Centri commerciali in crisi. Citerio (Fisascat): «Il 2015 sarà l’anno delle ristrutturazioni»

Centri commerciali in crisi. Citerio (Fisascat): «Il 2015 sarà l’anno delle ristrutturazioni»

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«Il commercio e i consumi stanno attraversando crisi profonde e cambiamenti, ma in questa fase la sensazione è che le piccole insegne riescano a reggere il colpo meglio delle grandi. Sin dalla fine del 2014 sostenevamo che la ripresa non sarebbe iniziata nel 2015. La crisi dura dal 2008 e si è ulteriormente accentuata dal 2012 al 2014. Le grandi catene hanno retto in questi anni, ma ora i conti iniziano a pesare per la grande distribuzione e quest’anno si annuncia come l’anno delle ristrutturazioni e dei riassestamenti delle catene» commenta Alberto Citerio, segretario provinciale della Fisascat Cisl.

Si rivedono le strategie di marketing: «La concorrenza a suon di volantini e promozione dei “sottocosto” ha risicato i margini e creato ben più di un problema nei conti economici – continua -. Ora assistiamo ad una riduzione delle promozioni, con ribassi che interessano più che altro i prodotti a marchio, oltre ad una riduzione delle referenze tra gli scaffali».

A cambiare sono anche le abitudini dei consumatori: «I dati sui consumi più recenti evidenziano un aumento del numero degli scontrini battuti, ma i carrelli sono sempre più ridotti. Si sta inoltre riscoprendo la sobrietà, un concetto che stride con i numeri e la filosofia della gdo. Al supermercato ci si va sempre più spesso, ma si compra sempre meno e la situazione dei piccoli negozi sembra migliorare a discapito di quelli grandi». Non a caso grandi catene come Carrefour stanno aprendo market di dimensioni ridotte, come quello in centro in Largo Rezzara e l’ex Billa (già ex Standa) in via Tiraboschi, oltre ai punti vendita Essere & Benessere, l’anima bio della catena francese, come il negozio che in via Carducci occupa i locali dell’ex Blockbuster.

I dati più recenti dei primi tre mesi di quest’anno evidenziano una timida ripresa del comparto commerciale bergamasco rispetto allo stesso periodo del 2014: «È il secondo segno positivo che incontriamo dal 2008 ad oggi, dopo il +1,1% del quarto trimestre 2013. Il comparto alimentare arranca ancora (-0,8%) ma a soffrire è la media e grande distribuzione».

presidio sindacati fisascat auchemn bergamoIl caso di Auchan, il primo centro commerciale ad aver aperto a Bergamo nel 1976,  in piena trattativa è emblematico: «La multinazionale deve ridurre di 50 milioni di euro il costo della forza lavoro. Si parla di 1.462 posti in tutta Italia, di cui 29 a Bergamo ed altri 6 nel magazzino di Calcinate. Sabato c’è stato lo sciopero dei lavoratori ed il 12 maggio è la data del primo incontro a Roma». Negli ultimi mesi la geografia della grande distribuzione del territorio è sempre più incerta, tra chiusure, cessioni, cambi di insegne e ridimensionamenti: «Billa ha ceduto alcuni negozi al gruppo Carrefour, come l’ex Standa in via Tiraboschi, ma ha deciso di chiudere Cisano Bergamasco, dove erano impiegati una ventina di lavoratori, in mobilità dai primi di marzo – fa il punto Citerio -. È previsto un incontro per la questione Mercatone Uno al Ministero dello Sviluppo Economico, dal quale dipende il futuro di 4mila lavoratori in Italia, di cui 40 a Verdello. Siamo all’inizio degli incontri per Mediamarket, il gruppo di Curno che opera con i marchi Mediaworld e Saturn, che prevede 900 esuberi in Italia e la chiusura di sette punti vendita sul territorio nazionale, nessuno in Bergamasca. Le trattative sono in corso: l’azienda ha dato la sua disponibilità a vagliare diverse ipotesi ed il clima è positivo e costruttivo».

Il 2015 si è aperto con il passaggio di Zerbimark al Gruppo Sigma: «Un’attività storica anche per il nostro territorio, che nel passaggio al Gruppo Sigma ha portato alla chiusura di alcuni negozi, tra cui quello di Sarnico che impiegava 15 lavoratori». Il 2014, nonostante l’arrivo della Brebemi, ha visto sgretolarsi lo shopping center di Cortenuova Le Acciaierie: 175 negozi su due piani per 44mila metri quadrati, nato per rappresentare la meta dello shopping della Bassa, ma chiamato ad affrontare negli ultimi anni la concorrenza del centro commerciale di Antegnate: «A novembre è scomparsa la galleria commerciale, dopo che il supermercato Bennet aveva chiuso ad ottobre, con 78 dipendenti diretti dell’ipermercato». La corsa alle aperture di nuovi centri commerciali a suon di investimenti ha alterato il mercato: «L’investimento nel 2011 del Gruppo Lombardini nel Centro Commerciale di Mapello, con una notevole esposizione finanziaria, ha messo in crisi di liquidità lo storico gruppo bergamasco della grande distribuzione, con quartiere generale a Dalmine, che negli anni Settanta deteneva la leadership nazionale della gdo – prosegue il segretario Fisascat-Cisl -. Il riassetto societario- la cessione a Lillo Spa di Caserta delle insegne Ld, ora Md discount; il passaggio di mano degli ipermercati di Treviglio e Mapello alla Coop e gli altri cambi di insegne Comprabene, Conad e GrosMarket – ha portato a farne le spese più di duecento lavoratori, tra cassa integrazione straordinaria e procedure di mobilità. È stato il collasso di un vero e proprio impero, ma anche il segnale di un modello distributivo che ha fatto il suo tempo. Eccezion fatta per i discount, le aziende della gdo di medie dimensioni non reggono il confronto dimensionale con le multinazionali degli ipermercati».

Da ricordare anche il ridimensionamento dell’Iper a Oriocenter, il centro commerciale per antonomasia della provincia: «Nella primavera del 2014 l’ipermercato ha deciso di rinunciare ad un intero piano, dimezzando gli spazi commerciali, passando da una superficie di 13.400 metri quadrati ad una di 7.200 metri quadrati». Sulla situazione di crisi generale che la grande distribuzione sta attraversando nel nostro territorio pesa anche – oltre alla rivoluzione in atto nei consumi – l’ondata di liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti: «Il provvedimento del 2012, arrivato in piena crisi, ha distorto il meccanismo delle vendite, esacerbando la concorrenza tra centri e la rincorsa alle aperture domenicali, troppo spesso in perdita».

Una crisi annunciata

Da tempo la Cisl aveva sottolineato come l’occupazione iniziasse a dare segni di cedimento, rilevando una crescita di 150mila metri quadri dal 2003 al 2013 destinati alla grande distribuzione, fino ad arrivare a quota 500mila metri quadri nel 2013. «Nonostante i segni di un lento declino di questo modello di commercio siano già stati lanciati è ancora viva la tendenza a costruire mega strutture per il commercio – commentava in un comunicato alla fine del 2014 Alberto Citerio -. Ora serve una regia territoriale condivisa che sappia gestire l’esistente e lo sviluppo per evitare cattedrali nel deserto e l’uso inappropriato del territorio, mentre avvii una gestione oculata delle potenzialità occupazionali».  In dieci anni (secondo i dati di UnionCamere Lombardia elaborati dalla Fisascat-Cisl di Bergamo) la superficie di territorio destinata alla grande distribuzione è passata dai 292.225 metri quadri del 2003 agli oltre 446mila quadri del 2013. Nel frattempo, la popolazione degli addetti è passata dai 20.500 del dicembre 2011 ai 20.108 del dicembre 2013. Due cifre per definire l’impatto della “grande crisi” sul pianeta del commercio in provincia di Bergamo. Il settore che era naturalmente il salvagente occupazionale degli altri comparti (soprattutto manifatturieri)  segna il passo ma, soprattutto, delinea scenari per il futuro particolarmente inquietanti. Se infatti il continuo crescere degli spazi destinati ai grandi centri commerciali, ma anche alle strutture di medie dimensioni ( dai 470 mila ai 615 mila metri quadri), segue una pianificazione partita almeno 10 anni fa, quando cioè la crisi non era certo all’orizzonte, oggi si inizia a pagare lo scotto di una disponibilità economica molto inferiore e di una propensione alla spesa non prevista nei “business plan” dell’epoca.

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