Stop ai fast food in Città alta, «una scelta che fa bene al commercio»

Stop ai fast food in Città alta, «una scelta che fa bene al commercio»

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fish and chips - street food - cartoccio

All’Ascom piace lo stop al “cibo selvaggio” in Città alta, ossia la scelta del Comune di Bergamo di vietare l’apertura di alcune attività commerciali – a cominciare dal food “monotematico” che sta andando per la maggiore – per salvaguardare l’identità del borgo. Il provvedimento tiene conto del confronto con le associazioni di categoria e del Duc e trae la propria forza normativa dal “decreto Franceschini” che restituisce ai sindaci, di contro alla generale liberalizzazione, la possibilità di regolamentare il piccolo commercio nei centri di particolare pregio storico e artistico.

La novità dovrebbe entrare in vigore prima dell’estate, dopo il vaglio della Regione e della Soprintendenza e il passaggio in Giunta e Consiglio comunale, e farà del capoluogo orobico la seconda città in Italia, dopo Firenze, e la prima in Lombardia a mettere al bando fast food e negozi di chincaglierie varie. Per 18 mesi – tanto durerà la sperimentazione – le mura venete saranno off limits per self service, friggitorie, take away e tutti gli alimentari monoprodotto, dallo yogurt alle patatine fritte, ma anche sexy shop, solarium, centri massaggi, distributori automatici: in tutto una sessantina di attività individuate dai relativi codici Ateco.

«Il lavoro con l’Amministrazione è stato positivo – afferma il direttore dell’Ascom Oscar Fusini -. La scelta di definire per Città alta le attività che possono o non possono aprire da un lato favorisce la salvaguardia delle funzioni commerciali per i residenti, dall’altro permette di mantenere un livello alto nella qualità dell’offerta rivolta ai turisti». «La crescita delle insegne monoprodotto, spesso catene e in piccoli spazi – rileva –, è un’evoluzione che testimonia le difficoltà del commercio nei centri storici e che indebolisce l’offerta poiché non porta effettivi vantaggi all’appeal turistico come invece fanno insegne tipiche ed originali. Una limitazione non può perciò che fare bene». «Dal divieto – tiene a precisare – sono escluse le attività che hanno già aperto, vengono perciò salvati i diritti acquisiti e tutelati gli investimenti». Nessun veto nemmeno per ristoranti, pizzerie e pub con cucina.

In tema di decoro il Comune prevede inoltre norme – non solo in Città alta ma in tutte le aree del Duc, quindi anche centro, Borgo Palazzo e Borgo Santa Caterina – per rendere insegne, accessi, vetrine, illuminazione interna più armonici con il contesto. «La vetrina dovrà essere intesa in senso proprio – spiega il direttore Ascom – per presentare prodotti e sevizi e non, ad esempio, essere occupata da scaffalature. Si interviene anche sui negozi sfitti le cui vetrine dovranno essere oscurate con materiale che non produca un effetto negativo sull’immagine complessiva dell’area. Insomma, una serie di prescrizioni per aumentate il livello qualitativo dei negozi di Città alta e dei borghi». I negozianti avranno tre mesi di tempo per adeguarsi alle nuove disposizioni.