Confimi Apindustria fa il punto sul Jobs Act

Lavoro Jobs Act“Il lavoro dopo il Jobs Act” è il tema del convegno in programma il 10 aprile al Centro Congressi Giovanni XXIII, a Bergamo, a partire dalle 10. L’incontro, promosso da Confimi Apindustria, si profila come un momento di confronto sui recenti cambiamenti normativi in tema di mercato del lavoro, per riflettere sulle prospettive del nostro sistema di welfare e sulle sue direttrici di cambiamento. Previsti gli interventi di Edoardo Ranzini, Silvia Davolie Stefano Bosio, rispettivamente direttore, responsabile sindacale e consulente sindacale di Confimi Apindustria Bergamo e di Emmanuele Massagli, Presidente Adapt.


Il sindacato / Un argine contro la crisi dei consumi

“La sottoscrizione del contratto del commercio – commenta Alberto Citerio, segretario generale di Fisascat Cisl Bergamo – è particolarmente importante per le dimensioni del settore e per la crisi che sta colpendo ancora duramente le aziende del terziario e del commercio alle prese con una riduzione dei consumi che ancora non presenta inversioni di tendenza. Rimane esclusa per ora Federdistribuzione, che rappresenta le grandi aziende della grande distribuzione (Auchan, Carrefour, Esselunga, Iper per citarne alcune), in quanto l’associazione da due anni è uscita dal sistema di rappresentanza di Confcommercio. Ci auguriamo che questo rinnovo possa spingere nuovamente Federdistribuzione ai tavoli negoziali”. “Nel difficile contesto economico e sociale attuale la conclusione positiva dei negoziati e la sottoscrizione di un’intesa unitaria è un segnale importante e significativo” hanno commentato invece le segreterie nazionali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. Che hanno aggiunto: “Il grande senso di responsabilità nei confronti dei milioni di lavoratori coinvolti ha consentito di superare vecchie divisioni con l’intenzione di affrontare una crisi economica che ha investito anche il settore commerciale”. L’ipotesi di accordo siglata sarà sottoposta all’assemblea unitaria delle strutture e dei delegati in programma a Roma per il 14 aprile prossimo e poi alla consultazione delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro.


Commercio, rinnovato il contratto. A Bergamo coinvolti 55mila lavoratori

Sede AscomDopo un anno di trattative, Confcommercio ha sottoscritto con Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs–Uil la nuova ipotesi di accordo del commercio, che decorre dal prossimo primo aprile e avrà durata fino al 31 dicembre 2017. «E’ stato un negoziato lungo fatto in un contesto difficile non solo perché collocato all’interno della più grande crisi degli ultimi 50 anni, ma soprattutto per la necessità di trovare soluzioni equilibrate, in grado di garantire modelli organizzativi maggiormente flessibili con la massima attenzione al contenimento dei costi – afferma Enrico Betti, responsabile area lavoro di Ascom e componente della commissione sindacale nazionale -. Grazie all’ampio sforzo dei soggetti coinvolti abbiamo rinnovato il più grande contratto nazionale applicato nel settore privato, che dà riposte certe e concrete, introducendo importanti novità sul versante della flessibilità e del mercato del lavoro per le imprese e i lavoratori». La nuova ipotesi di accordo prevede un aumento a regime di 85 euro e significative novità come il contratto a tempo determinato per il sostegno all’occupazione e una reale semplificazione nella flessibilità della distribuzione dell’orario.

Enrico Betti«L’accordo raggiunto consegna alle imprese del settore strumenti in grado di accompagnarle ed aiutarle nella ripresa con soluzioni innovative, tali da consentire una maggiore flessibilità e produttività sia sull’orario di lavoro che sul mercato del lavoro – spiega Betti -. Offre migliori garanzie per l’applicazione maggiormente inclusiva del welfare contrattuale e il recepimento dell’accordo di Governance sulla bilateralità 2014 per il miglioramento del sistema degli enti, dell’ utilizzo delle risorse e della fruizione di prestazioni omogenee. In provincia di Bergamo l’accordo interessa circa 55 mila addetti, per un totale di oltre 18 mila imprese». La soluzione economica prevede un aumento lordo medio (quarto livello) di 85 5uro a regime, distribuito su 5 tranches per meglio contenere l’impatto degli aumenti del contratto. La prima erogazione pari a 15 euro avverrà con decorrenza dal mese di aprile 2015, senza arretrati. Il contratto introduce anche una nuova regolazione per la flessibilità dell’orario di lavoro, più immediata e senza costi, che consente alle imprese il superamento dell’orario contrattuale fino a 44 ore per 16 settimane, senza maggiorazione di straordinario per le ore prestate oltre l’orario settimanale se recuperate entro 12 mesi dall’avvio del programma di  flessibilità.

Per favorire il sostegno all’occupazione è stata introdotta una nuova specifica modalità per l’utilizzo del contratto a tempo determinato, meno onerosa per le imprese, che potranno assumere, una sola volta per 12 mesi, le categorie più deboli del mercato del lavoro, al di fuori dai limiti quantitativi per la stipula di contratti a termine. In particolare è previsto un sotto inquadramento del lavoratore, fino a due livelli nei primi 6 mesi e di un livello per i successivi 6 mesi. Inoltre al termine dei 12 mesi, in caso di trasformazione a tempo indeterminato si applicherà il sotto inquadramento di un livello per ulteriori 24 mesi. E’ introdotta inoltre una previsione finalizzata a migliorare la possibilità di attivare ulteriori contratti a tempo determinato fino al un massimo del 28 %, compensando quote di assunzioni non utilizzate in altre unita produttive, dentro le quote massime previste dal CCNL.

Un’ulteriore modifica riguarda le percentuali di conferma  del contratto di apprendistato che vengono allineate ai limiti di legge, portandosi dall’80% al 20 %  per tutte le imprese. Inoltre viene portato a tre anni (36 mesi) il periodo su cui calcolare il numero delle conferme in servizio. Una novità riguarda anche il part time: per le 8 ore possono essere assunti giovani fino a 25 anni compiuti, anche non studenti. Infine l’ipotesi di accordo introduce novità in materia di classificazione e una specifica disciplina per le Imprese dell’ ICT, che consentirà di regolare nuove figure professionali, nonché lo sviluppo di nuove figure appartenenti ai servizi.


Centri per l’impiego, aumenta il numero dei disoccupati iscritti

Provincia-BergamoI 10 Centri per l’impiego della Provincia di Bergamo (Albino, Bergamo, Clusone, Grumello del Monte, Lovere, Ponte San Pietro, Romano di Lombardia, Treviglio, Trescore Balneario, Zogno) hanno registrato negli ultimi anni una considerevole crescita di iscrizioni e re-iscrizioni alla banca dati e, in generale, di richieste di accesso ai servizi da parte di un numero sempre crescente di lavoratori in difficoltà occupazionale poiché espulsi dal mercato del lavoro o inseriti con forme contrattuali flessibili e precarie.

Nell’anno 2014 il numero di accessi agli sportelli dei Cpi da parte di inoccupati e/o disoccupati che hanno reso la propria disponibilità al lavoro è stato pari a 51.865 (dato amministrativo che non coincide con il numero di “teste”). I dati di flusso riferiti al numero annuale di iscrizioni/re-iscrizioni alla banca dati nell’ultimo quinquennio indicano un incremento del 43% (erano 36.189 nel 2010 e 49.838 nel 2013.

Nel corso dell’anno sono stati erogati 34.991 colloqui di accoglienza informativa, 1620 colloqui di orientamento individuale e circa 2.000 lavoratori sono stati coinvolti in colloqui di gruppo volti all’approfondimento delle tecniche di ricerca attiva del lavoro, con particolare riferimento ai lavoratori che si apprestano ad entrare a far parte delle liste di mobilità.

I servizi che vengono erogati dai Centri per l’impiego negli ultimi tempi hanno ampliato la gamma di interventi, cercando di rispondere alle esigenze della gente, dei lavoratori, dei giovani vista la “fame” di lavoro in continua crescita.

Nel 2014 sono stati preselezionati e segnalati circa 4.800 candidati a fronte di circa 800 offerte di lavoro presentate dalle aziende. Le assunzioni a seguito delle segnalazioni dei Cpi sono state quasi 400.

Parallelamente all’attività di incrocio domanda-offerta di lavoro i Centri per l’impiego sono da anni attivi nella promozione e nel tutoraggio di tirocini extracurriculari rivolti a soggetti inoccupati/disoccupati, con rilevanza numerica della fascia giovanile. Nel 2014 sono stati attivati 1.178 tirocini, di cui circa 400 sono stati nel corso dell’anno trasformati in assunzioni con contratto di lavoro subordinato e circa 600 sono tuttora in corso.

A partire dal 2013 i Centri per l’impiego hanno avviato il Progetto SAP – Servizi alla Persona, volto all’innalzamento dell’efficacia dell’incrocio domanda/offerta di lavoro in tema di assistenti familiari e svolto in collaborazione con i servizi sociali degli Ambiti territoriali, dei Comuni e con le realtà del privato-sociale e della cooperazione già attivi sui territori. In virtù di tale progettazione, i Cpi hanno erogato colloqui specialistici a circa 400 candidati/e assistenti familiari, allo scopo di analizzare le loro competenze e valutarne i requisiti professionali al fine dell’inserimento nell’elenco qualificato degli assistenti familiari della Provincia di Bergamo (istituito con Deliberazione di Giunta provinciale n. 214 del 18/06/2012). Si sono ricevute ed evase circa 120 richieste di assistenti familiari da parte delle famiglie e ciò ha portato all’inserimento lavorativo di circa 60 candidate.

Lavori socialmente utili

Particolarmente significativo l’incremento dei servizi per quanto riguarda l’attività di segnalazione alle Pubbliche amministrazioni richiedenti (per lo più Comuni e Istituzioni scolastiche) di lavoratori appartenenti alle liste di mobilità L. 223/91 per lo svolgimento di Lavori Socialmente Utili (LSU). Nel 2014 si sono ricevute circa 1.000 richieste per la copertura di 1.843 mansioni, che hanno dato luogo alla segnalazione a Comuni e scuole di circa 3.000 candidati e l’assegnazione definitiva di 1.660 lavoratori, che hanno contribuito a garantire l’erogazione di servizi ed attività di pubblica utilità.

Crisi aziendali

I Centri per l’impiego sono stati coinvolti, nel corso degli ultimi anni, nella pianificazione e nella realizzazione, di concerto con le Organizzazioni sindacali e datoriali e le Istituzioni pubbliche locali ed in partenariato con altri enti accreditati al lavoro, di misure di intervento per la presa in carico e il reinserimento occupazionale di lavoratori in esubero a causa di crisi aziendali e/o settoriali.

Sono stati attivati 6 Tavoli territoriali presso alcuni Centri per l’impiego (Bergamo, Albino, Ponte San Pietro, Grumello del Monte, Treviglio e Romano di Lombardia), tramite cui è stata realizzata la presa in carico di lavoratori percettori di sostegno al reddito da parte dei Cpi e degli enti accreditati al lavoro, anche favorendo l’accesso dei disoccupati alle misure di politica attiva del lavoro messe a disposizione dai dispositivi provinciali e dal sistema dotale lombardo.

Nell’ambito della riforma delle Province, il futuro dei Cpi, e di conseguenza dei dipendenti, è stato “congelato” in attesa di un riordino a livello statale di questa funzione, che dovrebbe seguire l’entrata in vigore del “Jobs Act”.Confido comunque che il riordino di tali funzioni preveda comunque un presidio locale delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego – afferma il presidente della Provincia Matteo Rossi -. L’Ente, tramite il settore Istruzione, Formazione, Lavoro e Politiche sociali sta garantendo la piena funzionalità dei 10 Centri per l’Impiego, perché è un tema a cui teniamo molto. In questa fase complessa di riordino della materia lavoro è tutto più difficile perché oltre a presidiare le consuete attività amministrative, i Centri per l’Impiego sono chiamati a promuovere e sostenere attivamente iniziative di politica attiva del lavoro, garantendo la governance nelle aree territoriali maggiormente esposte agli effetti della crisi. Ciò si è concretizzato nella collaborazione con vari attori territoriali nella realizzazione di progetti di orientamento, riqualificazione professionale e scouting aziendale in corso in alcune aree, come la Bassa bergamasca, l’Isola bergamasca, la Valle Seriana, la Valle Brembana e la Valle Imagna, oltre all’area dell’Alto Sebino dove si stanno attivando iniziative analoghe”.

“I Centri per l’impiego, soprattutto nella difficile fase economica e sociale che stiamo vivendo, continuano ad essere il primo punto di riferimento al quale i disoccupati si rivolgono – spiega la coordinatrice dei Cpi, Elisabetta Donati -. Nel corso degli ultimi anni abbiamo lavorato in più direzioni, da un lato garantendo gli adempimenti amministrativi che la normativa prevede, da un lato stabilendo relazioni virtuose con le aziende del territorio e con le loro associazioni, e cercando anche di operare in sinergia con gli operatori privati, che vediamo come partner per il conseguimento dell’obiettivo comune dell’inserimento occupazionale di quanti più lavoratori possibili, garantendo la continuità e l’efficacia dei servizi erogati”.

Silvano Gherardi, dirigente del settore Istruzione, Formazione, Lavoro e Politiche sociali, sottolinea come “i Centri per l’impiego hanno mantenuto, in questi ultimi anni durante la crisi, un livello positivo di presenza e affidabilità anzi si sono rafforzati. I dati testimoniano che un numero significativo di cittadini ha comunque utilizzato la strumentazione pubblica. Va sottolineata la positiva collaborazione nella nostra realtà bergamasca dei Comuni, e del Terzo settore, e delle forze sociali. I Centri pubblici per l’impiego non sono lontanissimi dalle performance degli altri soggetti, tuttavia, poiché si tratta di centri pubblici, noi vogliamo fare del nostro meglio perché migliorino i servizi resi ai cittadini”.

 


Auchan, bloccati lavoro domenicale e flessibilità

auchanSi sono svolte oggi, e continueranno anche domani, le assemblee dei lavoratori dell’ipermercato Auchan di via Carducci a Bergamo, punto vendita che occupa circa 220 dipendenti. L’adesione agli incontri con le organizzazioni sindacali ha sfiorato l’85% della totalità dei lavoratori, segnale inequivocabile di preoccupazione. Per questo, si legge nel comunicato unitario firmato da Luisella Gagni, Alberto Citerio e Maurizio Regazzoni, rispettivamente per Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, “i lavoratori Auchan ritengono un grave atto lesivo della dignità dei lavoratori, nonché un grosso danno economico, la decisione aziendale di disdire tutti gli accordi e le prassi in essere con il contratto integrativo del 10 ottobre 2007, e ribadiscono che all’interno dell’ipermercato bergamasco c’erano e permangono soluzioni alternative praticabili, già evidenziate in riunioni avute con l’azienda”. Lavoratori e sindacati ritengono che a Auchan Bergamo, “i dipendenti hanno sempre dato segnali di responsabilità, dal momento che già in passato l’azienda ha fatto ricorso a ammortizzatori sociali e flessibilità nei turni e prestazioni domenicali”. Preso atto della disdetta unitalerale da parte dell’azienda, “si trovano costretti a proclamare lo stato di agitazione. Da oggi sono bloccati gli straordinari e la disponibilità a lavoro domenicale, cambio orari e cambio di riposo. Per questo saranno possibili disagi per la clientela”. Il 21 aprile, avvisano i sindacati, si svolgerà a Roma un coordinamento di tutti i delegati Auchan d’Italia per trovare una linea d’azione comune e si prevedono ulteriori iniziative di lotta.

 


Auchan taglia l’integrativo, si temono esuberi

auchanTagli ai salari, alla copertura della malattia e degli infortuni sul lavoro. C’è persino l’eliminazione della carta di sconto del 5% sull’ acquisto dei prodotti da parte dei dipendenti nella disdetta unilaterale del contratto integrativo aziendale, firmato nell’ottobre 2007, a partire dal primo luglio, comunicata nei giorni scorsi dal colosso della grande distribuzione Auchan. Il taglio del CIE costa ai lavoratori fino a 300 euro al mese. Nella provincia di Bergamo, Auchan gestisce 3 ipermercati, uno nel capoluogo, e altri a Curno e Antegnate, per un totale di oltre 500 dipendenti.

“Un passo unilaterale – dice una nota delle Segreterie Nazionali di Fisascat, Filcams e Uiltucs – che ci “obbliga” allo stato di agitazione con il blocco degli straordinari”.

Le segreterie nazionali stigmatizzano la decisione dell’azienda, che non ritengono giustificata “dalla sia pur grave evoluzione degli andamenti aziendali degli ultimi anni, in cui le lavoratrici e i lavoratori sono stati chiamati a consistenti sacrifici in numerose realtà attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali e financo a riduzioni temporanee degli orari di lavoro contrattuali settimanali laddove il ricorso agli ammortizzatori sociali non era più consentito dalle norme di legge vigenti”.

I sindacati ribadiscono che soluzioni alternative sono disponibili e praticabili senza giungere a tale grave decisione. “Ci aspettiamo ulteriori iniziative – dice Alberto Citerio, segretario generale di Fisascat Bergamo – riguardanti eventuali esuberi. A Bergamo, infatti, avevamo avviato un tavolo di trattativa per cercare di evitare tagli sul personale, ma la decisione dell’azienda ha bloccato ogni iniziativa livello territoriale, quindi, temo, dovremo aspettarci che anche qui saranno avviate le procedure”.


Metalmeccanici, rallentano i licenziamenti in Bergamasca

Non si arresta l’ondata di licenziamenti nel settore metalmeccanico. Sono quasi 1700 i licenziamenti nei primi due mesi dell’anno tra le medie e grandi imprese metalmeccaniche lombarde. Nello stesso periodo del 2014 furono 1378.

Nel solo mese di febbraio in Lombardia ci sono stati 585 esuberi fra le tute blu (nel mese di febbraio 2014 a perdere il lavoro furono in 851, fra operai e impiegati del settore metallurgico). “Con 1689 licenziati nel settore metalmeccanico non si può parlare assolutamente di ripresa” – afferma Mirco Rota, segretario generale della FIOM Cgil Lombardia”. Facendo una carrellata, soffermandosi sulle singole province, a fare la parte del leone è sempre il distretto industriale di Milano con 215 esuberi nel mese scorso (in flessione comunque rispetto al periodo analogo del 2014), seguono i territori di Brescia (78 licenziati, in linea con i dati dell’anno scorso), della Brianza (71), e del comprensorio bergamasco (dove c’è stata una sensibile diminuzione dei licenziamenti, benché il dato si presenti ancora consistente, alla luce dei 59 esuberi). A Varese la quota dei licenziati si dimezza, attestandosi sulle 40 unità complessive. Cifre con scostamenti minimi, indicativamente identiche quindi nel raffronto annuale per quanto riguarda i territori di Como (35) e Mantova (31). I licenziamenti aumentano invece a Lecco (32), ma calano a Lodi (1) e Pavia (16).


L’analisi / Su Montichiari, i veneti spiazzati dagli asset di Sacbo

Aeroporto_di_Brescia-MontichiariCos’è il know-how è qualcosa che ogni imprenditore e manager che si rispetti dovrebbe sapere. Così come quanto possa valere, e pesare, nella valutazione di un asset. La lunga trattativa per arrivare a un accordo sulla gestione dell’aeroporto di Montichiari, avviata dopo che l’a.d. veneziano Enrico Marchi ha preso praticamente il controllo della Catullo, sembrava aver messo al cospetto di SACBO un interlocutore concreto e determinato. Miro Radici ha creduto, e crede, che ci siano le condizioni per una joint-venture paritetica (mai e per nessuna ragione al di sotto del 50%), ma soprattutto conosce bene le regole del mercato. Il punto di forza di SACBO è rappresentato proprio da quel polo della logistica delle merci courier che da 40 anni è attestato sullo scalo bergamasco. Un attore di primo piano come DHL Express Italy, che ha sempre riconosciuto l’importanza della base a Orio al Serio e con il contratto in scadenza a dicembre 2016, non poteva starsene alla finestra in attesa che qualcuno a est sciogliesse il nodo al fazzoletto e ha ottenuto da SACBO le certezze per pianificare le proprie strategie operative, prolungando di due anni l’accordo contrattuale senza cambiare di una virgola le condizioni in essere.

Un atto formale, consumato tre settimane dopo la scadenza di una lettera d’intenti che impegnava gli interlocutori, Save e Catullo da una parte e SACBO dall’altra, fino al 28 febbraio scorso. Enrico Marchi è sembrato spostarsi dalla pista del Marco Polo al vicino velodromo di Portoguaro per un surplace prolungato che nulla di buono lasciava presagire. In gioco c’era la continuità dell’accordo tra SACBO e DHL Express Italy e i bergamaschi, in un mare di sirene pronte ad abbordare gli aerei a tinte gialle e rosse del vettore courier, hanno fatto ciò che aziendalmente era dovuto. E aggiungendo a chiare lettere di aver voluto salvaguardare il know-how e avvalersi delle condizioni ottimali per proseguire il percorso intrapreso con altri interlocutori. Che hanno reagito adducendo scorrettezza ma in realtà utilizzando il passaggio come pretesto per nascondere le proprie difficoltà a realizzare un piano comune con SACBO, forte del peso di un asset fondamentale.

di Flyng


Mosler: “I parametri di Maastricht hanno creato solo impoverimento e disoccupazione”

Warren Mosler, economista statunitense,  fondatore – con un’esperienza alle spalle di oltre trent’anni nel mondo della finanza – della Modern Money Theory, sfata i falsi miti dell’economia con cui siamo abituati a interpretare i fattori macroeconomici. La piena occupazione e la stabilità dei prezzi sono scelte esclusivamente politiche, alla portata di qualsiasi stato con sovranità monetaria, basta solo aumentare la spesa pubblica . I parametri di Maastricht che fissano un tetto al deficit degli stati membri hanno imbrigliato le nazioni dell’Eurozona e creato austerità e disoccupazione.

Il recente decreto salva-Roma, le polemiche sui fondi alle aree a statuto speciale e le difficoltà di bilancio dei Comuni di Napoli, Catania e Torino dimostrano che le differenti aree geografiche hanno trattamenti molto diversi da parte dello Stato. A pagare il conto però sono soprattutto Lombardia e Veneto, che – pur subendo pesantemente gli effetti della crisi – sono ancora quelle che permettono di pagare i conti delle altre Regioni. In questo momento di difficoltà è giusto mantenere lo stesso meccanismo di oggi, aiutando il Mezzogiorno e le altre zone disagiate, oppure bisogna favorire la locomotiva lombardo-veneta (anch’essa in difficoltà) in modo che riparta e possa tornare a trainare il Paese e la ripresa?

“Le tasse del Nord non aiutano il Sud e viceversa. E’ solo un giro di soldi nel medesimo contenitore, l’Italia, lontana dalla ripresa con la tassazione insostenibile di oggi. L’unica soluzione per raggiungere l’equità sociale e tasse e prezzi più bassi per tutti è quella di incrementare la spesa pubblica. Per premiare la produttività e l’efficienza di un’area rispetto all’altra si può modificare la spesa pubblica e bilanciare le tasse in ogni area geografica. Bisogna ritrattare i criteri di Maastricht innalzando il tetto del deficit all’8-8,5%”.

Qual è oggi la priorità per rilanciare imprese e lavoro: liberalizzare contratti di lavoro in entrata e in uscita?

“Bisogna partire dal presupposto che, in generale, alla imprese non piace assumere chi è disoccupato, specialmente dopo due o tre anni di assenza dal mercato del lavoro, anche se si è molto qualificati e si hanno competenze elevate. Una soluzione per favorire il reinserimento lavorativo può essere rappresentata dall’impiego di transizione. Questo tipo di impiego facilita la transizione dalla disoccupazione all’impiego nel settore privato, come è stato dimostrato laddove è stata messa in atto. La Banca Centrale Europea potrebbe finanziare un posto di lavoro di transizione per tutti coloro che siano a disposizione per quel lavoro con una retribuzione salariale minima stabilita”.

Un detto popolare afferma che il buongiorno si vede dal mattino. Ma ad oggi, mentre il governo ha dato il via libera all’aumento della Tasi, non si sente ancora parlare di taglio dei costi e delle spese inutili. Per quale ragione in Italia è tanto difficile tagliare le spese? La responsabilità va ricercata nella mancata volontà della classe politica o – per incapacità o mancanza di volontà – nei burocrati che scrivono leggi, decreti legge e decreti attuativi?

”Gli sprechi vanno sempre  eliminati, in modo  che queste risorse possano essere rimesse nell’economia. Con una maggior efficienza di gestione si può arrivare ad  abbassare le tasse. Ma questo non è sufficiente, serve incrementare il deficit italiano. Bisogna guardare al deficit come ad un’opportunità e non ad un limite: da sempre i Paesi che hanno un deficit pubblico elevato sono contraddistinti dalla maggior crescita. Visto che ai politici italiani piace tanto spendere  e spandere, non resta che aumentare la spesa pubblica per far tornare a girare l’economia. I parametri di Maastricht hanno creato solo impoverimento e disoccupazione.  Con la disoccupazione al 12,6% i tagli alle tasse efficaci per far ripartire l’economia dovrebbero arrivare a 100 miliardi di euro, ossia esattamente dieci volte tanto quello che si annuncia di voler fare”.


La lettera / Io, precario, mi chiedo se esiste ancora il diritto al lavoro

disoccupato“Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione”; “Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro”; ”Ogni lavoratore ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente, che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana”.

Era il 1978 e in procinto di cominciare il mio primo giorno di lavoro, mio padre mi lesse questi tre passi contenuti nella Dichiarazione dei Diritti Umani, approvata nel lontano 1948 dall’Assemblea delle Nazioni Unite, pregandomi di tenerli sempre a mente.

Sono passati trent’anni e ieri ho fatto la stessa cosa con mio figlio: gli ho letto gli stessi passi, chiedendogli di non dimenticare mai le parole appena ascoltate; alla fine mi ha detto “non preoccuparti”.

Sarà che sono invecchiato, ma è tutta sera che penso a quel “non preoccuparti”, che non ha il sapore del “non preoccuparti, me le ricorderò”, ma piuttosto del “non preoccuparti, adesso ci sono io a prendermi cura di te”.

Io ho 55 anni e sono da tempo un dipendente precario: l’ultima impresa per la quale ho lavorato, mi ha pagato l’ultimo stipendio “intero” due anni fa, poi ha cominciato a centellinarlo, un mese si, due mesi no, poi una piccola parte, una sorta di contentino quando facevo il mio malumore. E io intanto non ho mai smesso di presentarmi in ufficio con puntualità e non c’è stato giorno in cui abbia lavorato con meno impegno o con minore responsabilità, fidandomi delle parole del titolare “mi devono entrare dei soldi, poi vi pago” o “è questione di qualche giorno, massimo di un mese e saldo i miei debiti con voi”.

Poi un giorno è cominciata la trafila della cassa integrazione: prima ordinaria, poi straordinaria, un periodo tremendo pieno di confusione, di false speranze e di tante arrabbiature. Ho chiesto aiuto ai sindacati, per essere aiutato a difendere i miei interessi e per capire come muovermi senza fare passi falsi; ho pagato la “tessera” e almeno all’inizio sono stato preso in considerazione e la mia realtà fatta di diritti violati sembrava interessare a qualcuno; anzi mi sono state fatte anche delle promesse, che mi hanno galvanizzato, ma poi tutto è lentamente scemato e chi mi diceva “non preoccuparti, che risolviamo”, ha cominciato a dire “c’è poco da fare” perché nel frattempo la mia azienda ha dichiarato fallimento.

Oggi il tutto è in mano ad un legale e ancora una volta rimango in attesa: dietro a questo fallimento ci sono un mare di debiti non pagati e molti lavoratori (dipendenti, fornitori…) che insieme alle proprie famiglie sperano di riavere quello che spetta loro. Io cerco di essere positivo, ma francamente non so se riuscirò più a ricevere i ventimila euro di stipendi arretrati e il TFR di una vita di lavoro, di sacrifici e di impegno costante. Intanto il mio ex titolare ha aperto un’altra azienda, questa volta intestata a sua suocera e ha ripreso a lavorare come se niente fosse. Io continuo a credere che ogni individuo abbia diritto al lavoro, a delle condizioni soddisfacenti per potersi esprimersi nel migliore dei modi e ad una vita dignitosa, caratterizzata dal rispetto. Ma al tempo stesso ho il sospetto che siano concetti destinati a diventare pura teoria, perché concretamente non viene fatto nulla per migliorare lo stato delle cose e per fermare chi conduce una vita a scapito degli altri, cavalcando la filosofia del “mors tua vita mea”. Non sono pentito di aver letto a mio figlio qualche passo della Dichiarazione dei Diritti Umani, perché è con certi valori che desidero affronti la vita e perché esistono dei diritti a cui ogni essere umano deve potersi appellare per la sola ragione di essere al mondo. Alcune volte mi viene da pensare che documenti come la Dichiarazione dei Diritti Umani siano solo una pantomima, una sorta di grande rappresentazione scenica per rallegrare i cuori scontenti e portare conforto alle persone tristi, ma spero di sbagliarmi. Però a mio figlio non lo dico, mi spiacerebbe vivesse con questo sospetto.

Roberto, Bergamo