Benzinai Eni, impianti chiusi
il 5 e 6 marzo

Si blocca la trattativa tra Eni e le organizzazioni di categoria dei gestori per il rinnovo dell'accordo collettivo scaduto da oltre due anni e le tre sigle sindacali- Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc Confcommercio – annunciano l'avvio di una serie di iniziative di protesta tra le quali l'immediata proclamazione di uno sciopero. I gestori Eni chiuderanno i loro impianti il 5 ed il 6 marzo prossimi, nel rispetto del codice di regolamentazione imposto dalla Commissione di garanzia. Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc Confcommercio si dicono «costrette a prendere atto dell’incomprensibile atteggiamento di chiusura improvvisamente manifestato da Eni a pochissimi passi dalla conclusione del lungo negoziato». «Quella di interrompere le trattative, ad intesa pressoché raggiunta, è una responsabilità grave che assume Eni – sottolineano le tre sigle – perché avviene in contesto letteralmente drammatico per le piccole imprese di gestione chiamate a pagare scelte commerciali assunte negli ultimi anni dall'industria petrolifera nel suo complesso e da Eni, quale leader del mercato, in particolare, che si sono rivelate disastrose e fallimentari, come testimoniano anche le più recenti rilevazioni sulle quote mercato».
Anche il Gruppo gestori di carburanti Figisc-Ascom di Bergamo partecipa all’iniziativa nazionale, imperniata su cinque rivendicazioni fondamentali:
*contro un sistema che distrugge ricchezza e posti di lavoro
*per far cessare le discriminazioni sul prezzo dei carburanti che colpiscono i gestori, garantendo condizioni eque e non discriminatorie per competere sul mercato di riferimento
*per un prezzo più giusto e per la libertà di continuare ad essere impresa
*per garantire efficienza, servizi ed assistenza ai consumatori, contro la selfizzazione selvaggia, il degrado della rete e l’espulsione dei gestori e dei loro dipendenti dal settore
*per la tutela dei diritti della categoria, contro la cancellazione della contrattazione collettiva portata avanti dalla compagnia petrolifera.


«Oggi le ragazze
si vergognano a fidanzarsi
con un falegname: assurdo»

nella foto: Lodovico Acerbis

“La professionalità è importante ma bisogna rivalutare le arti manuali”. Quella dell’imprenditore Lodovico Acerbis è una ricetta che proviene da una lunga esperienza maturata sul campo. Oggi di bambini che progettano e si costruiscono da soli tavoli e sedie giocattolo in legno, ormai, non ce ne sono più. Eppure lui, nel 1947, lo aveva fatto. Ed era pure riuscito a vendere quei mobiletti a un bottegaio del suo paese. Altri tempi, certo. Ma riscoprire la tradizione e gli antichi mestieri potrebbe essere il giusto punto di partenza per rivalutare l’economia del nostro territorio. “Non capisco perché oggi le ragazze si vergognino a fidanzarsi con uno che fa il falegname – dice il presidente della Acerbis International spa di Seriate, azienda che ha contribuito alla nascita e alla diffusione del mobile di design italiano -. Preferiscono dire che fa l’operatore di controllo numerico, che poi è la stessa cosa ma suona meglio. È un freno assurdo. Ma quanti ragazzi in America mentre studiano vanno a servire nei bar? Non è mica un lavoro svilente. Anzi, un giorno quando saranno arrivati potranno vantarsi della loro lunga gavetta. E invece in Italia succede che i lavori manuali li lasciamo agli stranieri, al famoso idraulico polacco”.
È vero che la scuola forma in maniera troppo teorica e non prepara gli studenti al mondo del lavoro?
“Sì, c’è una distanza tra i programmi scolastici e il mondo del lavoro, ma è anche vero che quando gli industriali cercano di fare qualcosa in più per avvicinare i ragazzi all’imprenditoria, spesso dall’altra parte non c’è un’adeguata risposta. Faccio un esempio. Io sono responsabile dell’Adi, associazione per il disegno industriale. Questo gruppo di imprese ha deciso di rivolgersi agli studenti universitari organizzando un sistema di seminari alla Ca’ Foscari di Venezia e al Politecnico di Milano in cui alcuni imprenditori legati a celebri marchi, come Alessi o BTicino, si recano nelle aule dei futuri designer e architetti per insegnare loro i trucchi del mestiere. Il primo anno non veniva neanche uno studente. Il secondo anno siamo andati a bussare direttamente  alle porte delle Università per illustrare ai professori l’importanza di questa iniziativa, ma ci hanno un po’ snobbato. Finalmente abbiamo trovato un docente che ci ha creduto e oggi, dopo quattro anni, ai nostri seminari arriva un centinaio di studenti, ma non di più. Eppure questo non è il nesso perfetto tra un laureando e l’impresa?”.
E cosa ne pensa dell’opportunità di fare tirocini in azienda?
“Questo è un aspetto importante. Se io sono diventato quello che sono è perché da piccolo, quando passeggiavo per strada, osservavo i lattonieri oppure i saldatori che facevano il loro mestiere. Spesso mi chiedevano “Vuoi provare anche tu?”. E così imparavo. Oggi invece non è più possibile, sia perché bisogna rispettare le norme di sicurezza, sia perché oggi i giovani non hanno più quella curiosità che avevamo noi all’epoca. Lo stimolo alla professionalità è importante ma bisogna rivalutare anche la manualità”.
Se lei fosse al governo quali provvedimenti anti-crisi prenderebbe?
“Io obbligherei le banche a finanziare le coppie che devono acquistare la prima casa. Questo è l’unico modo per mettere in moto l’economia e per frenare il fenomeno delle case sfitte”.
Il problema dei finanziamenti da parte delle banche riguarda anche molti imprenditori che vorrebbero mettersi in proprio ma che non hanno i fondi per farlo.
“Posso capire che gli istituti di credito abbiano bisogno di garanzie. Il problema è che la prima cosa che ha portato le imprese al suicidio è che quello che doveva essere il loro primo cliente, ovvero lo Stato, non paga i debiti. Questo è inconcepibile! Anche lo Stato deve pagare a 60 giorni come stabilisce l’Unione europea e se non lo fa qualcuno deve pur rispondere”.
Che cosa consiglia a un giovane che vuole mettersi in proprio?
“Io penso a quando negli anni ’60 la mia azienda era esplosa e per necessità, nell’arco di tre anni, avevamo dovuto trasferire l’abitazione, 3mila metri quadrati di fabbrica e circa 1.500 metri quadrati di esposizione in un’altra sede. E ce l’abbiamo fatta nonostante fossimo indebitati fin sopra i capelli. Avevamo più mutui bancari che denti in bocca. Eppure ci finanziavano. Oggi è tutto più complicato, quando ti presenti con un progetto, prima di darti i soldi ti ipotecano la casa, la moglie, i figli… è un grosso problema. Peccato perché vedo del movimento tra i giovani. Ci sono molte start up in giro. Molte partono col fondo liquidazione dei genitori che vanno in pensione e così comprano il bar al figlio che però poi magari chiude dopo sei mesi. E allora il consiglio che mi sento di dare è di cominciare a dedicarsi a quelle attività che non richiedono troppi finanziamenti di partenza. Per esempio le app del telefonino non costano nulla, costa solo il tempo che ci metti. Basta un computer e cominci a lavorare”.
I postumi della crisi, purtroppo, si respirano ancora. Per il prossimo futuro vede margini di miglioramento?
“Il mercato immobiliare a Milano, per esempio, è in ripresa e questo è un timido segnale, ma in generale la crescita in Italia è lenta. Ci troviamo di fronte a un problema non solo di capacità economica ma anche di propensione all’acquisto. Le grandi aziende devono fare i conti con 6milioni di lavoratori che oggi non hanno più un posto. Tutti quei negozianti che hanno chiuso i battenti a causa della crisi un tempo per noi erano possibili acquirenti”.
Insomma, è diminuita la capacità di spesa della gente…
“Sì, purtroppo la gente non compra più come un tempo. Un settore come quello del mobile, per esempio, ha cominciato ad andare in crisi proprio con la contrazione della domanda dell’edilizia e con la diminuzione dei consumi. E la cosa non vale solo per la fascia medio bassa ma anche per la classe medio-alta che di solito ha potenziale d’acquisto poiché possiede i fondi per farlo. In quest’ultima categoria rientra l’uomo di 40-50 anni, che ha famiglia e figli e che anni fa, quando si era sposato, aveva ripiegato su un piccolo appartamento con mobili di poco valore. Raggiunta l’età matura, con un lavoro più stabile e un gruzzoletto da parte, decide di rinnovare la sua casa. Anche il mercato del rinnovo ha però risentito di questa crisi”.
Quanto è importante l’internazionalizzazione?
“È fondamentale. Già in tempi non sospetti il nome della mia azienda era Acerbis International, quasi ad indicare quella innata vocazione ai mercati esteri che tutti dovremmo avere.
Su quali mercati puntare?
“Dalla mia esperienza, al momento ci si dovrebbe concentrare non tanto sull’Europa quanto sugli Stati Uniti. La Spagna per esempio ha avuto un freno pazzesco, mentre l’Oriente si mantiene”.
È vero che la burocrazia italiana è troppo farraginosa?
“La burocrazia crea ostacoli non solo nell’industria ma anche all’andamento del governo. Finalmente nel programma di Renzi si parla di snellire un po’ questo sistema. C’è una cricca tecno burocratica talmente ricca e storica, seduta su poltrone di marmo, che sarà difficile smuovere, ma bisogna provarci. Diminuire il numero di dipendenti in certi settori crea un sistema più snello anche perché in questi tempi di crisi la cura dimagrante la devono fare tutti. Come dicono gli americani quando si è magri si corre più veloce”. 


Turismo, contributi
per le reti
d’impresa.
A disposizione
8 milioni

Il ministro per gli Affari regionali, il Turismo e lo Sport ha pubblicato il 7 febbraio 2014 il Decreto di approvazione del “Bando per la concessione di contributi a favore delle reti di impresa operanti nel settore del turismo” che destina 8 milioni di euro per la creazione di reti di impresa e di filiera nel settore turistico del territorio nazionale. Il Bando, aperto fino al 9 maggio 2014, permette alle MPMI del settore turistico di presentare domanda di partecipazione per il consolidamento o la costituzione di un’aggregazione di imprese sotto forma di Contratto di rete, Ati, Consorzio e società consortile con un minino di 10 imprese aderenti (e almeno l’80% di imprese turistiche).
Ogni progetto deve prevedere un programma di investimenti non inferiore a 400.000 euro con un finanziamento a fondo perduto pari al 50% per il perseguimento di una o più delle seguenti attività:
messa a sistema degli strumenti informativi di amministrazione, di gestione e di prenotazione dei servizi turistici, la creazione di piattaforme per acquisti collettivi di beni e servizi
creazione di sistemi di promo-commercializzazione on line
implementazione di iniziative di promo-commercializzazione che utilizzino le nuove tecnologie e, in particolare, i nuovi strumenti di social marketing
sviluppo di iniziative e strumenti di promo-commercializzazione condivisi fra le aziende della rete finalizzate alla creazione di pacchetti turistici innovativi
promozione delle imprese sui mercati esteri attraverso la partecipazione a fiere e la creazione di materiali promozionali comuni

SOGGETTI DESTINATARI
E TIPOLOGIA DI AGGREGAZIONE

Possono beneficiare dell’intervento finanziario unicamente le imprese aderenti all’aggregazione che, al momento della presentazione della domanda a valere sul presente bando, risultino come di seguito dettagliato:
raggruppamenti di piccole e micro imprese con forma giuridica di “contratto di rete”;
raggruppamenti di piccole e micro imprese che potranno assumere la forma giuridica di Ati (Associazioni Temporanee di Imprese costituite o ancora da costituire), Consorzi e società consortili costituiti anche in forma cooperativa.
Le aggregazioni non ancora costituite dovranno presentare idonea documentazione con la quale manifestano l’impegno a costituirsi formalmente, nelle fattispecie previste dai punti a) b) entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del bando a pena di esclusione.
I progetti saranno valutati da un Nucleo di valutazione da costituirsi con Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo in funzione della qualità dei progetti e della rispondenza ad alcuni criteri quali la destagionalizzazione dei flussi turistici e l’utilizzo di tecnologie innovative.

IL CAPOFILA
All’interno di ciascuna aggregazione, l'impresa che presenta la domanda è contestualmente il capofila e referente amministrativo per l'erogazione del contributo. È a cura dell’impresa capofila la ripartizione del contributo pubblico alle imprese componenti l’aggregazione. Spetta al capofila mantenere i rapporti con il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo – Direzione generale competente in materia di turismo. In particolare, è compito del capofila:
presentare la domanda di partecipazione in nome e per conto dell’aggregazione;
presentare le istanze di rendicontazione e tutta la documentazione che la Direzione generale competente in materia di turismo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo riterrà opportuno richiedere all’aggregazione;
comunicare alla predetta Direzione qualunque variazione intercorra nel corso della realizzazione del progetto approvato e inserito nella graduatoria definitiva.

TEMPI DI REALIZZAZIONE
DEI PROGETTI DI AGGREGAZIONE

I progetti dovranno essere conclusi entro quindici mesi dall’accettazione del documento di notifica di ammissione al contributo. Potrà essere concessa una proroga per un periodo massimo di sei mesi per motivate e dimostrate ragioni connesse esclusivamente ad aspetti tecnici e realizzativi dei progetti.

REGIME DI AIUTO ED INTENSITÀ
DELL’INTERVENTO FINANZIARIO

La dotazione finanziaria complessiva è pari a euro 8 milioni. L’importo concedibile è fissato in euro 200.000 euro per ciascun progetto di rete. Non saranno ritenuti ammissibili progetti di rete che prevedono una spesa totale ammissibile inferiore a euro 400.000 euro. Il finanziamento sarà concesso a fondo perduto nel rispetto del regime degli aiuti “de minimis”

SPESE AMMISSIBILI
Saranno dichiarate ammissibili le spese sostenute a decorrere dalla data di pubblicazione del bando sul sito www.beniculturali.it/turismo (ovvero il 7 febbraio 2014) e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, e sostenute entro e non oltre 15 mesi dall’accettazione del documento di notifica di ammissione al contributo, salvo eventuali proroghe concesse. Le spese devono essere riconducibili a una o più delle seguenti tipologie:
a) i costi funzionali alla costituzione della rete di imprese, quali quelli riferiti alla presentazione di fidejussioni, spese notarili e di registrazione, nella misura massima del 5% del contributo richiesto;
b) costi per tecnologie e strumentazioni hardware e software funzionali al progetto di aggregazione;
c) costi di consulenza e assistenza tecnico-specialistica prestate da soggetti esterni alla aggregazione per la redazione del programma di rete e sviluppo del progetto nella misura massima del 10% del contributo;
d) costi per la promozione integrata sul territorio nazionale e per la promozione unitaria sui mercati internazionali, in particolare attraverso le attività di promozione dell’Enit – Agenzia Nazionale del Turismo;
e) costi per la comunicazione e la pubblicità riferiti alle attività del progetto;
f) costi per la formazione dei titolari d’azienda e del personale dipendente impiegato nelle attività di progetto, nella misura massima del 15% del contributo.
È consentita una variabilità tra le singole voci di spesa sostenute rispetto a quelle originariamente ammesse all’intervento finanziario in una forbice massima del +/- 10%. I costi ammissibili si intendono al netto di Iva, bolli, oneri bancari e ogni altra imposta e/o onere accessorio.

MODALITÀ E TERMINI
DI PARTECIPAZIONE

La domanda, unitamente agli allegati e a tutta la documentazione, deve essere presentata dal capofila o legale rappresentante entro e non oltre il 9 maggio 2014 a pena di esclusione. I modelli di domanda e i relativi allegati sono scaricabili dal sito web istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (www.beniculturali.it/turismo). La domanda e i relativi allegati dovranno recare apposita firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata. Ai fini della presentazione fa fede la data di spedizione della domanda tramite Pec. L’istruttoria avverrà, pertanto, secondo l’ordine cronologico di spedizione.


Alta formazione
imprenditoriale,
Bergamo Sviluppo
in campo   

Sono aperte le selezioni per la partecipazione alla nuova edizione del corso di Alta Formazione “Imprenditorialità e Innovazione per l’internazionalizzazione delle imprese”, realizzato da Bergamo Sviluppo in collaborazione con tutte le associazioni di categoria provinciali e con il supporto di due centri di Ateneo dell’Università di Bergamo, Cyfe (Center for young and family enterprise) e SdM School of Management.  L’iniziativa, denominata Go.In’, è rivolta a imprenditori e manager di piccole e medie imprese, interessati a qualificarsi in tema di internazionalizzazione, identificando e perseguendo le opportunità di crescita e affrontando gli scenari, le decisioni strategiche e organizzative. L’obiettivo è fornire strumenti efficaci per operare in ambito internazionale, rafforzando le competenze manageriali e la capacità di innovare in senso globale. Il corso sarà realizzato nel periodo aprile – dicembre 2014 per una durata complessiva di 140 ore d’aula, in weekend alterni, il venerdì pomeriggio e il sabato mattina, nella sede della facoltà di Ingegneria dell’Università di Studi di Bergamo a Dalmine. Le lezioni permetteranno di confrontarsi con docenti universitari, professionisti, esperti e imprenditori in un programma multidisciplinare «che non vuole essere una business school in pillole – precisano i promotori – ma agire sulla formazione imprenditoriale, utilizzando anche format didattici innovativi, dagli strumenti multimediali ai business game e giochi sociali, che favoriscono l’immedesimazione e il mettersi in discussione».
La proposta, giunta alla terza edizione, ha raccolto grande interesse, tanto che lo scorso anno le richieste di adesione sono state quasi il doppio dei posti disponibili. Vi hanno preso parte trenta tra titolari e manager di piccole e medie imprese, giovani rappresentati di imprese familiari e imprenditori alla guida nuove imprese ad alto potenziale, attivi in settori differenti (metalmeccanica, legno, edilizia, automazione industriale, commercio e servizi, tessile, gomma, chimico-farmaceutico ed estrattivo).
Per il 2014 è stato fissato un tetto di 25 imprese, vi sarà, quindi una selezione in ingresso. Le imprese interessate compilare e inviare la scheda di adesione (pubblicata sul sito www.bergamosviluppo.it) entro venerdì 14 marzo. È previsto il versamento di una quota di iscrizione pari a 200 euro + Iva, che dovrà essere versata solo successivamente alla selezione, da parte delle imprese ammesse. 


Brebemi,
gli agricoltori
denunciano:
«Con noi il conto
è ancora aperto»

nella foto: Alberto Brivio

 

Nonostante le siano stati attribuiti  prestigiosi riconoscimenti, Coldiretti Bergamo continua a denunciarne il mancato rispetto degli impegni verso le imprese agricole cui Brebemi ha sottratto terreni o distrutto fabbricati.
Brebemi infatti viene considerata un “modello per l’Europa” ma a distanza di 5 anni dall’inizio dei lavori deve ancora circa 2,5 milioni di euro agli agricoltori per espropri e asservimenti.
“Dei 140 accordi bonari stipulati da parte di oltre 100 aziende nostre associate – spiega il presidente di Coldiretti Bergamo, Alberto Brivio – tra proprietari e affittuari sono poco più di 15 gli imprenditori che devono ancora ricevere parte dell’anticipo e sono ben 70 quelli che devono ancora ricevere il saldo. Complessivamente Brebemi deve ancora per gli espropri 2 milioni di euro”.
Ma l’elenco delle inadempienze è ben più corposo. “La situazione è tutt’altro che rosea anche per quanto riguarda gli asservimenti e le occupazioni temporanee, cioè le aree interessate dalle imposizioni di servitù come canali, tubi, ecc. o le aree occupate in modo provvisorio dai cantieri – prosegue Brivio -; per queste voci, infatti, Brebemi deve ancora versare  più di 410 mila euro, vale a dire oltre il 40% del totale dovuto”. Inoltre sono ancora fermi al palo i decreti di esproprio riferiti alla totalità della superficie di terreno espropriata alle oltre 100 aziende che fanno riferimento a Coldiretti Bergamo, vale a dire 650mila mq. Questo significa che tutta l’area su cui sono state costruite l’autostrada e le opere connesse fiscalmente risultano ancora di proprietà degli agricoltori, che pur non potendola più coltivare perché già coperta da colate di cemento o asfaltate, devono ancora farsi carico delle tasse che la riguardano, come IMU, IRPEF e Bonifica.
Ed è ancora tutto da definire anche per quanto riguarda le aree interposte, cioè le aree racchiuse tra i tracciati della Brebemi e della Tav, una fascia di terreno non più produttiva, di fatto sequestrata, perché irraggiungibile. La superficie di questa area è di circa 600mila mq e rappresenta un valore di oltre 10 milioni di euro. Per il momento è ancora in carico agli agricoltori che, pur non potendola più coltivare, sono costretti a pagarne le imposte.
“A questo punto è evidente che più di un interrogativo me lo pongo sul project financing – conclude Brivio -. Sono necessarie risposte urgenti, visto che le aziende agricole hanno ad oggi evidenti difficoltà a considerare questa infrastruttura un esempio virtuoso”.


“Agricoltura sicura”,
boom di presenze
al convegno
promosso
anche da Upag

Agricoltori, contoterzisti, manutentori del verde, liberi professionisti di settore, rappresentanti di enti formatori e istituzioni hanno affollato il convegno “Agricoltura Sicura” svoltosi all’auditorium del Gruppo Same Deutz-Fahr a Treviglio. Il record di 500 presenze ha confermato l’interesse per il tema della sicurezza che ha visto collaborare nell’organizzazione l’Upag – Unione Professionisti Agri Garden  aderente ad Ascom, unitamente ad Abia, Cia, Coldiretti e Confagricoltura.
L’apertura del Convegno è stata effettuata da Stefano Tacchinardi, Direttore Commerciale Italia di Same Deutz-Fahr. Carlo Carnevali di Enama ha trattato il tema “Obblighi, buone prassi e verifiche necessarie per la circolazione sicura dei mezzi agricoli” commentando le normative comunitarie, le problematiche della circolazione stradale e in azienda. "Il punto di vista degli organi di vigilanza” relativo alla circolazione stradale dei mezzi agricoli è stato commentato da Marco Cacciolari, comandante della Polizia locale di Bovolone, in provincia di Verona, che ha sottolineato la difficoltà per gli organi di vigilanza di essere costantemente aggiornati sulle nuove normative, spesso modificate, rinviate o decadute in fase attuativa. Fra le altre considerazioni emerse, supportate da un’ampia casistica, il dato preoccupante del mancato rispetto della sicurezza da parte dei  neo patentati, che possono condurre da subito mezzi eccezionali, mietitrebbie e trince senza la minima preparazione. Diego Milani di Fata Assicurazioni ha illustrato le clausole che spesso sono scritte in minuscolo sui contratti assicurativi e  ha chiarito,  attraverso esempi pratici, il significato di “Responsabilità civile” relativa alla circolazione su strada e in aree private ad uso pubblico, sia al lavoro in azienda che nei campi. Renato Delmastro del cnr ha fatto il punto sulla messa a norma del macchinario agricolo, toccando le responsabilità non solo dell’utilizzatore e del datore di lavoro, ma anche quelle nel caso di acquisto e di rivendita di usato fra privati e fra concessionario e cliente. In Lombardia, regione traino dell’economia agricola, operano 55 mila aziende, con un parco stimato di 1 milione 400 mila macchine e attrezzature, di cui moltissime non a norma. C’è quindi ancora molta strada da percorrere in tema di sicurezza operativa e l’adeguamento può essere rischioso se effettuato con il sistema del “fai da te”, perché è necessario garantire la messa a norma in maniera professionale, documentando i lavori effettuati con dichiarazioni e attestati. La revisione dei mezzi agricoli è stato l’altro argomento forte, che ancora oggi, nonostante il decreto convertito in legge nel Dicembre 2012  e che doveva essere applicato dal 1° Gennaio 2014,  è slittato al 1° Gennaio 2015  con il decreto “Milleproroghe”. Restano ancora da chiarire molti aspetti operativi quali le tipologie dei controlli, la loro periodicità e le scadenze, gli strumenti da utilizzare, oltre alla criticità nell’effettuazione di alcune importanti verifiche (impianti di frenatura, sistemi di sterzo, sollevatori anteriori, attacchi di attrezzature per uso comunale senza il cambio di destinazione del mezzo), che porteranno a dilatare ancora i tempi di attuazione. La stessa “Abilitazione alla guida del trattore”( i cosiddetti patentini) non è esente da slittamenti e modifiche.  Anche l’escamotage attuato con la certificazione per il riconoscimento dell’esperienza pregressa da parte dell’utilizzatore non è sempre facile da dimostrare, in quanto il D.L. 81 prevede anche la formazione generale ed è obbligo del datore di lavoro assicurarsi che il dipendente abbia ricevuto una formazione adeguata e specifica, anche sul corretto utilizzo del mezzo.


Agenti immobiliari, corso
di formazione su aste e stralci 

Chi vorrebbe una casa fa fatica ad acquistarla e chi ce l’ha troppo spesso se l’è vista portare via per l’impossibilità di pagare le rate del prestito. Con la crescita degli immobili in sofferenza, vendere in tempo di crisi significa per gli agenti immobiliari operare nel settore aste e stralci. Grazie alla partnership con MLS REplat, innovativa piattaforma che tratta anche questa particolare categoria di immobili, Ascom ha voluto dissolvere la diffidenza verso uno strumento poco conosciuto e verso un iter burocratico ritenuto complesso. La piattaforma, che conta su 1.200 agenzie in tutta Italia,  è l’unica a trattare immobili in sofferenza e all’asta dai principali istituti di credito e dai Tribunali. Il portale rappresenta un modo agevole per rispondere alle richieste dei clienti in tempi brevi: ampliando il mercato, condividendo nella stessa banca dati immobili con altre agenzie, si possono incrementare le vendite, inserendo condizioni contrattuali trasparenti e modulabili a seconda dell’immobile proposto. La forza di REplat sta nel poter contare su un fondo di garanzia chiamato a dirimere ogni eventuale controversia, oltre che nella formazione sulla gestione di immobili in sofferenza, una nuova sfida che gli agenti sono chiamati ad affrontare. Grazie a corsi di formazione e all’assistenza legale su misura ogni agenzia immobiliare può cogliere l’opportunità di inserirsi in un mercato di forte espansione in grado di portare in media sei transazioni in più all’anno. Per insegnare agli operatori immobiliari a  gestire i meccanismi che ogni esecuzione porta con sé, affiancando il proprietario di casa in difficoltà e affrontando e risolvendo ogni problematica Ascom e REplat hanno organizzato un corso specifico. Le giornate di formazione sono in programma presso la sede Ascom di via Borgo Palazzo, 137 (Sala Villa) il 4, il 18 e il 25 marzo dalle 9 alle 12. Per iscriversi al corso:  mariangela.oldrati@ascombg.it 035.4120304.


Ecco “Quaringhio”, per il rilancio
via Quarenghi sceglie l’ironia

nella foto: la presidente dell'Associazione Quarenghi, Giulia Martinelli, con il gruppo di lavoro

La fama di quartiere in lotta contro l’insicurezza e il degrado è diventata la chiave di volta di un’originale operazione di rilancio di via Quarenghi, pensata e sviluppata dai residenti stessi. Grazie ad un finanziamento di 12mila euro della Prima Circoscrizione ha preso infatti il via un progetto dell’Associazione di quartiere che, puntando sul coinvolgimento dei più giovani, vuole scalzare l’immagine consolidata – e un po’ stereotipata – che i bergamaschi hanno della via a favore di una visione positiva e creativa delle dinamiche che si stanno vivendo. Ad incarnare questo percorso un nuovo logo e una mascotte che non sono solo una bella cornice ma una sfida a mettersi in gioco con ironia.
Tutto ruota attorno al “QUA”, prima sillaba di Quarenghi, ma anche avverbio di luogo che rimarca l’appartenenza nonché ingrediente versatile di tante “evoluzioni” lessicali. A cominciare dal logo “QUI PRO QUArenghi” che gioca con l’idea del fraintendimento per rimarcare, invece, l’essere presenti (qui) e attivi (pro). E che dire della mascotte? QUAringhio, un cagnone che non disdegna di mostrare i denti in un’espressione a metà tra il sorriso e il ghigno, pronto a farsi sentire se qualcosa non va, ma al tempo stesso orgoglioso di far parte della via. «L’Associazione è nata nel 2008 – ricorda la presidente Giulia Martinelli – e lo scorso anno ha deciso di tirare le somme del proprio operato. Solo chi vive la nostra situazione sa quanto sforzo serva per continuare ad essere positivi e propositivi, la frustrazione è sempre dietro l’angolo, eppure crediamo di essere riusciti con le nostre iniziative a tenere insieme ciò che rimaneva del tessuto sociale. Abbiamo però sentito anche il bisogno di incidere in maniera più duratura sulla via, non solo con appuntamenti spot. Lo snodo fondamentale era aumentare la rete delle relazioni, sia all’interno del quartiere sia all’esterno, e cosa c’era di meglio che puntare sui ragazzi che vivono qui?».
Il finanziamento comunale ha dato il “la” al progetto “Quarenghi coding” che, sotto la guida di un operatore esperto in sviluppo di comunità e comunicazione sociale, Marco Vanoli, ha portato i giovani tappa dopo tappa (la prima è stata un aperitivo in fumetteria) alla messa a punto della nuova immagine e di nuovi strumenti. Ci sono un magazine distribuito gratuitamente (QUAderno), un blog (www.quiproqua.it) e una redazione locale che raccontano ciò che succede nella via e ciò che la via vuole portare al di fuori. «I temi sono complessi – dice Vanoli -, legalità, appetibilità commerciale e lavoro, socialità e solitudine, reputazione. Ci siamo dedicati soprattutto a quest’ultimo aspetto, che è centrale, perché se non possiamo modificare di punto in bianco la via possiamo lavorare su ciò che rappresenta». Il messaggio è affidato anche a magliette, spillette, agendine (il cui slogan è “Un’idea? Fermala QUA”), notes e pure gadget golosi come biscotti (a forma di Q) e pops (porzioni di torta in forma di maxi chupa chups). La vendita dei prodotti servirà a finanziare l’associazione e il proseguimento delle iniziative, ma si configura come un vero e proprio brand «che con la sua immagine fresca e creativa vuole conquistare un pubblico più ampio e diffondere questa nuova idea della via», ha evidenziato Stefano Tacchinardi che con Chiara Faleschini ha curato il progetto grafico. 


Gelatieri, torna il concorso
che esalta tradizione e territorio 

I gelatieri bergamaschi e gli studenti degli istituti alberghieri sono invitati anche quest’anno a mettere in gioco tecnica e fantasia per conquistare la giuria del secondo “Concorso di gelateria artigianale di Bergamo” promosso dal Co.Gel. Ascom. L’iniziativa, varata lo scorso anno in concomitanza con l’istituzione della Giornata Europea del Gelato Artigianale, fa il bis lanciando un tema che coniuga ancora una volta tradizione e territorio. I concorrenti sono infatti chiamati a cimentarsi nella riscoperta del gusto lattemiele, sapore antico documentato anche dalle cronache, sposandolo ad altri prodotti di eccellenza bergamaschi, come frutta, ma anche vini, cereali, formaggi e vegetali o rielaborando ricette di pasticceria e gastronomia tipiche. Il concorso si terrà lunedì 24 marzo all’Istituto alberghiero Alfredo Sonzogni di Nembro dove si svolgeranno, a partire dalle 16, tutte le fasi della manifestazione: consegna degli elaborati, valutazione della giuria e premiazione nell’ambito della cena di gala conclusiva, con un menù che prevede anche assaggi di gelato gastronomico. Dopo l’avvio delle valutazioni della giuria la giornata farà spazio alla riunione per la nomina del Consiglio direttivo del Comitato Gelatieri Bergamaschi. 
Per partecipare al concorso è necessario inviare la scheda allegata al regolamento (spedito alle attività interessate) entro il 14 marzo. Il costo di partecipazione è di 25 euro e comprende la cena di gala. Il campione di circa 500 grammi dovrà essere consegnato in apposite termoscatole anonime fornite dall’organizzazione. La giuria, presieduta dalla giornalista Luciana Poliotti, sarà composta dal presidente nazionale del Co.Gel. Fipe e della Coppa del mondo della Gelateria Giancarlo Timballo, dal tri-stellato chef bergamasco Enrico Cerea, da Pierpaolo Magni, componente dell’Accademia italiana maestri pasticcieri e presidente del Comitato mondiale d’onore della Coppa del mondo della gelateria, e da Kamal Rahal Essoulami, presidente della Coppa d’Africa e componente del Comitato mondiale d’onore della Coppa del mondo della gelateria. Saranno premiati i primi tre classificati e il primo degli istituti alberghieri. Le iscrizioni si chiuderanno anticipatamente al raggiungimento di 35 concorrenti.
A corredo del regolamento è fornita una scheda dell’Associazione dei produttori apistici della provincia di Bergamo che illustra le caratteristiche e le proprietà dei diversi mieli, così da valorizzare al meglio le produzioni locali.
Il concorso sarà preceduto, domenica 23 marzo, dalla celebrazione della Giornata Europea del Gelato Artigianale, fissata dal Parlamento di Strasburgo il 24 marzo di ogni anno. Anche i gelatieri bergamaschi sono invitati a partecipare all’evento che accomunerà numerosi Paesi europei nel proporre per l’occasione coni e coppette con un gusto speciale al prezzo – altrettanto speciale – di un euro. Il gusto per il 2014 è “Stracciatella d’Europa”, gelato fior di latte variegato al cioccolato fondente e succo di arance, scelto come esplicito omaggio al bergamasco Enrico Panattoni, patron della Marianna scomparso nell’ottobre 2013, considerato l’inventore della stracciatella.
Per i gelatieri questo è comunque solo l’inizio della stagione. È infatti in arrivo la nuova edizione della campagna di informazione e promozione Gelateria di Fiducia che vede confermati appuntamenti ormai classici come “La merenda non si paga” dedicato ai bambini e la “Festa dei nonni”, con omaggi agli anziani dei centri ricreativi o ospiti nelle case di riposo. 


«Oggi le ragazze
si vergognano a fidanzarsi
con un falegname: assurdo»

nella foto: Lodovico Acerbis

“La professionalità è importante ma bisogna rivalutare le arti manuali”. Quella dell’imprenditore Lodovico Acerbis è una ricetta che proviene da una lunga esperienza maturata sul campo. Oggi di bambini che progettano e si costruiscono da soli tavoli e sedie giocattolo in legno, ormai, non ce ne sono più. Eppure lui, nel 1947, lo aveva fatto. Ed era pure riuscito a vendere quei mobiletti a un bottegaio del suo paese. Altri tempi, certo. Ma riscoprire la tradizione e gli antichi mestieri potrebbe essere il giusto punto di partenza per rivalutare l’economia del nostro territorio. “Non capisco perché oggi le ragazze si vergognino a fidanzarsi con uno che fa il falegname – dice il presidente della Acerbis International spa di Seriate, azienda che ha contribuito alla nascita e alla diffusione del mobile di design italiano -. Preferiscono dire che fa l’operatore di controllo numerico, che poi è la stessa cosa ma suona meglio. È un freno assurdo. Ma quanti ragazzi in America mentre studiano vanno a servire nei bar? Non è mica un lavoro svilente. Anzi, un giorno quando saranno arrivati potranno vantarsi della loro lunga gavetta. E invece in Italia succede che i lavori manuali li lasciamo agli stranieri, al famoso idraulico polacco”.
È vero che la scuola forma in maniera troppo teorica e non prepara gli studenti al mondo del lavoro?
“Sì, c’è una distanza tra i programmi scolastici e il mondo del lavoro, ma è anche vero che quando gli industriali cercano di fare qualcosa in più per avvicinare i ragazzi all’imprenditoria, spesso dall’altra parte non c’è un’adeguata risposta. Faccio un esempio. Io sono responsabile dell’Adi, associazione per il disegno industriale. Questo gruppo di imprese ha deciso di rivolgersi agli studenti universitari organizzando un sistema di seminari alla Ca’ Foscari di Venezia e al Politecnico di Milano in cui alcuni imprenditori legati a celebri marchi, come Alessi o BTicino, si recano nelle aule dei futuri designer e architetti per insegnare loro i trucchi del mestiere. Il primo anno non veniva neanche uno studente. Il secondo anno siamo andati a bussare direttamente  alle porte delle Università per illustrare ai professori l’importanza di questa iniziativa, ma ci hanno un po’ snobbato. Finalmente abbiamo trovato un docente che ci ha creduto e oggi, dopo quattro anni, ai nostri seminari arriva un centinaio di studenti, ma non di più. Eppure questo non è il nesso perfetto tra un laureando e l’impresa?”.
E cosa ne pensa dell’opportunità di fare tirocini in azienda?
“Questo è un aspetto importante. Se io sono diventato quello che sono è perché da piccolo, quando passeggiavo per strada, osservavo i lattonieri oppure i saldatori che facevano il loro mestiere. Spesso mi chiedevano “Vuoi provare anche tu?”. E così imparavo. Oggi invece non è più possibile, sia perché bisogna rispettare le norme di sicurezza, sia perché oggi i giovani non hanno più quella curiosità che avevamo noi all’epoca. Lo stimolo alla professionalità è importante ma bisogna rivalutare anche la manualità”.
Se lei fosse al governo quali provvedimenti anti-crisi prenderebbe?
“Io obbligherei le banche a finanziare le coppie che devono acquistare la prima casa. Questo è l’unico modo per mettere in moto l’economia e per frenare il fenomeno delle case sfitte”.
Il problema dei finanziamenti da parte delle banche riguarda anche molti imprenditori che vorrebbero mettersi in proprio ma che non hanno i fondi per farlo.
“Posso capire che gli istituti di credito abbiano bisogno di garanzie. Il problema è che la prima cosa che ha portato le imprese al suicidio è che quello che doveva essere il loro primo cliente, ovvero lo Stato, non paga i debiti. Questo è inconcepibile! Anche lo Stato deve pagare a 60 giorni come stabilisce l’Unione europea e se non lo fa qualcuno deve pur rispondere”.
Che cosa consiglia a un giovane che vuole mettersi in proprio?
“Io penso a quando negli anni ’60 la mia azienda era esplosa e per necessità, nell’arco di tre anni, avevamo dovuto trasferire l’abitazione, 3mila metri quadrati di fabbrica e circa 1.500 metri quadrati di esposizione in un’altra sede. E ce l’abbiamo fatta nonostante fossimo indebitati fin sopra i capelli. Avevamo più mutui bancari che denti in bocca. Eppure ci finanziavano. Oggi è tutto più complicato, quando ti presenti con un progetto, prima di darti i soldi ti ipotecano la casa, la moglie, i figli… è un grosso problema. Peccato perché vedo del movimento tra i giovani. Ci sono molte start up in giro. Molte partono col fondo liquidazione dei genitori che vanno in pensione e così comprano il bar al figlio che però poi magari chiude dopo sei mesi. E allora il consiglio che mi sento di dare è di cominciare a dedicarsi a quelle attività che non richiedono troppi finanziamenti di partenza. Per esempio le app del telefonino non costano nulla, costa solo il tempo che ci metti. Basta un computer e cominci a lavorare”.
I postumi della crisi, purtroppo, si respirano ancora. Per il prossimo futuro vede margini di miglioramento? 
“Il mercato immobiliare a Milano, per esempio, è in ripresa e questo è un timido segnale, ma in generale la crescita in Italia è lenta. Ci troviamo di fronte a un problema non solo di capacità economica ma anche di propensione all’acquisto. Le grandi aziende devono fare i conti con 6milioni di lavoratori che oggi non hanno più un posto. Tutti quei negozianti che hanno chiuso i battenti a causa della crisi un tempo per noi erano possibili acquirenti”.
Insomma, è diminuita la capacità di spesa della gente…
“Sì, purtroppo la gente non compra più come un tempo. Un settore come quello del mobile, per esempio, ha cominciato ad andare in crisi proprio con la contrazione della domanda dell’edilizia e con la diminuzione dei consumi. E la cosa non vale solo per la fascia medio bassa ma anche per la classe medio-alta che di solito ha potenziale d’acquisto poiché possiede i fondi per farlo. In quest’ultima categoria rientra l’uomo di 40-50 anni, che ha famiglia e figli e che anni fa, quando si era sposato, aveva ripiegato su un piccolo appartamento con mobili di poco valore. Raggiunta l’età matura, con un lavoro più stabile e un gruzzoletto da parte, decide di rinnovare la sua casa. Anche il mercato del rinnovo ha però risentito di questa crisi”.
Quanto è importante l’internazionalizzazione?
“È fondamentale. Già in tempi non sospetti il nome della mia azienda era Acerbis International, quasi ad indicare quella innata vocazione ai mercati esteri che tutti dovremmo avere.
Su quali mercati puntare?
“Dalla mia esperienza, al momento ci si dovrebbe concentrare non tanto sull’Europa quanto sugli Stati Uniti. La Spagna per esempio ha avuto un freno pazzesco, mentre l’Oriente si mantiene”.
È vero che la burocrazia italiana è troppo farraginosa?
“La burocrazia crea ostacoli non solo nell’industria ma anche all’andamento del governo. Finalmente nel programma di Renzi si parla di snellire un po’ questo sistema. C’è una cricca tecno burocratica talmente ricca e storica, seduta su poltrone di marmo, che sarà difficile smuovere, ma bisogna provarci. Diminuire il numero di dipendenti in certi settori crea un sistema più snello anche perché in questi tempi di crisi la cura dimagrante la devono fare tutti. Come dicono gli americani quando si è magri si corre più veloce”.