Federmobili, Mamoli
sferza la categoria

Il via libera all’estensione dell’Ecobonus a mobili e arredi, oltre che a grandi elettrodomestici, è stata la prima battaglia vinta dalla Federmobili, grazie a un grande spirito di squadra e alla condivisione del medesimo obiettivo. Sono questi i valori invocati dal neopresidente Mauro Mamoli per accelerare una ripresa che tarda ad arrivare. Individualismo e scarsa trasparenza frenano il comparto mobili e arredamento alle prese con una guerra sterile e controproducente sui prezzi, tra ribassi e sconti. E’ inutile abbassarsi al gioco della grande distribuzione a suon di volantini: i valori da comunicare, oltre alla qualità dei prodotti e dei servizi, sono  la progettualità e la capacità di creare ambienti esclusivi e su misura. Sono queste le armi vincenti che distinguono i negozi di arredo dalla Grande distribuzione organizzata. Nell’abilità di valorizzare  attraverso un progetto tutti i valori e il gusto che hanno  fatto del modo di arredare e vivere la casa degli italiani un  modello unico al mondo è racchiuso il futuro delle insegne indipendenti.
Quali sono gli obiettivi per il suo mandato?
“Intendo lavorare con le Confcommercio territoriali e con l’organizzazione nazionale affinché siano sempre in primo piano le richieste e le soluzioni ai problemi della categoria. Mi piacerebbe far aumentare l’aggregazione tra soci, tra colleghi, sfruttando anche l’opportunità offerta dai contratti di rete. L’unione e la collaborazione consentono di acquisire maggior  coraggio e  forza: insieme si possono affrontare le difficoltà con meno timori e,  forse, meno rischi. Credo fortemente, da sempre, che presentandosi uniti e numerosi le sfide e le battaglie si vincano sempre e comunque”.
Quali sono le problematiche del settore ?
“Individualismo, poca trasparenza, poca voglia di fare sistema sono i principali problemi del settore, non solo tra rivenditori ma anche tra produzione e distribuzione. Spero che la collaborazione fattiva messa in atto per ottenere il bonus fiscale sugli arredi sia solo un punto di partenza delle tante cose che insieme si potrebbero fare per cercare di risollevare le sorti di un mercato interno che continua a perdere terreno. Una comunicazione di “sistema” potrebbe aiutare, anche perché non fa  certo bene al settore che i messaggi che si lanciano nel comparto del mobile e dell’arredamento siano solo legati a prezzi, ribassi e sconti. La distribuzione tradizionale di arredamento ha altre peculiarità che andrebbero comunicate: qualità di prodotti e servizi, professionalità e progettualità, personalizzazione delle proposte e montaggi accurati, ascolto del cliente e tempo dedicato”.
In questo momento il via libera agli incentivi per l’arredamento può contribuire a rilanciare il comparto?
“L’inserimento dell’arredo nel decreto per le ristrutturazioni è stato per prima cosa una vittoria “Istituzionale”. Per la prima volta dopo anni di richieste, la politica si è resa conto che anche il nostro comparto merita la giusta attenzione. Pensiamo che possa dare una mano al commercio in quanto si incentiva una spesa che l’utente ha già preventivato. Chi sta ristrutturando la casa ha deciso che investirà dei soldi nella propria abitazione, ha già fatto una scelta importante che è quella di “spendere” del denaro. Questa decisione è aiutata dal fatto che la metà dell’importo speso entro il 31 dicembre di quest’anno, sarà restituita  in dieci anni. Ora chi ristruttura può aggiungere alle sue spese e alla successiva detrazione, un bene che prima non era interessato da alcuna agevolazione. Si presume che per la  ristrutturazione i consumatori cerchino personalizzazione e progettualità: due leve che distinguono la distribuzione tradizionale dalla Grande distribuzione organizzata. Senz’altro gli incentivi rappresentano un’opportunità da cogliere”.
Qual è lo stato del comparto italiano e del made in Italy?
“La collaborazione tra industria e distribuzione può e deve migliorare. Per anni le industrie produttrici hanno visto il rivenditore come loro cliente dimenticandosi che il cliente per entrambi, industria e commercio, è il consumatore finale. Una filiera, degna di questo nome, deve pensare che tutti lavorano per lo stesso obiettivo, la soddisfazione del cliente finale.  Per quanto riguarda il Made in Italy, i negozi di arredamento sono sicuramente quelli che vendono prevalentemente, ma direi anche esclusivamente, prodotti italiani. Anche in questo caso una comunicazione che esaltasse questo “plus” aiuterebbe a comprendere che certe offerte di “prezzo” sono sostenibili da altri sistemi distributivi solo perché la merce non viene totalmente prodotta in Italia”.  
Quali opportunità intravede  nei nuovi mercati per le imprese del settore?
“Allo stato attuale le opportunità nei nuovi mercati e all’estero in generale sono quasi esclusivo appannaggio dell’industria. Per la distribuzione ci potrebbero essere degli sbocchi commerciali,  ma solo per le strutture più organizzate. Anche in questo caso credo che una collaborazione fattiva tra imprese industriali e commerciali potrebbe aiutare. All’estero non è solo apprezzato il Made in Italy ma anche il modo di vivere la casa degli Italiani. Il gusto e la personalizzazione degli arredi è fatto dai negozi di progetto e di proposta. Si potrebbe dunque iniziare ad esportare non solo il prodotto italiano fine a se stesso, ma anche il modo di vendere e proporre l’arredamento tipico dei punti vendita di qualità della distribuzione tradizionale Italiana”.
Il design italiano viene sempre più copiato anche dalle grandi catene. Le aziende non possono creare, come fanno molte industrie della moda, una linea più democratica ed acquisire  così nuove quote di mercato?
“Qualche azienda produttrice l’ha fatto o sta tendando di percorrere anche questa strada. Credo però che il compito di trovare il giusto mix merceologico da proporre al consumatore dei tempi attuali spetti ancora alla distribuzione. È l’imprenditore della distribuzione che deve essere in grado di studiare e proporre un’offerta che sia accattivante a livello economico ed esclusiva a livello di prodotto. Non ci deve essere la rincorsa al prezzo più basso ma all’offerta più in linea con i desideri del cliente”.
Come è cambiato il modo di acquistare mobili da parte degli italiani? La sensazione è che si spenda di più o meno?
“Non credo che ci si possa limitare a guardare come è cambiato il modo di acquistare i mobili ma che si debba ampliare la visuale a come è cambiato il modo di acquistare in generale. Penso che tutti gli acquisti siano fatti in modo più consapevole, secondo un bisogno reale e non per mero consumismo. La sensazione è quella che la gente voglia spendere bene i propri soldi: se si  ritiene che ciò che si desidera acquistare valga il prezzo richiesto allora si conclude la vendita, altrimenti si rimanda l’acquisto o vi si rinuncia del tutto.
Qual è l’angolo della casa che merita  in genere gli investimenti maggiori?
“Da sempre in Italia la cucina è l’ambiente per il quale è richiesto l’investimento maggiore. In questo periodo di crisi, non a caso, è  però stato  il prodotto che ha subito i maggiori cali di vendita”.
Quali strategie per stare sul mercato per i rivenditori?
“Se avessi una ricetta univoca e vincente sarei felice di poterla condividere con tutti i colleghi che lottano ogni giorno per aprire il negozio e trovare le motivazioni e l’energia per farlo! Sono convinto però che se si riesce a trovare un nuovo equilibrio economico per la propria azienda, l’unica strategia attuabile sarà quella della differenziazione dell’offerta e del prodotto. La grande distribuzione organizzata attrae una grande fetta di pubblico, ma non può soddisfare tutte le richieste. Il cliente che ha bisogno di consulenza, consigli, soluzioni particolari ed uniche deve  e dovrà rivolgersi  ad un altro tipo di distribuzione sempre più qualificata, formata e specializzata nella progettualità”.


Fogalco, in crescita
i finanziamenti garantiti

Garanzie e finanziamenti con crescita a due cifre per la Fogalco, Cooperativa di Garanzia dell’Ascom, oltre ad un incremento  della base associativa.  Sul fronte delle garanzie la Cooperativa registra una crescita di oltre il 20 % rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nei primi sei mesi del 2013 la Fogalco  ha deliberato e garantito finanziamenti pari a quasi 12 milioni di euro (11.960.970 contro i 9.907.000 dei primi sei mesi del 2012, anno in cui sono stati concessi crediti pari a 16.888.247 euro). Dall’anno della sua costituzione, nel 1978, sono stati deliberati ed erogati finanziamenti per oltre mezzo miliardo di euro (547.651.531 euro). In crescita anche il numero dei soci che passa dai 5468 dello scorso anno ai 5525. “Quest’anno abbiamo intensificato gli incontri con gli istituti di credito del territorio per far sì che il numero più alto di imprenditori avesse accesso al credito, soprattutto per poter continuare la propria attività in un periodo di grande crisi e crollo dei consumi- commenta Riccardo Martinelli, presidente Fogalco -. In questa prima metà del 2013 abbiamo registrato una crescita delle richieste di finanziamento da parte di nuove imprese.  Oggi sono tanti gli aspiranti imprenditori in cerca di una nuova ricollocazione sul mercato del lavoro. La maggior parte, oltre ad essere estremamente motivata perché si gioca gran parte dei risparmi di una vita,  è anche molto  preparata, grazie anche ai corsi organizzati da Ascom, e presenta progetti innovativi  e interessanti”. Gli impegni assunti dagli imprenditori del commercio, del turismo e dei servizi sono sempre più onorati e rispettati: “Ad un incremento degli importi affidati non è fortunatamente corrisposta una maggior incidenza delle insolvenze- continua il presidente della Fogalco-.  Abbiamo dovuto intervenire in minor misura per le inadempienze visto che i nostri imprenditori hanno investito nell’azienda quanto effettivamente potevano”. Difficile fare previsioni in un contesto di incertezza: “Per cercare di stare sul mercato gli imprenditori investono in nuove nicchie ed incrementano gli articoli in vendita per stimolare i consumi- sottolinea Martinelli-. L’auspicio è che gli imprenditori continuino a mettere in campo fantasia ed energie, specializzazione e professionalità , investendo anche sul piano immateriale  nel rapporto con la clientela”.
Gli scenari del credito – Asconfidi Lombardia – l’ organismo promosso da Fogalco che aggrega 13 confidi del sistema imprenditoriale lombardo – entrato recentemente nel novero degli intermediari finanziari  vigilati ex 107, sta rinegoziando con gli istituti di credito condizioni, linee di credito e plafond. “E’ stato avviato un dialogo con le banche convenzionate – spiega  Antonio Arrigoni, direttore Fogalco e componente del Consiglio di Gestione di Asconfidi -. Ora che il Paese è stato declassato anche la garanzia che un intermediario vigilato presta non rileva purtroppo benefici in relazione al  minor accantonamento bancario”. Il Decreto Fare ha rafforzato il Fondo di garanzia per le pmi, innalzando dal 70 all’80% la possibilità per il sistema bancario di attivare garanzia diretta senza ricorrere all’intermediazione dei Confidi: “E’ positiva la volontà di rafforzare il fondo per le piccole imprese, ma va sottolineato il ruolo dei confidi quale insostituibile strumento di prossimità al territorio e vicinanza alle imprese . E’ un modello che le banche devono premiare per rendere più efficace l’utilizzo delle risorse pubbliche  in una collaborazione pubblico-privato”. I confidi stanno  mappando il sistema di garanzie regionale: “Il sistema della garanzia consortile si sta impegnando nell’attività di Due-Diligence fortemente voluta dalla Regione ed affidata al consorzio Federfidi Lombardia con lo scopo di fare il punto sulla solidità economica, patrimoniale e finanziaria del sistema di garanzie”. 


Da Treviglio le scarpe
per la Gran fondo di New York

A Castel Cerreto, frazione di Treviglio, in piazza Boffi al civico 2 c'è l'insegna “Calzolaio”. Ma dietro al bancone non c'è un qualsiasi ciabattino intento a riparare tacchi o a sostituire suole bucate. No, c’è un ragazzo. Emanuele Manenti, che rappresenta l'imprenditoria locale e che investe nel suo futuro lavorativo. Ventinovenne, tre anni fa ha deciso di prendere le redini del mestiere paterno rendendolo un'attività moderna e alla moda. Nel suo laboratorio crea e produce calzature commissionate anche da personaggi che appartengono al mondo dello spettacolo. Attraverso i canali on line, pubblicizza e vende i suoi prodotti: quelli originali e colorati su www.potashop.it, i pezzi classici e con materiale di prima scelta su www.ilcalzolaioartigiano.it e le scarpe griffate Marco Pantani su www.pantanishoes.it.  
Emanuele, qual è stata la molla che l’ ha spinta a diventare artigiano?
“E' un mestiere che ho nel sangue, è una di quelle tradizioni che si tramandano di padre in figlio. I miei genitori hanno lavorato in questo settore per mezzo secolo. Mio papà faceva scarpe per chi aveva problemi al piede o nel camminare, poi l' ha aiutato anche mia mamma. Io progettavo apparecchiature estetiche elettromedicali. Tre anni fa, il grande salto: ho mollato tutto e mi sono inserito nell'attività per gioco. Oggi con me collabora anche mio fratello, Luca, di ventisette anni”.
Come è cambiata la professione di calzolaio?
“La differenza la fa internet, che è il futuro. Mi permette di farmi conoscere all'estero. Infatti, mi arrivano richieste da Germania, Belgio e Svizzera. Mio papà, quando gli ho spiegato i miei progetti, all'inizio era scettico. Oggi mi appoggia. Come un tempo, gli artigiani rimangono dei veri artisti. Non siamo una fabbrica e non guardiamo l'orologio mentre lavoriamo, ma prestiamo attenzione alla cura di ogni minimo dettaglio. Siamo come gli orafi. Anche la loro è una professione antica che porta a creare gioielli unici e particolari. Osservandoli, mi sono detto: perché non fare lo stesso creando scarpe che il cliente sogna, sulla base delle sue esigenze e richieste?”.
Il primo modello quale è stato?
“Una scarpa “concept”, prettamente destinata alle competizioni di calcio dilettantistico, con un taglio orientato al confort e alla prestazione. Oggi il mio modello più diffuso rimane la scarpa maschile unisex. Ciò non toglie che sia in grado di fabbricare una scarpa tacco 14 alla Lady Gaga”.
Facciamo qualche esempio: cosa puoi offrire?
“Qualunque tipo di calzatura. Ho realizzato un paio di scarpe ritagliando un tappeto da cucina, poi aggiungendo suola e tacco. C'è chi mi ha chiesto scarpe eleganti per il giorno del matrimonio con il proprio nome ricamato all'interno.  C'è chi soffre di allergie e vuole materiali particolari o fibre naturali come lino e cotone. Tutti possono così indossare calzature mai viste, dietro le quali c'è il lavoro di una mente creativa e di un valido pellettiere”.
Come si decide il modello?
“Esiste un configuratore con l'immagine della scarpa tridimensionale su un grande schermo che porto spesso con me nel corso delle dimostrazioni. Consente di scegliere una vastissima gamma di abbinamenti cromatici, ricami, borchiature e decori da applicare. Poi c'è la garanzia che la mano dell'artigiano lascia uscire la scarpa dalla fase produttiva soltanto quando quest'ultima ha rispettato sia i rigidi standard di qualità sia l'inappellabile opinione dell'occhio esperto del fabbricatore”.
Nulla è preconfezionato?
“Niente, prendo personalmente l'impronta del piede, misuro la lunghezza e la circonferenza di pianta e collo”.
Lei è anche detentore del marchio Marco Pantani. Come è nata la collaborazione con la famiglia del famoso ciclista?
“Avevo realizzato una scarpa per un amico che, l'estate scorsa, ha incontrato per caso la famiglia del “Pirata”. Parlando del più e del meno, ha fatto conoscere loro le scarpe che produco a Castel Cerreto. Dopo qualche giorno, mamma Tonina mi ha chiesto di realizzare una linea di scarpe sportive firmate con il nome del figlio. Oggi sono il mio prodotto d'eccellenza. Parte del ricavato dalla vendita delle Pantani shoes va alla fondazione Marco Pantani”.
Qual è il costo?
“Si parte dalle 99 euro per una Pantani estiva. Ma mediamente il prezzo per un prodotto fatto a mano è sui 150-160 euro”.
Tra i progetti anche la linea sportiva per la Gran fondo di New York, la gara ciclistica più bella degli Stati Uniti. 
“I fondatori della gara sono arrivati, pochi giorni fa, a Castel Cerreto per incontrarmi e vedere con i loro occhi come lavoro. L'anno prossimo fornirò le scarpe dopo corsa per l'evento sportivo che si terrà in maggio”.
A ordinare calzature sono anche i vip per i quali realizza linee esclusive.
“Si affidano a me Andrea Prada, il presentatore di eventi nazionali di cabaret, i comici di ”Zelig”, come Giallorenzo, nome d'arte del comico foggiano Francesco Damiano, che  si è esibito nel corso di “Treviglio in rosa”. Per lui ho creato una scarpa forellata, comoda, adatta per ballare e muoversi agilmente sul palco, con il suo nome scritto in verde fluorescente. Ho realizzato anche una linea per Platinette. Si chiama Milleluci, come il festival che dirige a Bellaria Igea Marina. Uno sneaker estivo, pensato sia in versione alta o bassa, decorato con Swarovski che riflettono la luce. A Cristina D'Avena ho già fornito una campionatura, farò su commissione le scarpe per la sua linea d'abbigliamento”.
Una curiosità: perché Pota shop?
“Volevo un nome bergamasco e simpatico che rimanesse nella testa della gente e facesse sorridere, però per le richieste più classiche il marchio è il calzolaio artigiano”.
Come vede il futuro di questi mestieri in Italia?
“Sono ottimista. Il mio motto è riscoprire un'antica arte in un antico paese. Occorre investire nello sviluppo del territorio attraverso il recupero di mestieri che stanno scomparendo e che potrebbero diventare per  molti l'attività principale di una vita”.


Incubatore d’Impresa
strategico per il territorio

Sostegno alla progettazione, all’avvio e all’approdo sul mercato di imprese giovani e innovative: questa la mission dell’Incubatore d’Impresa, iniziativa finanziata dalla Camera di Commercio di Bergamo e coordinata dall’Azienda Speciale Bergamo Sviluppo, che dal 2001 accoglie, nella sede di Brembate di Sopra, progetti e idee di aspiranti imprenditori o imprese di nuova costituzione, che vengono accompagnate a muovere i primi passi sui mercati di riferimento. Il progetto mette a disposizione dei partecipanti spazi attrezzati uso ufficio (in particolare postazioni di lavoro in open space, sala riunioni, sala formazione, ecc.), ore di formazione specifica per permettere il trasferimento di competenze specialistiche, interventi di consulenza personalizzata per ogni partecipante, e un sostegno anche a livello di comunicazione e immagine per aiutare le nuove imprese a presentarsi a clienti e fornitori. A gennaio 2013 è stata avviata la dodicesima annualità del progetto che quest’anno accoglie 15 partecipanti.
“Un’iniziativa quella dell’Incubatore d’Impresa su cui la Camera di Commercio di Bergamo ha puntato intuendone fin dal principio le potenzialità – spiega  Alberto Brivio, delegato alla creazione d’impresa di Bergamo Sviluppo -. Nel 2001 gli incubatori erano davvero molto pochi a livello italiano, ma Bergamo ha anticipato i tempi e ha creato una struttura per “guidare,” in particolare i giovani, ad acquisire conoscenze e strumenti utili a portare sul mercato idee d’impresa con effettive possibilità di successo. La soddisfazione è che oggi la nostra struttura è conosciuta non solo a livello provinciale ma anche nazionale, in quanto rappresenta un’esperienza progettuale consolidata ma soprattutto ben funzionante. Di questo è bene consapevole anche il Cda di Bergamo Sviluppo, che dal suo insediamento dello scorso anno punta su questo progetto considerandolo un’iniziativa strategica anche per il futuro”.
“Bergamo Sviluppo – osserva il direttore Cristiano Arrigoni – ha avuto il merito di avviare e dare continuità a una realtà come l’Incubatore d’Impresa, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. E’ stata condotta un’intelligente e proficua azione di accompagnamento, che ha offerto a numerosi progetti l’opportunità di trasformarsi in imprese che operano con successo su mercati nuovi e sempre più competitivi. 


Turismo religioso,
quella marcia in più per il territorio

Nell’Anno della fede il bilancio del turismo religioso è più che positivo in termini di presenze, grazie anche all'opera di riavvicinamento di Papa Francesco, ma l'ombra della crisi non risparmia i pellegrini, costretti a ridimensionare il proprio viaggio e a tagliare sulle spese non strettamente necessarie. Un itinerario religioso attraverso il territorio bergamasco non può non prevedere una sosta nel paese natale di Papa Giovanni XXIII, Papa di pace e di Concilio che, nel cinquantesimo anniversario dalla scomparsa, è ora in attesa della canonizzazione che avverrà entro l'anno, contestualmente a quella di Papa Giovanni Paolo II, che lo aveva beatificato. Oltre alla santificazione di Papa Roncalli, è attesa il 21 settembre la beatificazione di Fra Tommaso di Olera: nel piccolo comune la Parrocchia sta lavorando per portare all'antico splendore il borgo medievale. Ma la sfida da cogliere per attrarre nuovi turisti è l'Esposizione Universale: «La Diocesi sta portando avanti un progetto turistico legato all'Expo, articolato in un itinerario che celebra la figura di Papa Giovanni XXIII attraverso l'agricoltura e la cultura contadina, quegli stessi valori che hanno portato Angelo Roncalli al soglio di Pietro – anticipa don Gianluca Salvi, fresco di nomina a direttore dell'Ufficio della Pastorale del Turismo e del Tempo Libero, da anni direttore dell'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi -. L'itinerario parte dalla casa natale e dai luoghi giovannei per prendere la volta della Valle Imagna, passando per l'agro di Almenno e l'antenna del Romanico, raggiungere Roncaglia, paese di origine del casato del Papa, scoprire la ricchezza di prodotti poveri, come lo stracchino e altri prodotti tipici, e raggiungere il santuario della Cornabusa, luogo particolarmente caro al pontefice». L'attenzione è concentrata a Sotto il Monte: «Il paese si può dire che sia tutto un santuario – continua don Salvi -. Sono stati fatti investimenti importanti per valorizzare i luoghi cari a Papa Giovanni XXIII in vista del cinquantesimo anniversario della scomparsa. È stato dato grande impulso all'accoglienza con la Casa del Pellegrino, diventata il punto di riferimento per il visitatore, e alla scoperta dei luoghi giovannei dal museo di Ca’ Maitino al Santuario delle Caneve con la via mariana alla Cripta posta al di sotto della Cappella della Pace, dove sono stati posti il calco del viso e della mano di Papa Giovanni eseguiti dal Manzù dopo la morte, con termine del pellegrinaggio davanti al crocefisso». L'obiettivo della Diocesi è costruire – anche in sinergia con Turismo Bergamo – percorsi turistici sugli itinerari di fede dei pellegrini, accogliendo le sfide poste da Bergamo Capitale europea della cultura – su questo fronte è già stata avviata la partecipazione ai tavoli – e dall'Expo: «Le presenze sono in aumento, grazie anche alla riscoperta del valore religioso e della dimensione interiore in un riavvicinamento alla fede cui ha contribuito senza dubbio anche Papa Francesco – sottolinea don Salvi -, così come con Giovanni Paolo II si era avuto un rilancio degli itinerari mariani. Il turismo religioso si muove in giornata, ma l'occasione di visita per fede può portare alla scoperta del vasto patrimonio del territorio. Tra i numerosi progetti in cantiere, vi è la presentazione di un itinerario di “Bergamo come terra di santi e di fanti”. Un percorso religioso attraverso i santuari di Sotto il Monte, della Cornabusa e della Madonna dei Campi di Stezzano, con visita alle sagrestie del Fantoni ad Alzano ed un tour culturale e storico per castelli e nobili dimore sulle orme del condottiero Bartolomeo Colleoni». Sacro e profano possono quindi convivere? «Il percorso turistico e culturale – prosegue don Salvi – non può essere esclusivamente devozionale. Il turista entra in Chiesa spesso per ammirare un affresco o un'opera d'arte, ma ciò rappresenta sempre un'occasione di incontro con il Vangelo attraverso la dimensione universale e il valore immateriale del bello». Non manca un progetto che mira a coinvolgere altre province: «Si tratta di un grande tour nei territori dei pontefici del Novecento: Pio XI a Desio, Pio X a Riese, Giovanni XXIII a Sotto il Monte, Paolo VI a Brescia, Giovanni Paolo I a Forno di Canale». 


“Un delitto che i ragazzi
non trovino risposte sul territorio”

Imelde Bronzieri, se fosse un film saremmo al secondo tempo…
“Non mi sarebbe sembrato giusto non girarlo e sprecare così le competenze fin qui accumulate” risponde la fondatrice, nel 2011 di MiMiSol, esclusiva linea di abbigliamento per bambini, con un fortunato passato targato Pinco Pallino.
Una leonessa che è tornata a ruggire…
“Diciamo che ho ereditato una certa fierezza, soprattutto dalle donne della mia famiglia, mia madre, in primis, la signora Loda nel cui laboratorio di Trescore ho cominciato ad apprendere il mestiere, poi  Maria Pia Fanfani, Marisa Bellisario. Modelli di femminilità a cui mi sono ispirata e che mi hanno spronato”.
La molla che la spinge qual è?
“Non direi tanto la creatività, quanto piuttosto la voglia di “fare”. Mi sono rimessa in gioco proprio per questo, per non tradire questa capacità che, nel mio campo, si traduce con un’equazione molto semplice”.
Quale?
“Quella per cui, grazie alla mia voglia di “fare”, altre persone hanno la possibilità di lavorare, qui in Italia”.
Un made in Italy di successo…
“L’80 per cento della produzione di “MiMiSol” finisce sul mercato estero, dove sono già stati aperti alcuni punti monomarca, e altri ne arriveranno presto. Ecco, considerata la mia carta d’identità, sono felice che le aziende con cui collaboro possono espandersi nel mondo e creare un business di lavoro interessante. I talenti non vanno buttati”.
In particolare, qual è il “suo talento”?
“Se si può definire tale, direi la caparbietà. Non mollare mai e guardare avanti senza mai voltarsi indietro…”
Perché è finita l’avventura di Pinco Pallino?
“Preferirei non parlarne, è stato un momento molto difficile sia sul piano professionale che su quello personale, ma che per fortuna è passato. Una questione molto, molto delicata”.
Che cosa l’ha aiutata?
“La mia famiglia, i miei figli e i miei nipoti. Mi reputo una donna fortunata, perché in molti frangenti mi sono imbattuta in grandi professionisti… e poi una mano me l’ha data anche la Provvidenza, quella con la P maiuscola”.
Come sta andando il “fattore” moda?
“Bene, benissimo. E’ l’orgoglio e il vanto della nostra Italia. Abbiamo la fortuna di avere gente come Armani, come Valentino, Prada…che tengono alta l’immagine della nostra nazione”.
Che cosa tiene “alta” la nomea di Bergamo?
“La voglia di fare, anche se abbiamo trascurato l’internazionalizzazione. I primi tempi dei Pinco Pallino, ricordo che io e Stefano partimmo alla volta di New York, per la prima fiera del bambino, compiacendoci di quello che sapevamo fare e di come avremmo potuto essere apprezzati in America. Non solo Bergamo, ma l’Italia in generale possiede un oro che non sta sotto la superficie, ma sopra. Ho clienti che impazziscono per il nostro Paese…”.
Le capita mai di invitarli a Bergamo?
“Ma certo! Tra l’altro ho un bellissimo ufficio in via Tasso, che tra qualche mese diventerà il mio ufficio di rappresentanza e Bergamo sarà il mio biglietto da visita urbano”.
Da cosa nasce l’ispirazione?
“Dalle emozioni, sono sentimenti che si trasformano con l’arte del fare. Quello che conta in questo lavoro sono le idee. In questo nuovo progetto c’è una segmentazione operativa secondo cui le varie componenti lavorano dando il meglio delle proprie competenze”.
La fonte creativa qual è?
“I miei nipoti, i figli di amici e più in generale i bambini con un’avvertenza assoluta: anche nell’abbigliamento devono essere lasciati bambini”.
Occuparsi di bambini è il segreto per mantenersi giovani?
“Dentro di me c’è una bambina… sono stata le quarta di sei sorelle. Ringrazio il cielo di essere nata in una famiglia che mi ha inculcato principi precisi…la correttezza, la stretta di mano, la parola data, non scendere a compromessi. Potrei farlo anche nel lavoro, magari proponendo dei vestitini da starlette per accontentare il mercato, ma non lo faccio. La vita, anche imprenditoriale, deve essere composta da business ma anche da questi valori, me l’ha insegnato mia mamma… occorre pensare anche agli altri”.
In che modo?
“Occupandosene, molto semplicemente. Ad esempio, questa è stata la molla della mia esperienza amministrativa a San Paolo d’Argon, due mandati come vicesindaco”.
Cosa le è rimasto?
“Tanto, un’esperienza che mi ha messo a contatto con la realtà e che mi ha consentito di veder realizzate alcune delle mie idee, soprattutto per quanto riguarda l’infanzia e la famiglia. Credo che per quei tempi, 20 anni fa, mettere attorno ad un tavolo tutte le realtà coinvolte in progetti educativi dei bambini e dei giovani fosse antesignano di un nuovo modo di concepire e dare attenzione al “sociale”. Tanto per dire, siamo passati da 800 prestiti di libri l’anno nella biblioteca comunale a 13 mila, dopo 8 anni”.
A proposito di cultura: che rapporto ha la cultura con la moda?
“La moda e il design in generale sono il termometro di un certo modo di vivere. La cultura è la base del nostro futuro imprenditoriale”.
Futuro dove i giovani arrancano…
“Il livello di preparazione delle giovani generazioni è altissimo, soprattutto all’estero. E’ un delitto che i nostri ragazzi non trovino sul territorio delle risposte alle loro attese. I migliori sono costretti ad emigrare per trovare possibilità di esprimere i loro talenti. Non ce ne facciamo carico ed è una cosa terribile”.
Che cosa la infastidisce di più?
“La mancanza di cultura, di valori non trasmessi, di un “piattismo” che anziché alzare il livello del lavoro e della produttività lo porta verso il basso, di rincorrere audience a tutti i costi. Trovo che sia insopportabile… “
Bergamo città della cultura…
“Potrebbe essere un grande volano…”
Come in pratica?
“So che sono all’opera commissioni e progetti, ma se anche non dovessimo vincere, il lavoro fatto per la candidatura non sarà stato fatto invano. Niente andrà perso. Abbiamo l’aeroporto che ci porta il mondo, ma ci manca da sempre il senso dell’ospitalità, dell’accoglienza. Speriamo che questo sia un incentivo per le giovani generazioni impiegate nel settore alberghiero. Dobbiamo investire nella formazione di operatori capaci di accogliere gli ospiti di target medio alto che approderanno nella nostra città che ha dei pregi incredibili, uno tra tutti l’accessibilità da tutta Europa”.  
Che cosa la rende fiera di essere bergamasca?
“Tutto, di aver avuto una famiglia come la mia fortemente bergamasca che mi ha insegnato a lavorare”.
Che cos’è l’eleganza?
“La semplicità”.
Il consiglio per un dress code impeccabile?
“Una camicia bianca e un paio di jeans, sono perfetti. E’ possibile trovare capi di buon gusto anche a prezzi bassi”.
Il Royal Baby sta per venire al mondo: come si veste un bambino futuro re?
“Come tutti gli altri bambini e come farà la sua mamma. Una delle cose che mi ha gratificato di più è stata vedere Quvenzhane Wallis (la  principale interprete di Beasts of the Southern Wild, film diretto da Benh Zeitlin e candidata all’Oscar) vestita da bambina e non da piccola star. Per non dire della piccola Suri, la figlia di Tom Cruise che ha comprato le mie scarpe, scarpe senza tacco, cioè scarpe da bambina. E’ il mio credo sul mondo del bambino che ho visto riconosciuto nello star system”.
L’entusiasmo non le manca…
“Rimettersi in gioco alla mia età ha significato rinascere, ho rifatto un progetto creativo più contemporaneo sia a livello di prodotto che di organizzazione”.
Tre cose per cui vale la pena vivere…
“Vivere per vedere, conoscere, fare, perché ci sono figli e un progetto di vita che lascerai agli altri”.
Qualche rimpianto?
“Avrei potuto prendere delle decisioni diverse…ma sono contenta anche così”.
Lei che nonna è?
“Una nonna con la valigia, mi piacerebbe portare i miei nipoti con me per il mondo. E lo farò”.
Un consiglio per chi vuole cominciare il "mestiere" dello stilista?
“Studiare ed essere umili”.
C’è uno stilista che ammira?
“Miuccia Prada, una donna eccezionale. Spesso ho pensato se potessi lavorare con lei. Le avrei fatto anche da cameriera”. 


Pagamenti alle imprese, la Regione
mette in circolo un miliardo

Per rispondere al fabbisogno di liquidità delle imprese e per sbloccare gli investimenti degli Enti locali, la Regione Lombardia ha varato “Credito In Cassa”, iniziativa del valore di un miliardo per la gestione, lo smobilizzo e l’incasso dei crediti scaduti vantati dalle imprese lombarde nei confronti di Comuni e Province, stimati in Lombardia in 4 miliardi di euro. L’operazione si rivolge a tutte le imprese lombarde (micro, piccole, medie e grandi) singole in qualunque forma costituite, con sede legale o operativa in Lombardia, appartenenti a tutti i settori, che abbiano crediti scaduti o che saranno scaduti alla data di presentazione della domanda per la fornitura di beni, servizi, lavori nei confronti di Comuni, Unioni di Comuni e Province lombardi. La dotazione finanziaria è di un miliardo di euro, messo a disposizione dalle società di factoring convenzionate che acquisteranno i crediti vantati dalle imprese nei confronti degli Enti locali aderenti a Credito In Cassa, attraverso contratti di cessione del credito pro soluto stipulati con le imprese creditrici. La cessione pro soluto libera in tal modo l’impresa dal rapporto debito-credito con l’Ente locale e vede la società di factoring quale nuovo creditore dell’Ente locale.
Della dotazione finanziaria complessiva, il 70% è destinato a sostenere le imprese che vantano crediti nei confronti dei Comuni e delle Unioni di Comuni lombardi e il 30% a sostenere le imprese che vantano crediti nei confronti delle Province lombarde.
I crediti vantati dalle imprese nei confronti dell’Ente locale devono essere certificati da quest’ultimo ai sensi del DM Certificazione del 25 giugno 2012. Potranno riguardare sia le spese correnti (spese ordinarie) sia le spese in conto capitale (spese di investimento) e avere un importo minimo di 10mila euro e massimo di 750mila per i Comuni e le Unioni di Comuni e di 1,3 milioni per le Province e i Capoluoghi di Provincia.
Se l’impresa si impegna a liquidare a sua volta i propri sub-fornitori, tali importi sono aumentati rispettivamente fino a 950mila euro per i crediti verso i Comuni e le Unioni di Comuni e fino a 1,5 milioni di euro per i crediti verso le Province e i Comuni Capoluoghi di Provincia. Grazie alla cessione del credito pro-soluto, le imprese possono “tirare un respiro di sollievo”, migliorare la situazione dei propri bilanci immettendovi liquidità, guadagnare la possibilità di accedere a nuovi crediti. I costi connessi alle operazioni di cessione dei crediti sono scontati nella misura dello 0,75% grazie al contributo regionale.
Ma i vantaggi sono anche per gli Enti locali, che possono riprogrammare i pagamenti legati a debiti già maturati anche successivamente alla data del 31 dicembre 2012 (limite temporale previsto dal DL n. 35/2013) e dilazionare il rimborso dei propri debiti fino a 8 mesi per quelli di parte corrente e fino a 18 mesi – nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica – per quelli di parte capitale senza nessun onere economico a proprio carico.
Si stima che l’intervento avrà un impatto immediato sull'economia e sul sistema occupazionale e produttivo lombardo, con un incremento dello 0.3% del Pil e la creazione di un migliaio di nuovi posti di lavoro.


Libri di testo per le elementari,
Bergamo fa scuola

Fa già scuola l’iniziativa dei librai bergamaschi che ha permesso, in città, di riportare la distribuzione dei testi per le elementari nelle librerie e cartolibrerie di vicinato, dopo che il Comune di Bergamo si era affidato lo scorso anno ad unico fornitore. Il progetto coniuga la comodità per le famiglie di prenotare e ritirare sotto casa i libri alla possibilità per l’Amministrazione di risparmiare (le attività aderenti garantiscono infatti uno sconto dell’8%), con in più un’accelerazione sul versante dell’innovazione, che manda in pensione le “vecchie” cedole. Le due associazioni provinciali dei librai attraverso il fondo innovazione di Bergamo Sviluppo hanno infatti realizzato un sistema informatico che snellisce le procedure. «Fin dagli anni 60 i comuni sono abituati a stampare e distribuire le cedole cartacee alle famiglie – spiega Cristian Botti, presidente del Gruppo Librai e Cartolai dell’Ascom -. Ora il tutto sarà gestito semplicemente da un software: il Comune fornirà per via telematica la lista degli aventi diritto alle cartolibrerie, che stamperanno la cedola e consegneranno i testi».
L'idea non è passata inosservata, tanto che anche la Regione la sta studiando da vicino con l’obiettivo di applicarla su larga scala. Per le cartolerie significa riallacciare i rapporti con una fascia importante della popolazione. «Chi arriva per il libro scolastico può comprare anche il resto del corredo: quaderni, diari, matite – evidenzia Botti -. Ciò consente di respirare un po' in questi tempi di crisi, perché riporterà clienti nei nostri negozi di quartiere. Da parte loro, le famiglie potranno contare su un servizio di qualità, puntuale e attento alle loro esigenze». Già 24 librerie e cartolibrerie di città e provincia hanno adottato il nuovo sistema, ma si prevede un incremento.

Ecco chi partecipa

In città: Bovio Bianchini Maria (via Corridoni), Buona Stampa (via Paleocapa), Cartoleria Primavera (via Fermi), Cartolibreria Matisse (via S. Ambrogio), Cartolibreria Parentesi (via Toti), Cooperativa Libraria il Quartiere (via Gombito), Libreria Arnoldi (via Matteotti), Libreria il Borgo – Il Libraccio (via San Bernardino), Libreria Mondadori di Libreria Borgo d’Oro (via Borgo Santa Caterina), Libreria Palomar (via Angelo May), Liub Sas (via Dei Caniana), Matfed (via dei Canina), Zeus (via Tremana).
In provincia: Cartoleria Nani (Alzano Lombardo), Edicola Cartolibreria di Quarti Stefano (Alzano Lombardo), Libreria Borgo – Il Libraccio (Curno), Alessia Libreria (Fiorano al Serio), Cartolandia (Gorle), Spazio Ufficio (Grumello del Monte), Cartoleria Anna (Paladina), Elledue.Pi – Libreria il Parnaso (Ponteranica), Libreria Terzo Mondo (Seriate), Consoli Maria Angela (Tavernola Bergamasca), Carrara Lucia Domenica (Villa d’Ogna).


Caaf 50 & Più,
intesa
con l’Università 
per la compilazione
dei modelli “Iseeu”

Il Caaf 50 & Più, aderente ad Ascom, ha siglato con l’Università degli Studi di Bergamo una convenzione per il servizio di assistenza nella compilazione dei modelli ISEEU per il quadriennio 2013-2017. Da oggi ci si potrà rivolgere presso gli sportelli 50 & Più in via Borgo Palazzo per elaborare e trasmettere all’Inps e all’Università le certificazioni economiche degli studenti universitari utili per l’erogazione delle prestazioni e la partecipazione ai relativi costi. Il Caaf si occuperà di assistere ed asseverare la dichiarazione ISEEU (ISEE integrato con i parametri indicati dall’Università), provvedendo a trasmettere tutti i dati analitici dello studente e del suo nucleo familiare all’Ateneo.  Per il cittadino straniero non residente in Italia, purchè provvisto di codice fiscale verrà effettuato il calcolo in analogia all’ISEEU, sulla base dei documenti previsti dalla normativa vigente e richiesti dall’Università. Per gli stranieri residenti all’estero e sprovvisti di codice fiscale verrà rilasciata l’attestazione sulla base della documentazione del Paese d’origine, tradotto e vistato presso la sede italiana di ambasciata o consolato.
Le scadenze e la documentazione. Gli studenti al fine di ottenere le agevolazioni sul pagamento delle tasse universitarie dovranno effettuare la dichiarazione sostitutiva unica dal 15 luglio al 31 gennaio. Il Caaf si impegna ad elaborare l’attestazione ISEEU agli studenti che abbiano richiesto l’appuntamento entro il 30 novembre. Il primo invio dei dati dovrà essere richiesto al Caaf entro il 1° ottobre, per l’ultimo invio la scadenza è fissata al 30 gennaio.
Per maggiori informazioni  Caaf 50 & Più 035.4120126-127


LA LETTERA
Aeroporto,
parcometro rotto
da giorni e gli utenti
fanno la coda

Caro direttore
capita spesso di leggere delle eccellenze bergamasche e un accenno all’aeroporto non manca mai, probabilmente a buon ragione. Che Orio sia, del resto, una porta su Bergamo e una grande risorsa per il territorio é fuor di dubbio, che sia il primo biglietto da visita per chi atterra nella nostra provincia altrettanto.
Ebbene, fatte queste premesse, ci si aspetterebbe da chi gestisce uno scalo di tale successo un’attenzione costante agli utenti, un’ incessante solerzia nel porre rimedio ad ogni sbavatura. Non è così, perlomeno stando a quel che mi è capitato nei giorni scorsi. Piccole cose, intendiamoci, ma che danno il senso di uno scarso rispetto per chi utilizza il nostro scalo. I fatti. Mercoledì, tardo pomeriggio, arrivo in aeroporto per accompagnare un parente. Parcheggio nell’area riservata alla sosta breve e dopo 20 minuti torno. Arrivo al parcometro, pronto a pagare, e lo scopro insolitamente libero. C’era un motivo: era fuori uso. Capita. Vado all’altro parcometro e trovo una quindicina di utenti in coda. Qualcuno un po’ seccato, a dire il vero. Me ne faccio una ragione, perché può succedere che una macchinetta vada in tilt. Torno in aeroporto domenica mattina, stesso parcheggio, stesso copione. All’uscita dall’area Arrivi, ritrovo un parcometro con una lunga fila di utenti e l’altro ancora fuori servizio.
Mi chiedo: possibile che in piena stagione turistica, uno scalo preso d’assalto come quello di Orio non abbia trovato, in tre giorni, il tempo di riparare un parcometro, o quanto meno di spiegare in modo esauriente – chessò, con un cartello – il motivo della disfunzione? Nulla, neanche due righe di scuse per il disagio. Ripeto: sono piccole cose, ma fastidiose, che non fanno fare una gran bella figura al nostro scalo.

Cordialità
Severo F.