Continua a diminuire la cassa integrazione, a Bergamo come in Lombardia. A dicembre sono state 6.724.865 le ore di cassa integrazione attuate in tutta la regione, rispetto ai 23.022.550 del 2014, ovvero il il 70,79% in meno. A Bergamo si è passati dai 2.945.989 del 2014 a 1.070.770, per una diminuzione del 63,65%. Per quanto riguarda le figure contrattuali, le ore attivate per gli operai sono scese a 788.278 da 2.164.901 (-63,59%), quelle per gli impiegati a 282.492 da 781.088 (-63,83%)
Analizzando il dato annuo (gennaio-dicembre) si registra una diminuzione meno cospicua del dato generale, che però si attesta sempre attorno al 37% in Lombardia, con la cassa ordinaria che diminuisce dappertutto, come quella straordinaria e quella in deroga. A Bergamo nel 2015 sono la cassa integrazione ha toccato quota 23.783.871 di ore contro i 36.007.482 del 2014, per un calo del 33,95%. A calare maggiormente sono gli ammortizzatori per gli operai (-37%), rispetto agli impiegati (-25,13%)
«La riduzione della cassa integrazione è dovuta inevitabilmente anche ai tagli del Governo, che rende più difficile accedere agli ammortizzatori sociali. Come dimostra il caso Alstom, di scena proprio in questi giorni, la cassa integrazione o i licenziamenti non sono le uniche spie dello stato di crisi di molte aziende dei nostri territori», commenta Mirco Rota, segretario generale della Fiom Cgil Lombardia, che ha fornito ed elaborato i dati.
«Se è vero che non è stata registrata ancora un’inversione di tendenza, in termini di nuova occupazione, anche a seguito dell’introduzione del Jobs act – che andrebbe definito più che altro flop acts – va ribadito come, alla luce di fusioni o operazioni di capitale finanziario, le aziende investano in altri territori delocalizzando le produzioni e mietendo esuberi», continua il segretario dei metalmeccanici lombardi.
«In conclusione, pur ammettendo che l’uso degli ammortizzatori sociali diminuisca in questi mesi, non si può dire la stessa cosa della disoccupazione, specialmente giovanile, che si attesta su dati allarmanti e sulle politiche attrattive dei territori, a seguito dell’introduzione della flessibilità», ammette Rota.