Mi sarebbe piaciuto essere parte del pubblico in sala ad un dibattito che si è tenuto alla fine dello scorso anno sul tema “Grecia contro Roma”. Organizzato da Intelligent Squared, un’organizzazione culturale che mette insieme temi di attualità e opinionisti di spicco, a volte in forma di dibattito, altre volte in stile tavola rotonda. Questa volta si è trattato di un dibattito, di quelli che piacciono tanto agli americani e che vedremo presto in preparazione alle loro elezioni. Il tema era: chi ha portato maggior contributo alla società moderna occidentale, i romani o i greci? Letto da noi, potrebbe sembrare una domanda che viene posta agli studenti dell’ultimo anno di liceo classico o che potrebbe fare da sfondo ad una discussione semi-intellettuale da circolo letterario di provincia. Invece ha attratto grandi numeri, e lasciato molti interessati a bocca asciutta.
Partiti con mille posti a sedere, gli organizzatori, alla luce dell’interesse da evento sportivo, hanno spostato l’appuntamento in un teatro da 2.200 posti, venduti in poche ore, nonostante i biglietti fossero alla cifra non proprio abbordabile di 50 pound (circa 60 euro). Mi sono quindi aggiunta alla lista d’attesa, ma ancora senza successo. A dibattere non erano due sconosciuti o accademici noti solo agli addetti ai lavori, ma il sindaco di Londra, Boris Johnson, classicista laureato a Oxford, e Mary Beard, professoressa di cultura classica a Cambrdige e divulgatrice, che con i suoi programmi di successo su questa materia per la BBC, e un paio di best seller, ha risvegliato l’interesse del grande pubblico su Roma e l’impero romano. Altri autori hanno pubblicato libri di grande successo sempre su questi temi, negli ultimi mesi, a cui si sono aggiunti spettacoli teatrali, altri show televisivi e un vero e proprio festival della classicità in un teatro un po’ d’avanguardia.
Insomma, tutti gli indizi per stabilire che è davvero il momento dei classici. Ma perché proprio adesso? La risposta non può essere soltanto che una manciata di nomi noti abbia deciso di cavalcare il tema dell’antichità e abbia divulgato il proprio sapere al grande pubblico, fuori da università e circoli di latinisti e grecisti. Quello che stupisce è l’interesse per questi temi, lingue e civiltà in un paese dove il nostro caro, e spesso considerato anacronistico, liceo classico non esiste e dove queste lingue morte sono insegnate, quasi esclusivamente, nelle scuole private, con una connotazione elitaria molto accentuata. E dove l’istruzione media, o universitaria, non include lo studio del latino. Non è infatti un caso che gli organizzatori di Intelligent Squared, con una bella manovra di pubbliche relazioni, abbiano stabilito di devolvere il ricavato dei biglietti all’associazione Classics for All, che si occupa di introdurre Latino e Greco nelle scuole statali.
Il dibattito tra Roma e Atene ci ha ricordato come i greci amavano assimilare e assorbire le idee dei popoli vicini, che i romani stabilirono per primi l’idea di garantire asilo ai rifugiati e dare lo stato di cittadini dell’impero ai popoli che colonizzavano. Sarà forse per questo, per la magnanimità degli antichi romani, che il pubblico ha deciso di assegnare la palma della vittoria a Roma, con un 56 per cento di preferenze a fine dibattito. Probabilmente senza rendercene conto, migliaia di anni dopo che Roma e Atene resero il mondo un luogo più piccolo e dai confini ben definiti, noi spettatori stiamo facendo qualcosa per ripagarli del nostro debito nei confronti del loro contributo alla nostra civiltà. Come so come è finito il dibattito? Sono riuscita a guardarlo in streaming.