Consumi, a Bergamo è cominciata la ripresa

Il cambio di passo dell’industria bergamasca atteso nel corso del 2015 si vede per ora più nelle aspettative sul secondo trimestre che nei risultati del primo. La dinamica dei tre mesi iniziali del 2015 per Bergamo è di poco negativa sia sul piano congiunturale (-0,5% sull’ultimo trimestre del 2014) che nel confronto con un anno fa (-0,3%).  Sono le indicazioni che emergono dall’indagine congiunturale della Camera di Commercio sul primo trimestre dell’anno. Il dato complessivo – e statisticamente più affidabile – dell’intera industria lombarda descrive una situazione di sostanziale stazionarietà del ciclo: dopo la battuta d’arresto della scorsa indagine (-0,1%) la variazione trimestrale torna debolmente positiva (+0,2%). Su base annua il recupero è del +0,4%, in progresso rispetto alla precedente rilevazione (+0,2%).

Il risultato provinciale è coerente con le previsioni molto caute che le stesse imprese del campione avevano espresso nella scorsa indagine – rileva lo studio -. In base alle attuali aspettative delle imprese, un più marcato miglioramento del ciclo potrebbe manifestarsi dal prossimo trimestre: le attese di crescita sono prevalenti non solo per quanto riguarda la domanda estera ma anche per la produzione e per l’occupazione. Risulta meno negativamente squilibrato anche lo scenario previsto per la domanda interna.

Nello specifico dell’analisi, il fatturato totale segna un modesto progresso, più dinamico nella sempre più rilevante componente estera rispetto a quella interna, mentre gli ordinativi mostrano un andamento fiacco, soprattutto quelli provenienti dal mercato interno. L’intero comparto metalmeccanico si distingue per performance nettamente migliori. Il proseguimento di una fase positiva del ciclo è confermato dall’indicatore, più strutturale, rappresentato dal saldo tra imprese con livelli produttivi in crescita o in calo su base annua: il saldo è risalito e vede la maggioranza delle imprese in fase positiva.

Dati incoraggianti emergono sul versante occupazionale: gli addetti all’industria nel trimestre crescono del +0,7% (+0,3% al netto della stagionalità), un incremento più elevato rispetto ai trimestri iniziali degli anni precedenti. È possibile che si tratti di un “rimbalzo” dopo la contrazione nell’ultimo trimestre del 2014 contemporanea all’annuncio degli sgravi fiscali e della nuova normativa sul lavoro avviate rispettivamente a gennaio e a marzo di quest’anno. Conferme di un miglioramento della situazione occupazionale vengono dal graduale riassorbimento della Cassa integrazione ordinaria.

L’artigianato manifatturiero conferma una dinamica congiunturale all’insegna della stazionarietà (+0,1% nel trimestre) ma anche un primo distacco (+2,6% sull’anno scorso) dai livelli produttivi in cui è sprofondato da tempo. Il relativo miglioramento è suggerito anche da un’evoluzione positiva delle aspettative dei produttori artigiani.  Va tuttavia considerato che il ciclo della produzione artigiana nell’intera regione mostra ancora segni negativi.

Spunti positivi giungono dal commercio al dettaglio: l’aumento del +0,4% delle vendite complessive su base annua, presente anche nella dinamica regionale, è di entità modesta ma interrompe una serie negativa da tempo e pare indicare un primo risveglio dei consumi. Anche nel commercio migliorano relativamente le aspettative ed aumenta nel primo trimestre del 2015 il numero degli addetti delle imprese minori.

Meno incoraggianti i dati provenienti dai servizi: il giro d’affari è in calo tendenziale (-2,1%, ma il più robusto dato regionale indica una variazione positiva) soprattutto nei servizi alle imprese. Anche qui le aspettative sono in rialzo e gli addetti aumentano nel trimestre.

Infine, nelle costruzioni si delinea a livello regionale un primo timido risultato positivo.


“Mia figlia si è arresa, non vuole più studiare”

abbandono scolasticoIl prossimo giugno mia figlia conseguirà il diploma di ragioneria; fin da quando era una ragazzina ha espresso il desiderio di frequentare giurisprudenza e diventare un avvocato specializzato in diritti dei minori. Qualche giorno fa è arrivata la doccia fredda: mi ha detto: “Chi me lo fa fare di continuare a studiare quando i laureati sono i primi ad essere disoccupati?”.

La sua provocazione mi ha colta impreparata e non ho saputo rispondere. Ma è da qualche giorno che ci rimugino, perché una risposta voglio trovarla. Ho cominciato a riflettere partendo da me stessa, a pensare perché io nella vita avessi scelto di studiare e ho capito: per paura di rimanere tagliata fuori dalle opportunità del mondo. E questo timore è diventato la spinta per realizzarmi e sentirmi come gli altri. Ma oggi la maggior parte degli “altri” fa la fila fuori dai centri per l’impiego e trascorre il tempo a spedire curricula per i quali non riceveranno nessuna risposta. E così la considerazione di mia figlia non fa una piega. Comunque non voglio darmi per vinta. E anche se viviamo un presente di incertezze e di profonde delusioni, sono ancora convinta che studiare sia l’unico modo per “vivere” dignitosamente e questa idea non me la leva nessuna dalla testa.

                                                                 (Barbara – Pedrengo)

 

Studiare è stato e rimane un privilegio, un’opportunità unica che permette ad ogni individuo di migliorare se stesso a livello personale e a livello professionale.

Lo scopo della scuola non è solo quello di studiare, ma rispondere al desiderio di scoprire il segreto di sé e delle cose che è insito in ognuno di noi. La scuola è un mondo dove si incrociano desideri, aspettative ed obiettivi personali e dove talvolta si sperimentano timori e delusioni, ma a vincere deve essere sempre la voglia di arrivare e di farcela a tutti i costi. Io l’ho capito dopo, ma lo studio deve essere amato per quel che può regalare e per quello che rappresenta, ovvero la possibilità di divenire persone ricche di opportunità, capaci di reinventarsi e di definire nuovi obiettivi personali. E non può essere considerato solo per quello che forse non ci darà mai.

I giovani di oggi non hanno paura di fare fatica, quello che li intimorisce è la mancanza di senso e quella percezione di essere angosciati per un domani, che appare sempre più confuso. Pertanto dire “che senso ha studiare” è un modo legittimo per contenere la paura e per affrontare una vita che ogni giorno tutti ribadiscono essere più difficile che mai. Quelli della mia generazione sono diventati adulti con concetti come “crescita economica, investimenti, espansione ed incremento”. Da qualche anno, la maggior parte dei giovani sta vivendo una quotidianità intrisa di discorsi che richiamano a “crisi economica, occupazione ai minimi storici e di ammortizzatori sociali”, per supportare i centinaia di individui che hanno perso il proprio impiego. Io non ho figli, ma se li avessi, passerei moltissimo tempo a spiegare che è necessario investire nel futuro, perché è il “proprio futuro” e perché bisogna sempre volere il massimo per la propria vita. Poi, quando lo capiscono, la felicità che ogni genitore (e ogni adulto) sperimenta, è incontenibile.

 

 

 


I sindacati: “Il Modello Bergamo va allargato”

corteo primo maggioLa tradizionale “folla” con bandiere e striscioni anche oggi ha composto il lungo corteo che ha attraversato il centro di Bergamo per la festa del Primo Maggio, organizzata da Cgil, Cisl e Uil.

“Il Primo Maggio dovrebbe costituire un momento di festa. Purtroppo non è così, non lo è per tutti – ha detto Marco Bentivogli, segretario generale Fim Cisl -. Proprio nel giorno in cui si apre l’Expo, l’Italia del lavoro è ancora ferita da una crisi interminabile: Tenaris-Dalmine, Stefana, Whirlpool, Alcoa, Firema, Jabil, Alcatel, Ilva, Micron, solo per citare alcune delle aziende per le quali ancora va trovata una soluzione. Per far ripartire l’Italia, bisogna far partire l’industria: dopo la legge elettorale ci aspettiamo che il governo metta in testa alle sue priorità il rilancio dell’economia in un paese in cui continuano a crescere disuguaglianze e povertà”.

Bentivogli ha concluso il comizio, iniziato con un commosso ricordo di Marco Cicerone, il segretari della UIL scomparso un mese fa per una malattia incurabile.

A Bergamo nel 2014 sono stati 9.300 i posti di lavoro persi per licenziamenti collettivi, e oltre 17.000 lavoratori sono stati coinvolti da Cassa integrazione. Negli ultimi mesi ci sono segnali di allentamento degli ammortizzatori, “ma non possiamo adagiarci e ritenere superata la crisi – ha detto Bentivogli -. C’è ancora molto da fare. La Cassa in deroga cala per la riduzione dei finanziamenti e dobbiamo rafforzare le tutele nelle piccole aziende per impedire che ciò si trasformi in licenziamenti”. E i licenziamenti collettivi totalizzati in questi primi mesi sono quasi 800.

A tal proposito, Amerigo Cortinovis, a nome di Cgil, Cisl e Uil provinciali, ha voluto ricordare che i sindacati bergamaschi “hanno preparato proposte unitarie per il rilancio del territorio. Come allargare il tavolo del Modello Bergamo a Comune, Provincia e Camera di Commercio, per coinvolgere tutti gli attori pubblici e privati per poter elaborare una visione comune per le prospettive future. Chiediamo una politica di sostegno in investimenti e infrastrutture utilizzando risorse straordinarie che provengono dall’allentamento delle politiche economiche di UE e dalla modifica del patto di stabilità  che limita i Comuni nel garantire opere pubbliche e sostenere lo stato sociale”.


E’ tempo di tempo indeterminato?

Lavoro Jobs ActQuali effetti sta producendo sul mercato del lavoro il combinato disposto degli sgravi contributivi previsti dalla legge di stabilità – in vigore dal primo gennaio 2015 – e della nuova disciplina dei licenziamenti introdotta dal decreto attuativo del Jobs Act operativo dal 7 marzo 2015?

Nonostante importanti decreti non abbiano ancora visto la luce, politiche attive in primis, l’impatto occupazionale di quanto già disposto dall’esecutivo è costantemente al centro dell’osservazione di istituzioni e organi di stampa. Vi si rivolge un’attenzione particolare da quando, circa un mese fa, il neo Presidente dell’Inps Tito Boeri ha reso noto agli organi di informazione il dato relativo al numero di imprese che avevano fatto richiesta di poter accedere alla decontribuzione. Si trattava di 76mila aziende, numero che era stato subito assunto come indice del rilancio delle assunzioni. Il dato era però indicativo solo dell’interesse suscitato dagli incentivi economici. Non vi si poteva leggere né il numero esatto di assunzioni, auspicabilmente più di una per impresa, né l’influenza delle novità normative, trattandosi di richieste raccolte prima dell’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti. Mettendo in guardia rispetto alla qualità dei numeri forniti, Boeri aveva infatti rimandato la pubblicazione dei dati completi a fine maggio.

 

Era stato poi direttamente il Ministro Poletti a rendere noti i dati sulle comunicazioni obbligatorie, anticipando la consueta pubblicazione trimestrale, ossia senza attendere i dati consolidati. Tra gennaio e febbraio del 2015 erano stati attivati 79 mila contratti a tempo indeterminato, il 38,4% in più rispetto agli stessi mesi del 2014. A seguito dell’interesse suscitato dall’annuncio il Ministero aveva poi scelto di diffondere tabelle più dettagliate, dove si leggeva che il saldo tra attivazione e cessazioni di contratti a tempo indeterminato nel periodo dava come risultato 45.703. I dati su Occupati e disoccupati pubblicati dall’Istat il giorni dopo hanno poi condotto il dibattito verso la confusione. Il report dell’istituto riportava rispetto a febbraio 2014 una diminuzione degli occupati dello 0,2% su base mensile e una disoccupazione in aumento dello 0,7% (+23 mila). Il dato che aveva destato più preoccupazione era però quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni che mostrava un lieve incremento (+0,1%) rivelando quindi un sostanziale stallo rispetto ai due mesi precedenti.

 

I dati Istat, quelli del Ministero e dell’Inps erano non erano in realtà paragonabili tra loro trattandosi di rilevazioni statistiche i primi e di attivazioni e cessazioni direttamente conteggiare i secondi. Nonostante ciò la pubblicazione di ulteriori dati provenienti dall’Inps sui rapporto di lavoro attivati a Gennaio e Febbraio negli ultimi tre anni, ha condotto a forti critiche rivolte all’entusiasmo del Governo. Da quel set di dati risultava infatti una differenza tra nuovi contratti 2015 e 2014 di sole 13 unità. Per spiegare l’apparente contradditorietà dei dati, da quel momento si è cominciata a sottolineare a più riprese l’importanza qualitativa piuttosto che quantitativa dei dati di attivazioni e cessazioni; in particolare da quando l’Osservatorio Lavoro Veneto ha fornito i primi dati comprendenti gli andamenti di marzo. Sino a quel momento si trattava infatti ancora di valori che escludevano il primo periodo di vigenza delle tutele crescenti. I dati del Veneto confermavano la forte crescita del tempo indeterminato con un aumento delle assunzioni del 18% a gennaio, +46% a febbraio e del +71% a marzo. Si poteva però già osservare la prevalenza dell’effetto sostitutivo piuttosto che aggiuntivo. Come ha segnalato Francesco Riccardi su Avvenire, secondo i dati veneti Il 12% degli assunti a tempo indeterminato non risultava aver avuto precedenti esperienze di lavoro. In altre parole si poteva desumere che i nuovi contratti a tempo indeterminato fossero frutto di sostituzione di altri contratti nell’88% dei casi.

 

Stessa analisi possibile con i dati provenienti dalla provincia di Milano, dove nel mese di marzo i contratti a tempo indeterminato sono aumentati del 50%, ma dove al contempo la curva di tendenza delle imprese attive sul mercato del lavoro con almeno un avviamento nel mese risulta ferma, “mentre in una condizione di sviluppo economico, vista la base produttiva composta da imprese di piccole dimensioni, dovrebbe crescere parallelamente alla crescita degli avviati”. Conclusione: “Le misure poste in essere dal governo hanno dunque effettivamente avuto un impatto sulla scelta della tipologia contrattuale, a vantaggio del contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti, ma non hanno creato nuova occupazione attraverso l’incremento di nuove opportunità di lavoro”.

Pochi giorni fa, durante un intervento all’Università Luiss di Roma, il ministro Poletti ha anche definito un nuovo obbiettivo per le stabilizzazioni: «Il governo riterrà di aver centrato l’obiettivo – ha detto Poletti – se alla fine di quest’anno grazie al Jobs act ci sarà il 10% in più di contratti a tempo indeterminato». L’efficacia degli incentivi economici conduce i più a ritenere necessaria una loro stabilizzazione anche per le assunzioni relative al 2016. A riguardo Poletti alla Luiss ha affermato che «il contratto a tutele crescenti deve diventare […] un contratto che costa strutturalmente meno». Secondo il Viceministro dell’Economia Enrico Morando il governo starebbe inoltre ragionando su come replicare lo sgravio contributivo rendendolo «selettivo e meno intenso».

Visti gli esempi precedenti di fallimento di incentivi dedicati a fasce giovani o svataggiate (vedi l’esperienza di quelli predisposti dal pacchetto Letta nel 2013) ci si chiede in che modo il Governo abbia intenzione di introdurre una condizionalità efficace. Si tratta di una questione importante. Non pare al momento delinearsi all’orizzonte un decisa spinta alle assunzioni di giovani che possa intaccare quella disoccupazione giovanile oltre il 42%. L’effetto delle misure adottate sta comportando infatti un importante miglioramento qualitativo dei rapporti di lavoro che, trattandosi di sostituzioni di contratti già esistenti, interessa in prevalenza lavoratori già dotati di esperienza.

Fatto che desta qualche preoccupazione se si pensa che le misure dedicate ai giovani non godono di particolare fortuna. L’ormai nota difficoltà di funzionamento del programma Garanzia Giovani fa il paio con l’arretramento dell’apprendistato, unico contratto di lavoro caratterizzato da una componente formativa e riservato agli under 29. Solo per stare ai dati provenienti dalla lombardia il boom del 113% delle assunzioni a tempo indeterminato tra gennaio e febbraio era accompagnato da calo conseguente dell’apprendistato del 29,4%, fatto che si può spiegare con la maggiore convenienza economica e la maggior flessibilità normativa del contratto a tutele crescenti.

Francesco Nespoli (ricercatore Adapt)


«Dieci anni di esperienza non valgono più nulla»

operatrice sanitariaQualche giorno fa mi sono presentato per sostenere un colloquio di lavoro presso una casa di riposo privata; la selezione riguardava una posizione aperta per un addetto all’assistenza anziani; caratteristiche richieste: l’attestato professionale di Operatore socio sanitario e almeno due anni di esperienza. Al colloquio eravamo in dieci, poi tra una selezione e l’altra, siamo diventati cinque e alla fine siamo rimasti in due. Io, che vanto un’esperienza di dieci anni nell’assistenza dei malati, cominciata presso un ospedale in Africa e proseguita in America Latina prima di tornare in Italia e poi e un altro candidato, con tre anni di esperienza. Alla fine, con mia grande sorpresa, non sono stata scelta. Quando poi ho cercato di capire cosa avesse portato a preferire un’esperienza triennale a scapito di una decennale, mi è stato risposto che la maggior parte della mia esperienza, pur significativa, era stata maturata prima del conseguimento del titolo di studio e che quindi qualcuno avrebbe potuto storcere il naso. Morale: le conoscenze che ho appreso in anni sul campo, non sono state considerate “degne di nota”. Cos’altro si può aggiungere? Che mercato del lavoro è diventato il nostro? Sono demoralizzata”

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Maria – Seriate

 

Abituati da anni ad un tipo di formazione “ufficiale”, la maggior parte degli addetti ai lavori dà ancora poca importanza alle “competenze informali”, ovvero a quelle abilità e conoscenze che l’individuo acquisisce attraverso l’apprendimento sul campo, cioè all’interno di ambiti come il contesto lavorativo o attraverso l’interazione quotidiana tra le persone (in cui rientrano l’apprendimento delle norme comportamentali e culturali e quello delle lingue); la stessa situazione accade per quelle conoscenze ottenute al di fuori dei sistemi di istruzione formale, come la partecipazione a corsi, workshop o seminari, che non sfociano in una qualifica o in un diploma, ma che sono ugualmente significative e foriere di valore aggiunto per la professionalità individuale. Ma è vero, sono ancora in troppi a non conoscere il mondo delle competenze informali e a considerarle conoscenze di serie B. Sicuramente la necessità di sviluppare metodologie per la valutazione delle competenze acquisite fuori dai contesti tradizionali, è avvertita in tutta Europa: il riconoscimento delle competenze informali, può facilitare il ri‐collocamento delle persone all’interno del mercato del lavoro lungo tutto l’arco della vita e non è una cosa da poco. L’apprendimento non ufficiale avviene regolarmente nella vita quotidiana e nell’ambiente di lavoro, perché si caratterizza come esito intrinsecamente connesso al prendere parte a situazioni in cui si è coinvolti e di cui si riconosce il senso. I contenuti di questo apprendimento non sono sistematici né organizzati, anzi caratteristica fondamentale è che il sapere è connesso ad azioni finalizzate e alla soluzione di problemi; ma non per questo non devono essere considerati validi. Il tema quindi della valutazione delle competenze acquisite “in situazione”, è quanto mai attuale (o almeno dovrebbe esserlo) e continuare a negare la loro esistenza è uno dei più grandi errori che si possa fare. In passato sono state avviate diverse sperimentazioni per far si che il riconoscimento delle competenze informali diventasse una prassi consolidata e riconosciuta, introducendo anche nuovi strumenti come il Libretto Formativo, un documento funzionale a tracciare le competenze e renderle visibili e spendibili sul mercato del lavoro. Ma la strada è ancora lunga, perché è necessaria un’omogeneizzazione delle procedure sulla base di dispositivi regionali, che dovranno essere normati, condivisi ed accessibili. Per ora il riconoscimento di tale competenze è lasciato all’intelligenza dell’individuo e al desiderio personale di “andare oltre” per scoprire le potenzialità del lavoratore che si ha di fronte, che andrebbe sempre considerato e valutato come “risorsa umana” e non solo come un mero compendio di titoli accademici.


Contratti a tempo indeterminato, boom in Lombardia

Segnano un aumento del 113% le assunzioni a tempo indeterminato in Lombardia nei primi due mesi del 2015. E’ quanto emerge dai dati rielaborati dall’Agenzia regionale dell’Impiego di Regione Lombardia, che evidenziano un vero e proprio boom delle assunzioni a tempo indeterminato (+ 113% rispetto agli stessi 2 mesi del 2014) accompagnato da un conseguente calo dei contratti a progetto (-33,5%), del tempo determinato (-27,7%), dell’apprendistato (-29,4%) e più contenuto della somministrazione (-7,9%). Si evidenzia dunque uno spostamento delle tipologie di assunzioni, fatto quando ancora non era in vigore il nuovo contratto a tutele crescenti. “Questo primo boom delle assunzioni a tempo indeterminato in una regione come la Lombardia è significativo e fa ben sperare – commenta Osvaldo Domaneschi, segretario generale Cisl Lombardia -. Il lavoro stabile può finalmente tornare ad essere il normale e principale rapporto d i lavoro nella nostra economia”. “Ora però non si può sedersi sugli allori e serve sfruttare questa situazione per fare meglio e di più. Il Jobs act è una grande occasione per tornare a contrattare assunzioni e nuove tutele nel mercato del lavoro. Siamo come Cisl disponibili a sederci a tutti i tavoli con le controparti e con la Regione, per vedere come fare di più poiché lo spostamento delle tipologie di assunzione è positivo, ma non aumentano i posti di lavoro. Su questo possiamo e dobbiamo fare ancora molta strada”.


Turismo, oggi sciopero per il rinnovo del contratto

cameriereScatta mercoledì 15 aprile la giornata di sciopero proclamata da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil per il rinnovo del contratto nazionale del Turismo scaduto da 24 mesi. Sono previste anche tre manifestazioni: a Milano, Roma e Taormina. L’obiettivo della mobilitazione è riaprire i tavoli del negoziato per sbloccare una vertenza in stallo da più di due anni. L’astensione dal lavoro potrà interessare lavoratori di mense, bar, ristoranti, alberghi, agenzie di viaggio e tour operator.
In Italia, sono oltre un milione i lavoratori e le lavoratrici dei comparti turistici, dei pubblici esercizi, dei tour operator, delle agenzie di viaggio, della ristorazione collettiva e degli alberghi, che invano aspettano questo contratto.  A Bergamo sono più di 20.000 persone.

 

 


Il regalo di Valeo Studio alle aziende. In palio tre premi per decollare sul Web

Prende il via oggi il progetto Valeo Gift 2015, ideato dalla web agency Valeo Studio di Bergamo in favore degli imprenditori della città non ancora in grado di sfruttare le potenzialità di internet e del web marketing per il loro business. Un mese di tempo per presentare il proprio progetto e sottoporlo alla valutazione della giuria composta da Davide Corna, amministratore unico di Valeo Studio, Marco Manzoni, presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Bergamo e amministratore e vicepresidente di Nuova Termostampi spa, e Daniele Lo Sasso, presidente di Confartigianato Giovani Bergamo e amministratore unico di Sidip World srl. In premio 18mila euro in servizi, tra strumenti web e web marketing, che saranno suddivisi tra il primo (10mila euro), secondo (5mila euro) e terzo classificato (3mila euro). Per tutti i progetti sarà sviluppata un’analisi completa di business online e verranno valutati tenendo conto dei seguenti parametri: innovazione di prodotto, di servizio o di fornitura e possibilità concreta di far sbocciare l’idea di business attraverso gli strumenti web. I servizi compresi nel regalo costituiranno un panel completo delle attività svolte da Valeo Studio, ad esempio lo sviluppo del sito internet, l’implementazione di strategie SEO on site e off site e l’avvio di azioni legate al Social Media Marketing.

Logo Valeo StudioValeo gift 2015 è un’idea che vuole premiare le realtà aziendali ammirevoli nate, cresciute e presenti a Bergamo. Il progetto arriva nel 17° anno di attività di Valeo Studio, azienda che è riuscita a crescere per merito di professionisti del settore, ma anche grazie alla città madre: Bergamo. E’ un riconoscimento quindi verso il territorio che ha permesso questo consolidamento aziendale e un incentivo rivolto ai piccoli e medi imprenditori che giorno dopo giorno contribuiscono alla crescita sociale ed economia della città. Tutte le aziende interessate possono presentare il proprio progetto attraverso il sito www.valeo.it entro il 30 aprile 2015. I vincitori saranno comunicati entro il 30 maggio 2015.

“Valeo Gift 2015 – sottolinea Davide Corna – è un regalo che rivolgiamo alle aziende e agli imprenditori di Bergamo desiderosi di mettersi in gioco sfruttando a pieno tutte le potenzialità del web. Grazie al nostro contributo, essi potranno finalmente avvicinarsi ad un mondo che può contribuire il larga misura al loro successo aziendale. Fare parte di una comunità significa agire tenendo conto del suo benessere, ed è proprio quello che vogliamo”.


Letto per voi / Spazio al commercio con il contratto di sostegno

negozioIl nuovo contratto collettivo del commercio disciplina in via sperimentale un rapporto di lavoro a termine ispirato alle regole del contratto di inserimento: il “contratto di sostegno all’occupazione”. Con questa definizione, l’articolo 69 bis del nuovo accordo collettivo disegna uno strumento che dovrebbe favorire l’ingresso nel mercato del lavoro di alcune specifiche categorie di lavoratori. Il contratto ha una durata di 12 mesi, può essere stipulato una sola volta con lo stesso lavoratore e non è soggetto ai limiti quantitativi previsti dalla disciplina collettiva per gli altri rapporti a tempo determinato. Il datore di lavoro che utilizza questo contratto è tenuto ad erogare 16 ore di formazione nei confronti del lavoratore. Il percorso formativo deve essere finalizzato a favorire l’inserimento nel contesto aziendale del lavoratore, deve avere una durata minima di 16 ore e deve includere tra le materie oggetto di insegnamento anche la prevenzione antinfortunistica. Il contratto collettivo nazionale precisa che le ore di formazione dovranno essere evidenziate sul Libro Unico del Lavoro.

L’onere formativo posto in capo al datore di lavoro viene bilanciato da una rilevante incentivazione di carattere normativo e retributivo. L’accordo collettivo riconosce, infatti, la facoltà di inquadrare (e retribuire) il lavoratore sulla base di 1 o 2 livelli inferiori rispetto al livello spettante in relazione alla qualifica indicata nel contratto di assunzione. In particolare, la norma collettiva consente di inquadrare il lavoratore, per i primi sei mesi, in due livelli inferiori rispetto a quello teoricamente spettante, salendo per il restante periodo di un livello. Alla fine del rapporto il datore di lavoro, se decide di proseguire a tempo indeterminato, può mantenere un livello inferiore per un ulteriore periodo di 24 mesi. Il sottoinquadramento è attenuato nel caso dei lavoratori assunti per le qualifiche comprese nel sesto livello: per dipendenti assunti con queste qualifiche, può essere assegnato un settimo livello per i primi sei mesi della durata del contratto, mentre è obbligatorio salire al livello ordinario per i successivi 6 mesi (e, quindi, anche per i 24 mesi aggiuntivi in caso di conversione a tempo indeterminato).

Questa disciplina è interessante, perché di fatto ripristina una tipologia di lavoro che era molto apprezzata nel mercato del lavoro; sarà interessante verificare come si coordinerà il meccanismo del sottoinquadramento con le norme di legge che disciplinano la materia. La sperimentazione non potrà interessare qualsiasi lavoratore: l’accordo collettivo delimita in maniera specifica la platea dei soggetti legittimati alla stipula del contratto di “sostegno all’occupazione”.

Secondo il nuovo contratto collettivo, rientrano in questa categoria sia le persone prive di un’occupazione retribuita da almeno 6 mesi, sia le persone che hanno lavorato, ma con forme diverse dal lavoro subordinato e con un reddito inferiore a quello annuale minimo escluso da imposizione. Sono interessati dalla nuova forma contrattuale anche i lavoratori che hanno completato un periodo di apprendistato presso un altro datore di lavoro, e che hanno ricevuto la disdetta al termine del periodo formativo, e – infine – quei lavoratori che non possono più accedere, per esaurimento di tutte le misure disponibili, a misure di sostegno al reddito.

(di Gianpiero Falasca tratto da “Il Sole 24 Ore” di Giovedì 2 Aprile 2015)


Ryanair, tre nuove rotte e voli extra. «Cresciamo del 14% a Bergamo»

Con le tre nuove rotte – per Bucarest, Colonia e Copenaghen – lanciate oggi e relative alla programmazione invernale 2015,  salgono a 51 i collegamenti attivati da Ryanair dallo scalo di Orio al Serio. La compagnia aerea low cost ha programmato inoltre voli extra  sulle rotte per/da Berlino (2 al giorno), Marrakech (5 a settimana) e Palermo (3 al giorno). Il potenziamento, ha sottolineato John Alborante, Sales & Marketing Manager Ryanair per l’Italia, «permetterà di trasportare oltre 8,3 milioni di clienti all’anno e sosterrà 8.300 posti di lavoro locali (la ricerca ACI afferma che ogni milione di passeggeri sostiene 1.000 posti di lavoro “in loco” presso gli aeroporti internazionali ndr.), a seguito di una crescita del 14% presso l’Aeroporto di Milano Bergamo». «Ryanair continuerà a collegare Milano Bergamo con i centri chiave del business in Europa – ha aggiunto -, con sempre più voli e con programmazioni migliorate da e per le principali città, tra cui Dublino, Londra e Madrid, facendo di Ryanair la scelta ideale per chi viaggia per affari».

La programmazione invernale 2015 di Ryanair conterà quindi 470 voli settimanali sullo scalo bergamasco.

Per festeggiare il lancio, la compagnia ha messo disposizione 100.000 posti su tutto il suo network europeo a prezzi che partono da €19,99 per viaggiare ad aprile e maggio. Questi posti a tariffe basse sono disponibili per la prenotazione entro la mezzanotte di giovedì 2 aprile.