Emergenza furti, a Treviglio
aumenta il numero di telecamere

Anche la Bassa Bergamasca si ritrova terra martoriata dai furti. C'è chi provvede a dotare la propria abitazione di vetri antisfondamento o inferriate, chi organizza ronde con il vicinato, altri, esasperati, come una coppia di Castel Rozzone, dopo quattro saccheggi subìti e due sventati in poco tempo, ha deciso di affiggere sul cancello un cartello che recita: “Per i sign. ladri: casa rapinata 4 volte. Soldi, oro finiti”. Proprio i furti negli appartamenti sono la maggioranza, seguiti da quelli nelle auto in sosta e nei negozi. Non mancano poi borseggi e scippi. Secondo il ministero dell'Interno, sono 26.026 i furti  di vario genere denunciati nella provincia orobica nel 2012, di questi 5.200 nella Bassa. L'incremento è del 15 per cento in dieci anni. Per far sì che aumenti la percezione di sicurezza nei cittadini, Treviglio installa nuove telecamere di sorveglianza. Alle 76 già esistenti più le 6 speciali che leggono le targhe delle auto, sospette o rubate, entro febbraio, se ne aggiungeranno altre 5. La rete trevigliese arriverà così a contare 87 dispositivi. “Abbiamo scelto di mettere due occhi elettronici nel parco di via Grossi perché poco sorvegliato e chiuso dai condomini. A richiederle sono stati proprio alcuni abitanti della zona che uscivano la sera e avevano paura – spiega Antonio Nocera, comandante della polizia locale -.  Inoltre, altre tre saranno installate nel sottopasso della stazione ovest: una nel tunnel e due all'uscita in via Milano”. La stazione centrale è già monitorata dal 2011. Videosorvegliare il territorio è un buon metodo per prevenire reati e illeciti come gli atti vandalici. L'emergenza furti in appartamento si è assestata in questo mese a livelli medi dopo l'impennata registrata a novembre e dicembre quando si è passati dalla media di una razzia al giorno a cinque. I dati sono resi noti dal commissariato di Treviglio diretto dal vicequestore aggiunto Angelo Lino Murtas. Poche settimane fa, la compagnia è riuscita a sgominare una banda di ladri acrobati. Dopo l’individuazione, il fermo e l'identificazione di alcuni giovani albanesi, è stato decisivo il lavoro della polizia scientifica. Gli agenti avevano estrapolato un'impronta digitale da un pezzo di guanto, indossato da uno dei malviventi, su alcuni frammenti di vetri. L'uomo è stato rintracciato e arrestato dalla Polmare di Brindisi mentre si stava per imbarcare alla volta di Durazzo. Da temere sono proprio le molte bande in azione in trasferta al Nord. L'aumento di furti, infatti, non è una conseguenza della crisi. Chi ha fame ruba al supermercato generi di prima necessità. Le vittime principali di furti con raggiro restano gli anziani. L'ultima tecnica adottata consiste nel fingersi poliziotti e nel bussare alla porta dei pensionati mostrando collane e catenine quale presunta refurtiva di un furto appena subito da un vicino e chiedendo all'anziano se sono di sua proprietà. In questo modo, la persona fa entrare i finti agenti e mostra dove tiene i preziosi. Proprio al circolo degli anziani il commissariato ha tenuto incontri e diffuso un vademecum di consigli utili. Al primo posto, la difesa attuata dal gruppo. Vale a dire, ficcare il naso nella quotidianità del vicino: se si sentono rumori o movimenti strani, è bene affacciarsi, osservare e nel caso rivolgersi alle autorità. Secondo, usare meccanismi di prevenzione passiva come le inferriate. Terzo, se i tubi delle grondaie sono accanto alle finestre, meglio spostarli. Facilitano il lavoro dei ladri. Sono anche diversi i tipi di furti negli appartamenti. C'è chi mira a casseforti e va a colpo sicuro curando gli inquilini e usando un flessibile. Altri, come i ladri acrobati, si arrampicano nelle case dove si entra senza difficoltà. La consuetudine vuole che ci si concentri nella camera da letto, dove si tengono contanti e oro. Più difficile che vengano rubati pc e tv, anche se  di valore. L'operazione dura un lampo, 120 secondi, al massimo 200. Ma a destare allarme sono anche i dati che arrivano dal Tribunale di Bergamo: nel 2013 i giudici delle indagini e udienze preliminari hanno emesso 2.087 decreti di archiviazione su 2.088 fascicoli trattati a carico di ignoti. Stessa sorte per quelli con sospettati: 85 su 102 archiviati. Un'impunità che aumenta la paura.


Distretti del commercio, salto
di qualità con la “cabina di regia”

Nasce una cabina di regia per i distretti del commercio bergamaschi, con il sostegno delle Associazioni di categoria e della Camera di Commercio che ne hanno promosso la costituzione e che ora intendono accompagnarli nella loro evoluzione. In avvicinamento ad Expo, tema già al centro dell’attenzione dei distretti in occasione del quinto bando regionale, e alla vigilia del primo appuntamento per il nostro territorio che porterà a fine febbraio in Fiera a Bergamo 150 delegati in rappresentanza dei 70 Paesi cluster che parteciperanno all’Esposizione Universale, le 28 isole dello shopping  di città e provincia sono pronte a condividere strategie e a cogliere le opportunità che potranno sorgere attorno a questo grande evento.
Il modello dei distretti del commercio si è mostrato una risposta corretta ai bisogni di riequilibrio territoriale e di crescita identitaria, ora una politica nata inizialmente a sostegno del commercio e per riequilibrare l’offerta distributiva, è chiamata a dare una risposta ai bisogni non solo delle imprese commerciali, del turismo, dei servizi e di altri operatori economici ma anche dei cittadini, siano essi semplici consumatori, turisti, frequentatori dell’area, residenti o proprietari immobiliari. Con le casse dei comuni blindate dalla Spending Review, i distretti offrono inoltre alle amministrazioni un’opportunità di risparmio sui costi e la possibilità di rapportarsi con altri enti e con gli operatori.
“Per non disperdere il patrimonio di conoscenza, la rete di rapporti, i risultati che i 28 distretti bergamaschi hanno raggiunto in questi cinque anni di vita, è necessario dare vita ad progetto di coordinamento efficace della loro attività, che miri a mettere in rete e valorizzare in misura ancor più significativa le diverse esperienze – spiega Roberto Ghidotti, funzionario Ascom e referente dei distretti -. Questa nuova modalità di aggregazione della rete di vicinato ha saputo fare del commercio un fattore di crescita del territori, andando a rivitalizzare il tessuto urbano o intercomunale con il coinvolgimento delle amministrazioni e delle associazioni di categoria oltre ad altri partner”.
Il progetto, sviluppato di intesa con la Camera di Commercio, vuole innanzitutto sviluppare un modello provinciale che coinvolga al meglio anche quelle realtà che, per dimensioni e numeri, sono meno strutturate per accompagnarne lo sviluppo attraverso la condivisione di  modalità di lavoro e nuove progettualità. L’obiettivo, in linea con quanto realizzato attraverso i laboratori dei distretti e i workshop negli ultimi anni, è che l’eccellenza di ciascun distretto possa diventare patrimonio di tutti gli altri.  Il progetto va ben al di là dei confini provinciali e guarda ai migliori esempi europei ed internazionali: “Il coordinamento intende creare proficui scambi di esperienze operative e contatti con altri Distretti italiani ed europei in vista della costituzione di eventuali partenariati per il reperimento di fondi” – continua Ghidotti.
All’estero infatti, sulla scorta dell’esperienza americana di gestione dei luoghi pubblici attraverso fund raising, il distretto può arrivare a ripensare uno spazio pubblico sulla base della propria visione di sviluppo e può farsi carico della sua gestione in modo da renderlo appetibile per investimenti, tipicamente attraverso partnership e sponsorizzazioni, andando così a finanziare le attività da svolgere per animare l’area, per pubblicizzare e rilanciare l’offerta commerciale, culturale e per il tempo libero. Il progetto di coordinamento provinciale prevede quattro aree di intervento che si sviluppano attorno alla valorizzazione dell’offerta commerciale e turistica, alla promozione e allo sviluppo di reti (micro-filiere, negozi di territorio), alla creazione di gruppi di acquisto e di  altre possibili economie di scala e allo studio di nuove tecnologie e opportunità per lo sviluppo locale. 
“Gli esempi virtuosi non mancano nemmeno in questa fase iniziale, dalle applicazioni innovative alle fidelity card per incentivare gli acquisti, dalle promozioni con tanto di coupon lanciate tramite newsletter alla moltiplicazione della visibilità di ogni insegna grazie ad un sistema virtuoso di condivisione degli spazi espositivi – ricorda Ghidotti -. Sono state inoltre iniziative per gestire i negozi sfitti e infrastrutture tecnologiche per garantire la sicurezza e monitorare i flussi pedonali e si sta lavorando per garantire nei centri storici l’accesso ad internet”.

I numeri nella Bergamasca

Sono 28 i distretti del commercio presenti in Bergamasca, di cui 4 urbani (Treviglio, Bergamo, Seriate e Romano di Lombardia) e 24 diffusi. I distretti coinvolgono 130 comuni e oltre il 60 per cento della rete di vendita di vicinato, con 10 mila imprenditori. In questi anni la Camera di Commercio e le associazioni di categoria  hanno organizzato oltre 90 incontri e percorsi formativi. Superano quota mille le riunioni, tra comitati direttivi e d’indirizzo e tavoli di confronto con i commercianti e le associazioni del territorio per la definizione di eventi e iniziative da sviluppare per il rilancio degli acquisti sotto casa e del vicinato.


Gelmi: «Sul mercato da oltre
130 anni, ma è sempre più difficile»

Nella foto: Silvio Gelmi, 72 anni, titolare dell'omonimo negozio
di giocattoli a Treviglio. è stato tra i fondatori dell'associazione "Botteghe del centro" nel 1981

Dietro al bancone nel negozio più antico di Treviglio, c'è un signore che vende giocattoli di ogni tipo. Si chiama Silvio Gelmi, ha 72 anni, è stato uno dei fondatori delle Botteghe del centro nel 1981, e non ha nessuna intenzione di abbandonare l'attività di famiglia. In quelle mura, in via Verga, è cresciuto, ha passato l'infanzia e una vita intera. Duecentocinquanta metri quadri nel cuore del paese che traboccano di balocchi e una vetrina che è una tentazione per qualunque bambino. A dare inizio all'attività, pochi metri più avanti, è stato il nonno, dal quale Gelmi ha preso il nome, nel lontano 1879. Vendeva stufe, carbone e articoli di ferramenta. Nel 1905 si è spostato nel locale dove è tuttora. Nel 1927, dopo la sua scomparsa, è stata la nonna Ginevra a raccogliere il testimone dal marito. E' allora che inserisce articoli casalinghi, chincaglieria e i primi spartani giocattolini.
Signor Gelmi, la sua esperienza fotografa l'evoluzione dei costumi. Come giocavano una volta i bambini?
“Passavano i pomeriggi all'aria aperta, invidiavo i miei compagni che dopo la scuola si ritrovavano a giocare a pallone nei cortili, io dopo le lezioni correvo qui ad aiutare la nonna e poi mia mamma che è subentrata nel 1950 nel negozio. Ricordo che vendevano bambole di pezza, mentre quelle da ricchi erano in ceramica. Poi c'erano i cavallucci a dondolo e i trenini in legno”.
Nel 1974 rileva l'attività con le sue sorelle, Sandra e Silvia, elimina del tutto la  ferramenta, ma aggiunge oggetti per liste nozze e caccia e pesca. Dal 1989, da solo e con l'aiuto di sua moglie, si concentra solo sui giochi. Come vanno, oggi, gli affari?
“Non è un momento facile, pesa la concorrenza di grossisti e supermercati che si fanno la guerra tra loro a chi fa il prezzo più basso. Spesso il cliente viene da me, osserva, si informa sulle caratteristiche di un prodotto, ma poi sceglie di acquistare dove trova il prezzo inferiore. Senza considerare l'assistenza e l'esperienza di chi fa questo mestiere da una vita e ci tiene a soddisfare i propri clienti. I supermercati vendono sotto costo, la loro è una concorrenza spietata, giocano sulla quantità. Ma io resisto, ce la metto tutta”.
Si stima che nel periodo delle feste sia stato venduto il 50 cento dei giocattoli che si smerciano in un anno, lo conferma?
“Eccome. Tuttavia, c'è stato un calo, anche se contenuto. Si aggira attorno al meno 15%. Fino a dieci anni fa, invece, per tre-quattro giorni non andavo neanche a letto a dormire tanta gente affollava il mio negozio”.
Facciamo l'esempio di uno tra i giochi più ambìti: il Furby, pupazzo interattivo della Hasbro che, complice la forte pubblicità, è andato a ruba. Lo tiene in negozio?
“No, non mi conviene. A me costa 57 euro più Iva, i centri commerciali lo vendevano, sotto Natale, a tutti i prezzi del mondo, dai 39 ai 48 euro. Può essere che lo acquistino in grandi stock direttamente in Cina, paese dove viene prodotto. Resta il fatto che sette-otto anni fa, i primi pezzi avevano problemi. Io, se posso, riparo i giochi. E se un bambino viene con un aeroplanino o una macchina telecomandata rotta, cerco di accontentarlo, magari dandogliene una nuova. Non credo che in un grande entro commerciale accada lo stesso”.
Veniamo ai giochi che vanno per la maggiore: quali sono?
“Tutto ciò che è legato al mondo di Walt Disney, come Violetta, dal microfono ai trucchi. Per i maschietti le macchine di Flash & Dash, per i più piccini i giochi di Peppa Pig che sono sbarcati sul mercato lo scorso luglio. Poi non tramontano mai il mito della Barbie, che ha più di cinquant'anni, e i Lego”.
Nel suo magazzino, so che lei custodisce un segreto che le sta a cuore…
“Ho uno scatolone con trecento letterine che i bambini negli anni hanno inviato a Babbo Natale. Le leggo tutte e alcune mi commuovono. Ricordo una bambina che vent'anni fa scrisse che desiderava che tornasse a  casa il fratello partito per il servizio di leva perché soffriva nel vedere sempre piangere la sua mamma. Alla fine, aggiunse: caro Babbo, se vuoi, portami qualcosa. Oggi le letterine sono solo liste, anche da 200 euro. Sogno di esporle tutte, in una grande mostra”.
Se tornasse indietro rifarebbe tutto da capo, aprirebbe oggi un negozio?
“Con la crisi, la concorrenza, le tasse, non credo. Ma devo dire che ho tentato con le mie figlie, ho sperato che seguissero le mie orme, ma hanno preso altre strade, Giusy, 44 anni fa la psicologa, Flavia, 36, è avvocato.  E dire che io qui sono nato e invecchiato, lavorando, con passione, fino a dieci ore al giorno”. 
Si immagina come giocheranno i bambini del futuro?
“Ahimé saranno sempre più soli e si ritroveranno parcheggiati davanti alla tv, a smanettare con la playstation. Io vorrei che tornassero a correre e divertirsi, spensierati, per le nostre strade. E che quando fossero in casa ritrovassero gli stupendi giochi in legno e senza pile”.


“Fai conoscere
il tuo paese”,
premiati gli istituti
di Sovere
e San Pellegrino

Sono i ragazzi della classe 2B della scuola media "Daniele Spada" di Sovere e quelli della 5 HT dell’ Ipssar di San Pellegrino Terme, i vincitori del concorso “Fai conoscere il tuo paese” promosso dalla Provincia di Bergamo e curato da Turismo Bergamo nell’ambito del progetto “Video Scuola Discover Bergamo 2013”. La cerimonia di premiazioni è avvenuta venerdì scorso al Centro Congressi Papa Giovanni XXIII alla presenza del presidente della Provincia, Ettore Pirovano, e del presidente di Turismo Bergamo, Luigi Trigona.
I ragazzi di Sovere hanno presentato il filmato "In mezzo scorre il fiume. Sovere tra arte, storia e natura"; a tema il paese di Sovere, dagli aspetti geografici e geologici alle sue bellezze artistiche, culturali e naturalistiche. Varie le attrattive trattate: Borgo San Martino, il fiume, le antiche fucine, le chiese, i palazzi signorili, le torri medioevali, il rifugio e il museo Malga Lunga. Nel filmato gli alunni interpretano un dialogo con l’ipotetico visitatore, che pare essere accompagnato per mano alla scoperta del territorio.
Gli studenti dell’Ipssar hanno presentato il filmato dal titolo "1001 passi tra storia e natura"; a tema la Via Priula e la via Mercatorum, con il percorso a piedi da Oneta a Cornello dei Tasso e alcuni focus sugli aspetti naturalistici della mulattiera e sulle attrazioni turistiche dei luoghi, come la casa di Arlecchino e il Museo dei Tasso. Il video presenta un vero e proprio percorso alla riscoperta delle antiche vie di comunicazione della bergamasca.
Il concorso aveva l’obiettivo di far realizzare ai ragazzi – improvvisati giovani reporter – un video di 10 minuti per raccontare curiosità e angoli nascosti artistico-culturali, paesaggistico-ambientali del paese o del territorio limitrofo alla sede della loro scuola.  Dodici le scuole che vi hanno partecipato: sette istituti secondari di secondo grado – Cfp di San Giovanni Bianco, Ipssar di San Pellegrino Terme, Isiss Betty Ambiveri di Presezzo, Isisa Fantoni di Clusone, Isis Zenale e Butinone di Treviglio, Liceo Linguistico Capitanio di Bergamo e il Patronato San Vincenzo di Clusone – e cinque istituti secondari di primo grado – Istituto Comprensivo di Azzano San Paolo, Istituto Comprensivo Daniele Spada di Sovere, Istituto Comprensivo di Dossena, istituto Sacro Cuore di Villa D’Adda e Scuola Media Maria Regina di Bergamo.
I filmati vincitori saranno pubblicati sul portale di Turismo Bergamo ( www.turismo.bergamo.it) mentre tutti saranno inseriti nei siti internet degli uffici IAT della provincia di Bergamo.


Commercio, il recupero
delle botteghe sotto casa 

La crisi riscrive anche la geografia della distribuzione in Bergamasca. Dopo anni in cui la tendenza sembrava una sola, ovvero la progressiva erosione degli spazi da parte della grande distribuzione sulle piccole attività, qualcosa si è inceppato. Il dato generale è che il calo dei consumi (e probabilmente anche fenomeni più sottili come la crescita di canali alternativi, a cominciare dall’online, e il mutamento nelle priorità di spesa) non ha risparmiato nessuno e tutte le dimensioni della vendita (grandi superfici, medie ed esercizi di vicinato) hanno subito nel giro di un anno una diminuzione sia nel numero sia nelle superfici. Se questa è la cornice da non perdere di vista, leggendo tra le righe e volendo individuare qualche timida indicazione su come si sta riassestando il comparto, il piccolo dato che emerge è il calo meno marcato delle medie superfici e del commercio di vicinato e addirittura un segno “più” per le botteghe alimentari, per anni vittime predestinate dell’avanzata di iper e supermarket.
I dati sono quelli della rilevazione sul commercio al dettaglio in sede fissa effettuata dalla Regione con i Comuni, relativa alle strutture autorizzate al 30 giugno di ciascun anno, che per il 2013 sono stati pubblicati a metà ottobre. Nel giro di un anno sono “spariti” dalla provincia di Bergamo circa 44mila quadrati di superficie commerciale autorizzata, passata da un totale di 1.886.297 mq a 1.841.814 (-2,3%), mentre la tendenza dal 2011 al 2012 parlava ancora di un leggero incremento complessivo (+11.627 mq pari allo 0,6%).
A far segnare il calo maggiore sono le grandi strutture di vendita (ovvero quelle con una superficie superiore a 1.500 mq nei comuni con popolazione inferiore ai 10mila abitanti e superiore a 2.500 in quelli dai 10mila residenti in su). In realtà non si tratta di chiusure, ma di complessi commerciali che nel 2012 erano presenti nell’elenco come autorizzati e che non si trovano più nella nuova rilevazione. Si tratta del centro commerciale di Castelli Calepio, la cui autorizzazione è stata annullata dal Consiglio di Stato in seguito ad un ricorso, e del centro commerciale previsto nel Comune di Nembro nell’ambito del recupero dell’ex cotonificio Honegger di Albino, sul quale i promotori hanno rinunciato. L’aggiornamento fa così scendere da 46 a 44 le strutture autorizzate (si tratta sia di centri commerciali, compreso quello non ancora realizzato a San Pellegrino, sia di grandi superfici specializzate, ad esempio nella vendita di mobili, articoli sportivi, bricolage, abbigliamento) con una diminuzione della superficie di circa 23.500 metri quadrati (da 469.861 a 446.372, -4,9%). La retromarcia si era già innescata nel 2012, le attività autorizzate avevano infatti toccato l’anno prima il massimo storico di 47 (nel 2003 erano 42, nel 2006 erano 37).
Più contenuto il calo delle medie strutture (esercizi con superficie da 150 a 1.500 mq nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e superficie da 250 a 2.500 mq nei comuni con popolazione superiore). Il numero dei punti vendita è calato di 24 unità, passando da 1.090 (nel 2011 erano 1.100) a 1.066. La superficie regge nel comparto alimentare con una variazione minima da -127 mq da un totale di oltre 163mila mq, mentre nel non alimentare si perdono in un anno 8.286 mq. Il saldo complessivo è negativo di 8.413 mq (da 624.288 a 615.875, -1,3%). Nel confronto 2011/2012 il trend, invece, era ancora di crescita.
Anche gli esercizi di vicinato sono meno (144 unità), passati da un totale di 12.220 a 12.076. Contrariamente però a quanto rilevato in passato, ossia l’incremento dei punti vendita non alimentari e la diminuzione di quelli del settore food, nel confronto 2012/13 la dinamica si inverte e sono gli alimentari a crescere (+38, da 2.196 a 2.234) e i negozi non alimentari e misti a calare. I primi sono scesi di 166 unità (da 8.833 a 8.667), i secondi di 16 (da 1.191 a 1.175). Resta comunque piccolo l’incremento della superficie delle botteghe alimentari (+814 mq da 110.047, pari allo 0,7%), mentre la superficie totale degli esercizi di vicinato passa da 792.148 mq a 779.567 (-12.581 mq pari all’1,6%). Cambiano anche le quote appannaggio di ciascuna forma distributiva. Nel 2012 le grandi strutture occupavano il 24,9% della superficie commerciale totale autorizzata, la medie il 33% ed in negozi di vicinato il 42%. Nel giro di un anno i grandi complessi hanno ceduto 0,7 punti percentuali (attestandosi al 24,2%), che medie superfici (salite al 33,4% del totale) ed esercizi di vicinato (42,3%) si sono quasi equamente divisi.
In città resta stabile la presenza della grande distribuzione, con quattro strutture per un totale di oltre 23.500 mq (8.499 nell’alimentare e 15.203 nel non alimentare) e cala leggermente la superficie occupata dalla medie strutture (-1.198 mq da un totale di 74.869, pari all’1,6%) nonostante l’incremento di un’unità (il totale è infatti passato da 105 a 106). Crescono invece tutte le voci del commercio di vicinato. I negozi alimentari sono 13 in più (saliti da 455 a 468), quelli del non alimentare sono cresciuti di sette unità (da 2.346 a 2.353) e quelli misti di cinque (da 142 a 149). La superficie totale della piccola distribuzione passa da 202.600 mq a 203.950 (+1.350 mq pari allo 0,6%). Anche a Bergamo si conferma quindi la maggiore vitalità del commercio alimentare di vicinato, in un quadro positivo anche per i settori non food e misto, a differenza del dato provinciale che parla in ogni caso di una perdita di superfici e punti vendita anche tra le piccole strutture. La superficie commerciale complessiva è rimasta sostanzialmente invariata, con un “più” di 152 mq (passando da 301.171 nel 2012 a 301.323 a giugno 2013, +0,05%), con il commercio di vicinato che ha rafforzato la propria quota – già nettamente maggioritaria – passando dal 67,2% del totale al 67,6%, a scapito della media distribuzione scesa dal 24,8% al 24,4% (invariata la “fetta” della grande distribuzione, pari al 7,8%).
Dinamiche simili a quelle del capoluogo si registrano in alcuni dei maggiori centri della provincia. A Treviglio rimane stabile il numero delle grandi strutture (una per un totale di poco più di 7.500 mq) e quello delle medie superfici (31, per 17.219 mq), mentre crescono i negozi di vicinato. In un anno sono salite a 74 (+7) le attività alimentari, di ben 21 unità (per un totale di 388) quelle non alimentati e di un’unità (da 30 a 31) quelle a merceologia mista. La superficie complessiva delle botteghe è però leggermente scesa, passata da 34.465 mq a 33.920 (-1,5%). A Seriate, ferme le grandi superfici (due, per un totale di 28.222 mq), crescono di due unità le medie strutture (da 13 a 15, per un incremento di 1.700 mq) e gli esercizi di vicinato: sei in più (per un totale di 57) nel commercio alimentare, nove in più in quello non alimentare (per un saldo che sale a 213) e uno in più nelle superfici miste (19). La superficie sale a 19.226 mq (+676 mq, +3,6%). Ad Albino, dove non sono presenti grandi strutture, si è persa una media superficie (da 22 a 21, -1.299 mq), sono cresciuti i negozi alimentari (+1, per un totale di 21), quelli non alimentari (saliti di 3  unità, a 161) ed è rimasto stabile il numero degli esercizi misti (23).
In crescita le botteghe anche a Clusone: sono salite a 28 quelle alimentari (+2), a 246 quelle non alimentari (+2) e a 10 le superfici miste (+1). Il saldo dei piccoli esercizi è invece negativo a San Pellegrino, dove a fronte di un incremento nel settore food (+1, per un totale di 18 insegne), si sono perse 7 attività non alimentari (il totale è sceso a 121), invariate le superfici miste (6). Flessione anche a Sarnico, che perde un negozio alimentare (il totale è di 31), 7 non alimentari (il saldo scende a 121) e 2 esercizi misti (da 9 a 7). A Romano di Lombardia, si sono persi quattro alimentari (ne sono rimasti 52) mentre resta stabile la quota dei non alimentari (150); a Lovere gli alimentari sono 24 (-2), 78 i non alimentari (come nel 2012) e 2 gli esercizi misti (-2). Come visto dai dati complessivi, è il commercio di vicinato non alimentare a cedere il passo. Tra chi perde di più si segnalano Nembro (-21 esercizi non alimentari, passati da 106 a 85), Trescore Balneario (-11, da 97 a 86, con calo anche di un’unità nel settore alimentare e di una nelle superfici miste), Pedrengo (-9, per un totale di 39), Caravaggio (-8, per un totale che scende a 134), Selvino (-7, da 55 a 48), Dalmine (-5, da 100 a 95, ma calano di 3 unità anche gli alimentari), Osio Sotto (-5, da 80 a 75), Calusco d’Adda (-5, da 71 a 66), Castelli Calepio (-5, per un totale che scende a 55), Brembate di Sopra (-7, da 50 a 43), Gorle (-8, da 32 a 24), Cene (-6, da 19 a 13), Verdello (-5), Verdellino (–4).
I comuni con la maggiore presenza di grandi superfici sono Curno (5 strutture per un totale di oltre 45mila mq), Orio al Serio (una struttura da oltre 49mila mq), Stezzano (due strutture per un totale di 30mila mq) e Seriate (due, per un totale di 28mila mq). A Curno – dove è alto il numero anche delle medie superfici (53, -3 rispetto al 2012, per un totale di quasi 41mila mq, quasi esclusivamente non alimentari) – si contano anche tre esercizi di vicinato non alimentare in più (il totale è salito a 47). A Orio al Serio e Stezzano è stabile il saldo sia delle medie strutture (8 a Orio, 10 a Stezzano), sia dei negozi di vicinato (21 a Orio, 74 a Stezzano).


Treviglio, la stalla robotizzata
dove le mucche si “autogestiscono”

Il futuro è entrato in una stalla di Treviglio. Spetta alla Società agricola dei fratelli Assanelli, situata in via San Michele, il primato di azienda bergamasca più all'avanguardia. I sistemi di mungitura in continua evoluzione trovano qui la loro massima espressione. A compiere ogni azione è un robot di ultima generazione implementato da sistemi in grado di rilevare qualunque informazione sulle bovine.
L'aspetto è quello di una navicella con le braccia simili alle proboscidi degli elefanti e dotati di sensori laser in grado di identificare le mammelle dell'animale. Non a caso si chiama Lely astronaut A3 next e a produrlo è una ditta olandese. «Sono le vacche a recarsi dalla macchina quando ne sentono l'esigenza, anche più volte al giorno perché è sempre in funzione – spiega Simone, titolare dell'azienda insieme ai fratelli Cristoforo e Mattia -. La media è di 130 mungiture in ventiquattrore, 26 litri al giorno per animale, dunque 15 quintali, ma conto di arrivare a 20». Una volta entrata la mucca nel box, le mammelle vengono pulite e “agganciate” in modo veloce e delicato. Ma non succede a tutti gli animali. «Ognuno è dotato di un collare con un transponder, una sorta di microchip contenente tutte le informazioni, che viene letto mediante gli infrarossi – prosegue l'allevatore -. Se la bestia non deve essere munta, viene respinta fuori. Al contrario, riceverà il mangime come premio».
Sono 130 i capi presenti nell'azienda, di questi 56 sono vacche in lattazione, nutrite con il fieno, proprio secondo la migliore tradizione contadina. La nuova gravidanza comincia cento giorni dopo il parto, in modo da mantenere costante la produzione di latte che sarebbe destinato ai vitellini. L'allevatore mostra il monitor collegato al robot: «È tutto programmato – illustra -. C'è perfino il grafico giornaliero per ogni singolo capo sulla produzione quotidiana, le informazioni su alimentazione, attività fisica, si può sapere anche quante volte ha ruminato. Sono segnalate le vacche che non stanno bene, che soffrono di mastite o quelle in ritardo nel conferire il latte». L'azienda, costruita nel 1823, rappresenta un pezzo di storia agricola nel cuore della Bassa. Il padre dei tre fratelli, il signor Carlo, ricorda bene le fasi della mungitura a mano. «A me è successo poche volte di mungere, lo faceva mio padre Silvio, seduto sullo sgabellino con un unico piede centrale e in montagna c'è chi lo fa ancora, ma trovo giusto seguire il progresso – è il suo parere -. Il bovino è tranquillo perché ci si prende cura di lui. Oggi anche di più». I diversi metodi di allevamento impongono anche rapporti diversi tra uomo e animale. «Il contatto riamane sempre forte, grazie ad alcuni accorgimenti, dal parlare adagio all'accarezzare la mucca, un legame che è alla base della produttività – prosegue il capofamiglia -. E poi oggi, grazie all'anagrafe bovina, una vera carta d'identità, gli animali non sono mai stati più seguiti e controllati».
Il benessere sta anche nella libertà. «Una volta le bestie erano costrette a farsi mungere a orari prestabiliti dall'allevatore, oggi sono loro a deciderlo, mangiano quando ne sentono il bisogno, vanno a farsi spazzolare da sole. In una parola, si autogestiscono», spiega Simone mostrando le due stalle da seimila metri quadri. I vantaggi di questa scelta strutturale e gestionale sono rilevanti anche per la qualità del latte che l'azienda Assanelli vende all'industria e, in quantità ridotte, fornisce alla spina dal distributore sempre in funzione in via Terni, a Treviglio. «Il latte deve essere toccato dall'uomo il meno possibile – spiega Simone -. Il robot lo esamina e basta una piccola anomalia perché non sia conforme e venga scartato automaticamente, quello di prima qualità passa direttamente nel vaso, poi nel filtro e nelle cisterna frigo che funziona grazie a un sistema di pannelli fotovoltaici di cui è dotata la cascina». Ma il robot è in grado di fornire informazioni anche su conducibilità, colorimetria, caratteristiche cellulari. Prima della mungitura robotizzata c'è stato anche il sistema meccanico a secchio. È progettato per l'estrazione del latte sfruttando il vuoto d'aria. Gli aspiratori della macchina sono applicati sui capezzoli dopodiché, alternando il vuoto alla normale pressione dell'aria, raccolgono il latte senza danneggiare le mammelle. «È una tecnica adatta ad allevamenti di piccole dimensioni, lo svantaggio è il numero di vacche munte all'ora che rimane basso», afferma il produttore. C'è anche il lattodotto, meno faticoso, per l'applicazione di sistemi automatici di fissaggio. Si tratta comunque di operazioni dai tempi piuttosto lunghi. Meglio investire. Il costo di un robot per la mungitura si aggira sui 125mila euro. Meno del prezzo di una moderna vecchia sala da mungitura. «E aiuta gli allevatori a vivere meglio e a mantenere l'occhio vigile sulla loro mandria», conclude l'agricoltore trevigliese.


Arredamenti, si fa largo
la generazione della svolta

Alessandra Cereda – MobilCereda (Zanica)
«Abbandoniamo l’individualismo,
solo facendo rete possiamo svoltare»

Classe 1976, Alessandra Cereda, della MobilCereda di Zanica, ha seguito le orme di papà Lorenzo, presidente del Gruppo mobili e arredamento dell’Ascom di Bergamo, non solo nel lavoro, ma anche nell’impegno associativo. Fa infatti parte del Consiglio nazionale della Federmobili e del Gruppo Gif che, all’interno della federazione, raccoglie gli imprenditori under 40 con l’obiettivo di migliorare il confronto e valorizzare le loro proposte e richieste. Incarichi non casuali, dato che è convinta che fare rete sia la chiave per imprimere una svolta al settore. «Purtroppo sino ad ora ognuno ha badato solo al proprio “giardino” – afferma -, considerando gli altri come concorrenti e non come colleghi. Ma è una strada che non ha futuro. Prima di tutto occorre far capire tutti insieme che cosa differenzia il nostro modo di vendere da quello della grande distribuzione. Il valore della progettazione, del servizio e della storicità non viene infatti riconosciuto e viene dato per scontato dai consumatori. Una volta affermata questa nostra identità, ognuno può poi mettersi in gioco con la propria proposta».
Rispetto al mondo dei padri lo scarto è netto non solo per l’avvento dei colossi commerciali e per via della crisi, ma anche per un più generale cambiamento culturale che ha visto l’arredamento scendere nella classifica delle priorità di spesa. «Il settore è rimasto fermo per anni nella convinzione il mobili si vendessero da soli – dice chiaramente -, oggi occorre risvegliare l’attenzione con tutto un contorno d’immagine, utilizzare il web, l’e-commerce, fare campagne pubblicitarie mirate, strumenti che sembrano banali, ma sui quali siamo invece attardati e che possono dare risultati più significativi proprio se sviluppati in un’ottica di rete».
Come lei, anche il fratello Pierluigi, di due anni più giovane, ha scelto di proseguire l’attività di famiglia, avviata del padre nel ‘51, quando era giovanissimo. «Per entrambi è stata una scelta autonoma – nota Alessandra -, dopo aver fatto esperienza anche fuori. Inserirsi è stato facile perché papà è sempre aperto alle nostre proposte, non le scarta in partenza, ci lascia sperimentare e semmai le aggiustiamo insieme». Le innovazioni vanno dai programmi gestionali all’utilizzo del web, all’attenzione all’export, con un imperativo di fondo: «essere versatili, pronti al cambiamento». Per quanto riguarda l’esposizione, alla nuova generazione si deve, ad esempio, la creazione accanto al negozio storico di un punto vendita specializzato nei divani e nel riposo e nell’ergonomia.

Beppe Marchetti – MM Mobilificio Marchetti (Cologno al Serio)
«Non basta più trasmettere emozioni al cliente,
la nuova sfida è condividere esperienze»

Al Salone del Mobile, il Mobilificio Marchetti di Cologno al Serio dà una chiara dimostrazione di come sta impostando il proprio modo di presentarsi e coltivare i rapporti con la clientela. Nello stand si succedono infatti corsi di cucina, showcooking, concerti di musica live di band emergenti, la presentazione di un libro, un progetto con la scuola Fantoni e una tavola rotonda con gli architetti. «È prima di tutto una nostra esigenza, sappiamo che possiamo imparare da tutti e quindi cerchiamo di aprirci, coinvolgere realtà a noi vicine con le quali possono nascere sinergie, concetto molto dichiarato ma quasi mai realizzato», racconta Beppe Marchetti, 44 anni, che con il fratello Paolo, 34, è da una decina di anni alla guida dell’attività fondata dal bisnonno.
Le iniziative in fiera sono la prosecuzione naturale di quanto si realizza nell’appartamento in Città alta, arredato dall’azienda e abitato da una coppia, aperto a visite ed eventi. «L’idea è andare oltre i party, spesso ingessati, con cui si presentano gli allestimenti – prosegue –, abbattere il velo tra professionista e cliente per mettersi allo stesso livello, discutere di design e mangiare qualcosa insieme, conoscersi e condividere visioni e competenze». Secondo l’imprenditore non è più sufficiente creare emozioni con disegni e prodotti, occorre condividere esperienze. «Oggi “social” è la parola chiave della comunicazione – spiega – e cosa c’è di più social che incontrarsi davvero? Per noi la persona viene prima del prodotto, è al centro del progetto e deve essere resa protagonista. Le qualità intrinseche del prodotto, che pure devono essere di valore, non bastano più».
La medesima apertura si ritrova all’interno dell’azienda. «Nostro padre, capendo che serviva un cambiamento – rileva –, ci ha lasciato carta bianca e la stessa fiducia ci piace accordarla a chi lavora con noi, persone giovani, dinamiche, di talento, che vogliamo si sentano coinvolte». Logico, in quest’ottica, che si invochi anche un maggiore confronto tra colleghi. «Non è più tempo di guardare con occhio “truce” chi applica qualche punto percentuale di sconto – afferma Marchetti –, il settore si è seduto per troppo tempo sugli allori, non impegnandosi nella ricerca di strade nuove e di strumenti strategici, ed oggi confronto e condivisione sono armi importanti per uscire dai vecchi canoni. In fondo, abbiamo tutti gli stessi problemi, cerchiamo di capire dove siamo carenti, smettiamo di essere gelosi e condividiamo esperienze e capacità».

Gianatonio Salini – Salini Design (Fornovo San Giovanni)
«Creato un nostro stile. Ora si aprono le porte dell’estero»

Il cambio di rotta Gianantonio Salini, 51 anni, e il fratello Massimo, lo hanno impresso una ventina di anni fa, dopo aver rilevato dal padre l’attività, con sede a Fornovo San Giovanni. «A quei tempi nessuno immaginava lontanamente a questa crisi – ricorda Gianantonio -, eppure abbiamo pensato che fosse necessario differenziarsi. Un po’ perché la varietà dei prodotti sembrava appiattirsi, un po’ perché ci sentivamo dentro la vocazione ad occuparci in maniera più ampia degli ambienti». L’azienda si occupa perciò di architettura d’interni a 360 gradi, della progettazione ai lavori necessari per attrezzare o ristrutturare gli spazi, dai pavimenti all’illuminazione, passando naturalmente dai mobili, con un forte accento sulla ricerca, che si tratti di materiali, colori, nuove soluzioni di design. «Insomma, abbiamo dato vita ad un nostro stile – sintetizza -, tanto che accanto alla falegnameria e allo store storico di Fornovo abbiamo aperto “D-LabDesign”, un negozio-laboratorio dove mostriamo quello che facciamo, le nostre sperimentazioni. È a Treviglio, nei pressi della stazione centrale, facilmente accessibile anche grazie all’arrivo della Brebemi. Internet è infatti fondamentale per farsi conoscere, ma vedere di persona e toccare con mano ha sempre la sua importanza».
Di fronte ad un mercato interno depresso, aver puntato già da tempo su un target medio alto sta ripagando («oggi – annota – la richiesta si indirizza su due soli livelli, basso o alto, si è persa la fascia media della clientela che rappresentava i tre quarti del giro d’affari e questo è grave per il settore»). E pure l’internazionalizzazione è un’opportunità da non trascurare: «Il made in Italy è sempre visto con un occhio di riguardo all’estero – evidenzia Salini – e la prospettiva è quella di aprirsi, considerare che il proprio mercato può essere tutto il mondo. Abbiamo fatto lavori a Panama, Dubai, Svizzera e Francia e contiamo di sviluppare contatti e progetti».

Veronica Rota –  Mobili Rota (Almenno San Bartolomeo)
«Anche Internet è un canale che funziona»

L’attività di famiglia ha conquistato ben cinque esponenti – quattro fratelli e una cugina, nella fascia dai 28 ai 38 anni – della seconda generazione della Mobili Rota di Almenno San Bartolomeo. Sanno di offrire qualcosa di diverso rispetto alla grande distribuzione e si danno da fare per farlo capire, mettendoci ognuno il proprio gusto e la propria visione. «L’attività è sempre andata bene – spiega Veronica Rota – ed i nostri genitori ci hanno trasmesso l’orgoglio di portarla avanti. Certo, ci rendiamo conto che oggi occorre impegnarsi su più versanti, cercare sempre nuove idee. Abbiamo puntato sulla pubblicità con pannelli stradali, ma abbiamo anche rifatto completamente il sito web e siamo presenti su Facebook. Internet funziona, i consumatori infatti sono ormai abituati a cercare informazioni e prodotti in rete e non mancano le vendite on line, grazie al portale Webmobili, che è organizzato molto bene. Siamo anche presenti su un sito nazionale specializzato in occasioni, il che ci permette rinnovare costantemente l’esposizione. Abbiamo anche rivisto l’esposizione delle cucine, l’ambiente che continua a riscuotere attenzione, e ci affidiamo ad un’art buyer per l’oggettistica, perché anche il colpo d’occhio, l’atmosfera, il farlo sentire a casa servono per conquistare il cliente». Ma lo snodo fondamentale è la capacità di accompagnarlo nella scelta. «Proprio perché il cliente ha più informazioni ed è abituato a guardarsi attorno – prosegue Veronica Rota – dobbiamo essere più preparati ad illustrare le caratteristiche dei prodotti: far capire, ad esempio, la differenza tra un mobile laminato e uno impiallacciato, quanto contano gli spessori e così via. Non possiamo permettere che si instaurino paragoni sbagliati con la grande distribuzione e dobbiamo fare in modo che venga riconosciuto il valore del nostro servizio, dalla progettazione alla selezione dei prodotti, dal montaggio a regola d’arte all’assistenza post vendita». Non vuol dire per forza spendere di più. «Non è mai stato un negozio di fascia alta – dice – ma puntiamo sul rapporto tra qualità, servizio e prezzo. Sappiamo anche che il momento è difficile e proprio in questo senso abbiamo predisposto due soluzioni di arredamento completo ad un prezzo interessante senza derogare a certi standard di qualità». L’impostazione data all’attività ripaga, se è vero che «il passaparola continua a funzionare e che la soddisfazione maggiore è quando il cliente ritorna e chiede di te».


Treviglio,
il distretto
del commercio
punta su Wi-Fi
e gruppi d’acquisto

Archiviato il deludente capitolo delle luminarie natalizie, l'attenzione ora è concentratasulla diffusione della connessione wireless tra gli esercenti e sui possibili risparmi garantiti dagli acquisti collettivi. Il presidente Ghidotti: «Strategie per dare impulso alle attività»

Sospeso per quest'anno il progetto delle luminarie natalizie a spese dei negozianti, il distretto del commercio di Treviglio rilancia mettendo in campo altre iniziative di marketing diretto: l'estensione del wi-fi in tutto il centro e i gruppi d'acquisto. “Sono strategie per promuovere e dare impulso alle attività”, commenta  Roberto Ghidotti, presidente del distretto. L'obiettivo è l'estensione della copertura territoriale per il free wi-fi città di Treviglio, vale a dire 60 metri di raggio per ogni hot spot, salvo limiti strutturali, un unico username e password per navigare nel cuore della città e non solo, oltre alla tracciabilità degli utenti.
“I commercianti potranno inviare mail o sms, che però non sono inclusi, alle persone che si sono connesse e che in questo modo hanno usufruito di un servizio aggiuntivo, sia che si tratti di propri clienti sia di visitatori che si trovano nel paese”, spiega Ghidotti. Il servizio avanzato prevede, inoltre, la possibilità di inserire tre spazi pubblicitari nella pagina di login e altrettante vetrine sul sito con offerte speciali, novità, inviti a eventi. Il costo del dispositivo è di 120 euro più spese di trasporto (9,80 euro) al momento dell’attivazione, a cui si somma il canone annuale, 120 euro, elevato a  220 per il servizio avanzato. “L'iniziativa è appena stata proposta e stiamo già raccogliendo le adesioni, nella speranza che non siano a macchia di leopardo – si augura il presidente del distretto -. Per spronare i commercianti, proponiamo condizioni vantaggiose ai primi dieci che sottoscriveranno il wi-fi entro il 31 ottobre: dispositivo gratuito e canone a 180 euro per il sistema avanzato e un contratto triennale”. Altro strumento che può facilitare la vita dei commercianti in tempo di guadagni in calo, sono i gruppi d'acquisto, già sperimentati da altri distretti che hanno ottenuto risparmi pari al 20 per cento.
“Conosciamo tutti la legge del mercato, ricavi meno spese uguale guadagno. Ma le economie di scala si fanno anche sui costi d'esercizio”. Il distretto mette a disposizione un consulente specializzato nei servizi di elettricità, gas, acqua e assicurazione. L'esperto analizzerà le bollette degli ultimi mesi, da sei a un anno, e la polizza assicurativa, cercando nel mercato soluzioni alternative meno costose. L'importo dovuto al consulente è variabile e si aggira in media sul 20 per cento del risparmio ottenuto. Anche in questo caso è previsto uno  sconto per chi aderisce entro fine mese. “Più si è, meglio è per tutti: se i commercianti sono 40 o 50  si può pagare meno. L'importante è fare squadra”, afferma Ghidotti alludendo al progetto mancato delle luminarie natalizie. “Premiare chi non ci credeva, sarebbe stato ingiusto”. Al momento della sottoscrizione delle adesioni, infatti, solo 59 commercianti hanno dato il proprio consenso su 350, contro i 113 del 2011 e gli 83 dell'anno scorso. “Il budget mancante era di 20mila euro, pertanto quest'anno la città sarà abbellita dalle luminarie comunali, molto limitate”. A pesare sulle tasche, i 150 euro richiesti, che negli anni precedenti erano 240 e 220, considerati una tassa. “È un concetto sbagliato, si tratta di un contributo in un programma annuale, che comprende aperture estive il mercoledì sera, notti bianche e altre iniziative. Se a qualcuno pesava, saremmo venuti incontro dilazionando il pagamento o chiedendolo in forma ridotta, bastava che i nostri iscritti esprimessero critiche, dando segnali di vitalità”. Il messaggio è semplice: “Abbiamo voluto dare una scossa, cerchiamo ogni strumento per combattere l'apatia, per riscoprire il valore dello stare assieme”. Al contrario, funziona la collaborazione con Promoberg, come dimostra il tutto esaurito dei Legnanesi al PalaFacchetti, sabato scorso, per il primo spettacolo della minirassegna autunnale. “Un ulteriore volano per Treviglio e le sue imprese. I commercianti ci hanno creduto, la città si è appassionata. Così si crea tessuto, si rivitalizza la piazza, si costruiscono leve importanti per lo sviluppo economico”.      


Da velina a imprenditrice,
Veridiana apre due negozi a Bergamo

Anche Veridiana Mallmann ha deciso di sfidare la crisi e cavalcare l’onda delle start-up. La modella brasiliana, nota al grande pubblico come ex velina bionda dell’edizione 2008 di Striscia la Notizia, ha infatti lasciato la tv per entrare a far parte dell’asset societario della nuova rete in franchising Ct Cosmetics Milano.
Un progetto ambizioso il suo che sta rivoluzionando il mondo dell’abbronzatura e che sta per approdare in queste settimane anche in Bergamasca con l’apertura di due punti vendita. Nei natural store che sorgeranno prima a Treviglio e poi, da fine ottobre, anche all’Oriocenter, verranno commercializzati prodotti naturali in contenitori ecologici. Ma il punto forte sarà la presenza di Mya, il lettino spray automatico per l’abbronzatura senza raggi Uva che manderà in pensione gli autoabbronzanti e le lampade, dichiarate dannose dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Oltre mezzo milione di euro spesi in ricerca e altri 90.000 euro, che raddoppieranno entro fine anno, per le attività di marketing è l’investimento che sta dietro a questo brevetto mondiale. «Mi è sempre piaciuto occuparmi di economia e imprenditoria ma avevo accantonato questa mia attitudine per fare la modella – spiega Veridiana –. Quando ho deciso di mettermi in proprio, ho cercato un progetto che rispecchiasse la mia personalità. Per il solo fatto di essere un volto noto ho ricevuto molte proposte di lavoro che mi hanno permesso di scegliere la soluzione migliore per me. Poi ho conosciuto Nicola Gheda che ha un’esperienza ultraventennale nel settore della bellezza. Lui ha brevettato l’unico sistema al mondo ad erogazione orizzontale per l’abbronzatura e la rivitalizzazione cellulare a base di ossigeno e acido ialuronico che è al 100% naturale perché è a base di canna da zucchero e reagisce con le proteine superficiali della pelle. Un’idea innovativa dal momento che i centri estetici italiani devono ridurre del 70% tutti i lettini di vecchia concezione». Grazie a questo prodotto, in pochissimo tempo si ottiene un colorito abbronzato che dura fino a 4-6 giorni. «Il progetto – prosegue Veridiana – mi è piaciuto subito e sono entrata a far parte della società della nuova rete in franchising Ct Cosmetics Milano. Sono in giro dalle 8 del mattino alle 8 di sera per fare ricerche di mercato e per cercare location in cui aprire nuovi negozi in franchising».
Il pigmento abbronzante micronizzato non penetra nel derma, non attiva la melanogenesi e può quindi essere usato in gravidanza, sotto i 16 anni, dai fototipo 0 o 1 e dai soggetti che soffrono vitiligine. «L’abbronzatura è sempre stata un cruccio di noi donne – conferma l’imprenditrice –. Io sono brasiliana ma di origini tedesche e per anni ho sempre inseguito un’abbronzatura molto difficile da ottenere. D’altronde sapevo che i raggi Uva sono cancerogeni e quindi non prendevo molto sole, ma essere bianca latte mi causava molta tristezza. Finalmente ho trovato la soluzione».
Insomma, una sfida ammirevole in tempi di crisi: «In effetti, puntare su un progetto simile in un periodo così difficile può sembrare rischioso – ammette – ma sono convinta che la cosa importante oggi, quando qualcosa non va, sia rimboccarsi le maniche. Io ho fatto così. Visto che la tv non mi dava un futuro sicuro, mi sono diplomata in Ragioneria e ho ripreso quegli studi di economia all’università che mi appassionavano tanto. Volevo fare un lavoro il cui merito fosse soltanto mio e non di qualcuno che aveva deciso di farmi lavorare. Sono stata abituata a sapere cosa fare fin da piccola: mi svegliavo la mattina e raccoglievo le uova o facevo i conti col mio papà».
Cresciuta in una fattoria immersa nella natura, l’ex velina, grazie ai suoi prodotti, intende trasmettere anche un messaggio ambientalista offrendo a tutti i suoi clienti la possibilità di riportare in negozio le bombolette spray vuote per il successivo riciclaggio: «Quando per lavoro ho iniziato a girare il mondo e a frequentare le grandi metropoli, provavo molto fastidio nel vedere montagne di spazzatura in giro. Ma anche quando sono a casa a farmi lo shampoo o finisco un flacone di crema, mi viene male al cuore quando devo buttarlo via perché penso a quanto noi sporchiamo l’ambiente ogni giorno. Ct Cosmetics Milano offre anche una serie di prodotti per la cura e il benessere della pelle, tutti spray e airless, per garantirne efficacia e integrità sino all’ultima goccia. Io ho dato alle mie clienti la possibilità di riportare in negozio le bombolette vuote, così poi le possiamo riciclare. È un forte messaggio di rispetto della natura». Oltre a Treviglio e Orio, la Ct Cosmetics Milano è oggi presente con quattro negozi a Udine, Crema, Orzinuovi e Milano, nel nuovo Brera Fashion District. Il piano di sviluppo prevede 80 punti vendita in franchising entro il 2015.


Galizzi agli imprenditori:
«Riprendiamoci il futuro»

La nuova consuetudine di svolgere l’assemblea nei territori della produzione segna simbolicamente la scelta di Confindustria Bergamo di andare verso le imprese, di “stare nelle imprese”, come ha sottolineato il presidente di Confindustria Bergamo Ercole Galizzi all’incontro annuale, svoltosi quest’anno al PalaFacchetti di  Treviglio, nel cuore di un territorio che conta quasi 25mila imprese e 100mila posti di lavoro, dove l’industria vale all’incirca il 50% dell’economia e dove l’integrazione fra i settori, agricoltura compresa, è più avanzata.
Un’area dove i nuovi assetti infrastrutturali dovrebbero favorire gli investimenti.
Positiva anche la visione degli asset del territorio: l’aeroporto motore di sviluppo, l’Università dalla dimensione internazionale, il Kilometro Rosso acceleratore di innovazione, Bergamo Sviluppo, attraverso una stretta alleanza fra la Camera di Commercio e tutte le Associazioni imprenditoriali, che accompagna le imprese nei percorsi di internazionalizzazione e sostiene i processi di innovazione, la stessa Bergamo Scienza.
Fra i progetti evidenziati anche quello della Fondazione Italcementi che ha lanciato il progetto “Bergamo 2.(035): un’idea di città in un mondo che cambia”, il documento  della Camera di Commercio “Per un nuovo sviluppo” e il finanziamento per l’aggiornamento della Territorial Review dell’Ocse. La progettualità d’insieme sta dietro anche alla candidatura di Bergamo a Capitale Europea della Cultura 2019 di cui Confindustria Bergamo è uno dei soggetti promotori.
Forte di questa nuova propensione alla progettualità Confindustria propone uno sforzo nuovo anche sul fronte del lavoro. “Il tasso di disoccupazione a Bergamo – ha sottolineato Galizzi – in cinque anni è triplicato, anche se resta. tra i più bassi d’Italia, largamente al di sotto della media europea. La percentuale di giovani non occupati (uno su quattro) è nella media europea e 15 punti sotto quella nazionale”.
E’ innegabile che dopo più di cinquant’anni Bergamo ha ritrovato, insieme alla crisi, una questione lavoro. “Abbiamo perso 25mila posti di lavoro. Le casse integrazioni macinano record negativi con il concorso di tutti i settori. Quest’anno rischiamo di raggiungere un monte ore autorizzate non lontano dai 40 milioni, con un aumento del 15% sul picco dell’anno scorso, anche se l’integrazione straordinaria e quella in deroga cedono leggermente”.
L’ottimismo di maniera è bandito: “I pochi decimali previsti di crescita, la divaricazione fra quel gruppo di aziende export oriented che hanno buoni risultati produttivi e le imprese depresse dalla caduta della domanda interna non consentiranno di recuperare produzione e, conseguentemente, tanti posti di lavoro”.
L’invito è però a non essere fatalisti e “adottare nelle imprese e nei territori tutti quegli strumenti che consentano la tenuta del sistema produttivo, anche intervenendo sul mercato del lavoro”, attraverso un confronto che deve “fondarsi sulla concretezza, senza pregiudizi, senza riferirsi a passati modelli di un rapporto di lavoro che non c’è più. Il nostro accordo territoriale sull’apprendistato si muove proprio in questa direzione come le sperimentazioni sulla flessibilità d’attacco”.
Fra gli esempi positivi il bonus lavoro della Camera di Commercio che dovrebbe  essere riproposto. Indicazioni utili vengono anche dall’Accordo tra Expo 2015 e i Sindacati, “un’intesa che consente la programmazione di soluzioni flessibili a favore sia delle imprese interessate alla implementazione del sito espositivo, sia dei lavoratori coinvolti nei conseguenti incrementi occupazionali, di durata temporanea ma con prospettiva di stabilizzazione”.
“Mi piacerebbe – ha aggiunto il presidente – riuscire a condividere con le Organizzazioni sindacali un progetto concreto in tema di nuova occupazione, che evidenzi la capacità del nostro territorio di trovare soluzioni pragmatiche ai problemi dell’impresa e del lavoro. Immagino una intesa territoriale che agevoli, con formule contrattuali flessibili, i nuovi inserimenti, favorendo così, nell’immediato, l’incremento degli organici.
Essere concreti significa infatti non limitarsi ad aspettare gli interventi legislativi in tema di mercato del lavoro, spesso tardivi o inadeguati. Essere pragmatici significa non limitarsi ad auspicare nuove agevolazioni contributive e fiscali che abbassino il costo del lavoro, difficilmente prospettabili in ragione della precarietà finanziaria del nostro Paese”.
Di qui la proposta alle Organizzazioni sindacali di “affrontare insieme la sfida di un confronto territoriale aperto e costruttivo, che superi approcci ideologici o politici per definire soluzioni emergenziali, subito praticabili, finalizzate a favorire, con modalità sostenibili, gli inserimenti al lavoro utili alle imprese”.
“La vera ripresa – ha avvertito il presidente degli Industriali – se saremo bravi e fortunati ci sarà in contemporanea e anche per merito di Expo 2015, che sarà un “momento di spartiacque fra il recupero e la dichiarazione di declino se l’Italia non si saprà presentare nelle sue vesti migliori”.
Grande imputata, ancora una volta, la politica, sempre lontana, caratterizzata da una burocrazia imperante e sorda ai cambiamenti.
“La Lombardia – ha sottolineato – è obbligata a dare il buon esempio, la nuova legge urbanistica è un’occasione imperdibile”. E ancora, secondo il presidente Galizzi “il sistema dei voucher costa più di quel che rende”. Mentre un incentivo semplice ai nuovi insediamenti sarebbe l’esenzione Irap considerata assolutamente strategica e in prospettiva da estendere alle imprese che crescono.
Gli obiettivi dell’imprenditore, ha ricordato il presidente, sono sempre gli stessi: rendere migliori le loro imprese, cioè innovare, metterle in condizione di andare ovunque, cioè internazionalizzarsi, migliorare il loro cluster, attraverso la collaborazione con altre imprese. Obiettivi su cui l’associazione è chiamata a lavorare “battendosi contro la disperazione e la resa, riprendendo in mano il futuro”.
“Non possiamo esimerci dal giocare la nostra parte – ha concluso – il mondo ?Ñ‚Äî molto diverso da quello di soli dieci anni fa ed ha bisogno di nuovi interpreti che meglio sappiano leggere il futuro. Non facciamoci intimorire dal rischio di perdere quanto conquistato dalla precedente generazione, ma assumiamo quel ruolo che la nostra gente si attende”.