Tasse, quest’anno la libertà arriva in anticipo

tax-freedom-day_2016Non solo festività, ponti e vacanze. Con il nuovo anno l’attenzione al calendario va anche a quella data che ben sintetizza il carico fiscale di un Paese, il Tax Freedom Day, il giorno cioè in cui si smette di lavorare per pagare le tasse e si comincia a farlo per se stessi.

Nel 2016 la “ricorrenza” si potrà festeggiare in anticipo. Il giorno in cui ci si libera dalle tasse sarà infatti il 19 giugno, mentre nel 2015 era il 22 dello stesso mese, che significa due giorni in meno perché l’anno è bisestile.

La pressione fiscale, dunque, retrocede, dal 47,4% al 46,7% e torna ai livelli del 2012. Il merito è essenzialmente dell’eliminazione della Tasi sull’abitazione principale, ma gli esperti avvertono che l’allentamento potrebbe essere solo temporaneo.     

Secondo la Cgia di Mestre, per evitare una nuova stangata nel 2017, entro la fine di quest’anno il Governo Renzi dovrà infatti trovare 15,1 miliardi di euro per “disinnescare” la clausola di salvaguardia introdotta con la legge di Stabilità 2015, altrimenti dal 2017 subiremo un forte incremento dell’Iva. «Per l’anno in corso – aggiunge il coordinatore dell’ufficio studi Paolo Zabeo – il fisco ci concederà una tregua. Tuttavia, il carico fiscale rischia di tornare a crescere nelle regioni in disavanzo sanitario che, per sanare i conti, potrebbero essere tentate ad aumentare la tassazione locale. In attesa della riduzione dell’Ires dal 2017 e nella speranza che il Governo mantenga la promessa di ridurre l’Irpef dal 2018, i contribuenti italiani beneficiano, in particolar modo, dell’abolizione della Tasi sulla prima casa e della cancellazione dell’Imu sugli imbullonati e sui terreni agricoli».


Condomini, bonus ristrutturazione anche per chi non ha reddito. «Un successo targato Bergamo»

Ha fatto centro l’appello di Anaci Bergamo, l’associazione degli amministratori di condominio, e di tutta la filiera del condominio lanciato al mondo politico e, in particolare, al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, in occasione di Condominio Expo, il Salone nazionale dedicato alla riqualificazione e gestione del condominio andato in scena il 3 e 4 dicembre alla Fiera di Bergamo.

Un filo diretto e tutto bergamasco lega, infatti, il via libera all’emendamento 6.77 alla legge di Stabilità sul credito fiscale, approvato ieri dalla Commissione Ambiente della Camera, che apre le porte a nuovi meccanismi fiscali per facilitare interventi di efficientamento energetico nei condomini, uno dei punti chiave della Carta del Condominio, il documento condiviso da tutta la filiera e indirizzato al Governo per evidenziare la necessità di adeguate normative in grado di rilanciare il settore.

Agostino Manzoni, presidente di Anaci Bergamo«Grazie a questo articolo – commenta Agostino Manzoni, presidente di Anaci Bergamo – dal 2016 potrebbe essere possibile anche per chi è senza reddito di utilizzare gli sgravi dell’ecobonus al 65% in caso di riqualificazione energetica nei condomini. Un risultato importantissimo che aiuta ad usufruire di questo sgravio importante. Il meccanismo è semplice: nel 2016 i condomini che sosterranno spese per la riqualificazione energetica delle parti comuni potranno cedere il relativo credito fiscale ai fornitori che hanno effettuato gli interventi. Lo sgravio dà diritto a un credito fiscale che viene ceduto direttamente al fornitore per il quale il credito diventa un voucher da monetizzare. Così come scritto l’emendamento risulta debole e demanda, per la sua attuazione, a un decreto da scrivere in concerto con l’Agenzia delle Entrate ma la strada sembra quella giusta».


Ecco quali sono le tasse più odiate dalle imprese

calcolatrice - fisco - tasseGli italiani pagano un centinaio di tasse, elenco che include addizionali, accise, imposte, sovraimposte, tributi, ritenute con tanto di sigle e siglette. A individuarle la Cgia di Mestre secondo cui nel 2015, ogni italiano pagherà mediamente 8 mila euro di imposte e tasse, importo che sale a quasi 12 mila euro considerando anche i contributi previdenziali. Le imposte che gravano di più sulle tasche dei cittadini italiani sono due e rappresentano più della metà del gettito (il 53,1%): si chiamano Irpef e Iva. La prima garantisce alle casse dello Stato un gettito che supera i 161 miliardi di euro (il 33,2% ovvero un terzo del gettito) mentre la seconda sfiora i 97 miliardi di euro (19,9% del gettito). Per Cgia a un sistema tributario frammentato, che vessa cittadini e imprese con le sue tante scadenze fiscali, si accompagna invece un gettito estremamente concentrato: le prime 10 imposte valgono 417,7 miliardi di euro e garantiscono l’86% del gettito tributario complessivo che nel 2014 si è attestato a 486,6 miliardi di euro. Per le aziende le imposte che pesano di più sono l’Ires (Imposta sul reddito delle società), che nel 2014 ha consentito all’erario di incassare 31 miliardi di euro e l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) che ha assicurato 30,4 miliardi di gettito (di cui 20,9 miliardi in capo alle imprese e la rimanente parte alle Pubbliche Amministrazioni). «La serie storica – sottolinea Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi Cgia – indica che negli ultimi 20 anni le entrate tributarie pro-capite sono aumentate di 76 punti percentuali, molto di più rispetto all’inflazione che, invece, è salita del 47 per cento». Va anche tenuto conto che la pressione tributaria (imposte, tasse e tributi sul Pil) in Italia (30,1%) è la terza più elevata dell’Area Euro dopo Finlandia e Belgio, superiore di sette punti percentuali rispetto a quella tedesca (22,9%). Sulle 100 tasse degli italiani la Cgia ha stilato una mappa delle curiosità. Eccola: l’imposta quella più elevata è l’Irpef; quella che paghiamo tutti i giorni è l’Iva; la più pagata dalle società è l’Ires; la più odiata dalle imprese è l’Irap; la più singolare è quella applicata dalle Regioni sulle emissioni sonore degli aeromobili; la più lunga come dicitura è l’ imposta sostitutiva imprenditori e lavoratori autonomi regime di vantaggio e regime forfetario agevolato; la più corta (acronimi esclusi) è il bollo auto; l’ultima grande imposta introdotta è la Tasi; la più odiata dalle famiglie è l’l’Imu/Tasi; le più stravaganti sono le imposte sugli spiriti (distillazione alcolici), quelle sui gas incondensabili e sulle riserve matematiche di assicurazione (tasse su accantonamenti obbligatori delle assicurazioni). Ci sono poi la tassa annuale sulla numerazione e bollatura di libri e registri contabili e, infine, tutte le sovraimposte di confine applicate dalla dogana vale a dire quelle sugli spiriti, sui fiammiferi, sui sacchetti di plastica non biodegradabili.


Sangalli: «Serviva più coraggio nei tagli alle spese improduttive»

Carlo Sangalli 1«Tre buone scelte, una nota dolente e una aspettativa mancata». È in sintesi il giudizio che la Confcommercio esprime sulla Legge di Stabilità varata dal Consiglio dei Ministri.

«Il Governo intrapreso la strada giusta – ha commentato il presidente Carlo Sangalli – che è quella della riduzione delle tasse, perché se non perdiamo quel triste primato della pressione fiscale tra le
più alte al mondo diventa impossibile qualsiasi prospettiva di crescita».  E spiega: «Tra le buone scelte, sicuramente la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, cioè per il 2016 non ci sarà l’aumento dell’Iva. La seconda è l’incremento della franchigia Irap e la terza è la proroga delle agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie e l’ecobonus».

«L’ aspettativa mancata – prosegue – è che secondo noi ci voleva più coraggio nella riduzione della spesa pubblica improduttiva per trovare quelle risorse necessarie per arrivare ad una generalizzata riduzione della aliquota Irpef».

LE MISURE

TASSE SULLA PRIMA CASA ADDIO

È la misura sulla quale punta maggiormente il governo. Sono circa 19 milioni gli italiani che saranno esentati dal pagamento della Tasi sulla prima casa (anche per gli inquilini). Una misura “per tutti”, ricorda Renzi, che spera di rilanciare i consumi vincendo le resistenze dell’Ue. Ha un valore di 3,7 miliardi.

L’IRES PIÙ BASSA D’EUROPA

L’obiettivo è ambizioso. Il governo intende portare l’ imposta sul reddito delle società dall’attuale 27,5% al 24% nel 2017 (3,8 miliardi). La novità è la possibilità che un primo calo possa esserci già nel 2016 se la Commissione Ue autorizzerà un margine di flessibilità dello 0,2% (3,1 miliardi) per l’ emergenza immigrati.

CARO IVA E BENZINA, PERICOLO SCAMPATO

Niente aumento dell’Iva, né delle accise sulla benzina. È la misura più corposa della legge finanziaria ma anche quella che veniva data per scontata. La sterilizzazione delle clausole previste dai governi precedenti vale 16,8 miliardi di euro.

CANONE RAI

Dal 2016 la tassa governativa per la tv pubblica si pagherà all’interno della bolletta elettrica e calerà dagli attuali 113,5 euro a 100 euro nel 2016 e 95 euro nel 2017. La nuova misura permetterà di “stanare” circa sei milioni di evasori.

SUPERAMMORTAMENTI PER LE AZIENDE

Chi investe in azienda potrà ammortizzare il 140% dei propri investimenti. È una misura, una tantum, che vuole spingere gli imprenditori a finanziare. La misura varrà per tutto il 2016 ma anche per chi anticipa ed investe a partire dal 15 ottobre 2015 (170 milioni solo per l’ultimo trimestre 2015, poi un miliardo per il 2016).

NO FLESSIBILITÀ PENSIONI MA OPZIONE PART-TIME

Nessun intervento sulle pensioni ma misure specifiche: opzione donna (esteso al 2016), settima salvaguardia degli esodati, innalzamento della no tax area per i pensionati over 75 e facilitazioni per chi si avvicina all’uscita dal mondo del lavoro. Gli over 63 anni, inoltre, potranno optare per il “part time” negli ultimi anni lavorativi con oneri minimi a carico dello Stato (100 milioni). Il sistema, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbe favorire l’ingresso di nuovi assunti.

SGRAVI ASSUNZIONI, “MA AFFRETTARSI”

Anche nel 2016 le aziende che vorranno assumere potranno beneficiare delle agevolazioni concesse dal governo. La decontribuzione, però, calerà progressivamente: del 40% l’ anno prossimo (834 milioni) e ulteriormente nel 2017. Lo sgravio sarà valido in ogni caso sempre fino al 2018. “Affrettarsi”, ha consigliato il premier.

FONDO SANITÀ SALE, MENO DEL PREVISTO

Si passa dai 109 miliardi del 2014 ai 110 di oggi fino ai 111 del 2016. L’incremento c’è ma si tratta di 2 miliardi in meno rispetto a quanto inizialmente pattuito con le Regioni. Saranno salvaguardati, promette Beatrice Lorenzin, i livelli essenziali di assistenza.

VIA L’IMU AGLI IMBULLONATI

Non si conteggeranno più gli imbullonati per il calcolo delle imposte immobiliari (350 milioni).

ANCORA ECOBONUS E SCONTI MOBILI PER GIOVANI COPPIE

Confermato lo sgravio fiscale del 65% per i lavori di efficientamento energetico al quale si aggiunge un ulteriore misura a favore delle coppie under 35 che, pur senza ristrutturare casa, comprano mobili.

LOTTA ALLA POVERTÀ

Il Governo mette sul piatto 600 milioni per il 2016, 1 miliardi per il 2017 e altrettanti nel 2018. Le risorse dovrebbero essere destinate ai nuclei familiari in difficoltà economiche al cui interno c’è un minore. Ed aggiunge altri 90 milioni sono destinati a misure a favore di persone disabili che sopravvivono ai genitori. Finanziato per 400 milioni il fondo per la non-autosufficienza. Aumentano le risorse per il Servizio Civile.

OK ALL’USO DEI CONTANTI FINO A 3.000 EURO

“È una misura che vuole semplificare la vita agli italiani”. Così ha spiegato Renzi presentando l’ innalzamento del consenso all’uso del denaro contante dagli attuali 1.000 euro fino a 3mila. L’obiettivo è favorire i consumi.

NUOVA LINFA ALL’AGRICOLTURA

Fisco agevolato (405 milioni) ma soprattutto via l’Imu dai capannoni agricoli e l’Irap per agricoltura e pesca. Le misure nel loro insieme valgono, secondo le stime del ministero, almeno 800 milioni.

LA CULTURA PER IL RILANCIO

È uno dei “pallini” del premier che con la Legge di Stabilità destina 150 milioni in più nel 2016, 170 nel 2017 e 165 dal 2018. Avremo 500 cattedre d’eccellenza (40 mln nel 2016), l’assunzione di 1.000 nuovi ricercatori (45 milioni nel 2016) e 6.000 borse di medicina. Viene estesa anche ai quotidiani e ai periodici diffusi elettronicamente l’aliquota agevolata dell’Iva al 4%.

COMUNI VIRTUOSI

Con un allentamento del patto di stabilità interno, le amministrazioni con i conti in regola potranno finalmente investire il loro tesoretto di risorse per strade, scuole, marciapiedi e giardini. Si tratta di investimenti stimati in circa un miliardo di euro.

IL RILANCIO DAL SUD

Circa 450 milioni nel prossimo triennio per la Terra dei Fuochi ma soprattutto risorse per il Fondo di garanzia dell’ Ilva di Taranto e lo “stanziamento definitivo” per l’autostrada Salerno-Reggio Calabria.

PARTITE IVA

“Una sorta di Jobs act per i lavoratori autonomi”, ha definito Renzi le norme per le nuove partite Iva che prevedono un’aliquota forfettaria del 5% sotto i 30.000 euro di reddito. Il costo, secondo le stime, si aggira sui 300 milioni.

 


A Romano s’inaugura il nuovo sportello dell’Agenzia delle Entrate

Sarà inaugurato giovedì 1° ottobre il nuovo sportello front-office dell’Agenzia delle Entrate a Romano di Lombardia, grazie anche alla collaborazione del Comune che ha messo gratuitamente a disposizione i locali. Lo sportello, che dipenderà dall’Ufficio territoriale di Treviglio, si trova in via XXV aprile al numero 54 ed è vicino a un ampio parcheggio. I contribuenti dei 22  comuni di competenza territoriale potranno accedere ai servizi offerti dalle quattro nuove postazioni nei giorni da lunedì a venerdì, dalle 8,30 alle 12,30; martedì e giovedì anche dalle 14 alle 16. È possibile inoltre chiamare gli operatori tramite il centralino unificato al numero 035 3880 111. I cittadini potranno richiedere informazioni sulle dichiarazioni, avvisi bonari, rimborsi, successioni, locazioni e versamenti. Potranno inoltre ricevere spiegazioni su eventuali accertamenti, sia delle imposte dirette che in materia di registro.


Nuovo Imaie, l’ennesima assurdità all’italiana

Ci mancava proprio. Dopo anni di stasi che erano serviti a far digerire, tra l’altro in un periodo di crisi, il compenso a SCF ecco arrivare l’ennesimo tributo o diritto connesso. Novità che andrà di traverso a tutti!

Il Tribunale di Roma ha stabilito che il Nuovo Imaie (Nuovo Istituto Mutualistico per la tutela dei diritti degli Artisti Interpreti ed Esecutori) – ironia della sorte, il precedente Imaie è in liquidazione – ha il diritto al pagamento dell’equo compenso per gli artisti interpreti ed esecutori di opere cinematografiche ed assimilate. E, sempre secondo il Tribunale di Roma, gli alberghi effettuano una utilizzazione “ulteriore e diversa” dell’opera cinematografica rispetto a quella effettuata dalle emittenti televisive, e pertanto devono versare un equo compenso . Attenzione! Nell’attuale ginepraio voglio sottolineare che questo riguarda solo il compenso degli artisti e interpreti delle opere cinematografiche, perché i compensi dovuti agli artisti, interpreti ed esecutori delle opere musicali sono già versati dalle strutture ricettive a SCF.

tv albergo 5Insomma, ci sarebbe da ridere se raccontassimo ad un cittadino straniero quanto avvenuto in Italia negli anni con SIAE e SCF! Senza pensare che il diritto al tributo è basato sulla legge del diritto d’autore del 1941 (legge del 22/04/1941 n. 633) emanata quando esisteva un’altra Italia e quando i televisori ancora non esistevano. Da queste parti, tra i nostri associati, dove i diritti e le tasse alla fine si pagano sempre, l’indignazione è forte. E’ infatti su queste cose che il nostro Paese frana, Expo e non Expo. E a pagare sono sempre i soliti noti. In questo caso gli alberghi. Che senso ha creare un nuovo consorzio, un nuovo tributo, una nuova scadenza amministrativa, far lavorare i Tribunali, i collegi arbitrali, le associazioni, le imprese quando sarebbe sufficiente fissare per legge un unico compenso ad un unico ente esattore? Questo peraltro a fronte di un unico servizio dell’imprenditore: la messa a disposizione del televisore agli ospiti di un albergo, per il quale il povero albergatore deve già pagare il canone RAI, la SIAE per il diritto d’autore e SCF Consorzio fonografici per i diritti degli artisti e produttori discografici. E poi si trova ad arricchire la proposta, integrando l’offerta con i canali satellitari, stante l’assenza di appeal delle televisioni in chiaro. Certamente fa comodo a tutti far valere il proprio diritto in modo autonomo rispetto a quello degli altri con lo scopo di ottenere di più. Questa storia, tutta all’italiana, racconta che il diritto connesso, riscosso autonomamente dal diritto principale (che è quello d’Autore) rende molto di più. Salvo per chi lo paga…., per il quale costituisce lacrime e sangue.

La nostra Federazione, Federalberghi, dopo aver giustamente frenato per anni, non ha potuto che fare la sua parte e sedersi al tavolo arbitrale stabilito dal Tribunale di Roma e definire il compenso. Ha fatto presente l’eccessiva onerosità del diritto e la difficoltà del momento e ha contenuto l’esborso peraltro mitigato dalla convenzione associati. Ma il punto non sta in questo e la colpa non è di qualcuno. E’ il sistema che è sbagliato, perché è costruito attorno ai palazzi e all’esattore di turno, chiamato a far rispettare tutti i diritti sanciti dalla legge e dai Tribunali, calando le sue giuste pretese a discapito di tutti e tutto.

Noi contestiamo l’importo, perché chiedere un ulteriore balzello che va da 28 euro a 161 euro all’anno sembrerà poco per una struttura alberghiera. Ma non dobbiamo dimenticarci che si aggiungono alle migliaia di euro pagate a SIAE e alle ulteriori centinaia per SCF per lo stesso servizio (riprodurre musica e immagini negli alberghi) e ad altre ancora. Le nostre strutture alberghiere, soprattutto quelle delle valli e del lago, già in grave difficoltà, fanno fatica a pagare gli stipendi, figuriamoci di nuovi diritti che nemmeno comprendono. Contestiamo anche il metodo, perché la legge italiana dovrebbe finalmente sancire una volta per tutte – in omaggio al diritto del contribuente che vale quanto quello del beneficiario – che ci sia un unico versamento ed un’unica scadenza ed un importo sostenibile. Non vogliamo negare il diritto al compenso del proprietario intellettuale (stabilendo le giuste pretese), ma certamente abbiamo il diritto che il suo prelievo avvenga in maniera coerente e sostenibile. Perché quanto sta avvenendo porterà alla morte le imprese. Chi pagherà i diritti di questi interpreti ed esecutori delle opere cinematografici? Forse i titolari e dipendenti che perderanno i posti di lavoro. Speriamo di no.

 

* direttore dell’Ascom Bergamo

 


Le modalità e termini per il pagamento dei compensi

L’11 settembre scade il termine per il pagamento del Nuovo Imaie e dell’Imaie in liquidazione, i compensi dovuti dalle aziende alberghiere ad artisti, interpreti ed esecutori di opere cinematografiche ed assimilate (art.84, comma 3, Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941 n.633). Secondo la giurisprudenza italiana, gli alberghi effettuano una utilizzazione “ulteriore e diversa” dell’opera cinematografica rispetto a quella effettuata dalle emittenti televisive e, pertanto, devono versare l’equo compenso. Quindi, tutte le strutture ricettive fornite di apparecchi televisivi o altri strumenti atti a trasmettere opere cinematografiche ed assimilate, posti nelle sale comuni e/o nelle camere dei clienti e/o in ogni altra area della struttura ricettiva, sono tenute a versare l’equo compenso agli artisti, interpreti ed esecutori delle opere stesse, anche se l’apparecchio televisivo non viene messo in funzione. Le aziende possono versare quanto dovuto effettuando un unico bonifico, sul conto corrente bancario IBAN IT 98 E 03069 05036 1000 0000 1355, intestato a Format s.c.a r.l. – servizi di riscossione, indicando nella causale il numero di codice fiscale e la denominazione della struttura ricettiva nonché il comune in cui la stessa è ubicata. L’ordine di bonifico quietanzato, insieme ad una dichiarazione che elenca analiticamente le somme pagate ed attesta il diritto ad usufruire delle riduzioni spettanti ai soci del sistema Federalberghi, devono essere inviati a mezzo telefax al n. 0662275444 il giorno stesso del pagamento. Copia di entrambi i documenti deve essere conservata in azienda ed esibita in caso di controllo degli organi di vigilanza.

Sul sito www.aie.federalberghi.it è possibile calcolare automaticamente quanto dovuto.


I consumi? Falciati dalle spese obbligate

consumi - CopiaNegli ultimi venti anni la spesa delle famiglie si è progressivamente spostata verso i consumi obbligati che oggi assorbono circa il 42% del totale; in crescita soprattutto la componente relativa all’abitazione, la cui spesa pro capite è passata da poco più di 1.900 euro del 1995 agli attuali 4.012 euro (+110%), arrivando ad assorbire oltre il 24% dei consumi complessivi; aumentata anche la quota destinata ai servizi il cui consumo rappresenta una libera scelta (dal 17,4% del 1995 al 21,4% del 2015) che indica la progressiva terziarizzazione dei consumi; crisi economica e aumento della pressione fiscale hanno fortemente limitato le disponibilità delle famiglie incidendo sull’aumento delle spese obbligate (il reddito disponibile reale è sceso, complessivamente, tra il 2007 e il 2014 del 10,6% e del 14,1% in termini pro capite); particolarmente penalizzate le spese relative all’alimentazione domestica (incluse bevande alcoliche e non) la cui incidenza è scesa di quasi tre punti percentuali; sul fronte dei prezzi gli aumenti più rilevanti hanno interessato l’abitazione anche per effetto della crescita dei prezzi di quei beni e servizi, quali l’acqua e lo smaltimento rifiuti, gestiti a livello locale (oltre il 130% tra il 1995 e il 2015). Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sulle spese obbligate delle famiglie negli ultimi 20 anni.

Nel valutare i mutamenti intervenuti nelle decisioni di spesa delle famiglie, sia in termini qualitativi sia quantitativi, la segmentazione tra spese obbligate e spese commercializzabili fornisce un’indicazione aggiuntiva di come le famiglie, al di là di quanto suggerito della diminuzione quantitativa dei consumi, abbiano sperimentato negli anni una sensibile diminuzione del benessere da loro fruito. Negli ultimi venti anni la spesa delle famiglie si è progressivamente spostata verso i consumi obbligati, inclusivi degli affitti imputati (che corrispondono alla spesa teorica per l’affitto attribuita alle famiglie che vivono in case di proprietà). Queste spese assorbono ormai il 42% circa delle spese familiari. Nello stesso periodo è aumentata la quota destinata ai servizi il cui consumo rappresenta una libera scelta (dal 17,4% del 1995 al 21,4% del 2015) fenomeno ascrivibile alla tendenza alla terziarizzazione dei consumi. Queste dinamiche hanno compresso l’area delle spese destinate ai beni cosiddetti commercializzabili in cui rientrano molte funzioni di consumo considerate mature (alimentari, abbigliamento, mobili ecc.). Se lo spostamento di quote di spesa da prodotti a servizi è un fenomeno fisiologico nelle economie avanzate, anche per l’emergere di nuovi bisogni “immateriali”, meno lo è l’avanzamento di quote di consumi che non rappresentano una libera scelta dei cittadini legata al soddisfacimento dei bisogni individuali e/o familiari.

La situazione, già evidente negli anni ’90 e nella prima parte dello scorso decennio, si è acuita con l’emergere della crisi economica e con l’adozione di politiche che hanno determinato un aumento della pressione fiscale, fattori che hanno fortemente limitato le disponibilità delle famiglie (il reddito disponibile reale è sceso, complessivamente, tra il 2007 e il 2014 del 10,6% e del 14,1% in termini pro capite). Con l’attenuarsi della fase recessiva la tendenza alla progressiva espansione della quota di spesa destinata ai consumi obbligati da parte delle famiglie sembra essersi arrestata segnalando, nelle nostre stime, una contenuta diminuzione tra il 2013 ed il 2015. Questa evoluzione sembra avvantaggiare gli acquisti di servizi commercializzabili. Analizzando più nel dettaglio quanto accaduto tra il 1995 e oggi si rileva come l’aumento della quota destinata alle spese obbligate sia ascrivibile in larga misura alla componente relativa all’abitazione, la cui spesa pro capite è passata da poco più di 1.900 euro agli attuali 4.012 (+110%), arrivando ad assorbire oltre il 24% della spesa. Per quanto riguarda la parte relativa alle spese che attengono alle scelte individuali e familiari la decisa riduzione della quota destinata ai beni, circa 10 punti percentuali in meno rispetto al 1995, è sintesi di andamenti molto diversificati. L’affermarsi di nuove forme di comunicazione ha sostenuto la spinta per i prodotti della telefonia, dinamica che, in un contesto di riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie, ha determinato un’ulteriore compressione di consumi di prodotti più tradizionali. Tra questi, particolarmente penalizzate sono state le spese relative all’alimentazione domestica (inclusiva delle bevande alcoliche e non) la cui incidenza è scesa di quasi tre punti percentuali. Le dinamiche sopra descritte tengono conto sia di quanto avvenuto dal lato delle quantità sia da quello dei prezzi. Focalizzando l’attenzione sull’evoluzione dell’inflazione dei tre sottoinsiemi dei consumi presi in esame si rileva come parte dell’aumento dell’incidenza delle spese obbligate sia derivata dalle dinamiche dei prezzi. In tutto l’arco temporale osservato questa componente della domanda ha mostrato una dinamica decisamente più sostenuta rispetto a quanto rilevato per il complesso dei beni e servizi commercializzabili. Ponendo uguale a 100 i prezzi nel 1995, quelli delle spese incomprimibili si attestano nel 2015 a 182,8, a fronte del 136,7 dei consumi commercializzabili. Anche nel caso dei prezzi gli aumenti più rilevanti hanno interessato l’abitazione, non solo per effetto delle variazioni intervenute sul mercato immobiliare negli anni antecedenti la crisi, che si sono riflesse sia sugli affitti reali che su quelli imputati, ma anche per i prezzi di quei beni e servizi, quali l’acqua e lo smaltimento rifiuti, gestiti a livello locale e aumentati negli ultimi 20 anni di oltre il 130%. Particolarmente sostenuta è stata anche la dinamica dei prezzi relativi alle assicurazioni ed ai carburanti, segmento che sembra conoscere nei periodi più recenti un’attenuazione delle dinamiche inflazionistiche. La tendenza a una crescita più accentuata dei prezzi relativi alle spese obbligate attraversa tutti gli ultimi 20 anni e, rappresentata in forma grafica, evidenzia molto chiaramente il drenaggio di risorse operato da un’evoluzione inflazionistica dei beni e servizi obbligati nettamente superiore al dato medio.


Scendono le tasse sulle imprese, ma non per commercio e pmi

calcolatrice - fisco - tasseLe tasse sulle imprese sono diminuite quasi del 10% nel 2014 (9,9%) e il prelievo sulle aziende si è ridotto di 2,6 miliardi di euro. Questo sgravio fiscale vale due terzi delle risorse necessarie per abolire la Tasi sulla prima casa (3,5 miliardi) ed è arrivato con gli interventi sull’Ace, l’Aiuto alla crescita economica, e sull’Irap. Ha beneficiato di queste misure oltre un’impresa su due (il 57,3%) e una su tre ha giovato di entrambi i provvedimenti.

La notizia emerge da un working paper dell’Istat condotto sulla base di un nuovo modello di microsimulazione basato sulle dichiarazioni fiscali delle imprese per analizzare l’impatto delle recenti riforme della tassazione aziendale. E che guarda al 2014, cioè prima dell’arrivo di nuovi sconti, scattati nel 2015: la più sostanziosa riduzione dell’Irap, dalla quale può ora essere tolto il costo del lavoro, e la decontribuzione sui nuovi assunti con il jobs act.

In particolare, viene analizzato l’effetto sui conti 2014 di di tre misure: il potenziamento dell’Ace che permette di dedurre dalle imposte il rendimento nozionale del capitale, la più ampia deducibilità del costo del lavoro dell’Irap e il nuovo trattamento delle perdite introdotto nel 2011.

I costi per l’erario della deducibilità dell’Irap sono di circa 1,2 miliardi l’anno e portano a un taglio delle tasse del 4,5% per le imprese. L’Ace, invece, a quattro anni dalla sua introduzione, pesa sulle casse dello Stato per 1,4 miliardi (il 60% in più di quanto stimato nel primo anno di applicazione) e comporta un taglio delle tasse per le aziende del 5,4%. Questa misura, secondo lo studio, è «la più efficace per stimolare la crescita» e i suoi benefici si manifesteranno a pieno con l’arrivo dalla ripresa, ma già adesso riguardano sia le piccole imprese che le grandi. Al contrario, secondo gli autori, l’impatto del nuovo trattamento delle perdite è ridotto.

La recente riforma della tassazione porta vantaggi soprattutto per le imprese industriali e di medio-grande dimensione, i gruppi di imprese e quelle del Nord Italia. La percentuale dei beneficiari aumenta all’aumentare della dimensione aziendale facendo ipotizzare che per le realtà di maggiori dimensioni sia più facile approfittare delle opportunità di sconti fiscali legati all’accumulo di capitale o alle assunzioni. In generale, «la pressione fiscale rimane alta nel commercio e nelle imprese di piccole dimensione», mentre è più bassa per le realtà appartenenti a gruppi.


Tasse, con la media Ue risparmieremmo 900 euro all’anno

tasse11142014.jpgSe il carico fiscale del nostro Paese fosse in linea a quello medio europeo, ogni italiano risparmierebbe 904 euro all’anno di tasse e contributi. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha messo a confronto la pressione fiscale dei principali Paesi Ue registrata nel 2014: successivamente, l’analisi dell’Ufficio Studi ha definito il differenziale di tassazione degli italiani rispetto ai contribuenti degli altri Paesi europei. Il risultato, come era facilmente prevedibile, vede gli italiani occupare le primissime posizioni della graduatoria dei contribuenti più tartassati d’Europa. Tra i principali Paesi dell’Unione presi in esame, la pressione fiscale più elevata si riscontra in Francia. A Parigi, il peso complessivo di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali è pari al 47,8 per cento del Pil. Seguono il Belgio, con il 47,1 per cento, la Svezia, con il 44,5 per cento, l’Austria, con il 43,7 per cento e, al quinto posto, l’Italia. L’anno scorso la pressione fiscale nel nostro Paese si è fermata al 43,4 per cento del Pil. La media dei 28 Paesi che compongono l’Ue, invece, si è stabilizzata al 40 per cento; 3,4 punti in meno che da noi. Nella comparazione, l’Ufficio studi della CGIA ha deciso di calcolare anche i maggiori o minori versamenti che ognuno di noi “sconta” rispetto a quanto succede altrove. Ebbene, se la tassazione nel nostro Paese fosse in linea con la media europea, ogni italiano l’anno scorso avrebbe risparmiato 904 euro. Effettuando il confronto con la Germania, invece, si evince come i tedeschi paghino mediamente 1.037 euro all’anno in meno rispetto a noi. Analogamente, gli italiani pagano 1.409 euro in più rispetto agli olandesi, 1.701 euro in più dei portoghesi, 2.313 euro in più degli inglesi, 2.499 euro in più degli spagnoli e ben 3.323 euro in più; rispetto agli irlandesi. Sempre rispetto al livello italiano di tassazione, si nota come gli austriaci abbiano pagato 80 euro in più rispetto a noi, gli svedesi 292 euro in più, i belgi 984 euro in più e, infine, i francesi, con ben 1.170 euro in più. Dalla CGIA ricordano che il dato della pressione fiscale italiana relativa al 2014 non tiene conto dell’effetto del cosiddetto “Bonus Renzi”. L’anno scorso, infatti, gli 80 euro “restituiti” ai redditi medio bassi dei lavoratori dipendenti sono costati alle casse dello Stato 6,6 miliardi di euro. Quest’ultimo importo è stato contabilizzato nel bilancio della nostra Amministrazione pubblica come spesa aggiuntiva. Pertanto, se si ricalcola la pressione fiscale considerando questi 6,6 miliardi di euro che praticamente sono un taglio delle tasse, anche se contabilmente vanno ad aumentare le uscite, la pressione fiscale scende al 43 per cento. In relazione a questa precisazione, la CGIA ha redatto anche una comparazione che tiene conto di questa specificità.