Bonacina: «Investiamo
sul talento per dare a Bergamo
un avvenire meno incerto»

Se fino ad ieri era difficile prevedere cosa ci avrebbe riservato il futuro, l’attuale incalzare vorticoso degli eventi, i radicali mutamenti di scenario, le crisi mondiale – ed epocale – che si sta abbattendo da ormai un quinquennio, senza allentare la morsa, rendono impossibile (e forse poco utile) quello che, di fatto, si rivelerebbe comunque un mero esercizio astratto, senza reali possibilità di trasformarsi in accadimenti di cui beneficiare.
La concretezza che ci caratterizza preferisce quindi spostare l’accento non tanto sulla astratte previsione, ma sulla progettazione, o, per essere più chiari, ci fa privilegiare la “fase attiva” capace di incidere sul cambiamento futuro, piuttosto che quella meramente “speculativa”, che si limita a ipotizzarlo.
Del resto siamo convinti che il domani non “piove dal cielo”, ma prende forma dalla germinazione e intelligente coltivazione dei molteplici fattori già oggi in incubazione.
E in questo processo noi tutti non siamo semplici spettatori, ma attori concreti, chiamati moralmente e civicamente a fare la nostra parte.
Ecco quindi che quando immaginiamo cosa sarà Bergamo e la Bergamasca fra un decennio, non possiamo permetterci il lusso sterile di un mero esercizio speculativo, ma siamo coinvolti in prima persona, ciascuno per il proprio ambito e ruolo, sia privato cittadino o istituzione, anche pubblica.
È un preciso dovere quindi orientare le nostre scelte quotidiane, il nostro lavoro, i nostri investimenti, le nostre speranze e passioni, già oggi verso un territorio che sappia fare tesoro del presente, del dato di fatto – bello o brutto che sia – per considerarlo come materiale di costruzione della “casa futura” ove noi e i nostri figli andremo ad insediarci nel prossimo decennio.
Una casa che deve tener conto di fattori di estrema rilevanza, come l’attuale grande trasformazione infrastrutturale in atto (Bre.Bemi., TEM, Pedemontana, TAV, Aeroporto Il Caravaggio); di appuntamenti e accadimenti di risonanza mondiale, come l’EXPO 2015, o Bergamo capitale Europea della Cultura 2019; di probabili trasformazioni sul piano istituzionale, col mutare di ruolo che dovranno avere le Province; della sempre più marginale funzione delle pubbliche istituzioni nel welfare, con un corrispondente spazio lasciato, in questo settore, dall’intervento del privato e, dunque, con la maturazione di una sensibilità solidale; della funzione “eurocentrica” – storicamente e geograficamente inconfutabile – di un territorio della pianura vocato a baricentro e cerniera sulle direttive nord-sud per il corridoio Berlino-Palermo, est-ovest per il corridoio Lisbona-Kiev, e parimenti centrale fra quattro aeroporti di spicco, come appunto Orio al Serio, Montichiari, Verona e Linate, oltre che strategicamente importante sul piano ferroviario.
Fra poco tempo il “cittadino europeo” sarà in grado di spostarsi in qualsiasi parte del continente per motivi di lavoro, di studio, di svago (e parimenti le merci o quant’altro) con una celerità fino ad oggi impensata e, per farlo, passerà sicuramente dalla pianura bergamasca, come peraltro già fecero a suo tempo (certo con modalità e ritmi temporali assai diversi) i grandi flussi di transito registrati dalla storia, a cominciare, allora, dagli eserciti.
Se questo è il “palcoscenico” – carico sostanzialmente di valenze positive, proprio perché, di fatto, crogiolo in cui si fonderanno, come già si fusero in passato, valori culturali, economici, spinte sociali, preziosi nella loro eterogeneità identitaria – su cui ci stiamo muovendo e sul quale dovremo dare concretezza al nostro domani.
Non possiamo però ostinarci ad ignorare, o negare, gli aspetti negativi – alcuni pesantemente negativi e forieri di drammatiche conseguenze – come il progressivo e inesorabile dilagare dell’illegalità e della criminalità organizzata in questo territorio, fenomeni che costituiscono il cancro della civile convivenza e che, se trascurati, portano alla disgregazione dell’humus sociale su cui si regge ogni società armoniosa, prospera e responsabile.
Una particolare riflessione merita poi l’intelligente messa a frutto del patrimonio culturale – artistico, storico, di costumi e tradizioni – che anche in terra bergamasca, come peraltro in tutto il Paese, costituisce una preziosissima risorsa, capace di costituire quel plus qualitativo sul quale investire nella costruzione appunto del nostro futuro.
Un futuro che dovrà naturalmente passare dal rilancio del nostro sistema produttivo, finalizzato a creare nuova occupazione, recuperando il pesante gap accumulato nei cinque anni di crisi.
Dovremo attivarci per recuperare i numerosi posti di lavoro e le molte imprese persi e, per fare ciò sarà prioritario puntare sull’ export.
Certo siamo ben consapevoli che i nostri progetti debbono confrontarsi con condizioni  in merito alle quali il nostro margine d’azione è davvero assi risicato, se non inesistente, poiché riguarda scelte generali come la riduzione del debito dello Stato, la limitazione della pressione fiscale su lavoro e redditi di impresa, l’aumento del potere di acquisto delle famiglie, la semplificazione del fisco e della normativa sul lavoro, l’investimento dell’intero Paese sull’istruzione e sulla ricerca. Merita un cenno a sé, nel costruire il nostro futuro, un freno al consumo di suolo e la spinta alla riqualificazione delle aree dismesse e dei fabbricati esistenti. Non dimentichiamo infatti che la Bergamasca è la zona della Lombardia che ha registrato la maggior crescita percentuale media annua di superfici antropizzate nel periodo 1955. Non meno strategico sarà il tema del potenziamento del polo universitario bergamasco e della sua capacità di creare sinergie internazionali. Ma, francamente, non è facile essere ottimisti, in proposito, visto le recenti decisioni di liquidare il decennale positivo esperimento dell'Università di Bergamo a Treviglio. Se il futuro di Bergamo e della Bergamasca nel prossimo decennio avrà respiro, esso dovrà senz’altro essere disegnato intorno alla conoscenza. Bergamo e la Bergamasca, che storicamente hanno saputo trasformare il lavoro in cultura, hanno  tutte le credenziali per divenire polo europeo del sapere, integrato nel più ampio sistema universitario lombardo.
Investire sul talento oggi vuol dire rinnovarsi nei campi della cultura scientifica e umanistica, puntando sulla ricerca e sulla più alta specializzazione, e abbracciando tanto gli ambiti della competenza industriale quanto le specializzazioni legate ai servizi e le humanities, per le quali l’Italia è riconosciuta a livello internazionale.
Non dimentichiamo infatti che il domani della nostra manifattura e dei nostri servizi è strettamente correlato con la “dose di conoscenza” che sapremo mettere nei nostri prodotti.
Ma non meno necessaria e determinante sarà, costruendo il futuro dei prossimi dieci anni bergamaschi, un’adeguata dose di coraggio e passione, perché siamo fortemente convinti che senza l’anima non ci sarà rinascita.

GianFranco Bonacina
*Presidente della Cassa Rurale di Treviglio


Confindustria Bergamo
va “Oltre le mura”

La prima volta di Ercole Galizzi sarà a Treviglio. Il presidente di Confindustria Bergamo presenterà al PalaFacchetti, durante l’assemblea pubblica, i piani di azione dell’associazione imprenditoriale, dopo la sua elezione avvenuta ai primi di giugno durante la sessione riservata. L’assemblea, punto di riferimento per 1300 aziende del territorio, in programma il 7 ottobre a partire dalle 14,30, sarà aperta dalla relazione di Ercole Galizzi, a cui seguirà un dibattito fra Stefano Paleari, rettore dell’Università di Bergamo, Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, Bernd Wurshing, director production planning assembly di Porsche AG, e Federico Magno, amministratore delegato di Porsche Consulting. Le conclusioni saranno affidate al presidente nazionale di Confindustria Giorgio Squinzi, che si ripresenta all’appuntamento bergamasco dopo essere stato ospite un anno fa alla Dalmine nell’edizione 2012.
Dal titolo “Oltre le mura”, l’assemblea richiama esplicitamente il progetto di  Bergamo capitale europea della cultura 2019 – sostenuto anche dalla locale Confindustria – che vede la nostra città proiettarsi oltre i confini provinciali su una ribalta internazionale.
Il nuovo presidente conferma, dunque, il carattere itinerante dell’assemblea pubblica donatole dal suo predecessore Carlo Mazzoleni, che aveva spostato l’appuntamento annuale all’aeroporto di Orio al Serio e successivamente allo stabilimento della Dalmine. Destinazioni dotate di un loro simbolismo: l’aeroporto, uno dei principali motori dello sviluppo, la Dalmine, icona del manifatturiero bergamasco.
L’assemblea trevigliese intende quest’anno sottolineare l’importanza cruciale di un’area resa sempre più appetibile anche in virtù dei forti investimenti in infrastrutture. Innanzitutto la Brebemi, che potrebbe aprire a novembre per un tratto, mentre il completamento è previsto nel maggio 2014, primo project financing autostradale del Paese, voluto fortemente anche dagli stessi Industriali. Un’infrastruttura che si porta dietro importanti opere di completamento alla viabilità accessoria, grazie alle quali Treviglio, interessata anche dalla futura autostrada per il capoluogo, si troverà al centro di un sistema di comunicazioni eccellente, che la faranno diventare il vero baricentro della Lombardia del futuro, un’area dove potrebbero nascere nuovi insediamenti sia industriali che legati al terziario o all’ospitalità.
Ma l’appuntamento di Confindustria Bergamo sarà anche l’occasione per riflettere a più voci sul futuro dell’industria manifatturiera, alle prese con una crisi senza precedenti, aggravata da un contesto Paese sempre più precario, e sulla ricerca di nuovi sbocchi oltre frontiera, dove tuttavia si affacciano competitori anche in ambiti prima ritenuti “sicuri”, come la meccanica, da sempre punto di forza dell’industria locale e dove la stabilità di intere aree, da quella medio-orientale a quella nord-africana, è spesso a rischio.
In particolare gli incandescenti panorami internazionali verranno delineati da Paolo Magri, bergamasco, direttore di uno dei più prestigiosi istituti di ricerca italiani in questo ambito.
Sul rapporto fra industria e territorio e sulla necessità di una visione oltre-frontiera presenterà le sue riflessioni anche Stefano Paleari, neo presidente della Conferenza dei Rettori, che ha fatto dello stretto contatto con le imprese, unito ad una spinta continua all’internazionalizzazione, uno dei punti fermi dell’Ateneo di Bergamo.
Un focus sarà anche dedicato al sistema industriale tedesco, grazie alla presenza di Bernd Wurshing e di Federico Magno. Il Paese, con una media di 1413 ore lavorate per addetto all’anno, molto meno che in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, realizza, in effetti, un valore del prodotto per ora lavorata fra i più alti dell’area Ocse. Un risultato a cui concorrono, oltre alla stabilità politico-finanziaria, la flessibilità del lavoro, gli investimenti in nuove tecnologie, un robusto sistema pubblico di sostegno all’innovazione orientato alle piccole imprese, percorsi formativi altamente professionalizzanti e basati sull’alternanza scuola-lavoro. Si tratterà di vedere quanto di questo modello sia esportabile nel difficile contesto italiano.


Treviglio, «i commercianti
non investono nel rilancio» 

Treviglio cerca di scongiurare un Natale a luci desolatamente spente e punta a riaccendere lo spirito di squadra tra i commercianti, per tirare le somme di quattro anni di lavoro del distretto urbano del commercio, nato nel 2009 grazie al primo bando regionale. La querelle sulle luminarie, che ha spinto il sindaco Giuseppe Pezzoni a “minacciare” di cancellare dal bilancio i 7.500 euro di contributi concessi dall’amministrazione per realizzare gli eventi del mercoledì sera, ha aperto una vera spaccatura nel mondo del piccolo commercio all’ombra del campanile. Sono solo 18 le adesioni finora raccolte, circa il 10% di quelle attese, un numero talmente esiguo da spegnere assieme alle luci le speranze di un rinnovato spirito corporativo tra i commercianti, incapaci di mettersi d’accordo neppure di fronte all’Avvento e al Natale.
Eppure le iniziative del distretto hanno dato risultati positivi, con un tangibile incremento delle vendite e della frequentazione delle vie del centro in concomitanza con gli appuntamenti organizzati: «Gli eventi appena conclusi dei mercoledì sera hanno avuto un successo mai riscontrato negli anni precedenti. È la dimostrazione più evidente dell’importanza del fare rete: quando si lavora insieme i risultati non mancano», sottolinea Max Vavassori, presidente dell’associazione Botteghe di Treviglio, che allarga le braccia di fronte al disinteresse e alla scarsa partecipazione dei commercianti. «Da sempre a Natale le vetrine e le vie si trasformano e anche i commercianti di Treviglio devono fare qualcosa. Di fronte all’immobilismo e alla scarsa partecipazione la Giunta ha minacciato di cancellare i contributi ad ogni iniziativa futura – ricorda il presidente delle Botteghe -. È avvilente vedere che solo pochi commercianti mettono in conto spesa 150 euro. Ho invitato a considerare che una spesa di nemmeno 3 euro al giorno, visto che l’accensione delle luminarie dura 45 giorni, è poca cosa se si considera di guadagnare anche solo 7 o 8 euro al giorno e sfido qualsiasi attività a non avere questi margini risicati. Nessuno nega che le difficoltà siano innumerevoli e che le tasse e gli aumenti siano insostenibili, ma 150 euro non bastano nemmeno per illuminare in modo degno il proprio negozio».
La scarsa partecipazione da parte dei commercianti si è resa evidente in occasione dell’ultima assemblea del distretto. «Se chi è coinvolto nel distretto non crede in prima persona nel vivacizzare le vie, chi ci deve credere? Bisognerebbe arrivare alla formalizzazione di una vera e propria tassa di scopo – continua Vavassori -. Se in un centro commerciale si organizza un’iniziativa ogni attività vi deve prender parte senza “se” e senza “ma”. La stessa cosa dovrebbe accadere con il distretto del commercio. È un peccato non avere la maturità e la volontà di darsi un’organizzazione da sé». La cifra richiesta è irrisoria, ma in ballo ci sono valori molto più grandi e preziosi, dallo spirito corporativo alla volontà di dare un segno alla città in un periodo di grande attesa come il Natale: «Non è possibile arrivare ogni anno alla rottura della cuffia per 50 centesimi al giorno – incalza -. I primi due anni dalla costituzione del distretto sono stati contraddistinti dall’entusiasmo e dal coraggio, ora perfino il contributo per illuminare a dovere la città sotto le feste sembra un balzello insopportabile. Urge un cambio di mentalità: bisogna fare rete per cercare di stimolare i consumi e riportare la gente nelle vie del centro. I commercianti non possono pensare che basti avere un negozio in centro per garantirsi una clientela affezionata». Se a Treviglio ognuno desse il proprio contributo basterebbe versare 70 euro per illuminare a festa il centro.
«La delusione più grande è vedere che gli sforzi non vengono ripagati. Sono stati spediti 250 inviti all’ultima riunione e sono stati contattati di vetrina in vetrina ben 150 commercianti, ma all’ultima assemblea hanno preso parte solo 18 imprenditori – rileva Gabriele Anghinoni, dell’angolo Verde, dal 1983 associato alle Botteghe, di cui è componente del consiglio -. Non si può andare avanti ad organizzare incontri ed eventi se le sale rimangono desolatamente vuote. Il contributo di tutti è importante, non è possibile che tutti facciano sentire la propria voce solo per lamentarsi quando non fanno nulla per cambiare le cose». La partecipazione alle iniziative del distretto arriva perfino da chi quattro anni fa ha scelto di non farne parte: «Il vero problema, spiace dirlo, sono i commercianti che criticano ogni iniziativa che viene fatta senza fare nulla. Pensano che il cliente entri nei loro negozi per volontà divina e anziché darsi da fare per tenerli stretti, criticano ogni iniziativa che invita frequentatori e cittadini a passeggiare sul territorio – sottolinea Luca Carioli, vicepresidente fino all’ultimo mandato delle Botteghe del Centro, titolare del negozio di calzature Kammi, che ha scelto di aderire alle iniziative del distretto senza farne parte -. Le luminarie sono solo la punta dell’iceberg, il problema prima di tutto è culturale. Rifiutando ogni evoluzione e cambiamento non si può combattere la crisi. Il distretto rappresenta la soluzione, ma non può funzionare se la base non ci mette del suo. Le associazioni stanno facendo un lavoro straordinario, ma ad un progetto fatto di sinergie e di impegno manca la convinzione della base».
Il presidente del distretto Roberto Ghidotti, che ha tenuto a battesimo i progetti di rivitalizzazione dei centri storici in città e provincia in rappresentanza dell’Ascom, richiama i commercianti alle “armi” per vincere la concorrenza con gli altri poli commerciali: «Non è possibile che un’iniziativa storica come l’illuminazione delle vie sotto Natale trovi i commercianti indifferenti, né è bene che molti vadano a rimorchio di tanti. Ognuno deve fare la sua parte. Le iniziative organizzate con gli sforzi e il contributo di molti, come le serate del mercoledì, hanno dato importanti riscontri, segno che quando si lavora per lo stesso obiettivo i risultati positivi non mancano». Per salvare il Natale e lasciarsi alle spalle questo momento di crisi per il distretto, bisogna attendere la fine del mese, termine ultimo per accendere assieme alle luci la speranza di un futuro luminoso per il distretto.


Immobili,
«ancora
eccessivi
i prezzi
dei negozi»

Tra gli immobili d’azienda, il mercato dei negozi, seppur in affanno, esprime ancora la maggiore vivacità e contiene i cali. A fronte di una crescita dell’offerta, anche se spesso di bassa qualità, si conferma la debolezza della domanda. I valori assoluti raggiunti dai prezzi di compravendita e di locazione restano comunque eccessivi – rileva la nuova edizione del Listino curato dagli agenti immobiliari bergamaschi della Fimaa Ascom – rispetto ai rendimenti attuali delle gestioni alle prese con una contrazione dei consumi senza precedenti. La difficoltà dell’accesso al credito allontana dal mercato i nuovi imprenditori, mentre il clima resta d’attesa per chi è in attività. Sono fermi al palo gli investimenti in nuovi punti vendita e non mancano tagli ai negozi non produttivi. La crisi spinge la diminuzione dei prezzi di compravendita dei negozi, sia pur con riduzioni meno importanti rispetto all’anno scorso: si va dal -3,1% in città al -3,6% in provincia. In calo anche gli affitti: -2,6% in città e -3% fuori. Il mercato è ancora movimentato dalla domanda per negozi nuovi e di pregio commerciale (localizzati nelle aree primarie del centro storico e nei centri commerciali) e dalle ubicazioni di elevata visibilità poste sulle arterie principali (con la conferma della Briantea come asse commerciale di interesse). Iniziano a vedersi segnali positivi a Bergamo Sud, tra effetto-ospedale Papa Giovanni XXIII e nuovi insediamenti. La crisi restringe le aree di interesse penalizzando soprattutto le zone malservite per mobilità e parcheggi. Le ubicazioni secondarie scontano altresì la riduzione della domanda per attività marginali, etniche e di servizi.
Per il mercato direzionale, in linea con gli immobili industriali, si chiude un anno tra i più difficili, con una domanda esigua di fronte ad un’offerta di spazi che non trova collocazione. Si consolida ormai da cinque anni il calo dei prezzi di compravendita, che prosegue più marcato in provincia (-4,6% contro il 4% in città), soprattutto nelle aree a forte vocazione industriale. Calano i canoni di locazione soprattutto in provincia (-3,8% contro il -3,3% in città). È l’effetto della bassa qualità degli immobili offerti in locazione, che riduce l’appetibilità per il trasferimento di imprese e professionisti. Il mercato regge per l’offerta di uffici di alta qualità, che resta tuttavia esclusiva. In generale i tempi medi di vendita e di locazione si sono ulteriormente allungati, superando l’anno (13,5 mesi) con un sconto sul prezzo richiesto che risulta significativo (19,5%). Il mercato degli immobili industriali si conferma in grave affanno. In calo il numero delle compravendite (-6,3%) e dei canoni di locazione (-5,6%). I tempi medi di vendita si sono allungati ed hanno superato l’anno (13 mesi) mentre lo sconto concesso è fortemente aumentato, toccando punte del 20% rispetto al prezzo richiesto.

Case, le quotazioni tengono solo nelle aree di prestigio

I prezzi delle case sono in diminuzione in città del 5,4 % e in provincia del 5,6%. «Le quotazioni – sottolinea Oscar Caironi, vicepresidente Fimaa – sono in discesa con prezzi sostanzialmente stabili solo per gli immobili delle aree prestigiose di Città Alta e del centralissimo di pregio (-0,3%). In calo i valori del centrale e dei borghi. Il semicentrale registra una diminuzione dei prezzi (-4,9%) ma non mancano valori stabili per immobili di qualità. In calo i prezzi della periferia, con -5,8%. La selezione si fa sempre più marcata e gli immobili nuovi o recenti evidenziano maggiore tenuta dei prezzi rispetto alle altre categorie». Anche in provincia i prezzi sono al ribasso rispetto al 2011: «I prezzi diminuiscono sia nei centri principali, dove si registra maggiore surplus d’offerta, sia nei comuni più piccoli. Tengono le quotazioni del segmento del nuovo e dell’offerta di qualità, mentre è in calo la domanda a scopo abitativo, alimentata dalle richieste di prima casa e di sostituzione improrogabile – continua Caironi -. In generale, l’atteggiamento delle famiglie verso la sostituzione è di selezione e di attesa. È ferma la domanda a scopo di investimento con lo spettro dell’inasprimento fiscale».

Le vie più ambite
In città i prezzi più alti li tocca via San Giacomo con 7mila euro al metro quadro, seguita da Colli di Bergamo (6mila), viale Vittorio Emanuele (5.500), via XX Settembre (4.500), via Statuto (4.500), via San Tomaso zona Accademia Carrara (3.500) e via Finardi (3.300). In provincia in cima alla classifica si attesta il centro di Treviglio (2.900 euro al metro quadro), seguito da Lovere centro (2.800), Clusone (2.800), Sarnico (2.800), Castione Dorga (2.700 euro), San Pellegrino Terme (2.600), Rovetta (2.500) e (Foppolo).

Rilancio per le locazioni
Se per le compravendite i prezzi sono in discesa, per le locazioni si registra invece un rilancio, alimentato dalla difficoltà di acquistare casa. L’accresciuta pressione fiscale spinge nel mettere a reddito gli immobili invenduti. Dopo cinque anni consecutivi di calo dei canoni si registra la sostanziale stabilità dei prezzi delle locazioni. In città gli affitti registrano una leggera diminuzione tra 0,5% e 1,5 %. I prezzi di locazione sono in diminuzione nei principali paesi della provincia, con una riduzione media dal 2 al 3% rispetto ai valori del 2011. Quanto ai prezzi, per un mono e bilocale la richiesta media in Città Alta è di 650 euro al mese, canone che scende a 600 euro nelle zone centrali di pregio per abbassarsi a 500 euro in centro e a 450 nei quartieri residenziali. In provincia si spendono in media dai 300 ai 500 euro al mese.

In discesa anche i box
I dati evidenziano una riduzione del numero delle compravendite di box in città, smentendo il dato dello scorso anno che evidenziava, in controtendenza, una crescita. Il dato segna inevitabilmente la correlazione tra il calo delle vendite di abitazione e quello di box, anche se non mancano acquisti di box – soprattutto singoli – per andare ad incrementare il valore dell’immobile. Calano i valori di compravendita, che avevano toccato punte significative soprattutto in provincia: si rileva un -5,6% nei comuni bergamaschi e un -5% in città. Si ritoccano – sempre al ribasso – anche i canoni di locazione: -3,1% in città e -3,6% in provincia.  Dare un tetto alle proprie auto non è una spesa per tutti. I prezzi per un box in città, nonostante i ribassi, vanno dai 40mila euro nella zona piscine e Conca d’Oro ai 100mila in Città Alta, per scendere tra i 70 e i 75mila euro nelle zone centrali di pregio e nelle aree meno esclusive di Bergamo Alta.


Cinema, sconti e promozioni
frenano i fatturati delle multisale

Nella Bergamasca tiene il numero di biglietti venduti, anche se in calo rispetto al 2011. La crisi incide, ma anche le pay-tv e la pirateria penalizzano il comparto

Uci Curno, cresce il numero di spettatori
Stratta: “Funziona la nostra carta fedeltà”

Anche se la crisi svuota il portafoglio, i bergamaschi non rinunciano al cinema. A fornire una fotografia della situazione è Andrea Stratta, 50 anni, amministratore delegato di Uci Italia che ha inaugurato la prima multisala a Curno, composta da 9 schermi per 2.500 posti, nel 1999. Dopodiché il circuito è passato a 42 multisale. Nella graduatoria degli incassi, quella bergamasca si colloca all'ottavo posto davanti a Torino Moncalieri e Firenze.
I dati Cinetel registrano 10 milioni di biglietti in meno rispetto al 2012 (-8%). Qual è la situazione nella bergamasca?
“Va meglio che in altri paesi. E' una piazza meno in difficoltà di altre. Tuttavia, i ricavi sono in calo proprio perché vivendo un periodo di crisi i prezzi scendono per via delle iniziative promozionali messe in atto dall'esercente”.   
Qual è il film più visto nel 2013 a Curno?
“”Iron man 3”. Sono andate bene, in generale, le pellicole uscite tra maggio e giugno, fatto che sfata la leggenda che il pubblico vada al cinema soprattutto d'inverno. Funzionano bene anche i concerti. Curno ha premiato Bruce Springsteen, The doors, il film sui Violetta e il Cirque du soleil”.
Ci sono stati anche flop?
“Certo, ma a livello mondiale. L'effetto è a catena. Come “The lone ranger”, su cui tutti avevamo grosse aspettative, ha funzionato male ovunque e la Walt Disney ci ha rimesso oltre 200 milioni di dollari”.
A quale target corrisponde il vostro pubblico?
“E' leggermente più femminile. L'età varia tra i 15 e i 40 anni. Poi c'è chi è cresciuto cinematograficamente con noi. Curno è la nostra sala storica, che sta per compiere 14 anni. I giovani che allora avevano 20-25 anni, oggi ne hanno 45-50, hanno cambiato abitudini, si sono sposati e hanno avuto dei figli, continuando ad andare al cinema ed elevando la fascia di età”.
Il cinema è una forma di intrattenimento non adatta a tutte le tasche: perché i prezzi restano alti?
“Non direi, se lei va a mangiare una pizza, non riesce a cavarsela con meno di 12-13 euro, al cinema spende 8,70 euro, ma ci sono mille forme per risparmiare. Basta che un gruppo di amici compri una tesserina da cinque ingressi per ridurre a 6/6,50 il prezzo di entrata. La nostra carta fedeltà garantisce dieci ingressi a 5/5,50 euro. Se va il martedì a vedere un film che ha poche settimane di vita lo paga solo 3 euro. Tutte iniziative che a Curno funzionano bene”.
Quali sono i fattori che penalizzano il settore?
“La pirateria è il più grave e diffuso: scaricare film dal web in modo illegale danneggia produttori, distributori, sale, mercato dell'home video. E' successo, un paio di volte, di scoprire atti di pirataggio anche a Curno. Tutti soffriamo e il governo non fa nulla, non promuove leggi né pene severe. Altro fattore, l'arrivo dei grandi schermi in molte case, dove puoi goderti per quattro-cinque giorni a settimana le partite di calcio. Se una sera gioca l'Atalanta, è normale  che un po' di clienti li perdiamo”.
Quanto pesa, invece, la concorrenza dei film proposti da Sky e Mediaset?
“Poco nulla, ormai siamo abituati. E poi quando il pubblico vuole vedere un film, non aspetta mesi”.
Si leggono spesso annunci di sale in vendita,  si arriverà all'estinzione dei cinema nelle città?
“Le piccole sale continueranno a operare bene a condizione che portino avanti una trasformazione al passo con i tempi. Moriranno se mantengono poltrone vecchie vent'anni, proiettori a pellicola e audio scadente”.
La quota di produzioni italiane è scesa dal 48 al 34%, quella a stelle e strisce è salita dal 34 al 58%: un segnale d'allarme?
“No, sono dati in evoluzione, in autunno ci saranno tanti film italiani. L'attesa è per “Sole a catinelle” di Checco Zalone, nelle sale il 31 ottobre”. 
C'è chi scrive una guida per sopravvivere al cinema della crisi tra suicidi e violenze, rivalutando cinepanettoni e Tinto Brass. E' daccordo?
“Non credo nei film troppo impegnati o troppo leggeri. Bisogna fare una bel film, come “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore, pellicola dell'anno”.

Ariston di Treviglio: “Il 22% dei ticket
venduto con la tessera cinepass”

E' stabile il numero di spettatori dell'Ariston Multisala di Treviglio.  Inaugurata nel 2004 in via Montegrappa, la struttura è composta da sei sale che possono ospitare fino a 1.300 spettatori. Amministratore e direttore è Enrico Signorelli, 41 anni, ultimo erede di una stirpe di gestori, veri pionieri dell'arte cinematografica.
“La mia famiglia vanta una storia centenaria. Tutto è iniziato con il mio bisnonno, Antonio, a fine Ottocento: girava le locande mostrando la lanterna magica, una vecchia forma per proiettare immagini su una parete in una stanza buia, tramite una scatola contenente una candela. Oggi Lanterna magica è la mia società. Il figlio, Enrico, mio nonno, si è appassionato al punto da realizzare, nel 1916, sedicenne, la prima arena estiva. Si spostava per le cascine che raggiungeva prima in bicicletta, poi con un carretto. L'evoluzione dei tempi l'ha portato ad aprire il cinema Ariston nel 1953 che è rimasto in attività fino al 1987. A mio papà, Gianantonio, spetta il merito di aver inaugurato quell'anno il Cinema Nuovo, prima bisala a Treviglio”.
Oggi bisogna fare i conti con la difficile congiuntura economica. Qual è la situazione nella città della Bassa?
“Siamo in linea con il numero di presenze registrate nel 2012. Ma abbiamo perso pubblico rispetto al biennio precedente. I cali negli incassi, passati dai 900mila di due anni fa agli attuali 740mila (rapportati ai sette mesi), pari al 18 per cento, sono una conseguenza del ricorso alle promozioni”.
Qual è la più diffusa?
“La tessera cinepass, una carta prepagata e ricaricabile che consente di comprare i biglietti con uno sconto che varia, a seconda della giornata, dal 10 al 20 per cento. Oggi  il 22 per cento dei tagliandi è acquistato con questa formula. Il nostro intento è, comunque, creare un club di affezionati che ha diritto a tante agevolazioni, sconti al bar, in libreria, posti riservati, possibilità di godersi anteprime. Per noi non sono dei clienti, ma un vero popolo vip”.
Qual è il vostro target?
“Il più eterogeneo possibile. Portiamo al cinema tutti, i più piccoli come gli ottantenni con iniziative mirate. Il sabato pomeriggio, fino alle 19.30, un bambino e l'adulto che l'accompagna pagano solo 10 euro compresa la bibita. Un'iniziativa partita in sordina e per poche settimane l'anno e che oggi dura dodici mesi. Il venerdì alle 17, invece, è pensato per il senior club, gli over 60 a cui offriamo the e biscotti e un ingresso per una prima visione a 4,50”.
Dunque, la programmazione è la base su cui voi costruite un'offerta variegata.
“Gli eventi sono ciò che fa la differenza e noi ne proponiamo per tutti i gusti. Ci chiamano spesso le scuole e noi ci facciamo promotori di proiezioni speciali, come quelle legate alla sicurezza stradale, a cui stiamo lavorando in questi giorni in collaborazione con la polizia locale di Treviglio. Sono in programma anche un ciclo di serate sulla figura della donna nella società moderna, il ciclo di film per le famiglie realizzati insieme alle parrocchie. Ma sono possibili anche feste per bambini e convegni per manager”.
Cosa vi contraddistingue dalle altre multisale a vocazione commerciale?
“La nostra forza è il legame col territorio. Ci impegniamo a creare un cinema che sia a misura di bambino, adulto e anziano. Dopo un rodaggio iniziale siamo oggi fieri di essere la vera piazza al coperto di Treviglio, dove ci si ritrova per leggere un libro, mangiare un panino, cenare o solo per programmare la serata”. 


Da Treviglio le scarpe
per la Gran fondo di New York

A Castel Cerreto, frazione di Treviglio, in piazza Boffi al civico 2 c'è l'insegna “Calzolaio”. Ma dietro al bancone non c'è un qualsiasi ciabattino intento a riparare tacchi o a sostituire suole bucate. No, c’è un ragazzo. Emanuele Manenti, che rappresenta l'imprenditoria locale e che investe nel suo futuro lavorativo. Ventinovenne, tre anni fa ha deciso di prendere le redini del mestiere paterno rendendolo un'attività moderna e alla moda. Nel suo laboratorio crea e produce calzature commissionate anche da personaggi che appartengono al mondo dello spettacolo. Attraverso i canali on line, pubblicizza e vende i suoi prodotti: quelli originali e colorati su www.potashop.it, i pezzi classici e con materiale di prima scelta su www.ilcalzolaioartigiano.it e le scarpe griffate Marco Pantani su www.pantanishoes.it.  
Emanuele, qual è stata la molla che l’ ha spinta a diventare artigiano?
“E' un mestiere che ho nel sangue, è una di quelle tradizioni che si tramandano di padre in figlio. I miei genitori hanno lavorato in questo settore per mezzo secolo. Mio papà faceva scarpe per chi aveva problemi al piede o nel camminare, poi l' ha aiutato anche mia mamma. Io progettavo apparecchiature estetiche elettromedicali. Tre anni fa, il grande salto: ho mollato tutto e mi sono inserito nell'attività per gioco. Oggi con me collabora anche mio fratello, Luca, di ventisette anni”.
Come è cambiata la professione di calzolaio?
“La differenza la fa internet, che è il futuro. Mi permette di farmi conoscere all'estero. Infatti, mi arrivano richieste da Germania, Belgio e Svizzera. Mio papà, quando gli ho spiegato i miei progetti, all'inizio era scettico. Oggi mi appoggia. Come un tempo, gli artigiani rimangono dei veri artisti. Non siamo una fabbrica e non guardiamo l'orologio mentre lavoriamo, ma prestiamo attenzione alla cura di ogni minimo dettaglio. Siamo come gli orafi. Anche la loro è una professione antica che porta a creare gioielli unici e particolari. Osservandoli, mi sono detto: perché non fare lo stesso creando scarpe che il cliente sogna, sulla base delle sue esigenze e richieste?”.
Il primo modello quale è stato?
“Una scarpa “concept”, prettamente destinata alle competizioni di calcio dilettantistico, con un taglio orientato al confort e alla prestazione. Oggi il mio modello più diffuso rimane la scarpa maschile unisex. Ciò non toglie che sia in grado di fabbricare una scarpa tacco 14 alla Lady Gaga”.
Facciamo qualche esempio: cosa puoi offrire?
“Qualunque tipo di calzatura. Ho realizzato un paio di scarpe ritagliando un tappeto da cucina, poi aggiungendo suola e tacco. C'è chi mi ha chiesto scarpe eleganti per il giorno del matrimonio con il proprio nome ricamato all'interno.  C'è chi soffre di allergie e vuole materiali particolari o fibre naturali come lino e cotone. Tutti possono così indossare calzature mai viste, dietro le quali c'è il lavoro di una mente creativa e di un valido pellettiere”.
Come si decide il modello?
“Esiste un configuratore con l'immagine della scarpa tridimensionale su un grande schermo che porto spesso con me nel corso delle dimostrazioni. Consente di scegliere una vastissima gamma di abbinamenti cromatici, ricami, borchiature e decori da applicare. Poi c'è la garanzia che la mano dell'artigiano lascia uscire la scarpa dalla fase produttiva soltanto quando quest'ultima ha rispettato sia i rigidi standard di qualità sia l'inappellabile opinione dell'occhio esperto del fabbricatore”.
Nulla è preconfezionato?
“Niente, prendo personalmente l'impronta del piede, misuro la lunghezza e la circonferenza di pianta e collo”.
Lei è anche detentore del marchio Marco Pantani. Come è nata la collaborazione con la famiglia del famoso ciclista?
“Avevo realizzato una scarpa per un amico che, l'estate scorsa, ha incontrato per caso la famiglia del “Pirata”. Parlando del più e del meno, ha fatto conoscere loro le scarpe che produco a Castel Cerreto. Dopo qualche giorno, mamma Tonina mi ha chiesto di realizzare una linea di scarpe sportive firmate con il nome del figlio. Oggi sono il mio prodotto d'eccellenza. Parte del ricavato dalla vendita delle Pantani shoes va alla fondazione Marco Pantani”.
Qual è il costo?
“Si parte dalle 99 euro per una Pantani estiva. Ma mediamente il prezzo per un prodotto fatto a mano è sui 150-160 euro”.
Tra i progetti anche la linea sportiva per la Gran fondo di New York, la gara ciclistica più bella degli Stati Uniti. 
“I fondatori della gara sono arrivati, pochi giorni fa, a Castel Cerreto per incontrarmi e vedere con i loro occhi come lavoro. L'anno prossimo fornirò le scarpe dopo corsa per l'evento sportivo che si terrà in maggio”.
A ordinare calzature sono anche i vip per i quali realizza linee esclusive.
“Si affidano a me Andrea Prada, il presentatore di eventi nazionali di cabaret, i comici di ”Zelig”, come Giallorenzo, nome d'arte del comico foggiano Francesco Damiano, che  si è esibito nel corso di “Treviglio in rosa”. Per lui ho creato una scarpa forellata, comoda, adatta per ballare e muoversi agilmente sul palco, con il suo nome scritto in verde fluorescente. Ho realizzato anche una linea per Platinette. Si chiama Milleluci, come il festival che dirige a Bellaria Igea Marina. Uno sneaker estivo, pensato sia in versione alta o bassa, decorato con Swarovski che riflettono la luce. A Cristina D'Avena ho già fornito una campionatura, farò su commissione le scarpe per la sua linea d'abbigliamento”.
Una curiosità: perché Pota shop?
“Volevo un nome bergamasco e simpatico che rimanesse nella testa della gente e facesse sorridere, però per le richieste più classiche il marchio è il calzolaio artigiano”.
Come vede il futuro di questi mestieri in Italia?
“Sono ottimista. Il mio motto è riscoprire un'antica arte in un antico paese. Occorre investire nello sviluppo del territorio attraverso il recupero di mestieri che stanno scomparendo e che potrebbero diventare per  molti l'attività principale di una vita”.


Treviglio, negozi “in rosa”
contro la violenza sulle donne

Per la Sagra di Sant’Anna Treviglio ha scelto come tema conduttore la sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Si tratta di un tema molto sentito dalla comunità, in cui trovano un minimo comune denominatore l’Amministrazione comunale, gli enti, le associazioni e le organizzazioni che, insieme a Pro Loco Treviglio, contribuiscono a vario titolo alla realizzazione delle iniziative proposte, anche nell’ambito dell’attività del Distretto del Commercio: Botteghe Città di Treviglio, Noi per Treviglio, Sirio Csf e Sportello Donna, Avis Treviglio, il Consiglio delle Donne e la Commissione Pari Opportunità Città di Treviglio, Soroptimist International, oltre agli sponsor collegati alle singole iniziative. Nei quattro giorni della festa i negozi del centro storico che aderiscono all’iniziativa si “vestono di rosa” ed espongono in vetrina le scarpette rosse, diventate ormai il simbolo della lotta alla violenza sulle donne, e uno specchio, simbolo di riflessione sul coinvolgimento di ogni individuo nell’impegno civile. Su questo sfondo si innestano le iniziative culturali e di animazione. Mercoledì 24 lo Shopping al Chiaro di Luna è accompagnato dall’esilarante esibizione di Andrea Prada, Giallorenzo e Il grande mago, ospiti fissi della trasmissione Zelig. Venerdì 26, giorno di Sant’Anna, alle 18 si celebrerà la Messa nel santuario della Madonna delle Lacrime, con l’accompagnamento della Schola Cantorum G.B. Cattaneo. Sempre venerdì, dalle 18 alle 20 i caratteristici cortili dei palazzi di via Galliari verranno trasformati in luoghi espositivi di immagini sacre e di fotografie storiche. La mostra sarà allestita anche sabato 27 dalle 17 alle 22.30. Inoltre, cortili e palazzi di via Galliari saranno visitabili sotto la guida delle divulgatrici culturali di Treviglio e dell’Ufficio Iat dalle 20.30 alle 22.30. Sempre sabato, dalle 18, la biblioteca civica proporrà una selezione di libri di donne e sulle donne, e ospiterà un “Aperitivo in Rosa” con DJ-set che si protrarrà fino alle 24 (parte del ricavato sarà devoluto in beneficienza). La festa si conclude sabato sera con la camminata solidale “Noi per le donne", che riporterà l’attenzione sul tema conduttore. La camminata partirà alle 20.30 dall’area mercato per svilupparsi lungo un percorso di 4,5 chilometri per le vie cittadine e si concluderà in piazza Manara con il concerto rock del gruppo musicale “I Gladioli”. Ai partecipanti alla camminata saranno distribuiti omaggi/buoni sconto offerti da alcuni esercizi commerciali del centro storico.


“Il successo delle aperture
serali? Non si misura
col numero di scontrini battuti” 

Giuseppe Pezzoni, 47 anni, docente di Lettere al liceo Scientifico presso il Centro salesiano “Don Bosco”, dove è anche preside, è il sindaco di Treviglio, seconda città della provincia bergamasca per numero di abitanti. Nato a Romano di Lombardia, vive a Pagazzano, dove è stato primo cittadino dal 1993 al 2004. E' presidente nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Mia, la Congregazione Misericordia Maggiore di Bergamo.
Sindaco, cominciamo dalla crisi: chi ne sta pagando il prezzo più caro?
“Dal mio punto di vista a rimetterci sono innanzitutto le famiglie più deboli. Il riflesso si ha anche sul sistema commerciale e delle aziende, però la ricaduta peggiore è sulla gente che non ha ammortizzatori sociali o tutele sufficienti. Lo dimostrano l'impennata di richieste d'assistenza ai servizi sociali e l'incremento della morosità. D'altra parte, ci sono anche i problemi nella prosecuzione di attività commerciali, ma sembrano abbastanza in tenuta con un trend non entusiasmante. A breve presenteremo il rapporto”.
Le aperture serali dei negozi sono un'iniziativa che apprezza?
“Ne sono contento. Il successo non è nel numero degli scontrini battuti in serata, ma nel saper offrire un'occasione di attrattiva e un momento di riflessione. Poi se l'opportunità si trasforma in un guadagno, tanto meglio. Dal punto di vista numerico, sto verificando un successo sempre maggiore, che mi rassicura. Le operazioni fatte con il Distretto del commercio sono sempre valide”.
Entro fine anno ci sarà il completamento del Centro nell'ex Upim. L'asta per un gestore unico è andata però a vuoto.
“L'idea del gestore unico che avrebbe dato un'identità più marcata è mia e me ne assumo la responsabilità. Non ha funzionato anche perché ho prospettato un bando con durata di diciotto anni per avere le garanzie del rientro economico. Ma le locazioni, oggi, sono soggette a forti turn over e non hanno quei tempi. Il bando per i singoli spazi commerciali è stato pubblicato. Noi abbiamo dato criteri di qualità anche per le aperture fino alle 22 e la promozione di iniziative nel distretto del commercio. L'importante è che si capisca che non è solo l'affitto di un esercizio commerciale, ma l'adesione a un progetto per rivitalizzare il centro di Treviglio”.
Anche il PalaFacchetti sarà valorizzato: arrivano, infatti, gli spettacoli del CrebergTeatro grazie a un accordo con Promoberg. Per primi, sul palco, i Legnanesi, poi Enzo Iacchetti.
“Abbiamo puntato sul fatto che il palazzetto possa essere uno spazio che offra, oltre al campionato di basket, anche altri momenti di intrattenimento. L'accordo con l’Ente Fiera Promoberg prevede tre serate: teatro, cabaret e musica con un concerto gospel”.
Altri eventi in ballo?
“Sì, ci sono ulteriori iniziative in programma: una fiera dell'elettronica e un evento di karate”.
Tra dieci mesi si viaggerà sulla Brebemi: lei che opportunità pensa si possano cogliere grazie alla nuova arteria? E quali i rischi?
“Gli effetti positivi saranno economici: aumenteranno insediamenti e attività produttive. Su Treviglio si è commesso, però, un grande errore strategico: le opere compensative non sono state puntate alla dimensione viabilistica, quella di supporto non è stata potenziata. La realizzazione della tangenziale ovest, l'ex ipb, che avrebbe dato vita a una bretella esterna per collegare la sp42 al casello non c'è. E non credo che mai la vedrò realizzata”.
Anche il territorio ha cambiato volto. Sarà ancora più antropizzato…
“Il modello del capannone a fianco dell'autostrada è superato. Si deve pensare al riuso degli spazi già esistenti piuttosto che sottrarre ulteriori terreni all'agricoltura. Ma dobbiamo anche garantire ai contadini forme di tecnologizzazione nei processi produttivi, come i biogestori, che rendano la loro attività al passo con i tempi. Oggi la questione del suolo è importante, ma non vedo più corse a realizzare aree industriali”.
Ci siamo spinti un po' troppo oltre?
“Certo. Gli sviluppi del mercato immobiliare dimostrano un eccesso di offerta”.
Altra questione, la discarica di amianto nella zona dell'ex cava Vailata a cui l'amministrazione si oppone. A che punto è il procedimento?
“La proposta di legge è in Commissione regionale. Noi abbiamo evidenziato elementi di forte criticità attraverso una relazione tecnica relativa al percorso delle falde. Non si può affermare che l'intervento non interagisca sul regime idrico”.
Come vede il futuro di Bergamo e Treviglio? E' ottimista?
“Pratico entrambe le città. La prima per la Misericordia Maggiore e Treviglio per la sindacatura. Ritengo che le prospettive di sviluppo siano maggiori nella Bassa. Non prevedo una crescita smisurata, ma credo nella  qualità dei servizi che diventeranno una forte attrattiva. In primo luogo, trovo il passante ferroviario un progetto fondamentale”.
E' anche vero che viviamo in una nazione in cui purtroppo le opere che migliorano la vita dei cittadini necessitano di dieci, quindici o vent'anni per essere realizzate.
“A settembre partiranno i lavori di mitigazione ambientale per il quadruplicamento ferroviario che erano nell'accordo di programma del 1995. E' assurdo che siano passati diciott'anni. Dovrebbero esserci più coraggio nelle scelte e maggiore responsabilità nella gestione”. 
E lei, tra vent'anni, come e dove si immagina?
“Avrò 67 anni, sarò in pensione. Spero, prima, di tornare a fare bene l'insegnante che è il mestiere migliore che si possa fare nella vita. Quando ho smesso di fare il sindaco a Pagazzano, sono tornato a scuola e ho fatto per cinque anni l'assessore al Bilancio. Il primo anno i miei alunni mi dicevano: prof, da quando non fa più il sindaco ci fa lavorare di più, non può trovare qualcos'altro da fare?”.
Da professore di lettere, leggerà molto. C'è un libro che suggerisce?
“L'ultimo romanzo che ho letto è “Pepys Road” di John Lanchester, consiglio “Luce d'estate ed è subito notte” dell'islandese Jon Kalman Stefansson, oltre a “Paradiso e inferno” dello stesso autore, uno scrittore eccezionale”.
Preferisce libri cartacei o gli ebook?
“Leggo un po' e un po'. Gli e-book sono di bibliolibrary, il servizio interprestito delle biblioteche provinciali”.
La si ritrova anche sui social network. Li considera uno  strumento fondamentale per comunicare?
“Non fondamentale, ma importante. Ho cercato di scindere il profilo facebook che ho usato per comunicare con alunni ed ex alunni da quello politico-amministrativo, ma la contaminazione è  avvenuta dopo pochi mesi dall'elezione. Mi piace poco l'idea della bacheca dove confluiscono gli aspetti diversi di una persona. Ma mi sono rassegnato, in rete si verifica quello che sta capitando a livello generale, un'integrazione di spazi e luoghi”. 
I giovani sono spesso considerati come privi di aspettative e disillusi, lei come li vede?
“Quando ho iniziato a insegnare, vent'anni fa, la disoccupazione giovanile in Lombardia era al 4 per cento. Oggi la situazione è diversa. Ma confido nel lume della speranza che porta avanti le nuove generazioni. Qualche tempo fa si potevano seguire le proprie aspirazioni avendo la certezza che un posto l'avresti trovato. Alla fine,  è ancora questa la strada giusta: nutrire le proprie passioni per aprirsi la testa, crescere e portare a casa un risultato anche se non è connesso al proprio titolo di studio. Tanti miei ex alunni hanno fatto l'Erasmus e faranno l'Erasmus plus, una valida occasione di formazione. Molti sono oggi medici, titolari di società o hanno trovato lavoro in ambiti particolari.  Se ti metti in gioco, un risultato lo avrai”.
Che voto si dà come sindaco e come professore?
“Nessuno. I professori i voti li danno, i sindaci li prendono”. 


Camera di Commercio, al via
la Settimana della Conciliazione

Dal 24 al 28 giugno la Camera di Commercio organizza la settimana della Conciliazione. L’iniziativa è indetta dall’Unione Nazionale delle Camere di Commercio, per promuovere l’istituto della mediazione come strumento alternativo di risoluzione delle controversie rapido, riservato, semplice e informale, efficace ed economico, rilanciando così gli strumenti di giustizia alternativa. Il ciclo di incontri è organizzato in collaborazione con le Associazioni dei Consumatori, gli Ordini degli Avvocati e dei Dottori Commercialisti, il Consiglio Notarile di Bergamo, l’Università di Bergamo e i Comuni di Bergamo e Treviglio.
Ecco le date, le sedi e gli argomenti trattati: Il 24 giugno, alle 09.30, all’ex Borsa Merci “Gli strumenti di giustizia alternativa al servizio dei consumatori: la normativa vigente e i casi pratici” e alle 15, al Collegio Vescovile Sant’Alessandro “Oltre la mediazione: strumenti di giustizia alternativa. Ruolo dell’avvocato nella stipula degli accordi e ruolo del notaio nell’autentica degli stessi ai fini della trascrizione”. Il 25 giugno, alle 9.30, all’ex Borsa Merci “La mediazione e gli Enti pubblici: opportunità e vantaggi dell’utilizzo della mediazione. Focus sugli appalti pubblici”. Il 26 giugno, alle 15, nella sede dell’Ordine dei Commercialisti, “Panoramica sugli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie: la mediazione, la conciliazione tributaria e cenni sull’esdebitamento”. Il 27 giugno, alle 16, alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bergamo, in via Moroni 255, “La mediazione civile tra problemi di incostituzionalità e prospettive evolutive”. Infine il 28 giugno, alle 9.30, al Comune di Treviglio “La mediazione e gli Enti pubblici: opportunità e vantaggi dell’utilizzo della mediazione. Focus sugli appalti  pubblici”.


“Senza un Sistema Paese efficiente per le imprese sarà sempre dura”

Andrea Paganelli, milanese, 46 anni, laurea in Ingegneria delle tecnologie industriali al Politecnico, dal 1996 al 2001 ha lavorato per la New Holland, marchio che appartiene al gruppo Fiat. Dal 2002 al 2004 ha diretto gli stabilimenti di montaggio della Bonfiglioli Riduttori. Da nove anni è alla Same Deutz-Fahr di Treviglio, dove oggi ricopre il ruolo di direttore industriale del gruppo. L’azienda, fondata nel 1927 dai fratelli Cassani, impiega 1.280 lavoratori ed è quarta nel mondo per la produzione di trattori e macchine agricole. Il 90% delle vendite avviene all’estero.
Ingegner, la contrazione del mercato italiano spinge per forza a cercare uno sbocco al di fuori dei confini nazionali?
“In Italia, da tre-quattro anni, la situazione economica è disastrosa. E’ necessario puntare ai nuovi mercati, dell’Est asiatico e del Sudamerica. Anche se in Europa stanno funzionando bene quelli di Germania e Polonia”.
Si produce anche nei Paesi in via di sviluppo per il minor costo della manodopera?
“Assolutamente no, sì produce lì per aggredire quel mercato con un prodotto adatto alle richieste domestiche. E spesso, ma non sempre, può significare la creazione di macchinari dalla qualità low cost”.
La sua visione sull’Italia è pessimistica?
“Se vuoi vendere, da noi, è un problema. Da sola un’azienda non ce la fa. Manca un sistema Paese che agevoli l’imprenditoria. Se l’economia non si rimette presto in moto vedo poche speranze per il futuro”.
Stiamo seguendo le sorti di Spagna e Grecia?
“Nei Paesi del Mediterraneo le difficoltà economiche sono acuite. Anche per questo la nostra forza è lo stabilimento tedesco di Lauingen. Ma dal gennaio del 2014 apriremo anche in Cina, con il via produttivo dello stabilimento nello Shandong”.
Perché i tedeschi non hanno subìto gli effetti della crisi?
“E’ una ruota che gira. La Germania investe nella piccola e media impresa che a sua volta traina l’agricoltura. In questo modo i contadini riescono ad accedere ai finanziamenti pubblici e gli operai possono ottenere, facilmente, mutui o prestiti in banca”.
Quanto influisce il costo del lavoro?
“Il prezzo di un prodotto è dato per l’85 per cento dal materiale, la manodopera incide per il 15 per cento”.
Ma il salario in Germania è tra i più alti.
“Un operaio tedesco medio, di quarto livello, costa all’azienda 36-38 euro all’ora. Il collega italiano 27 euro. In un anno i primi scioperano, se capita, al massimo quattro ore, gli italiani cinquanta ore, a volte con picchi di otto al mese, facendo lievitare il costo del lavoro. Dunque, conviene produrre in Germania”.
La colpa è del sindacato?
“No, è uno strumento importante che porta a raggiungere accordi per mantenere i giusti equilibri tra le parti. Diverso il giudizio per la Fiom, troppo estremista”.
Cosa può fare lo Stato italiano per agevolare le imprese?
“La tassazione è esagerata e ci sono pochi finanziamenti a fondo perduto. Mio papà è stato un industriale nel settore della falegnameria. Ricordo che quando ha iniziato aveva acquistato i macchinari grazie alle agevolazioni statali. Ed è stato possibile farlo fino a quindici anni fa. Oggi non più. E poi, se le imprese non sono in parte defiscalizzate, non possono permettersi di investire”.
Cosa pensa dell’Imu?
“Lo Stato deve pur reperire i soldi da qualche parte, purché in modo giusto. A giugno, la Same per il sito produttivo di Treviglio, pagherà una cifra davvero spropositata”.
La ricetta contro la crisi?
“Solo con la ricerca e lo sviluppo si progredisce. Nel quinquennio 2006-2011 noi abbiamo speso per investimenti 100 milioni di euro, in quello successivo oltre il doppio, 250 milioni. Chi ha tirato la cinghia alle prime avvisaglie della crisi oggi è fuori dal mercato”.
Cosa abbiamo, invece, noi italiani, che gli altri ci invidiano?
“La flessibilità. Siamo dei camaleonti, bravi ad adeguarci quando cambiano le carte in tavola. Noi siamo esperti nel crearci i problemi, ma sappiamo anche come risolverli. In questo diamo del filo da torcere ai tedeschi, che fanno fatica ad affrontare gli imprevisti. Sono troppo rigidi e inquadrati”.
C’è chi propone la staffetta generazionale: un lavoratore più anziano accetta meno ore in cambio dell’assunzione di un giovane, è d’accordo?
“Mi trovo bene con i dipendenti di lungo corso perché hanno esperienza. Ma abbiamo anche il management più giovane, con una media di ingegneri trentacinquenni. E quattro sono donne”.
Quale differenza c’è tra i due sessi nel modo di lavorare?
“Le ingegnere sono più brave. Sono più pignole, determinate. E sanno come farsi rispettare dal resto del personale”.
In un colloquio di lavoro, c’è un errore da con commettere?
“Sì, il millantare esperienze e capacità. Chi bara con un curriculum esagerato, viene scoperto subito. La sincerità e la trasparenza sono le doti che più apprezzo”.
Chi riesce a far carriera?
“Chi ha voglia di fare. Di solito individuo i più capaci e li chiamo gli “alti potenziali”. Un’azienda deve saper offrire opportunità, spianando loro la strada, magari con dei corsi di leadership o gestione del personale, a seconda delle lacune che possono avere”.
Ci sono però ragazzi che non trovano sbocchi e sono costretti a cercare fortuna all’estero.
“Se l’Italia può assorbire mille ingegneri e ce ne sono diecimila, l’unica soluzione è scappare. Ma anche fuori dai confini nazionali, chi possiede le qualità giuste riesce a emergere. Anche dal basso, da un semplice stage, in qualche anno si può raggiungere una buona posizione”.
Spesso però c’è chi aspetta fino a quarant’anni perché non trova il lavoro che ritiene più adatto a sé.
“Questo è un problema di eccessive aspettative. Tutti sognano di diventare top manager. Però non ci sono solo generali, ma anche caporali, tenenti e soldati semplici. E ognuno può concorrere al bene della sua azienda”.