terzo punto è anche quello sul quale Confcommercio Professioni punta maggiormente: la competitività. «L’ambizione – spiega la coordinatrice – è costruire un percorso di rappresentanza unitaria che riconosca il ruolo e il protagonismo delle professioni per l’apporto di qualità che possono dare all’economia». Importanti sono perciò le iniziative che promuovono la formazione e la qualificazione, su tutte la deducibilità integrale delle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento.

«Ci sono poi strumenti che possono diventare strategici, ma che al momento non lo sono e sui quali ci impegneremo con un monitoraggio stretto – evidenzia -. Lo Sportello del Lavoro autonomo, che, in capo ai Centri per l’impiego e agli enti accreditati, dovrebbe orientare chi intende dedicarsi ad una professione indipendente. Ci impegneremo anche nel promuovere presso la Pubblica Amministrazione l’apertura delle gare d’appalto ai lavoratori autonomi, come previsto dallo Statuto. Grandi partite sono anche la costituzione di consorzi e reti e l’attenzione a come le Regioni interpretano la parificazione tra libere professioni e imprese per l’accesso ai fondi strutturali europei». Molto, quindi, deve ancora essere sviluppato per in termini di opportunità.

… e del riconoscimento delle competenze

170717 - convegno lavoro autonomo (1)«Il nuovo statuto è un passo avanti – aggiunge Fioroni – ma non basta. C’è ancora tanto da fare, in fatto di previdenza, ad esempio, di squilibrio tra pressione contributiva e prestazioni previdenziali. E poi c’è il nodo della bassa redditività e la necessità di dare vita ad un sistema moderno che, in un mercato selvaggio, valorizzi le prestazioni di qualità. In questo molto possono fare le associazioni di rappresentanza di settore, chiamate espressamente a rendere riconoscibili le competenze, a vantaggio anche del committente».

In questo nuovo quadro di regole, opportunità e ulteriori riconoscimenti da ottenere come può muoversi il singolo professionista? «La presenza di un coordinamento nazionale tra le diverse associazioni professionali quale Confcommercio Professioni e di un punto di riferimento territoriale, rappresentato dalle Ascom, offrono senz’altro un supporto utilissimo per rappresentanza e servizi», conclude Fioroni.


Lavoro autonomo, professionisti a confronto con gli esperti della nuova legge

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Ascom e Confcommercio Professioni organizzano un convegno dedicato ai titolari di partita Iva, dal titolo “Lavoro autonomo, lo statuto è legge. Quali novità?”, in programma lunedì 17 luglio alle 18 nella Sala Conferenze della sede cittadina dell’associazione.

Con la legge 22 maggio 2017 n. 81, il cosiddetto “Jobs Act degli autonomi”, si supera infatti finalmente il pregiudizio per cui la scelta professionale autonoma sia sempre e comunque involontaria, esito della mancanza di lavoro e non della libera volontà di chi è pronto a sfidare il mercato senza il “paracadute” del contratto di lavoro subordinato.

Il convegno rappresenta un momento di confronto con professionisti e addetti ai lavori sulle nuove misure per la competitività, la formazione, la crescita e il welfare dei lavoratori autonomi. All’incontro, che si aprirà con i saluti del presidente Ascom e Camera di Commercio Bergamo Paolo Malvestiti, prenderanno parte l’onorevole Elena Carnevali, Anna Rita Fioroni, coordinatrice di Confcommercio Professioni, Maurizio Dal Conte, presidente dell’Anpal, Agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro, e Emanuele Massagli, presidente Adapt e docente di Pedagogia del lavoro presso l’Università degli Studi di Bergamo. L’incontro sarà moderato da Elvira Conca, giornalista de L’Eco di Bergamo.

«Il convegno rappresenta il primo impegno della nostra Associazione per estendere e aprire la nostra rappresentanza ai lavoratori autonomi. È una “categoria” in crescita anche nella nostra provincia, che non fa riferimento a ordini o collegi professionali e che non gode delle tutele delle attività d’impresa – sottolinea il presidente Ascom Paolo Malvestiti -. Stiamo creando servizi su misura per il variegato mondo delle professioni e la nostra Cooperativa di Garanzia Fogalco ha già disposto linee di credito dedicate».

«In un’epoca di cambiamento come questa è necessario investire su chi è disposto a rischiare, prima di tutto su se stesso, sulle sue competenze, sui suoi talenti – sottolinea il direttore Ascom Oscar Fusini -. Il Jobs Act è un primo passo in questa direzione per vincere definitivamente ogni diffidenza sul lavoro autonomo e superare il più insormontabile degli steccati tra autonomia e subordinazione: il pregiudizio culturale».


Lavoro occasionale, al via i nuovi “voucher”. In Ascom il servizio di attivazione

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Per le aziende arrivano i “nuovi voucher”. Si chiamano Prest.O, acronimo di prestazione di lavoro occasionale, e non sono dei ticket, ma dei veri e propri contratti di lavoro utilizzabili dalle aziende che hanno un massimo di cinque dipendenti a tempo indeterminato. La procedura per i nuovi contratti è attiva da oggi, 10 luglio, sulla piattaforma digitale dell’Inps. L’Ufficio Politiche del lavoro e relazioni sindacali dell’Ascom di Bergamo è a disposizione dei soci per la consulenza, la registrazione al portale e per la comunicazione della prestazione. (Info: tel. 035 4120111)

Ecco come funzionano

Chi può utilizzarli

  • l’impresa utilizzatrice, o il professionista, non deve avere più di 5 lavoratori a tempo indeterminato;
  • l’impresa non deve appartenere al settore edile e non deve svolgere attività pericolose (come attività nelle cave e nelle miniere);
  • l’utilizzatore non deve essere coinvolto nell’esecuzione di appalti di opere o servizi;
  • l’utilizzatore non deve aver avuto, con lo stesso lavoratore, da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa
  • il compenso derivante dalla prestazione del singolo lavoratore non deve oltrepassare i 2.500 euro annui;
  • i compensi complessivi derivanti dai Presto non devono superare i 5.000 euro annui (il tetto sale a 6.250 euro, se la prestazione è resa da pensionati, giovani con meno di 25 anni purché iscritti a scuola o università, disoccupati, percettori di sussidi a sostegno del reddito);
  • la singola prestazione non deve superare le 4 ore continuative;
  • il compenso per singola prestazione non deve essere inferiore a 36 euro;
  • non bisogna superare il tetto massimo di 280 ore annue (70 pacchetti da 4 ore).

Attenzione, in caso di superamento del limite di 2.500 euro, per prestazioni rese complessivamente da ogni prestatore in favore dello stesso utilizzatore, o comunque del limite di durata della prestazione pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Inoltre, nel caso di violazioni relative all’obbligo di comunicazione è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.500 per ogni prestazione lavorativa giornaliera.

Il lavoratore con contratto di prestazione occasionale ha inoltre diritto al riposo giornaliero, alle pause e ai riposi settimanali

Registrazione e attivazione del contratto

Per attivare una prestazione occasionale, è innanzitutto necessario che committente e lavoratore si registrino, con le loro credenziali, all’interno del portale Inps. Si accede, poi, a un’apposita piattaforma telematica, nella quale il committente dovrà attivare la prestazione inserendo un’apposita comunicazione. La comunicazione deve essere inviata, attraverso la piattaforma Inps, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione; è possibile avvalersi anche dell’aiuto di un intermediario.

La Comunicazione deve contenere:

  • i dati anagrafici e identificativi del prestatore;
  • il luogo di svolgimento della prestazione;
  • l’oggetto, la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione;
  • il compenso pattuito in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a quattro ore continuative nell’arco della giornata.

L’attivazione della prestazione è notificata al prestatore di lavoro direttamente dall’Inps, tramite sms o posta elettronica. Se la prestazione non viene resa, il datore di lavoro ha 3 giorni per comunicarlo all’Inps; in caso contrario, l’Inps effettua comunque i pagamenti.

Il pagamento della prestazione

Il compenso netto per il lavoratore previsto dai Presto è pari a 9 euro l’ora. Il pagamento viene effettuato dall’Inps entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata svolta l’attività lavorativa. Il pagamento avviene direttamente nel conto corrente indicato dal lavoratore; in mancanza, avviene tramite bonifico domiciliato alle Poste. Il committente è tenuto a pagare la prestazione utilizzando il modello F24, senza, però, poter compensare eventuali crediti contributivi o fiscali. Non è invece possibile effettuare pagamenti presso le tabaccherie acquistando carnet di buoni, come avveniva con i vecchi voucher.


Alternanza scuola-lavoro, dalla Camera di commercio contributi per le pmi

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La Camera di Commercio di Bergamo promuove l’alternanza scuola-lavoro, avvicinando le imprese ai percorsi scolastici. Con l’obiettivo di promuovere l’iscrizione nel Registro Nazionale per l’alternanza scuola-lavoro e l’inserimento di giovani studenti, l’Ente mette a disposizione 35mila euro di contributi (con possibilità di una successiva integrazione).

TIPOLOGIA DI INTERVENTI AMMISSIBILI

Sono ammesse alle agevolazioni le attività previste dalle singole convenzioni stipulate fra impresa ed Istituto scolastico per la realizzazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro, presso la sede legale o operativa dell’impresa, in provincia di Bergamo. I percorsi dovranno essere realizzati a partire dal 19 giugno 2017 e fino al 22 dicembre 2017. Il contributo sarà erogato solo a fronte di percorsi di alternanza scuola-lavoro effettivamente svolti e rendicontati. I tutor aziendali potranno essere designati dalle imprese anche tra soggetti esterni alle stesse e dovranno essere in possesso di esperienza e di competenze professionali adeguate. Al fine di integrare le conoscenze con le nuove linee di indirizzo camerale in termini di alternanza scuola-lavoro, i tutor aziendali indicati nei progetti formativi dovranno essere in possesso dell’attestato di frequenza ad uno dei percorsi di formazione gratuito, della durata di 4 ore, appositamente organizzati da Bergamo Sviluppo

ENTITÀ DEL CONTRIBUTO

L’agevolazione prevede il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dell’impresa ospitante:

  • 400 euro per la realizzazione da 1 sino a 2 percorsi individuali di alternanza scuola-lavoro;
  • 600 euro per la realizzazione da 3 sino a 4 percorsi individuali di alternanza scuola-lavoro;
  • 800 euro per la realizzazione di 5 percorsi o più percorsi di alternanza scuola-lavoro.

AZIENDE AMMESSE

Possono presentare domanda le micro, piccole e medie imprese che, dal momento della presentazione della domanda e fino alla liquidazione del contributo, abbiano la sede legale e/o un’unità operativa nella provincia di Bergamo; siano regolarmente iscritte al Registro delle imprese della Camera di commercio di Bergamo, attive ed in regola con il pagamento del diritto annuale; non si trovino in stato di fallimento, di liquidazione, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente e nei cui riguardi non sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni; siano iscritte nel Registro nazionale alternanza scuola-lavoro (http://scuolalavoro.registroimprese.it); abbiano regolarmente assolto gli obblighi contributivi previdenziali e assistenziali; non abbiano già beneficiato di altri aiuti pubblici a valere sui medesimi interventi agevolati; non abbiano in corso, alla data di presentazione della domanda di contributo, contratti di fornitura di beni-servizi, anche a titolo gratuito, con la Camera di Commercio di Bergamo,

MODALITÀ E TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI CONTRIBUTO

Le domande di contributo possono essere presentate a partire dal 19 giugno 2017 sino al 30 settembre 2017 salvo chiusura anticipata del bando per esaurimento dei fondi disponibili. La comunicazione relativa all’eventuale esaurimento dei fondi verrà pubblicata sul sito www.bg.camcom.gov.it. Le domande di contributo, redatte utilizzando la modulistica pubblicata qui e firmate digitalmente, dovranno essere inviate all’indirizzo di posta elettronica certificata bergamosviluppo@bg.legalmail.camcom.it, inserendo nell’oggetto la dicitura bando alternanza scuola-lavoro.

Le domande di contributo saranno accettate in ordine cronologico di arrivo, determinato dalla data e ora di ricevimento della mail di richiesta del contributo.