Con la prossima emanazione dei decreti attuativi, sta per entrare in vigore la riforma delle Camere di Commercio, che prevede, per razionalizzare l’organizzazione, un accorpamento delle sedi sul territorio nazionale (da 105 a 60, Bergamo dovrebbe restare autonoma) e una riduzione del personale, pari al 15% inizialmente e al 25% con il completamento del riordino.
Una manovra sulla quale Rete Imprese Italia esprime la più viva preoccupazione, invitando il Governo a valutarla con attenzione. «Le Camere, governate attraverso forme di democrazia economica – evidenzia il coordinamento che riunisce Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti -, devono essere strumento per la promozione e lo sviluppo delle economie locali, delle loro comunità di imprese che necessitano di sostegno per l’accesso al credito, per la creazione di reti, per l’internazionalizzazione. Proprio per queste funzioni insostituibili, organismi come le Camere di Commercio italiane esistono in tutti i Paesi Ocse e in tutta l’Unione Europea. Le Camere di Commercio non devono essere ridotte alla mera funzione, pur indispensabile, di soggetti con compiti anagrafico-certificativi. Le Camere si possono e si devono riformare con l’obiettivo di dare maggiore efficienza alla loro attività e risposte utili alle necessità delle imprese del territorio».
I tagli al personale sono legati alla razionalizzazione degli uffici che svolgono funzioni di supporto e strumentali (gestione del personale, ragioneria, affari generali) o che rappresentino duplicazioni o sovrapposizioni di compiti. Dovrebbero avvenire senza licenziamenti, ma attraverso un blocco delle assunzioni e l’eventuale ricorso alla mobilità. «Il Governo lo chiama “riordino”, ma quello che si prospetta – scrivono in un comunicato i dipendenti della Camera di Commercio di Bergamo -, è un vero e proprio smantellamento. Si tratta, in sintesi, di oltre 1.000 dipendenti camerali che arrivano a 3.000 considerando il sistema camerale nel suo complesso. Lavoratori che si sono distinti per gli alti livelli di efficienza e professionalità, facendo del sistema camerale una delle “eccellenze” della Pubblica Amministrazione. Lavoratori i cui costi attualmente non sono a carico del bilancio dello Stato in quanto le Camere di Commercio sono Enti Autonomi che si autofinanziano, ma con gli esuberi annunciati e l’eventuale ricollocamento in altri enti pubblici, diventerebbero una spesa in più per lo Stato e quindi per i cittadini».
All’incertezza dei lavoratori si aggiunge, secondo l’Rsu della Camera di Commercio bergamasca il venir meno del supporto alle piccole e medie imprese, «che rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo del nostro Paese. I piccoli imprenditori, come certificano ripetute indagini e testimonianze degli stessi interessati, hanno sempre trovato nel sistema delle Camere di Commercio, presenti in ciascuna provincia e quindi vicine al proprio territorio, e nella professionalità della stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici che svolgono con professionalità ed onestà il proprio lavoro: supporto, sostegno, consulenza gratuita, sin dalla fase di avvio della propria attività. Per non parlare degli incentivi economici per il miglioramento delle strutture, la formazione, la capacità di competere anche sui mercati esteri».
«Il Sindacato non ha mai negato l’esigenza di profonde riforme nella P.A.. Anche nelle Camere – precisano i dipendenti -. Anche i lavoratori conoscono difetti, privilegi, inutili duplicazioni e iniziative di pura immagine in cui a volte sono state indirizzate le risorse camerali. Pronti a discutere di tutto questo. Ma a questo Governo, evidentemente, non interessa affrontare insieme i difetti reali del sistema. Preferisce trattare su altri tavoli. Ai pubblici dipendenti, da pessimo Datore di Lavoro, da anni nega il rinnovo dei contratti, non valorizza le professionalità, è pronto a dare battaglia e a far propaganda sui pochi, deprecabili, episodi di disonestà da parte di alcuni dipendenti pubblici che offrono pretesti ulteriori a giustificare queste “non riforme”».
I dipendenti della Camera di Commercio di Bergamo, che sono già in “stato di agitazione” dall’ottobre 2014, «se il decreto non verrà modificato – annunciano -, sono pronti a mobilitarsi con tutte le azioni di protesta possibili».