Enrico Bertolino: «Se v’invito a cena non chiedetemi cosa si mangia»

Enrico Bertolino: «Se v’invito a cena non chiedetemi cosa si mangia»

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Enrico Bertolino è comico, conduttore televisivo, cabarettista ed esperto di comunicazione (è laureato in Economia alla Bocconi ed è manager nelle risorse umane). Da 30 anni è uno dei protagonisti dell’umorismo italiano. Il 31 dicembre si esibirà al Teatro Creberg di Bergamo nello spettacolo “Buon 2042! La festa di Capodanno”, un monologo sul meglio e il peggio dell’anno appena trascorso. Qui ci racconta il suo amore per il cibo fatto a mano, la sua curiosità per le cucine etniche e la sua amicizia con gli chef Berton e Oldani.

Che rapporto ha con il cibo?

«Di sudditanza psicologica, sono sempre in lotta con i regimi alimentari. Mi piace mangiare bene, le cose buone, anche sperimentare le cucine etniche».

Trattoria o ristorante stellato?

«Entrambi. Non amo il ristorante stellato perché è stellato ma quando ha una cucina curiosa. Come quella di Oldani e Berton, che sono amici e con i quali facciamo anche iniziative di solidarietà. In queste occasioni faccio l’assistente di cucina. E a Bergamo mi piace molto Da Vittorio anche perché lo conoscevo, non sono mai rimasto deluso dai suoi ravioli. Ma non disdegno la trattoria. Nella zona dove abito a Milano ne stanno aprendo diverse. Quando posso, le sperimento».

Dolce o salato?

«Adesso salato. Prima molto dolce».

Cosa non può mancare nella sua dispensa?

«L’amore per come si fanno le cose, le pietanze fatte a mano. Ora limito il sale e mi piace mettere lo zenzero, lo scalogno, i condimenti nuovi. Con l’età si diventa saggi».

Ai fornelli, cuoco esperto o piccolo disastro?

«Ai fornelli sono più bravi i ragazzi della scuola di Oldani. Ma a casa quando posso cucino. La nostra è una famiglia italo-brasiliana, mia figlia ama i piatti brasiliani».

Qual è il suo piatto preferito?

«Il vitello tonnato, è una combinazione irresistibile per me ed è un piatto che cucinava mia mamma. Ora che non cucina più glielo prepariamo noi. In generale mi piacciono i piatti tradizionali ma anche la cucina etnica. Ad esempio il churrasco. Deluderò qualcuno, ma sono tutto tranne che vegano».

Cosa mangia dopo uno spettacolo?

«Un primo o un secondo e poi chiudo con la sambuca. Sono entrato nel tunnel della sambuca. Prima di uno spettacolo invece non mangio mai, devo stare leggero. Un tempo si mangiava molto. Addirittura si facevano le tournée per poter andare a mangiare, nelle Marche ricordo dei ristoranti molto buoni. Adesso dopo cena è molto difficile trovare una cucina aperta, c’è poca cultura del dopo spettacolo. Possiamo contare su qualche ristoratore disponibile che tiene aperto, sono serate che non dimentichiamo».

La sua cena più bizzarra.

«È quella che non ho ancora fatto. Anche se Oldani mi ha stimolato molto con la sua cipolla caramellata. Sono rimasto dieci minuti a guardarla. Da allora non rifiuto più gli abbinamenti insoliti. Per me bizzarro è mangiare i prodotti del posto, la filiera corta, l’amatriciana ad Amatrice, in Sicilia i piatti siciliani. Credo che bisogna adattarsi».

Chi inviterebbe a cena a casa sua e perché?

«Persone accomodanti, come il sindaco di Milano Sala, che è un amico. Non apprezzo quelli che chiedono “cosa c’è da mangiare stasera?”. Mangi quel che c’è e apri la tua testa all’innovazione».

Vino o birra?

«In Brasile la birra, il vino non è competitivo ed è molto caro. Altrimenti vino. Sono stato di recente in un paesino in Francia a un mercatino. Abbiamo comprato olive farcite in tutti i modi e vino francese. Di più non si poteva chiedere».

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