Ponte San Pietro, «ormai un paese dormitorio e il degrado avanza»

Ponte San Pietro, «ormai un paese dormitorio e il degrado avanza»

image_pdfimage_print

Fabio Spini - Profumeria POnte San Pietro«Ponte San Pietro una volta era caput mundi, adesso è diventato un postaccio frequentato da sbandati». Fabio Spini, titolare della profumeria Al 13, è sconsolato. Braccia conserte e sguardo rivolto verso via Vittorio Emanuele, osserva dalla sua vetrina quel che resta di un paese che, a suo dire, è ormai abbandonato a se stesso: «Ci sono 13mila abitanti ma se ne infischiano tutti di quello che succede qui – dice il negoziante –, i cittadini in centro non passano più, forse per la paura di incontrare brutta gente. Ponte è un paese vecchio, i giovani vanno altrove perché per loro non c’è nessuna offerta. Servirebbero più attrattive per far uscire la gente di casa. E invece i locali pubblici fanno a gara a chi chiude prima la sera».

Qualcuno, in verità, ha provato qualche mese fa a creare più movida, ma ha dovuto ben presto ricredersi: «Non lontano dal mio negozio due ragazze ventenni hanno aperto un pub sperando di creare un punto di aggregazione per i giovani – racconta Spini –. All’inizio hanno provato a tenere aperto fino a mezzanotte, ma la clientela che arrivava non era certo raccomandabile. Così sono state costrette a chiudere prima di cena, come fanno tutti. D’altronde c’è poca illuminazione ed è un continuo bivacco di sbandati. Quando guardo fuori dalla mia vetrina vedo, già di prima mattina, una decina di spacciatori che scagliano bottiglie, ridono, prendono in giro i passanti. Non puoi stare tranquillo quando la gente ti racconta che si è ritrovata tre extracomunitari a dormire nel proprio garage o zingare che ti importunano a ogni ora del giorno. Ci sono le telecamere ma, ogni volta che succede qualcosa, i vigili dicono che i filmati non si possono visionare».

E il commercio, inevitabilmente, ne risente: «Tre negozi hanno abbassato la saracinesca all’inizio dell’anno e un altro è in procinto di chiudere – conclude Spini –. I parcheggi in centro sono tutti a pagamento, è pieno di vigili pronti a dare multe e i posti periferici sono troppo lontani per una signora di mezza età che ha le borse della spesa e deve farsi un chilometro e mezzo a piedi per tornare alla sua auto: anche questo influisce. Purtroppo mancano i soldi per attuare qualsiasi piano di pulizia, di protezione, di ampliamento delle attività».

Anche Claudio Castelli, residente a Ponte San Pietro, disoccupato, con lavori saltuari come Ctu informatico per il tribunale di Bergamo, è ormai disincantato: «Il problema di Ponte è che spesso sia le istituzioni che i cittadini negano l’evidenza. I disagi nel paese, dati statistici alla mano, ci sono. Eppure si fa finta che vada tutto bene. O si hanno le fette di salame sugli occhi oppure ci sono interessi reconditi a mantenere tutto com’è. Gli interventi delle forze dell’ordine, quando ci sono, danno sempre risultati. Ci sono persone che vorrebbero fare qualche cosa, ma sono poche e purtroppo non sono supportate da nessuno, oltre a non essere organizzate in alcun modo. Quando ci si è provato ci si è scontrati con le associazioni di Ponte che litigano tra di loro e non si è arrivati a nulla. Quindi, mio malgrado, andrò a porre le mie energie e le poche risorse che ho altrove. Mi spiace perché Ponte è il mio paese, ma se ai cittadini piace così, se lo tengano così. Non amo lottare contro i mulini a vento».

In via San Clemente, più defilato dal centro, fa capolino il negozio di abbigliamento Linvidia dove lavorano Andrea Regazzoni e Maria Antonella Ghisalberti: «Le forze dell’ordine fanno il possibile per risolvere i problemi e il Comune e le associazioni creano eventi molto belli per attirare la gente di tutte le età – dicono –. Per tre anni siamo stati iscritti all’associazione commercianti di Ponte, ma abbiamo preferito staccarci perché abbiamo notato che venivano organizzati eventi solo in zone centrali dove ci sono attività storiche. Il nostro negozio, invece, si trova fuori dal centro, in zona Briolo, e ci sentivamo un po’ abbandonati, pur avendo varie attività e spazi a disposizione. Non per fare polemica, ma è la realtà. Giustamente ognuno pensa al proprio interesse. Da segnalare anche la mancanza di manutenzione e pulizia di giardini e vialetti del paese».

E poi in via Garibaldi c’è la gioielleria di Carmen Pecis dove all’inizio di marzo una banda di malviventi aveva pianificato di mettere a segno l’ennesimo colpo. La rapina, per fortuna, è stata sventata in tempo, grazie all’arresto del gruppo criminale, ma i proprietari restano in allerta: «Ponte San Pietro è un paese da rifare dall’inizio alla fine. È un inferno dal quale stanno scappando tutti. Restano solo gli extracomunitari».

Luca CastellettiChi ha lavorato sodo in questi anni per ridare vitalità al paese è Luca Castelletti, vicepresidente della proloco (sede via Roma 7) e titolare dell’Enoteca Al Ponte: «La proloco è nata dall’esigenza di coordinare una serie di manifestazioni in programma nel paese con la collaborazione dei negozianti che hanno capito l’importanza di uscire dal guscio per rilanciare il commercio. Il problema è la mancanza di fondi. La crisi ha colpito tutti. Intanto cerchiamo di far bene quel poco che riusciamo. Tra gli eventi che hanno riscosso più successo segnalo le notti bianche, la festa di Natale, una mostra dedicata al centenario della prima guerra mondiale, con esperti e documenti storici dell’epoca. Il primo e il secondo sabato di luglio organizzeremo due notti bianche: nell’occasione apriremo anche le visite a uno dei tre rifugi antiaerei presenti a Ponte. La cultura e la tradizione del nostro paese, infatti, è legata anche alla storia che vogliamo insegnare ai nostri figli per non indurli a compiere gli stessi errori del passato». Le iniziative per tener vivo il commercio, insomma, sono tante. Ma non bastano: «Ponte soffre per la presenza dei centri commerciali, per la microcriminalità e per una viabilità esterna che, se da un lato alleggerisce il traffico nel centro, dall’altro porta via clienti a chi lavora in paese – ammette Castelletti –. Ormai è un paese dormitorio. La gente dopocena si chiude in casa, gli eventi sportivi si guardano a casa e non c’è più l’occasione di ritrovarsi al bar con gli amici. In collaborazione con la Federazione dei volontari aree pubbliche Isola Bergamasca e Valle San Martino, il Comune ha organizzato un gruppo di cammino serale, composto da una decina di volontari che, per un paio di sere alla settimana, passeggiano nei posti critici proprio per creare movimento e disincentivare la criminalità. Servirebbe anche un call center dove poter segnalare episodi sospetti. Il problema è che ognuno pensa al proprio orticello, invece, se vogliamo smuovere qualcosa, bisogna agire in squadra. Collaboriamo con il Distretto dell’Isola e speriamo si possa organizzare un’assemblea periodica che crei interscambi culturali tra i vari paesi della provincia. Anche i social network aiutano ma coinvolgono un numero ristretto di persone. Le informazioni invece dovrebbero circolare più ampiamente. Il futuro è lo scambio di idee e di comunicazione».