Aumento dell’Iva, Malvestiti (Ascom):
«Duro colpo per famiglie e imprese»

Da questa sera a mezzanotte scatta l'aumento dal 21 al 22% dell'Iva. La crisi di governo apertasi con le dimissioni di parlamentari e ministri del Pdl non ha consentito al Consiglio dei Ministri di venerdì scorso di varare il decreto per far slittare l'aumento almeno fino a gennaio.
«E’ una stangata per imprese e famiglie – afferma Paolo Malvestiti, presidente di Ascom Bergamo -. Deprimerà ulteriormente i consumi in un momento di grave difficoltà e metterà in discussione l’auspicata ripresa prevista per il 2014».
L'aumento al 22% riguarderà il 70% dei prodotti e costerà 207 euro annui a famiglia, portando consistenti rincari nel settore dell'abbigliamento (+81 euro), nell'acquisto di scarpe (+25 euro) e bevande alcoliche, vino compreso, e gassate (+12 euro).
«Nonostante fosse già stabilito da tempo, l’attesa per la modifica del decreto ha fatto sì che ad oggi nessun commerciante abbia adeguato i proprio listini all’aumento dell’Iva – continua il presidente di Ascom -.  E ciò comporta da una lato un fortissimo aggravio di lavoro per i nostri imprenditori e dall’altro, come giù successo quando c’è stato il precedente aumento dell’aliquota a metà settembre del 2011, che siano le imprese, nonostante la difficoltà attuale, ad assumersi l’onore dell’aumento. L'Ufficio Studi Confcommercio nei giorni scorsi ha effettuato una precisa analisi economica dell’aumento Iva, evidenziando l’impatto sui consumi, sui prezzi, sul gettito, sull’occupazione, sui redditi e il risultato è preoccupante: sarà un colpo duro per imprese e famiglie.»
Dall’analisi dell’ Ufficio Studi Confcommercio risulta:
· impatto sui consumi: si amplificherebbe la già drammatica situazione dei consumi che, dopo aver chiuso il 2012 a -4,3%, chiuderà, senza interventi, anche quest'anno in negativo a -2,4%. L'incremento dell'Iva, che si tradurrebbe in una riduzione dei consumi dello 0,1% a parità di altre condizioni, andrebbe a incider negativamente sulle spese del mese di dicembre e quindi delle festività, momento nel quale, invece, potrebbero concretizzarsi finalmente gli auspicati segnali di ripresa;
· impatto sui prezzi: in una situazione in cui l'inflazione è sostanzialmente sotto controllo, si avrebbe un incremento dei prezzi tra ottobre e novembre di circa lo 0,4%, il cosiddetto "effetto scalino", con inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014;
· impatto sul gettito: come già accaduto con l'aumento dell'aliquota dal 20 al 21%, la contrazione della domanda porterebbe con sé anche una riduzione del gettito Iva atteso;
· impatto su produzione e occupazione: la perdita di produzione, determinata dal calo dei consumi, comporterebbe, a regime, una riduzione dell'occupazione approssimativamente di 10 mila posti di lavoro;
· impatto sulle imprese: in una situazione già di estrema difficoltà per le imprese del commercio, gravate da una pressione fiscale da record mondiale e dal mancato pagamento dei debiti della P.A., un'ulteriore contrazione della domanda interna porterà alla chiusura di molte attività;
· impatto sui redditi: risulteranno più penalizzate le famiglie a basso reddito in quanto la pressione Iva (rapporto tra Iva pagata e reddito) per il 20% di famiglie più povere arriverebbe al 10,5%, mentre per il 20% di famiglie più ricche sarebbe del 7,5%, circa il 30% in meno.


Professionisti, «facciamo rete
per aiutare le aziende in crisi»

CresciVits, ovvero vitamine per la crescita. Non è un integratore alimentare, ma un tavolo di confronto tra le professioni al servizio delle aziende – ingegneri, consulenti del lavoro, avvocati e commercialisti – che, come già mostra il nome non convenzionale, vuole rompere gli schemi, portare le categorie «a guardare fuori dal proprio orticello», promuovendo un approccio sinergico e integrato nella consulenza alle imprese, passaggio non più rimandabile, secondo i promotori, da quando la crisi si è fatta sentire anche nel tessuto produttivo bergamasco. Il percorso, avviato da poco più di un anno, ha vissuto la sua prima iniziativa ufficiale lo scorso 18 settembre, chiamando a raccolta i professionisti dei diversi settori per gettare le prime basi della collaborazione. Carlo Viganò, presidente dell’APE, Associazione dei Periti e degli Esperti, è il coordinatore del gruppo di lavoro.
Da dove nasce l’idea di una rete interprofessionale?
«Il processo è stato graduale. Diciamo che l’apertura alle diverse competenze è già nel Dna della nostra Associazione, di cui fanno potenzialmente parte esperti di tutti i settori di cui i tribunali possono avere bisogno per consulenze tecniche: ingegneri, architetti, psicologi, medici, grafologi, periti, solo per fare degli esempi. Questa visione ci ha portato a collaborare dapprima con la commissione Industria dell’Ordine degli ingegneri, sul versante della convegnistica e delle proposte formative sui temi legati alla riorganizzazione, all’efficienza e alla strategie industriali. In seguito, anche alla luce della perdurante crisi, ci è sembrato indispensabile coinvolgere i professionisti più vicini alle aziende, ossia i commercialisti e i consulenti del lavoro, che spesso sono le uniche figure di riferimento di un’impresa, ma anche gli avvocati, il cui supporto viene richiesto in caso di cause di lavoro o per la contrattualistica».
Il senso del progetto è, dunque, che un solo professionista non basta.  
«È difficile che un professionista lo ammetta, ma è così. L’operazione ha prima di tutto un valore culturale, conoscersi per assimilare che con le proprie competenze ciascuno può arrivare solo ad un certo punto, che ci sono figure che su altri aspetti sono più specializzate e che lavorando in team si può fornire il supporto migliore alle imprese».
Gli Ordini sembrano averlo compreso, visto che hanno supportato l’organizzazione del seminario…
«Si possono avere opinioni diverse sull’utilità degli Ordini, ma è indubbia la loro attenzione alla formazione e, ultimamente, proprio alla formazione interprofessionale. L’incontro, per l’esattezza, è stato organizzato dagli Ordini provinciali degli Ingegneri, dei Consulenti del Lavoro, dall’Unione Provinciale dell’Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro e dall’Associazione Provinciale Forense, con la collaborazione dell’APE. Da tutti abbiamo ricevuto un’adesione entusiastica e questo ci fa ben sperare per lo sviluppo del percorso, così come l’alta affluenza al seminario, circa 230 presenze».
A chi si rivolge questo tipo di consulenza?
«L’idea di unire le forze è nata considerando i settori più in difficoltà della Bergamasca, che sono anche quelli più significativi in termini numerici, la manifattura e le costruzioni, di dimensione industriale o artigianale. Oggi l’aiuto che viene richiesto ai professionisti riguarda come rendere il più indolori possibile fallimenti e concordati, anche tramite i nuovi strumenti a sostegno della continuità d’impresa. Ma il nostro obiettivo è intervenire prima che la situazione sia irrimediabilmente compromessa, fare in modo che l’imprenditore si accorga per tempo o che lo faccia il professionista che lo segue e proponga un check-up di prodotti e servizi, mercati, metodi di vendita e produzione, costi, finanza, competenze, collocazione dell’azienda all’interno dei trend in atto».
Quali sono i punti deboli delle aziende che potrebbero migliorare con consulenze mirate?
«Cominciando da prodotti e mercati, dalla produzione, le politiche di gestione delle risorse umane e l’utilizzo della capacità produttiva. Ci sono imprese con fior di macchinari che stanno fermi 16 ore al giorno. Naturalmente se si produce di più occorre anche ampliare il mercato ed in questo momento lo si può fare soprattutto guardando all’estero. Anche il credito è un fattore strategico e il supporto nella pianificazione finanziaria diventa fondamentale. Occorre, ad esempio, far valere il know how di un’azienda, che se non dichiarato non entra nella valutazione del merito creditizio, e riarticolare gli assetti fiduciari con le banche, perché non può essere che un imprenditore rischi tutto quanto ha messo da parte in una vita».
Il tessuto imprenditoriale bergamasco è costituito per la stragrande maggioranza di piccole e piccolissime realtà, anche a loro si può attagliare una consulenza “multidisciplinare”?
«L’ostacolo sono i costi e il tempo necessario a esaminare una situazione in modo multidisciplinare, è difficile infatti che una piccola impresa possa decidere di dedicare risorse alla consulenza. Sino a che hanno potuto lavorare con margini elevati, le piccole realtà si sono potute permettere anche degli errori o delle inefficienze nella gestione, ora non si può più sbagliare ed una mano serve anche a loro. Stiamo valutando un modello per intervenire su questo versante, ma la priorità restano le aziende più strutturate, di cui spesso le piccole sono fornitrici e ne seguono l’andamento».
Gli imprenditori sono pronti ad affidarsi ad un pool di professionisti anziché al consulente di fiducia?
«È l’ostacolo col quale si scontreranno, ad esempio, le Società fra Professionisti, nuova figura giuridica recentemente entrata nell’ordinamento italiano. La nostra attività parte a monte, dai professionisti stessi, che per primi devono rendersi conto dell’utilità di mettersi in rete e da lì sensibilizzare gli imprenditori a questo tipo di approccio».
Una mossa per far fronte alle difficoltà che anche le professioni stanno vivendo?
«Abbiamo tutto l’interesse a fare in modo che le aziende sopravvivano e, anzi, si costruiscano delle prospettive di sviluppo. Mettersi in rete vuol dire offrire un miglior servizio al cliente e la possibilità di ottenere risultati migliori».
Allora avete la ricetta per il successo…
«È semplicemente la constatazione che le difficoltà e le minacce sono sempre di più e che per questo servono strumenti nuovi, la volontà di dare il nostro contributo per fermare la moria di aziende. Il compito sarebbe più facile se non ci si dovesse scontrare con gli ostacoli al fare impresa in Italia. Chi ci governa non ha capito che sono le aziende quelle che tengono in piedi il Paese e anziché aiutarle, allocando risorse per lo sviluppo, non fa che spremerle con le tasse e complicare loro l’esistenza con una legislazione carente e mai precisa ed una burocrazia e incertezza normativa insostenibili. E poi ci si chiede perché si preferisce aprire un’attività all’estero…».
Quali saranno i prossimi passi di CresciVits?
«Il progetto non si è ancora dato una forma giuridica, stiamo lavorando sulla sensibilizzazione e la formazione dei professionisti per poi trovare insieme le modalità migliori per operare. Aprire la mente è il passaggio fondamentale, cominciare a parlarci, a dirci cosa facciamo, in quali settori siamo specializzati e da lì cominciare a costruire sinergie. Per far questo sarà indispensabile il web e continuare gli incontri. Già nel prossimo evento pubblico vorremmo coinvolgere gli imprenditori ed i dirigenti delle aziende per costruire un percorso anche con loro».


Passeggiar
Gustando,
l’Ascom
imbandisce
il Sentierone

Le botteghe del dettaglio alimentare tornano ad animare il centro di Bergamo con l’ottava edizione di Passeggiar Gustando, la manifestazione promossa dall’Ascom e dall’Aspan, con il patrocinio del Comune di Bergamo, che promuove le attività del commercio tradizionale coniugando sapori e solidarietà.
L’appuntamento è per domenica 27 ottobre, dalle 10 alle 18, quando i gruppi dei Gastronomi e salumieri, Macellai, Fruttivendoli e i panificatori Aspan imbandiranno il Sentierone con le proprie specialità. La formula è quella ormai consolidata: basta dotarsi alla cassa dei gettoni della solidarietà (offerta minima di 5 euro per tre degustazioni con acqua, vino e pane offerti) ed utilizzarli per “acquistare” per le proposte che stuzzicano di più. A seconda dell’orario e dell’appetito, ci potrà fermare per un aperitivo, la merenda, uno stuzzichino o arrivare a comporre, passando da una postazione all’altra, un pasto completo, aggiungendo, in ogni caso, un tocco diverso alla passeggiata in centro.
Una serie di stand accoglierà le categorie, contraddistinte da divise di colore diverso: blu per i gastronomi-salumieri, mattone per i macellai, verde per i fruttivendoli e bianca per i panificatori. Facendo tappa dai gastronomi si potrà spaziare tra i salumi e i formaggi tipici presentati con la collaborazione dei consorzi di tutela o optare per piatti caldi, come il risotto o l’orzotto e la polenta. Dai macellai immancabili le carni alla griglia, mentre chi preferisce rinfrescarsi con la frutta di stagione può rivolgersi ai fruttivendoli. I fornai Aspan sfoderano infine i loro progetti legati al territorio, la Garibalda, ossia il pane nato da un concorso che cercava una ricetta rappresentativa di Bergamo, la Torta di Sant’Alessandro, omaggio al patrono, ed il pane realizzato con le farine a chilometro zero, da grano cresciuto in Bergamasca. La manifestazione è realizzata anche con la collaborazione della Pia Unione San Lucio, storico sodalizio tra gli alimentaristi bergamaschi che fa capo all’Ascom, completando il coinvolgimento delle organizzazioni del commercio alimentare. In totale saranno così impegnati circa 50 operatori.
L’iniziativa vuole portare in primo piano le attività di vicinato, il loro ruolo di servizio all’interno dei centri urbani, la professionalità e l’esperienza dei negozianti ricordare il grande patrimonio di relazioni che i piccoli commercianti custodiscono con il proprio lavoro quotidiano. Per sottolineare questi aspetti è pensata come una festa per le famiglie, arricchita quindi con musica e spettacoli per tutte le età. Al mattino si esibirà l’Abbaclub, tribute band della mitica formazione svedese, dalle 15 sarà la volta dello spettacolo musicale “Wander Thrugh the time”, mentre per tutto il pomeriggio trampolieri e clown divertiranno i bambini.
La manifestazione è inoltre un’occasione per promuovere i prodotti e le aziende bergamasche e le ricette tipiche della tradizione, missione che i piccoli commercianti hanno fatto propria da tempo, caratterizzando la propria offerta in bottega con la ricerca della migliori espressioni della produzione locale.
L’obiettivo solidale dell’evento, in fine, non fa che rimarcare ulteriormente lo stretto legame con il territorio. Quest’anno il ricavato sarà devoluto al fondo diocesano di solidarietà Famiglia e Lavoro attraverso il fondo Ascom aperto presso la Fondazione della Comunità Bergamasca Onlus. Si tratta di un progetto della Caritas inteso come “servizio-segno” verso le famiglie che si trovano in una condizione di forte difficoltà sociale per la perdita del lavoro. «È una forte emergenza – spiega il presidente dell’Ascom Paolo Malvestiti – e ci siamo sentiti in dovere di dare il nostro contributo su questo versante, anche perché nei nostri negozi tocchiamo con mano ogni giorno il disagio di tante famiglie. Siamo ben consci che i fondi che raccoglieremo saranno una goccia nel mare delle necessità attuali, ci è sembrato comunque importante renderci partecipi del progetto, testimoniando la nostra vicinanza e cercando, con la manifestazione, di sensibilizzare i cittadini». Sul tema dell’occupazione, tra l’altro, le categorie del commercio alimentare ed i Giovani Ascom si sono già impegnati con il progetto “Tempo di Lavoro”, che ha permesso ai ragazzi dai 19 ai 29 anni, utilizzando la formula dello stage, di apprendere un nuovo mestiere.


Comana: «La sfida di Bergamo?
Creare un modello che ispiri
una nuova era politica»

Il mio esercizio di guardare alla Bergamo che vorrei fra 10 anni non si svolge in campo architettonico o urbanistico, perché non ne sono capace, ma si applica a quel delicato rapporto che unisce l’economia alla politica. Fortissima nella prima, Bergamo è del tutto carente nel secondo ambito, come dimostra il deficit di rappresentanza di cui ormai da molto tempo soffriamo. C’è una forte asimmetria nella nostra città e nella nostra provincia fra le risorse dedicate all’economia e quelle orientate alla politica. E non parlo certo delle risorse economiche, ma soprattutto di quelle umane, del tempo e delle energie che i bergamaschi dedicano a queste due sfere della società. Quando usciamo dai nostri confini, ci accorgiamo che i nostri connazionali, come gli stranieri che interagiscono con noi, vedono quanto siamo intraprendenti, bravi nella produzione di beni e servizi, e non colgono tanti altri aspetti non meno importanti. Per esempio, la nostra valenza culturale è del tutto sottostimata, forse perché appannata dalla visione di un territorio fatto solo di capannoni e fabbrichette, di torni e di telai. Però i nostri pilastri culturali sono ignorati o noti solo agli specialisti di singoli settori: l’arte classica e quella moderna, il cinema, la scienza, le eccellenze gastronomiche e tanto altro. Diventare la Capitale europea della cultura nel 2019 ci aiuterà. Allo stesso modo, Bergamo è vista come praticamente assente o solo marginalmente presente nella dimensione politica, e qui purtroppo la percezione corrisponde alla realtà.
Che cosa manca allora? L’elaborazione culturale di un pensiero capace di guidare l’azione dei politici, a tutti i livelli amministrativi da quello locale, su su fino a quello nazionale e addirittura europeo. Perché non dobbiamo dimenticare che il primato bergamasco nell’economia, pur magari temporaneamente appannato dalla crisi, è un primato culturale. So che molti, soprattutto a sinistra, non riconoscono al momento produttivo una vera e propria valenza culturale e anzi ritengono un po’ grezzo e limitato chi si sente votato a realizzarsi in un’impresa (in senso aziendale), ma non è così. L’eccellenza produttiva di un territorio è espressione di molti saperi: il saper fare, il saper organizzare, il saper gestire le persone, la capacità di mettersi in relazione con mondi anche lontani per collocare i prodotti e servizi e tanto altro ancora. Ciò che difetta a questa cultura, eccellente nella dimensione privata, è la capacità di completarsi in quella pubblica. Dobbiamo riconoscere di avere profuso le migliori energie nella costruzione di realtà di grande pregio in campo imprenditoriale, professionale e manageriale, ma non abbiamo offerto altrettanto nel campo della gestione della cosa pubblica. Bergamo ha delegato la gestione della politica ad altri soggetti, ad altre espressioni territoriali, e quindi culturali, che non riflettono quello spirito operoso e produttivo che pervade il tessuto sociale. Questa delega non ci ha giovato perché ha portato alla guida del Paese sensibilità e culture diverse dalla nostra che non hanno certo favorito il percorso di crescita economica e di liberalizzazione del sistema produttivo e sociale. È così che è proliferata dannosamente l’ingerenza dello Stato considerato come una fonte di risorse per rispondere a qualunque richiesta, anche la più bizzarra, dei cittadini; non uno Stato regolatore dei rapporti fra i cittadini ma ente superiore destinatario di tutte le loro istanze e generosamente incline a soddisfarle imponendo tasse e ricorrendo al debito (cioè alle tasse future); non uno Stato collaborativo, al servizio della generazione della ricchezza, ma preoccupato solo di contenere le esternalità negative della produzione (cioè gli effetti dannosi), così da essere percepito, non a torto, più come un avversario che un alleato dell’iniziativa privata. Questa, diviene la mammella da mungere e, peggio ancora, i suoi spazi di libertà, e quelli degli individui, si restringono drammaticamente.
Ecco perché sogno che Bergamo sappia conquistare una leadership politica capace di riorientare i comportamenti di chi ha responsabilità di governo, ai diversi livelli in cui si declina, verso il servizio ai cittadini, verso la collaborazione con chi crea ricchezza, verso il rispetto degli individui e della loro libertà, anche quando questa si esprime nella dimensione economica. Bergamo ha anche eccellenze nel campo sociale e della solidarietà, e la capacità di conciliare questi profili dell’operare umano non può rimanere patrimonio esclusivo ed occulto dei bergamaschi.
Il punto non è tanto e solo nelle persone che si adoperano in politica, perché in fondo anche questa è una delega. Serve qualcosa a monte di questo: un movimento di idee che affermi i valori fondamentali della nostra terra e li proietti su livelli più ampi per farli diventare i principi guida delle nostre comunità locali e nazionale. Sono profondamente convinto che l’Italia non sarebbe nella difficile condizione in cui si trova se avessimo imposto come paradigma della politica nazionale il nostro modello di rigore, operosità e rispetto delle libertà di ciascuno, temperato dalla solidarietà. È importante esportarlo come e più del manufatti e dei servizi, e il veicolo è la politica. Non è poi un sogno così irrealizzabile, se è vero che nei decenni passati la nostra città coltivava importanti luoghi di elaborazione cultura e politica che proponevano proprio questi valori. Una delle persone che li animavano, e che avrebbe voluto rilanciarli, era l’avvocato Mario Caffi, recentemente scomparso. Ma tante altre risorse restano e voglio credere che si mobiliteranno per ribaltare le sorti altrimenti infauste del nostro Paese.

Mario Comana
*Ordinario di Economia degli Intermediari finanziari LUISS Guido Carli, Roma


Regione,
una legge
per fermare
il boom
di sagre 

Da eventi attesi tutto l’anno per interrompere la quotidianità a colpi di festa, si sono trasformate in un vero e proprio tormentone, con tendoni, tavolate e bracieri piazzati in ogni dove. Ad intralciare la crescita esponenziale di sagre e feste all’aperto è arrivata nei giorni scorsi sui tavoli della Regione una proposta di legge, depositata su iniziativa del consigliere regionale bergamasco del Popolo della Libertà, Alessandro Sorte, e sottoscritta dagli altri azzurri al Pirellone. Il documento integra ed emenda in cinque articoli il testo della Legge Regionale 6 del 2010 o Testo Unico del Commercio ed anticipa gli intenti di creare un gruppo di lavoro dedicato a questo tema da parte del presidente della commissione attività produttive lombardo. “La task force delle sagre – spiega Sorte – sarà costituita in Regione entro la fine del mese. Ogni anno si ripresenta la polemica tra ristoratori e organizzatori di sagre e feste con ristoro ed è necessario mettere ordine e dare regole ad un fenomeno che per molti versi appare fuori controllo. Con questa proposta di legge – continua il consigliere bergamasco – ho voluto esprimere la mia solidarietà agli esercenti che oltre a dover fronteggiare un calo dei consumi pesante, ogni estate vedono nelle sagre di paese un ulteriore motivo di preoccupazione per le loro attività. Non è possibile assistere alla proliferazione di feste che poco o nulla hanno a che fare con la tradizione e la cultura della nostra regione e sembrano a tutti gli effetti assimilabili a eventi meramente commerciali”.
Non mancano tutele alle sagre autentiche e storiche, che caratterizzano il nostro territorio e che lo arricchiscono: “Non si può negare che le manifestazioni estive con ristoro siano l’espressione più genuina di convivialità e socialità, oltre che un indice di tipicità del nostro territorio – sottolinea Sorte – Associazioni e gruppi si impegnano ad animare l’estate dei cittadini e il loro apporto è prezioso. Per tutelare la storicità delle manifestazioni la proposta di legge introduce una sorta di albo, che accredita le associazioni con alle spalle almeno tre anni di storia nell’organizzazione. Si impedisce così la possibilità di gruppi nati dalla mattina alla sera di improvvisarsi organizzatori di feste”.
Tra i limiti imposti, un netto taglio ai giorni di festa e il vincolo di annunciare la realizzazione dell’evento entro il 30 novembre per una migliore programmazione e pianificazione: “È anomalo che alcune feste durino anche venti, venticinque giorni, gravando in modo incisivo sulle frequentazioni dei locali, per non parlare di quelle che cadono puntualmente nei fine-settimana e durano anche cinque o sei week-end consecutivi. La proposta di legge che ho depositato fissa in dieci giorni consecutivi il termine massimo di durata. Ma i giorni scendono a tre ogni mille abitanti per ogni trimestre, limite innalzato a sette giorni ogni mille abitanti per i comuni al di sotto dei tremila abitanti e si abbassa ulteriormente a sei giorni per i comuni con un numero di abitanti compreso tra i tremila e gli ottomila”.
Non manca la tutela dell’ambiente: “Il nostro documento indica l’obbligo per l’associazione che organizza di avere un’idonea garanzia atta a coprire i costi di pulizia dell’area in cui si svolge la manifestazione. Inoltre dovrà essere siglata una convenzione per la copertura dei costi connessi alla regolazione del traffico, alla viabilità e alla sicurezza che richiedano l’impiego di agenti di polizia locale o di pubblica sicurezza”. Per sanare il “conflitto di interessi” tra costine e grigliate all’aperto e comizi politici, nel calderone delle sagre finiscono anche i partiti. Anche le feste all’aperto – dal Pd alla Lega – dovranno rispettare le regole: “Era impossibile ignorare le feste di partito – ammette Sorte – . Se la proposta di legge verrà presa alla lettera non ci saranno più feste di partito lunghe venti giorni. Rispetteranno né più né meno i termini di ogni altra manifestazione”. Le uniche deroghe riguardano celebrazioni religiose della Chiesa Cattolica o di altre confessioni (i cui rapporti siano regolati ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 8 della Costituzione della Repubblica Italiana), le istituzioni o organi dello Stato, della Regione o degli Enti locali, le manifestazioni organizzate da associazioni o organizzazioni combattentistiche o d’Arma e le manifestazioni pubbliche (tre giorni di durata massima) riconosciute come tradizionali da un provvedimento apposito della Regione.
Ora non resta che attendere che la proposta di legge venga presa in esame, con la solita incognita dei tempi di palazzo e rallentamenti burocratici, mentre il gruppo di lavoro dovrebbe iniziare a muovere i primi passi a giorni.


Treviglio, «i commercianti
non investono nel rilancio» 

Treviglio cerca di scongiurare un Natale a luci desolatamente spente e punta a riaccendere lo spirito di squadra tra i commercianti, per tirare le somme di quattro anni di lavoro del distretto urbano del commercio, nato nel 2009 grazie al primo bando regionale. La querelle sulle luminarie, che ha spinto il sindaco Giuseppe Pezzoni a “minacciare” di cancellare dal bilancio i 7.500 euro di contributi concessi dall’amministrazione per realizzare gli eventi del mercoledì sera, ha aperto una vera spaccatura nel mondo del piccolo commercio all’ombra del campanile. Sono solo 18 le adesioni finora raccolte, circa il 10% di quelle attese, un numero talmente esiguo da spegnere assieme alle luci le speranze di un rinnovato spirito corporativo tra i commercianti, incapaci di mettersi d’accordo neppure di fronte all’Avvento e al Natale.
Eppure le iniziative del distretto hanno dato risultati positivi, con un tangibile incremento delle vendite e della frequentazione delle vie del centro in concomitanza con gli appuntamenti organizzati: «Gli eventi appena conclusi dei mercoledì sera hanno avuto un successo mai riscontrato negli anni precedenti. È la dimostrazione più evidente dell’importanza del fare rete: quando si lavora insieme i risultati non mancano», sottolinea Max Vavassori, presidente dell’associazione Botteghe di Treviglio, che allarga le braccia di fronte al disinteresse e alla scarsa partecipazione dei commercianti. «Da sempre a Natale le vetrine e le vie si trasformano e anche i commercianti di Treviglio devono fare qualcosa. Di fronte all’immobilismo e alla scarsa partecipazione la Giunta ha minacciato di cancellare i contributi ad ogni iniziativa futura – ricorda il presidente delle Botteghe -. È avvilente vedere che solo pochi commercianti mettono in conto spesa 150 euro. Ho invitato a considerare che una spesa di nemmeno 3 euro al giorno, visto che l’accensione delle luminarie dura 45 giorni, è poca cosa se si considera di guadagnare anche solo 7 o 8 euro al giorno e sfido qualsiasi attività a non avere questi margini risicati. Nessuno nega che le difficoltà siano innumerevoli e che le tasse e gli aumenti siano insostenibili, ma 150 euro non bastano nemmeno per illuminare in modo degno il proprio negozio».
La scarsa partecipazione da parte dei commercianti si è resa evidente in occasione dell’ultima assemblea del distretto. «Se chi è coinvolto nel distretto non crede in prima persona nel vivacizzare le vie, chi ci deve credere? Bisognerebbe arrivare alla formalizzazione di una vera e propria tassa di scopo – continua Vavassori -. Se in un centro commerciale si organizza un’iniziativa ogni attività vi deve prender parte senza “se” e senza “ma”. La stessa cosa dovrebbe accadere con il distretto del commercio. È un peccato non avere la maturità e la volontà di darsi un’organizzazione da sé». La cifra richiesta è irrisoria, ma in ballo ci sono valori molto più grandi e preziosi, dallo spirito corporativo alla volontà di dare un segno alla città in un periodo di grande attesa come il Natale: «Non è possibile arrivare ogni anno alla rottura della cuffia per 50 centesimi al giorno – incalza -. I primi due anni dalla costituzione del distretto sono stati contraddistinti dall’entusiasmo e dal coraggio, ora perfino il contributo per illuminare a dovere la città sotto le feste sembra un balzello insopportabile. Urge un cambio di mentalità: bisogna fare rete per cercare di stimolare i consumi e riportare la gente nelle vie del centro. I commercianti non possono pensare che basti avere un negozio in centro per garantirsi una clientela affezionata». Se a Treviglio ognuno desse il proprio contributo basterebbe versare 70 euro per illuminare a festa il centro.
«La delusione più grande è vedere che gli sforzi non vengono ripagati. Sono stati spediti 250 inviti all’ultima riunione e sono stati contattati di vetrina in vetrina ben 150 commercianti, ma all’ultima assemblea hanno preso parte solo 18 imprenditori – rileva Gabriele Anghinoni, dell’angolo Verde, dal 1983 associato alle Botteghe, di cui è componente del consiglio -. Non si può andare avanti ad organizzare incontri ed eventi se le sale rimangono desolatamente vuote. Il contributo di tutti è importante, non è possibile che tutti facciano sentire la propria voce solo per lamentarsi quando non fanno nulla per cambiare le cose». La partecipazione alle iniziative del distretto arriva perfino da chi quattro anni fa ha scelto di non farne parte: «Il vero problema, spiace dirlo, sono i commercianti che criticano ogni iniziativa che viene fatta senza fare nulla. Pensano che il cliente entri nei loro negozi per volontà divina e anziché darsi da fare per tenerli stretti, criticano ogni iniziativa che invita frequentatori e cittadini a passeggiare sul territorio – sottolinea Luca Carioli, vicepresidente fino all’ultimo mandato delle Botteghe del Centro, titolare del negozio di calzature Kammi, che ha scelto di aderire alle iniziative del distretto senza farne parte -. Le luminarie sono solo la punta dell’iceberg, il problema prima di tutto è culturale. Rifiutando ogni evoluzione e cambiamento non si può combattere la crisi. Il distretto rappresenta la soluzione, ma non può funzionare se la base non ci mette del suo. Le associazioni stanno facendo un lavoro straordinario, ma ad un progetto fatto di sinergie e di impegno manca la convinzione della base».
Il presidente del distretto Roberto Ghidotti, che ha tenuto a battesimo i progetti di rivitalizzazione dei centri storici in città e provincia in rappresentanza dell’Ascom, richiama i commercianti alle “armi” per vincere la concorrenza con gli altri poli commerciali: «Non è possibile che un’iniziativa storica come l’illuminazione delle vie sotto Natale trovi i commercianti indifferenti, né è bene che molti vadano a rimorchio di tanti. Ognuno deve fare la sua parte. Le iniziative organizzate con gli sforzi e il contributo di molti, come le serate del mercoledì, hanno dato importanti riscontri, segno che quando si lavora per lo stesso obiettivo i risultati positivi non mancano». Per salvare il Natale e lasciarsi alle spalle questo momento di crisi per il distretto, bisogna attendere la fine del mese, termine ultimo per accendere assieme alle luci la speranza di un futuro luminoso per il distretto.


San Pellegrino, social network
e promozioni per riconquistare
la clientela giovane 

La sfida per informare i giovani sulle attività del Distretto del commercio di San Pellegrino passa dai social network e dalle applicazioni per smartphone. Il distretto Fontium et Mercatorum ha aperto lo sguardo sugli under 35 che vivono, studiano e lavorano nel distretto (San Pellegrino, Bracca, Oltre il Colle, Serina, Costa Serina e Cornalba), lanciando nei mesi scorsi uno studio su quasi 650 ragazzi. Ne è emerso che c’è molto da lavorare ancora per costruire un distretto su misura dei più giovani, fascia di potenziali frequentatori e clienti di particolare interesse per un’area che ha deciso di investire risorse ed energie su questo segmento grazie anche al contributo e al finanziamento della Direzione Generale Sport Giovani della Regione. L’indagine, condotta da TradeLab, mette in luce i migliori strumenti di comunicazione per raggiungere i giovani e svela le abitudini di acquisto, indicando i principali poli di attrazione ed evasione dei consumi. Senza grandi sorprese, l’informazione passa dal web, soprattutto mediante i social network (Facebook in testa, anche se non mancano i cinguettii via Twitter), consultabili in ogni dove grazie ai super-telefonini. Non manca una fetta di intervistati che auspica la creazione di una vera e propria App per eventi, concerti e tempo libero. Le maggiori criticità arrivano dai carrelli e dalle borse della spesa, con un’evasione davvero elevata verso i grandi centri commerciali ed altri comuni della Valle. Ad attutire il colpo e a tenersi più stretti i clienti sono ristoranti, agriturismo, bar e locali serali e notturni, mentre i dati più preoccupanti arrivano da abbigliamento e accessori ed elettronica di consumo. Ora non resta che trattenere i giovani sul territorio, con sconti ed iniziative dedicate. Il progetto presentato in Regione prevede infatti la realizzazione di una Carta Giovani del Distretto, unica per i sei comuni, che hanno scelto di fare sistema, che consentirà di accedere a servizi e vantaggi. La Carta prevede servizi per i giovani imprenditori (dal supporto nella creazione di nuove imprese al rilancio di quelle esistenti), sconti e agevolazioni per i consumatori e frequentatori dell’area e pacchetti turistici rivolti ai giovani sia come primi destinatari delle offerte che come erogatori di servizi.

Una generazione sempre connessa

Il 66% degli intervistati ha meno di 18 anni ed è leggermente prevalente nel campione la componente femminile (51,5%). L’84,9% studia, mentre il 13,2% si divide tra lavoro e studio. L’1,1% è in cerca di una prima occupazione, mentre lo 0,5% è disoccupato e lo 0,3% è assunto con un contratto a tempo indeterminato. Le nuove generazioni sono sempre connesse: quasi il 97% ha un pc con connessione internet a casa, mentre il 75,8% ha uno smartphone e il 32,5% un tablet; il possesso combinato di smartphone o tablet è del 79,4%. Internet è il pane quotidiano per il 95,1%, Facebook viene utilizzato abitualmente dall’82,3%, Youtube e Vimeo dal 77%. La posta elettronica occupa solo il quinto posto (56,9%), seguita dalle chat (da WhatsApp a Skype), dalle chiamate video e audio (23,4%) e da Instagram (20,1%) e Twitter (13,5%). Deboli Foursquare (0,5%) e Pinterest (0,6%).

Per conoscere le iniziative piacciono web e app

I portali rappresentano la principale fonte di informazione sugli eventi e le attività del territorio (80,9%) seguiti dal passaparola via Facebook (64,6%). Ma l’aggiornamento non è al massimo della costanza: per la metà del campione le visite sono addirittura meno di una volta al mese. Per promuovere gli eventi del territorio gli under 35 non hanno dubbi: l’82,8% invoca l’uso dei social network (Facebook e Twitter), l’8,4 si accontenta di un portale studiato però su misura delle esigenze dei giovani, mentre gli irriducibili dei super-telefonini vorrebbero un’App dedicata (4,5%). L’80,8% dei residenti e potenziali frequentatori del distretto mostra uno smaccato interesse per la promozione 2.0 con l’80,8% dei consensi. Il sito web continua a piacere ad una media, tra residenti e potenziali frequentatori, del 54,3%. Superiore di un soffio – con il 54,8% – l’interesse verso un’App dedicata.

Eventi e tempo libero in cima alla lista dei desideri

I giovani vorrebbero vedere un calendario di spettacoli e concerti più denso di appuntamenti (67%), maggiori iniziative sportive e per il tempo libero (60,1%) , iniziative di facilitazione dell’imprenditoria giovanile o finalizzate all’inserimento nel mondo del lavoro (45,6%). Seguono a distanza le iniziative sociali (26,3%) e quelle culturali e artistiche (18,4%).

Più affezionati a ristoranti e pubblici esercizi

L’interesse a ricevere aggiornamenti su sconti e promozioni da parte dei commercianti è buono, con una media del 57,1%. Il 40,6% di chi risiede nel distretto dichiara un forte interesse, il 33,6% nella media, mentre il 23,8% si dichiara indifferente nei confronti delle comunicazioni dei negozianti. L’evasione dei consumi è molto forte per abbigliamento, accessori ed elettronica. Anche sul fronte degli alimentari quasi la metà dei giovani fa spesa fuori dal Distretto, nei supermercati della Valle o nei grandi centri commerciali, da Curio ad Orio. Solo il 46,4 % infatti fa spesa sottocasa, mentre il 53,6% si muove per acquisti oltre i confini del distretto. I principali attrattori per i consumi alimentari sono Curno (43,4%) seguito da Orio al Serio (25%), San Giovanni Bianco (22,4%) e Zogno (15,8%). Il quadro allarmante arriva dall’abbigliamento e calzature: l’81,4% fa shopping fuori dal distretto, soprattutto ad Orio (56,5%) e Curno (51,3%), solo il 17,4 % va per vetrine in città. L’evasione dei consumi è quasi di massa per elettronica e hi tech: l’86,9% acquista altrove, soprattutto a Curno (44,2%), Zogno (37,5%) e Orio al Serio (34,2%). Bar, pub, discoteche ed altri locali di divertimento trattengono maggiormente sul territorio, con un buon 47,9% di fedelissimi. Altri poli del tempo libero e di ritrovo sociale per il 52,1% di chi abbandona i locali del distretto sono rappresentati da Zogno (41,9%), Bergamo (24,3%), Curno (14,9%) e Orio al Serio (10,8%). Il premio per la migliore fidelizzazione va ai ristoranti e agli agriturismo, con il 60,7% di clienti affezionati. La concorrenza a colpi di coltello e forchetta vede tra i principali sfidanti i locali cittadini (34%), seguiti da quelli di Zogno (20,8%) e Curno (13,2%).


Ekologi,
l’app che migliora
la raccolta
differenziata
dei rifiuti 

In tempi di spending review è la tecnologia a rendere più efficiente e moderna l’organizzazione delle Amministrazioni comunali. Dagli uffici della cooperativa La Ringhiera di Albino arriva infatti un’app per snellire i servizi ambientali ed ecologici e, allo stesso tempo, informare i cittadini sul corretto riciclaggio dei rifiuti. Si chiama Ekologi ed è scaricabile gratuitamente su smartphone e il suo obiettivo è quello di rendere più semplice e intuitiva la raccolta differenziata domestica.
«Stiamo portando a conoscenza di tutti i Comuni della Bergamasca questo metodo nuovo, innovativo e moderno per fornire tutte le informazioni necessarie sul corretto riciclaggio dei rifiuti – spiega Emidio Panna, presidente della cooperativa che conta 47 soci e 28 dipendenti ed è aderente a Confcooperative Bergamo -. Sono due i punti di forza su cui possono contare le amministrazioni locali. Il primo è l’utilizzo regolare nel tempo di questa applicazione da parte del cittadino che ne può usufruire sempre e ovunque grazie al proprio smartphone. Il secondo è visto come strumento con cui le amministrazioni comunali possono «legare a sé» i cittadini: oltre alle informazioni riguardanti la raccolta differenziata, Ekologi consente infatti al Comune di inviare notizie e notifiche push in tempo reale direttamente sul dispositivo».
Come funziona – La funzione principale di Ekologi è quella di dare indicazioni dettagliate sulla tipologia di appartenenza del singolo rifiuto e sul calendario di raccolta predisposto dal Comune. Inoltre, l’applicazione consente di avere tutti i dati a disposizione direttamente sul telefonino, compresi indirizzi e numeri telefonici utili. Ma non solo: scaricando Ekologi sul proprio cellulare si potrà consultare la mappa per raggiungere la piattaforma ecologica del proprio comune, avere le informazioni istituzionali con schede specifiche sui componenti dell’amministrazione comunale, i numeri telefonici e i contatti, l’indicazione della categoria assegnata dal proprio comune ad un rifiuto (utile in caso di dubbio su come smaltire un particolare rifiuto) e il calendario dei passaggi di raccolta con indicazione delle categorie ritirate nei 15 giorni successivi al giorno in cui si effettua la ricerca (nel caso di comuni suddivisi in più zone di raccolta, digitando la propria via o la propria zona d’appartenenza, in automatico verrà mostrato il calendario relativo).
Questo sistema non solo porterà ad un più rapido collegamento tra comune e cittadino ma consentirà anche notevoli risparmi sui costi dell’informazione che tutti gli anni i comuni devono affrontare per la stampa e la divulgazione di calendari di raccolta e opuscoli di informazione, oltre alla possibilità di aggiornamento istantaneo nel caso si verifichino cambiamenti di data per motivi diversi.
Gestione da parte del Comune – Il sistema prevede l’utilizzo di un piccolo e semplicissimo portale on line che consente al Comune di essere autonomo, ovvero di inserire e modificare tutte le informazioni rispetto a giorni di raccolta particolari (ad esempio in occasione delle feste infrasettimanali).
Inoltre, attraverso questo portale e all’app Ekologi, il Comune può veicolare ai propri cittadini brevi informazioni in tempo reale, siano esse relative alla raccolta differenziata o di altra natura. Tutte le informazioni sul sito www.laringhiera.org

LA SCHEDA

Dall’86 in prima fila
nella cooperazione sociale

Fondata ad Albino nel 1986, La Ringhiera ha gettato le radici nel settore della cooperazione sociale, inserendosi fortemente nella comunità locale. Costituitasi per iniziativa di 10 soci, tra cui l’attuale presidente Emidio Panna, negli anni la cooperativa è riuscita a consolidare un’esperienza tecnica e imprenditoriale che oggi la rendono una realtà importante nel panorama della cooperazione sociale d’inserimento lavorativo della provincia di Bergamo attraverso lo svolgimento di molteplici attività nel campo della gestione dei servizi legati alla raccolta e smaltimento rifiuti e dell’igiene urbana, realizzati anche fuori dalla Bergamasca. «A oggi seguiamo ben 22 Comuni di tutta la provincia – spiega Panna -. La nostra attività spazia dalla gestione della piattaforme ecologiche alla stesura dei regolamenti comunali per la raccolta dei rifiuti. Il tutto fornendo l’eventuale consulenza anche per la progettazione delle piattaforme». Oltre alle piattaforme ecologiche, infatti, la cooperativa ha contribuito a diffondere una maggiore consapevolezza dell’importanza della raccolta differenziata ideando i distributori automatici di sacchi: un servizio che oggi riguarda 25 Comuni bergamaschi e che permette di erogare fino a 10 tipi di sacchi, diversi sia per colore, dimensione o numero di sacchi della confezione, per un totale di 192 rotoli. Il tutto ovviamente con ritiro automatizzato tramite contanti, badge, tessera sanitaria o transponder. «La sensibilizzazione ecologica è una sfida a cui teniamo molto – conclude Panna -. Per questo non ci siamo limitati a erogare diversi tipi di servizi alla cittadinanza ma andiamo direttamente nelle scuole per educare le nuove generazioni sui temi dell’ecologia e del rispetto dell’ambiente. Ogni anno organizziamo dei percorsi extradidattici dove coinvolgiamo direttamente i ragazzi nell’organizzazione di laboratori e di attività specifiche».
Ecologia ma anche innovazione: oltre a fornire una serie di servizi nel campo dell’ecologia ambientale, la cooperativa sociale La Ringhiera ha elaborato anche software gestionali che abbracciano diversi campi di applicazione: «Abbiamo cominciato con un programma specifico per il settore ambientale, ideato per monitorare a livello remoto i dati della gestione delle singole piattaforme ecologiche e dei distributori dei sacchi – spiega Panna -. La richiesta da parte dei Comuni di poter gestire anche altre informazioni ci ha così spinto a ideare, tramite la collaborazione con altre società specializzate, nuovi software aggregati e ampliare la gamma di servizi per enti e cooperative».


Tra recupero
urbano e rilancio
della cultura
la svolta è possibile 

Di recente, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha nominato quattro nuovi senatori a vita:  l’architetto Renzo Piano, la ricercatrice Elena Cattaneo, il Nobel della Fisica Carlo Rubbia, il direttore d’orchestra Claudio Abbado. Non mi soffermerò sulle biografie dei nominati che tutti conosciamo bene , ma sul significato culturale e “politico” di queste nomine, che io leggo come un tributo alla scienza e alla ricerca, all’arte, alla conoscenza e alla valorizzazione della bellezza. Un riconoscimento, insomma, alle direttrici necessarie ed essenziali per l’Italia di domani. E, io credo, anche per Bergamo.
Il rapporto Ocse del 2001, che verrà aggiornato, già suggeriva, per la Bergamasca, di investire in ricerca, cultura e formazione. In quell’occasione Roberto Sestini chiarì bene il concetto: “Siamo belli, ricchi, ma poco dediti all’investimento nel sapere”. Da allora, nonostante la crisi, abbiamo fatto notevoli passi avanti sul questo fronte. Molti “soggetti” del territorio oggi navigano sicuri sulla rotta dell’innovazione e dell’internazionalizzazione: penso al Kilometro Rosso, al polo universitario di Bergamo, all’Istituto Mario Negri, a molte attività del nostro ospedale (dalla trapiantologia all’ematologia, dalla nefrologia al laboratorio di terapia cellulare, solo per citarne alcune) e all’Unità di ricerca per la Maiscultura. Tante altre innovazioni, sparse nel tessile come nella meccanica o elettronica, hanno portato alcune aziende del nostro territorio a diventate leader a livello internazionale. La domanda, allora, nasce spontanea: possiamo caratterizzare questo territorio per la ricerca e l’innovazione? Io penso di sì.
Se poi convintamente crediamo (e io lo credo) che la bellezza sia tra “le merci più ricercate”, Bergamo non manca di disponibilità paesaggistiche, monumentali e museali, né di patrimoni preziosi, nella pittura e nella musica, di Festival importanti da Bergamo Scienza a Bergamo Film Meeting.
L’Expo del 2015 deve costringere Bergamo a fare sistema (obiettivo sempre dichiarato e difficilmente perseguito), riconoscendosi e caratterizzandosi per alcuni fattori e promuovendosi nel tempo. In un’ottica simile, la cultura potrebbe diventare non solo volano del settore turistico, ma soprattutto un tratto distintivo di un territorio accogliente, che non teme le innovazioni necessarie per preservare e far conoscere la sua autenticità e storicità. Nel quinquennio tra il 2004 e il 2009 l’Amministrazione Bruni ha investito molte energie nel riconoscimento Unesco e nella caratterizzazione di Bergamo come la città di Gaetano Donizetti. Non era solo un dovuto tributo alla storia, ma un passo importante per costruire un’identità forte, che fosse riconoscibile nei circuiti culturali e turistici internazionali. Lo slancio verso questo percorso è stato, purtroppo, smorzato negli anni recenti, ma Bergamo può rimettersi in carreggiata e ripartire verso questo obiettivo.
Strettamente legato al rilancio della nostra città a livello internazionale, c’è il tema del recupero delle aree dismesse e della riqualificazione urbana. L’assenza quasi totale di concorsi internazionali per riprogettare i nuovi comparti urbani oltre a rappresentare una perdita di competitività è, come afferma Renzo Piano, “un altro schiaffo ai giovani talenti, con il limite di essere esclusi nella scala internazionale”. Ora, finalmente coscienti  che è finita la stagione della realizzazione di grandi insediamenti  abitativi, consapevoli che il suolo è un patrimonio da salvaguardare e che è sempre la bellezza, l’armonia, la vivibilità dei luoghi a garantire il ben-essere, dovremmo puntare alle periferie, alle aree in disuso, alla qualità delle ristrutturazioni, all’attenzione ossessiva per l’arredo e la qualità urbana, a sostenere i distretti del commercio e dei servizi qualificati, perché interi quartieri – molti dei quali a Bergamo ricchi di tessuto sociale e di progettualità – non siano appendice di un centro distante e distinto. 
In questi anni mi sembra smarrita la preoccupazione di porre rimedio all’inversione della curva demografica su cui anche la città di Bergamo si trova a fare i conti da tempo. La nostra città per essere più dinamica, più propensa all’apertura, economicamente e mentalmente più vitale, ha bisogno di giovani: dobbiamo fornire loro le ragioni e le opportunità per consentirgli di realizzare le loro ambizioni professionali e umane. Altrettanto, mi pare sia calata l’attenzione sull’emorragica chiusura di molti negozi di vicinato, con conseguente perdita di un ‘servizio’ e di un presidio sociale  per le famiglie e le classi più deboli. 
La relazione tra le persone, gli spazi e l’ambiente, l’accessibilità e la fruibilità dei luoghi, le sue connessioni con le reti di trasporto, oggi diventano un fattore di crescita anche economica fondamentale per tanti settori (penso all’edilizia e alla componentistica) che specialmente nel nostro territorio hanno pagato un prezzo inimmaginabile in questa crisi. Bergamo ha tutte le carte in regola per guardare con fiducia a un futuro di innovazione, di crescita e di apertura internazionale, mantenendo e rafforzando il senso e i rapporti di comunità, una ricchezza immateriale imprescindibile.

di Elena Carnevali
deputata del Partito Democratico


Immobili,
«ancora
eccessivi
i prezzi
dei negozi»

Tra gli immobili d’azienda, il mercato dei negozi, seppur in affanno, esprime ancora la maggiore vivacità e contiene i cali. A fronte di una crescita dell’offerta, anche se spesso di bassa qualità, si conferma la debolezza della domanda. I valori assoluti raggiunti dai prezzi di compravendita e di locazione restano comunque eccessivi – rileva la nuova edizione del Listino curato dagli agenti immobiliari bergamaschi della Fimaa Ascom – rispetto ai rendimenti attuali delle gestioni alle prese con una contrazione dei consumi senza precedenti. La difficoltà dell’accesso al credito allontana dal mercato i nuovi imprenditori, mentre il clima resta d’attesa per chi è in attività. Sono fermi al palo gli investimenti in nuovi punti vendita e non mancano tagli ai negozi non produttivi. La crisi spinge la diminuzione dei prezzi di compravendita dei negozi, sia pur con riduzioni meno importanti rispetto all’anno scorso: si va dal -3,1% in città al -3,6% in provincia. In calo anche gli affitti: -2,6% in città e -3% fuori. Il mercato è ancora movimentato dalla domanda per negozi nuovi e di pregio commerciale (localizzati nelle aree primarie del centro storico e nei centri commerciali) e dalle ubicazioni di elevata visibilità poste sulle arterie principali (con la conferma della Briantea come asse commerciale di interesse). Iniziano a vedersi segnali positivi a Bergamo Sud, tra effetto-ospedale Papa Giovanni XXIII e nuovi insediamenti. La crisi restringe le aree di interesse penalizzando soprattutto le zone malservite per mobilità e parcheggi. Le ubicazioni secondarie scontano altresì la riduzione della domanda per attività marginali, etniche e di servizi.
Per il mercato direzionale, in linea con gli immobili industriali, si chiude un anno tra i più difficili, con una domanda esigua di fronte ad un’offerta di spazi che non trova collocazione. Si consolida ormai da cinque anni il calo dei prezzi di compravendita, che prosegue più marcato in provincia (-4,6% contro il 4% in città), soprattutto nelle aree a forte vocazione industriale. Calano i canoni di locazione soprattutto in provincia (-3,8% contro il -3,3% in città). È l’effetto della bassa qualità degli immobili offerti in locazione, che riduce l’appetibilità per il trasferimento di imprese e professionisti. Il mercato regge per l’offerta di uffici di alta qualità, che resta tuttavia esclusiva. In generale i tempi medi di vendita e di locazione si sono ulteriormente allungati, superando l’anno (13,5 mesi) con un sconto sul prezzo richiesto che risulta significativo (19,5%). Il mercato degli immobili industriali si conferma in grave affanno. In calo il numero delle compravendite (-6,3%) e dei canoni di locazione (-5,6%). I tempi medi di vendita si sono allungati ed hanno superato l’anno (13 mesi) mentre lo sconto concesso è fortemente aumentato, toccando punte del 20% rispetto al prezzo richiesto.

Case, le quotazioni tengono solo nelle aree di prestigio

I prezzi delle case sono in diminuzione in città del 5,4 % e in provincia del 5,6%. «Le quotazioni – sottolinea Oscar Caironi, vicepresidente Fimaa – sono in discesa con prezzi sostanzialmente stabili solo per gli immobili delle aree prestigiose di Città Alta e del centralissimo di pregio (-0,3%). In calo i valori del centrale e dei borghi. Il semicentrale registra una diminuzione dei prezzi (-4,9%) ma non mancano valori stabili per immobili di qualità. In calo i prezzi della periferia, con -5,8%. La selezione si fa sempre più marcata e gli immobili nuovi o recenti evidenziano maggiore tenuta dei prezzi rispetto alle altre categorie». Anche in provincia i prezzi sono al ribasso rispetto al 2011: «I prezzi diminuiscono sia nei centri principali, dove si registra maggiore surplus d’offerta, sia nei comuni più piccoli. Tengono le quotazioni del segmento del nuovo e dell’offerta di qualità, mentre è in calo la domanda a scopo abitativo, alimentata dalle richieste di prima casa e di sostituzione improrogabile – continua Caironi -. In generale, l’atteggiamento delle famiglie verso la sostituzione è di selezione e di attesa. È ferma la domanda a scopo di investimento con lo spettro dell’inasprimento fiscale».

Le vie più ambite
In città i prezzi più alti li tocca via San Giacomo con 7mila euro al metro quadro, seguita da Colli di Bergamo (6mila), viale Vittorio Emanuele (5.500), via XX Settembre (4.500), via Statuto (4.500), via San Tomaso zona Accademia Carrara (3.500) e via Finardi (3.300). In provincia in cima alla classifica si attesta il centro di Treviglio (2.900 euro al metro quadro), seguito da Lovere centro (2.800), Clusone (2.800), Sarnico (2.800), Castione Dorga (2.700 euro), San Pellegrino Terme (2.600), Rovetta (2.500) e (Foppolo).

Rilancio per le locazioni
Se per le compravendite i prezzi sono in discesa, per le locazioni si registra invece un rilancio, alimentato dalla difficoltà di acquistare casa. L’accresciuta pressione fiscale spinge nel mettere a reddito gli immobili invenduti. Dopo cinque anni consecutivi di calo dei canoni si registra la sostanziale stabilità dei prezzi delle locazioni. In città gli affitti registrano una leggera diminuzione tra 0,5% e 1,5 %. I prezzi di locazione sono in diminuzione nei principali paesi della provincia, con una riduzione media dal 2 al 3% rispetto ai valori del 2011. Quanto ai prezzi, per un mono e bilocale la richiesta media in Città Alta è di 650 euro al mese, canone che scende a 600 euro nelle zone centrali di pregio per abbassarsi a 500 euro in centro e a 450 nei quartieri residenziali. In provincia si spendono in media dai 300 ai 500 euro al mese.

In discesa anche i box
I dati evidenziano una riduzione del numero delle compravendite di box in città, smentendo il dato dello scorso anno che evidenziava, in controtendenza, una crescita. Il dato segna inevitabilmente la correlazione tra il calo delle vendite di abitazione e quello di box, anche se non mancano acquisti di box – soprattutto singoli – per andare ad incrementare il valore dell’immobile. Calano i valori di compravendita, che avevano toccato punte significative soprattutto in provincia: si rileva un -5,6% nei comuni bergamaschi e un -5% in città. Si ritoccano – sempre al ribasso – anche i canoni di locazione: -3,1% in città e -3,6% in provincia.  Dare un tetto alle proprie auto non è una spesa per tutti. I prezzi per un box in città, nonostante i ribassi, vanno dai 40mila euro nella zona piscine e Conca d’Oro ai 100mila in Città Alta, per scendere tra i 70 e i 75mila euro nelle zone centrali di pregio e nelle aree meno esclusive di Bergamo Alta.