“Mia figlia si è arresa, non vuole più studiare”

“Mia figlia si è arresa, non vuole più studiare”

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abbandono scolasticoIl prossimo giugno mia figlia conseguirà il diploma di ragioneria; fin da quando era una ragazzina ha espresso il desiderio di frequentare giurisprudenza e diventare un avvocato specializzato in diritti dei minori. Qualche giorno fa è arrivata la doccia fredda: mi ha detto: “Chi me lo fa fare di continuare a studiare quando i laureati sono i primi ad essere disoccupati?”.

La sua provocazione mi ha colta impreparata e non ho saputo rispondere. Ma è da qualche giorno che ci rimugino, perché una risposta voglio trovarla. Ho cominciato a riflettere partendo da me stessa, a pensare perché io nella vita avessi scelto di studiare e ho capito: per paura di rimanere tagliata fuori dalle opportunità del mondo. E questo timore è diventato la spinta per realizzarmi e sentirmi come gli altri. Ma oggi la maggior parte degli “altri” fa la fila fuori dai centri per l’impiego e trascorre il tempo a spedire curricula per i quali non riceveranno nessuna risposta. E così la considerazione di mia figlia non fa una piega. Comunque non voglio darmi per vinta. E anche se viviamo un presente di incertezze e di profonde delusioni, sono ancora convinta che studiare sia l’unico modo per “vivere” dignitosamente e questa idea non me la leva nessuna dalla testa.

                                                                 (Barbara – Pedrengo)

 

Studiare è stato e rimane un privilegio, un’opportunità unica che permette ad ogni individuo di migliorare se stesso a livello personale e a livello professionale.

Lo scopo della scuola non è solo quello di studiare, ma rispondere al desiderio di scoprire il segreto di sé e delle cose che è insito in ognuno di noi. La scuola è un mondo dove si incrociano desideri, aspettative ed obiettivi personali e dove talvolta si sperimentano timori e delusioni, ma a vincere deve essere sempre la voglia di arrivare e di farcela a tutti i costi. Io l’ho capito dopo, ma lo studio deve essere amato per quel che può regalare e per quello che rappresenta, ovvero la possibilità di divenire persone ricche di opportunità, capaci di reinventarsi e di definire nuovi obiettivi personali. E non può essere considerato solo per quello che forse non ci darà mai.

I giovani di oggi non hanno paura di fare fatica, quello che li intimorisce è la mancanza di senso e quella percezione di essere angosciati per un domani, che appare sempre più confuso. Pertanto dire “che senso ha studiare” è un modo legittimo per contenere la paura e per affrontare una vita che ogni giorno tutti ribadiscono essere più difficile che mai. Quelli della mia generazione sono diventati adulti con concetti come “crescita economica, investimenti, espansione ed incremento”. Da qualche anno, la maggior parte dei giovani sta vivendo una quotidianità intrisa di discorsi che richiamano a “crisi economica, occupazione ai minimi storici e di ammortizzatori sociali”, per supportare i centinaia di individui che hanno perso il proprio impiego. Io non ho figli, ma se li avessi, passerei moltissimo tempo a spiegare che è necessario investire nel futuro, perché è il “proprio futuro” e perché bisogna sempre volere il massimo per la propria vita. Poi, quando lo capiscono, la felicità che ogni genitore (e ogni adulto) sperimenta, è incontenibile.