Ubi, firmato il contratto per l’acquisto delle “good banks”

Nuova Banca delle Marche, Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti passano a Ubi Banca. Ieri è stato infatti sottoscritto il contratto per l’acquisto del 100% del capitale delle tre “good banks” conseguente all’offerta presentata da Ubi lo scorso 11 gennaio. Il perfezionamento dell’operazione è indicativamente atteso nel primo semestre 2017, una volta soddisfatte le necessarie condizioni e ottenute le autorizzazioni prescritte.


Ubi banca, presentata l’offerta vincolante per le “good banks”

Su proposta del Consiglio di gestione, ieri il consiglio di sorveglianza di Ubi Banca, ha approvato e inviato al Fondo di Risoluzione un’offerta vincolante per l’acquisto del 100% del capitale delle “good banks” nate dalla risoluzione di Banca Marche, Etruria e Carichieti. L’offerta – che ha una validità fino al prossimo 18 gennaio –  prevede il closing nel primo semestre dell’anno, “previo soddisfacimento delle condizioni sospensive dell’operazione”. Il prezzo offerto per l’acquisizione e’ di 1 euro. La proposta prevede che, prima del closing, le tre “good bank” vendano pro-soluto circa 2,2 miliardi di crediti deteriorati lordi (1,7 miliardi di sofferenze lorde e 500 milioni di inadempienze probabili lorde). Marche, Etruria e Carichieti dovranno inoltre rispettare su base aggregata alcuni parametri, con una “soglia di tolleranza del 5%”: patrimonio netto contabile di almeno 1,01 miliardi, asset ponderati per il rischio (Rwa pillar 1) non superiori a 10,6 miliardi, liquidity coverage ratio medio ponderato superiore al 100% e Cet1 medio ponderato non inferiore al 9,1%. Il Fondo di Risoluzione, infine, dovrà impegnarsi a ricapitalizzare le tre banche per 450 milioni prima del closing.


Ubi Banca, siglato l’accordo sul piano di esodo anticipato e incentivato

ubi-banca1.jpgUBI banca informa che nella tarda serata di ieri è stato siglato, con tutte le rappresentanze sindacali, il Protocollo di Intesa che disciplina gli strumenti per consentire al Gruppo di conseguire gli obiettivi e le sinergie definiti nell’ambito del Piano Industriale 2019/20. Il Protocollo d’Intesa prevede, da un lato, gli interventi di razionalizzazione degli organici – connessi all’implementazione del progetto Banca Unica – e le misure di flessibilità del lavoro volte anche a favorire maggiore equilibrio tra vita privata e professionale. Dall’altro, il Protocollo avvia la progressiva armonizzazione – in un unico contratto – degli 8 contratti integrativi aziendali attualmente in essere per i dipendenti delle Banche incorporate ed incorporande in UBI oltre che di UBI/UBIS, nonché, in prospettiva, dei contratti di tutte le Società del Gruppo. Gli aspetti salienti dell’intesa riguardano:

– l’attivazione di un Piano di esodo anticipato e incentivato, che consente a oltre 600 Risorse complessive nel Gruppo che maturano i relativi requisiti previdenziali entro il 1.1.2022 l’acceso volontario al trattamento pensionistico ovvero alle prestazioni del Fondo di Solidarietà di settore. L’uscita di tali risorse è prevista entro il 31 gennaio 2017, in anticipo rispetto alle previsioni prudenziali di Piano. L’esodo di ulteriori 700 risorse è previsto, con analoghi strumenti, a partire dal 2018. I costi di tutti gli esodi sono già stati spesati nei risultati al 30 giugno 2016;

– la conferma e l’estensione dell’istituto del part-time, nonché la facoltà per l’anno 2017 di richiedere volontariamente periodi di congedo straordinario, nell’ottica di conseguire sinergie di costo con forme compatibili di politiche sociali;

– l’armonizzazione delle clausole dei contratti integrativi aziendali (ad es. buono pasto, mobilità territoriale, agevolazioni creditizie, ecc..).

Infine, il piano di ricambio generazionale correlato principalmente all’iniziativa di esodo consentirà, a sostegno anche dell’occupazione giovanile, l’ingresso di 200 nuove risorse entro il 2018, nonché la conferma delle posizioni a tempo determinato attualmente in essere nel Gruppo (circa 130 risorse).

 

 


Quel pasticciaccio brutto della riforma delle Popolari

ubi45.jpgPoniamo il caso di una partita di calcio dove a un certo punto una squadra pretenda un calcio di rigore come bonus dopo avere ottenuto dieci calci d’angolo. Oppure che un arbitro a metà del primo tempo decida di fischiare come fallo tutti i colpi di testa e poi invece nel secondo tempo li ritenga regolari. O, per cambiare attività, che un giocatore di briscola in una partita voglia prendersi tutte le carte sul tavolo perché ha calato il quattro di picche e poi nella successiva giochi sostenendo che il due batta l’asso. Si può anche fare: basta saperlo prima. Sono le famose regole del gioco che finché non sono definite, continuava a ripetere diversi mesi fa l’amministratore delegato di Ubi Victor Massiah, rendevano impossibile parlare di acquisizioni tra banche. Chi compra qualcosa vuole avere certezze, in ogni cosa, e questo è più legittimo. Possiamo immaginare cosa possa pensare Massiah dopo che il Consiglio di Stato è di nuovo intervenuto, a distanza di quasi due anni dalla riforma delle Popolari, per dire in sostanza che si è scherzato e si torna alla situazione precedente. Qui il cambiamento delle regole del gioco vale centinaia di milioni di euro. Si ha un buon esempio d’incertezza del diritto con il verdetto della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, il massimo tribunale amministrativo, che ha rilevato la “non manifesta infondatezza” dei dubbi sulla legittimità costituzionale di parte della riforma delle banche popolari ed ha quindi chiesto di esprimersi alla Corte Costituzionale. E, nell’attesa, ha sospeso l’efficacia della circolare della Banca d’Italia sulla possibilità di limitare il rimborso delle azioni su cui è stato esercitato il diritto di recesso in relazione alla trasformazione in Spa.

Stiamo parlando dell’articolo 1 del decreto legge del 24 gennaio 2015, appunto quasi due anni fa, che imponeva alle banche popolari di maggiori dimensioni di trasformarsi in società per azioni entro un termine ora di imminente scadenza, pena, di fatto, il ritiro della licenza bancaria, o in alternativa il ridimensionamento sotto una certa soglia patrimoniale, operazione praticamente impossibile senza impoverire l’istituto. Dato che la trasformazione in Spa è una delle operazioni straordinarie nelle quali al socio dissenziente è concessa la possibilità di vedersi liquidate le azioni, veniva prevista la possibilità di limitare questo diritto, in particolare per evitare che l’esborso indebolisse patrimonialmente le banche, tanto più in una fase nella quale ne veniva invece richiesto, se non imposto, l’irrobustimento. Alcuni dubbi sulla riforma erano stati sollevati immediatamente, ma non c’era stata una risposta chiara e convincente. Anzi, in alcuni giudizi si era detto che andava bene così. Così quasi tutti gli istituti sono andati avanti secondo quella che pareva la normativa in vigore. Quasi due anni dopo però si scopre che «appaiono sussistenti la legittimazione e l’interesse al ricorso rispetto ai soci (rispettivamente della Banca Popolare, della Banca Popolare di Sondrio, della Banca Popolare di Milano e dell’Ubi – Unione Banche Italiane), in quanto i provvedimenti impugnati (e la disciplina legislativa sulla cui base sono stati adottati) incidono direttamente su prerogative relative allo status di socio della banca popolare, così presentando profili di immediata lesività», come si legge nella decisione del Consiglio di Stato.

Se dovesse cadere la riforma, in sostanza, le banche che hanno deciso la trasformazione in Spa e credevano di doverlo fare in virtù di un obbligo, anche pesante, di legge, scopriranno che in realtà non erano obbligate a farlo. Ma adesso che sono diventate Spa a seguito di una “libera” decisione dei soci in assemblea non possono ridiventare automaticamente una cooperativa solo perché la legge che li obbligava a farlo non è più valida: dovrebbero infatti votare nuovamente in un’assemblea che però adesso ha altre maggioranze e che difficilmente, per non dire mai, accetterà una nuova trasformazione che ne limita i diritti. Ma c’è di più. Ubi Banca ha potuto concedere il diritto di recesso solo per 13,17 milioni di euro, rispetto alla richiesta per 258 milioni da parte degli azionisti che ne hanno chiesto l’esercizio (ovvero il 5,26% dei titoli oggetto di recesso, pari allo 0,2% del capitale), perché era prevista una limitazione in modo che il patrimonio non scendesse sotto il coefficiente di capitale primario richiesto dall’Europa.

Se adesso dovrà concedere il rimborso anche a quanti non sono stati soddisfatti, dovrà pagare altri 245 milioni circa con corrispondente indebolimento del patrimonio che dovrà reintegrare, probabilmente con un aumento di capitale. Ma dato che in Ubi ci si era illusi che le regole del gioco fossero state finalmente definite e fissate, nel frattempo si era entrati nel concreto del discorso delle acquisizioni. In particolare Ubi sta facendo i conti per acquistare tre delle quattro good bank nate dalla risoluzione ((Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti). L’operazione dovrebbe comportare, insieme ad altre condizioni, anche un aumento di capitale per rafforzare in ogni caso il patrimonio e c’è discussione sull’importo che potrebbe essere necessario: e, a quanto si apprende, un centinaio di milioni in più o meno sono sentiti come una differenza sensibile. Possiamo immaginare quindi cosa possa avvenire se tra capo e collo arriva una mazzata da altri 245 milioni, per una vicenda tra l’altro ritenuta chiusa da tempo: sono botte che rischiano di bloccare tutto.

Situazioni simili a quella di Ubi sul recesso si trovano in tutti gli altri istituti che hanno già effettuato la trasformazione ed hanno conseguenze particolarmente pesanti nel caso della fusione tra Bpm e Banco Popolare, con costi supplementari imprevisti che rischiano di dovere ricalcolare l’operazione. Dato che a complicazioni si sommano le complicazioni, nei prossimi giorni sono in programma le assemblee degli ultimi tre istituti che ancora devono diventare Spa: la Popolare di Bari, quella di Sondrio e Volksbank. Che a questo punto non sanno bene cosa fare: la trasformazione rischia di diventare troppo onerosa, ma non trasformarsi rischia di fare violare una legge, che però non si sa bene se continuerà ad essere tale. Già si pensa ad un decreto che tamponi almeno la sospensione decisa dal Consiglio di Stato, in attesa che la Corte Costituzionale magari dica che la riforma non è anticostituzionale e tutto si risolva, anche se non si sa quando. Perché il problema non sono le regole, ma la loro incertezza e i tempi con i quali si prendono le decisioni. Nella triste rassegnazione che nel frattempo ci saranno ancora altre modifiche, non si sa come, non si sa in quale direzione.

 


Ubi Banca, indagini concluse. Gli indagati sono 39. Le reazioni

La Guardia di finanza ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a 28 persone, tra amministratori e dirigenti pro tempore, del Gruppo quotato Ubi Banca, esponenti della controllata Ubi leasing e di due associazioni di azionisti del gruppo bancario. Tra coloro che hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, che di norma prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, risultano Giovanni Bazoli, come presidente dell’associazione Ablp, l’amministratore delegato di Ubi Victor Massiah e il presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio.

L’avviso – si legge nel comunicato stampa firmato dal procuratore Walter Mapelli – è stato notificato anche ad altre 11 persone, esterne al gruppo bancario, a vario titolo in relazione alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. La notifica dell’atto giunge al termine delle indagini avviate dalla procura della Repubblica di Bergamo nel 2014 dopo la presentazione di alcuni esposti da parte dell’Adusbef e di alcuni consiglieri di minoranza, finalizzati a verificare presunti fatti illeciti connessi alla gestione dell’istituto bancario e di Ubi Leasing”, spiega il procuratore Mapelli. I reati contestati? Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza e illecita influenza sull’assemblea in relazione alla capogruppo Ubi Banca; inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari, conflitto d’interesse e illeciti tributari in relazione a vicende riguardanti la controllata Ubi leasing.

Chi rischia il giudizio

Franco Polotti, Andrea Moltrasio, Victor Massiah, Mario Cera, Giovanni Bazoli, Francesca Bazoli, Enrico Minelli, Flavio Pizzini, Federico Manzoni, Emilio Zanetti, Giuseppe Calvi, Armando Santus, Carlo Garavaglia, Mario Mazzoleni, Pierpaolo Camadini, Italo Folonari, Giuseppe Medda, Italo Lucchini, Silvia Lucchini, Gianpiero Bertoli, Alessandro Maggi, Guido Cominotti, Alessandro Miele, Giampiero Pesenti, Giuseppe Sciarrotta, Guido Marchesi, Marco Mandelli, Gemma Maria Baglioni, Enrico Invernizzi, Antonella Bardoni, Rossano Breno, Matteo Brivio, Ettore Ongis, Angelo Ondei, Stefano Lorenzi, Giovanni D’Aloia, Marco Martelli, Marco Fermi, Francesco Morlè.

Le reazioni

“Con riferimento alla notizia dell’iscrizione di UBI Banca nel registro delle persone giuridiche indagate in relazione alla responsabilità amministrativa prevista dal decreto legislativo n. 231 del 2001 – si legge in una nota diramata dall’Istituto di credito – Ubi informa di aver appreso, solo in data odierna, della predetta iscrizione. La Banca, nel corso della lunga inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, ha sempre fornito agli inquirenti piena e trasparente collaborazione e afferma la correttezza del proprio operato e confida che in tutte le sedi giudiziarie potrà essere confermato l’avvenuto rispetto delle norme di legge e delle regole organizzative”.

“La contestazione svolta quanto al presunto ostacolo alla vigilanza – commenta Andrea Moltrasio, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Ubi – non fa altro che riformulare il contenuto di un esposto della allora minoranza del Consiglio di Sorveglianza già oggetto di valutazione come mera irregolarità amministrativa da parte di Consob (peraltro contestata anche come tale e quindi oggetto di impugnativa pendente avanti  la Corte d’appello di Brescia). Si tratta comunque di una contestazione che confonde atti fondativi di Ubi banca da sempre pubblici e pienamente conosciuti, anche nella loro evoluzione, dai mercati e dall’Autorità di vigilanza bancaria, con presunti patti parasociali. Quanto alla contestazione sulla presunta illecita interferenza sulla formazione delle maggioranze assembleari, non ci si può che riportare alla sentenza del Tribunale civile di Brescia che ha riconosciuto la piena legittimità dell’assemblea del 2013 e ai numeri stessi di detta assemblea, assolutamente incontestabili quanto all’esito chiarissimo del voto liberamente espresso dai soci”.

Interviene anche Victor Massiah, consigliere delegato Ubi Banca, che afferma: “Preso atto della comunicazione della Procura di chiusura delle indagini, comunico che nei prossimi giorni verrà effettuata la lettura della documentazione depositata, nella piena convinzione di aver sempre agito in modo tale da non ostacolare le autorità di vigilanza e da non influenzare in maniera illecita l’esito di un’assemblea”.


Banche venete, la Cisl: “A Bergamo a rischio 200 posti di lavoro”

veneto bancaSono più di 200 i lavoratori bergamaschi del gruppo delle “banche venete” con il fiato sospeso, in attesa della riunione del 16 novembre, quando ci sarà l’assemblea sull’azione di responsabilità contro gli ex vertici dell’istituto. In contemporanea, i sindacati presidieranno la sede del gruppo a Montebelluna. “La notizia delle dimissioni del presidente di Veneto Banca getta una luce sinistra sul futuro dei lavoratori delle due Popolari venete per le quali si minaccia una fusione forzata che costerebbe un grande numero di posti di lavoro”, ha detto Francesco Galizzi, segretario generale di First Cisl Bergamo. Infatti, sostengono le organizzazioni sindacali, dopo i milioni di risparmi in fumo, l’azzeramento del valore delle azioni, ora il terremoto in atto nel giro delle banche venete rischia di determinarne altri in diversi territori, come a Bergamo, dove lavorano circa 200 dipendenti in 31 filiali. “La sensazione di queste persone – continua Galizzi – è quella di essere trattate come vere e proprie cavie per il mercato. Hanno già dovuto assistere all’assorbimento della prima tranche di aumento del Contratto nazionale di Lavoro”. Inoltre per il sindacato, non sono per nulla chiare le motivazioni che hanno portato nei giorni scorsi alle dimissioni del presidente Beniamino Anselmi. “Avremmo preferito restasse al suo posto, perché ci aveva rassicurato sulla difesa dell’occupazione e sulla disponibilità a ragionare nei termini di un rilancio dell’attività piuttosto che in quelli di soluzioni socialmente inaccettabili a carico dei lavoratori e dei clienti. Una cosa è certa: alla parola “licenziamenti” mobiliteremo tutta la categoria. Prima di parlare di costo del lavoro, vorremmo vedere un dimezzamento degli stipendi degli alti manager, un annullamento degli sprechi e un chiarimento sui programmi di esternalizzazione”. Le banche non sono più un paradiso del lavoro. E a Bergamo lo si vede sotto diversi aspetti. “Un piccolo “smottamento” lo porta anche la chiusura della Banca Popolare Lecchese, rimasta coinvolta nel crack di Banca Etruria, che qui ha uno sportello con tre dipendenti, poi tutta la situazione delle BCC, dove, anche se il sistema intanto regge, qualche scricchiolio comincia a farsi sentire”. Tornando al caso della fusione tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza, uno studio sindacale sottolinea come in Lombardia i due istituti siano presenti con 122 sportelli complessivamente. “In caso di fusione – conclude il segretario First – è certo che una parte delle filiali sarà chiusa. In Veneto, secondo le previsioni, sarebbe allocato quasi il 70% degli sportelli dell’ipotetica nuova banca, con la presenza doppia in 58 comuni. Per cui non è difficile ipotizzare una cessione o chiusura di una parte delle filiali lombarde e bergamasche presenti nelle piazze comuni”.

 

 


Ubi, perdite in calo nei primi 9 mesi. Massiah: “Su impieghi e margini di interesse dobbiamo migliorare”

Ubi banca ha chiuso il terzo trimestre dell’anno con un utile netto di 32,5 milioni, in calo del 13,5% rispetto allo stesso periodo del 2015. La banca nota che il risultato dello scorso anno includeva un contributo allo schema di garanzia dei depositi inferiore di circa 10 milioni e che quindi, complessivamente, la trimestrale è da considerare “in miglioramento anno su anno, coerente con le attese del piano industriale”. L’utile trimestrale riduce a 754,5 milioni la perdita dei nove mesi, dopo il rosso da 787 milioni registrato nella semestrale dopo aver spesato gli oneri del piano (pari a 840 milioni). Nel trimestre i proventi operativi si sono attestati a 745,6 milioni (-1,7%), con margine di interesse a 367,6 milioni (-7,8%) e commissioni nette a 321,4 milioni (+7%). In crescita del 3,7% a 515 ubi45.jpgmilioni gli oneri operativi, per un rapporto cost/income salito al 69,1%. Migliora la solidità patrimoniale, con un coefficiente common equity tier 1 fully loaded all’11,28% dall’11,02% di giugno, e Ubi ricorda che il previsto riacquisto delle minorities e l’effetto della deducibilità fiscale delle maggiori rettifiche su crediti porteranno progressivamente un beneficio di altri 70 punti base sul cet1. Sui risultati dei primi nove mesi dell’anno, parla il Consigliere Delegato di UBI Banca, Victor Massiah

Quali sono gli eventi più rilevanti dell’ultimo trimestre e come giudica i risultati dei primi 9 mesi dell’anno?

“Ovviamente dobbiamo, per analizzare compiutamente i risultati, isolare gli effetti delle manovre che abbiamo fatto durante la semestrale nel far partire il nostro piano industriale. Una volta isolati, noi abbiamo un buon ritorno all’utile nel terzo trimestre; in particolare migliora nettamente la qualità del credito, sia perché abbiamo un portafoglio complessivo molto meno rischioso e che genera dei passaggi da “bonis” a crediti problematici che sono un terzo di quelli che erano nei momenti di picco della crisi, e sono sostanzialmente comparabili con i momenti pre crisi – e questo evidentemente comporta un forte contributo alla redditività – sia perché c’è una buona tenuta della componente commissioni. Dove continuiamo ad avere ancora dei margini di miglioramento sono evidentemente gli impieghi e il margine di interesse, perché abbiamo ancora una situazione “piatta” sulla crescita degli impieghi e un margine di interesse che continua a soffrire del livello di tassi molto basso e della “guerra dei prezzi”. Infine resta molto buono il controllo dei costi. Quindi complessivamente una trimestrale in miglioramento, una trimestrale che è coerente con quelle che erano, nel complesso, le aspettative del piano, dove sul lato ricavi le commissioni vanno nel senso di compensare il minor margine di interesse mentre i costi e il costo del rischio sono perfettamente allineati con le aspettative”.

Quali sono i risultati fino ad oggi acquisiti dall’attuazione del piano industriale, e quali quelli che ci possiamo attendere da qui a fine anno?

“Come è noto era molto importante innanzitutto creare le condizioni per il progetto di Banca Unica; abbiamo svolto in questi primi tre mesi tutti i test che erano previsti prima di agire sul campo. I test sono stati tutti molto positivi e conseguentemente è stato dato il via libera all’ effettiva conversione verso la Banca Unica: entro questo mese di novembre avverranno le prime due conversioni delle prime due banche, perfettamente in linea col piano. Tutti i cantieri del piano sono regolarmente aperti, e sono tutti in linea con le tempistiche. Ovviamente operiamo in un contesto non facile ma devo dire, a maggior ragione, che va molto bene proprio perché riusciamo a rispettare i tempi in un contesto particolarmente difficile”.

Quali sono le caratteristiche della riorganizzazione del gruppo a supporto di questa evoluzione?

“Direi che la parola chiave è “semplificazione”. L’organigramma è stato ulteriormente semplificato, coerentemente con il passaggio verso la Banca Unica, le linee di riporto sono molto focalizzate. Abbiamo ovviamente, come da piano, rivisitato l’organizzazione commerciale. Direi tutto, di nuovo, in linea con quelle che erano le previsioni di piano. Abbiamo promosso alcune persone, abbiamo acquisito qualche persona dall’esterno, nell’ottica di una squadra che vuole e può essere – e a mio avviso è – eccellenza nel mercato”.

 


Asconfidi Lombardia, ruolo rafforzato «ma preoccupa “l’evoluzione” delle banche»

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Una rete che comprende 15 Confidi operanti in tutte le province lombarde (tra i quali Fogalco, la cooperativa di garanzia dell’Ascom) e che conta oltre 60mila imprese socie. Sono alcuni numeri del sistema di Asconfidi Lombardia, i cui soci si sono riuniti in assemblea lunedì 24 ottobre nella sede territoriale di Confcommercio Legnano.

Tra gli argomenti all’ordine del giorno, l’analisi della situazione economico patrimoniale al 30 giugno, integrata con quella dei 15 Confidi lombardi appartenenti alla rete. Ne è scaturito un quadro complessivo dalle note positive, che ha messo in evidenza come il sistema di Asconfidi Lombardia confermi il suo radicamento sul territorio lombardo, nonché la sua rilevanza e solidità.

Inoltre, il sistema guarda a nuove prospettive anche grazie alla conclusione positiva dell’iter istruttorio intrapreso con Banca d’Italia: «L’autorizzazione all’iscrizione quale intermediario finanziario ex 106 TUB, recentemente concessa da Banca d’Italia, darà – ha rimarcato il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Asconfidi Lombardia Carlo Alberto Panigo – ulteriore slancio all’intero gruppo per una sempre maggiore efficacia e un crescente sostegno a favore del sistema economico lombardo e delle piccole e medie imprese».

Significativi i dati sia delle attività sociali, che rivelano finanziamenti attivi alle MPMI per oltre 800 milioni di euro, sia della patrimonializzazione di rete, che consolida oltre 109 milioni di patrimonio di vigilanza, più di 60 milioni di euro a presidio del rischio finanziario e delle partite deteriorate: questi numeri si esplicano in un contesto di bilancio che evidenzia liquidità e asset finanziari mobiliari per oltre 130 milioni di euro.

«La disamina dei dati aggregati del nostro sistema – ha aggiunto il presidente del Consiglio di gestione Enzo Ceciliani – consente ad Asconfidi Lombardia di affrontare
con buona serenità un mercato del credito e della garanzia oggi particolarmente delicato e ci permette di rinnovare con forza una collaborazione con il sistema bancario che già oggi appare seria, affidabile e proficua nell’interesse delle imprese».

Ma, più in generale, analizzando il mercato del credito nel suo complesso, i soci non hanno potuto esimersi dal manifestare segnali di preoccupazione rispetto ai forti
cambiamenti in atto nel sistema bancario lombardo e alle ripercussioni che questo potrà comportare soprattutto nel breve periodo per l’erogazione di credito a favore delle micro e piccole imprese lombarde.


Terremoto, Ubi Banca sostiene la costruzione di una nuova scuola ad Acquasanta Terme

scuola-ubi-acquasanta-termeRestituire una vera scuola a 140 ragazzi del comune di Acquasanta, colpito dal terremoto dello scorso mese di agosto. UBI Banca, la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia e il Comune di Acquasanta Terme, in coordinamento il Ministero dell’Istruzione, hanno siglato un accordo di convenzione per la costruzione di un nuova scuola materna e primaria ad Acquasanta Terme, poiché quella esistente è stata dichiarata inagibile a seguito del terremoto dello scorso 24 agosto. Attualmente le lezioni si stanno svolgendo sotto le tende messe a disposizione dal Dipartimento di Protezione Civile con inevitabili disagi, creati soprattutto dalle condizioni atmosferiche. La realizzazione della nuova struttura permetterà ai ragazzi di riprendere a frequentare una scuola vera ed agli insegnati di poter lavorare in un ambiente adeguato. La nuova struttura è concepita per poter essere utilizzata in modo continuativo e permanente, consentendo agli studenti di usufruire di aule e spazi conformi allo svolgimento delle regolari attività didattiche.

“Il Consiglio di Sorveglianza e di Gestione di UBI Banca hanno deciso di intervenire perché il progetto presentato è particolarmente importante in quanto si tratta di restituire ai bambini e ai ragazzi di Acquasanta Terme, in via definitiva, il luogo della loro istruzione”, sottolinea Andrea Moltrasio, presidente del CdSa di UBI Banca. “Si tratta di una scelta ponderata che va oltre la logica dell’emergenza e che lascia alla comunità locale una struttura durevole e indispensabile per la stessa coesione del tessuto cittadino”. UBI Banca si farà carico delle spese di ricostruzione devolvendo, sotto forma di liberalità, l’importo richiesto alla Confederazione che ha fra i suoi ambiti di intervento anche quello di sostegno alla Protezione Civile con gruppi attrezzati e addestrati e opera già nell’area colpita con altri progetti, avendo quindi le competenze e la conoscenza delle necessità del caso. Per favorire il coinvolgimento della sua clientela e non, UBI Banca emetterà anche un Social Bond dedicato.

 

 


Ubi, via libera alla banca unica. Massiah: “Titolo deprezzato solo per la sfiducia dei mercati”

Come ampiamente previsto, l’assemblea straordinaria di Ubi Banca ha approvato la nascita della banca unica di gruppo grazie all’incorporazione di sette banche reti controllate. Il via libera è arrivato dal 91,8% del capitale presente. Contrario lo 0,02%, astenuto l’8,2%. Al voto ha partecipato il 37,4% del capitale dell’istituto. Con il via libera alla fusione di Bre, Commercio e Industria, Banca Carime, Popolare di Ancona, Popolare di Bergamo, Banco di Brescia e Banca di Valle Camonica è stato approvato anche il contestuale aumento del capitale sociale per massimi 189.4 milioni mediante emissione di massime 75.7 milioni di azioni ordinarie prive di valore nominale al servizio del riacquisto delle quote di minoranze delle controllate. L’amministratore delegato Victor Massiah, nel corso dell’assemblea ha ribadito che l’istituto non ha come propria missione operazioni di salvataggi bancari, ma è interessata ad eventuali operazioni solo se c’è una creazione di valore.  “Non siamo qui a salvare nessuno. Siamo un’azienda privata e siamo chiamati a valutare eventuali operazioni di creazione di valore”, ha detto Massiah rispondendo alla domanda di un azionista sulle ipotesi di acquisizione di tre delle quattro good bank (Carichieti, Etruria e Banca Marche). L’ad ha sottolineato che la banca, data la sua solidità patrimoniale «è oggetto di richieste di salvataggi o operazioni di intervento» e ha ribadito che «se non c’è creazione di valore non facciamo nessuna operazione. Non abbiamo come missione di salvare nessuno».

uubii877.jpgMassiah anche garantito che la dimensione dei crediti in sofferenza di Ubi Banca «è la più bassa sul mercato rispetto ai competitor».  Per quanto riguarda l’andamento in Borsa delle azioni Ubi Banca, in calo insieme a tutto il settore, Massiah ha ricordato che il titolo «è sceso in proporzione a quello degli altri istituti» e riflette «la sfiducia del momento da parte degli investitori verso il sistema bancario italiano, ma non c’è stata nessuna distruzione di valore».  L’Ad ha ricordato che «il rapporto tra capitalizzazione e patrimonio, è di quasi 1 a 4» ed ha sottolineato «lo sforzo per pagare comunque un dividendo. Anche se non è mai abbastanza, ma dobbiamo rispettare i parametri di patrimonializzazione che dobbiamo rispettare». All’assemblea risultavano presenti  come azionisti con una quota rilevante: Silchester International Investor al 6,89%, e Blackrock che conferma la sua al 4,987%. La banca poi ha comunicato che risultano esserci anche altri azionisti con quote importanti, anche se inferiori alle soglie oltre cui scatta l’obbligo di comunicazione: Fondazione Caricuneo al 2,23%, Fondazione Banca Monte di Lombardia all’1,60%, Patto dei Mille al 3,10%, sindacato azionisti UBI Banca al 12,50%. Dopo l’aumento di capitale, cui i vari soci apportano quote diverse, si prevede che i soci rilevanti siano i seguenti: Fondazione Caricuneo 5,90%, Fondazione Banca Monte di Lombardia 5,23%, patto dei Mille 2,77%, sindacato azionisti UBI Banca 11,53%, Silchester 6,36%, Blackrock 4,60%.