Regione, 
una legge 
per fermare 
il boom 
di sagre 

Regione, una legge per fermare il boom di sagre 

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Da eventi attesi tutto l’anno per interrompere la quotidianità a colpi di festa, si sono trasformate in un vero e proprio tormentone, con tendoni, tavolate e bracieri piazzati in ogni dove. Ad intralciare la crescita esponenziale di sagre e feste all’aperto è arrivata nei giorni scorsi sui tavoli della Regione una proposta di legge, depositata su iniziativa del consigliere regionale bergamasco del Popolo della Libertà, Alessandro Sorte, e sottoscritta dagli altri azzurri al Pirellone. Il documento integra ed emenda in cinque articoli il testo della Legge Regionale 6 del 2010 o Testo Unico del Commercio ed anticipa gli intenti di creare un gruppo di lavoro dedicato a questo tema da parte del presidente della commissione attività produttive lombardo. “La task force delle sagre – spiega Sorte – sarà costituita in Regione entro la fine del mese. Ogni anno si ripresenta la polemica tra ristoratori e organizzatori di sagre e feste con ristoro ed è necessario mettere ordine e dare regole ad un fenomeno che per molti versi appare fuori controllo. Con questa proposta di legge – continua il consigliere bergamasco – ho voluto esprimere la mia solidarietà agli esercenti che oltre a dover fronteggiare un calo dei consumi pesante, ogni estate vedono nelle sagre di paese un ulteriore motivo di preoccupazione per le loro attività. Non è possibile assistere alla proliferazione di feste che poco o nulla hanno a che fare con la tradizione e la cultura della nostra regione e sembrano a tutti gli effetti assimilabili a eventi meramente commerciali”.
Non mancano tutele alle sagre autentiche e storiche, che caratterizzano il nostro territorio e che lo arricchiscono: “Non si può negare che le manifestazioni estive con ristoro siano l’espressione più genuina di convivialità e socialità, oltre che un indice di tipicità del nostro territorio – sottolinea Sorte – Associazioni e gruppi si impegnano ad animare l’estate dei cittadini e il loro apporto è prezioso. Per tutelare la storicità delle manifestazioni la proposta di legge introduce una sorta di albo, che accredita le associazioni con alle spalle almeno tre anni di storia nell’organizzazione. Si impedisce così la possibilità di gruppi nati dalla mattina alla sera di improvvisarsi organizzatori di feste”.
Tra i limiti imposti, un netto taglio ai giorni di festa e il vincolo di annunciare la realizzazione dell’evento entro il 30 novembre per una migliore programmazione e pianificazione: “È anomalo che alcune feste durino anche venti, venticinque giorni, gravando in modo incisivo sulle frequentazioni dei locali, per non parlare di quelle che cadono puntualmente nei fine-settimana e durano anche cinque o sei week-end consecutivi. La proposta di legge che ho depositato fissa in dieci giorni consecutivi il termine massimo di durata. Ma i giorni scendono a tre ogni mille abitanti per ogni trimestre, limite innalzato a sette giorni ogni mille abitanti per i comuni al di sotto dei tremila abitanti e si abbassa ulteriormente a sei giorni per i comuni con un numero di abitanti compreso tra i tremila e gli ottomila”.
Non manca la tutela dell’ambiente: “Il nostro documento indica l’obbligo per l’associazione che organizza di avere un’idonea garanzia atta a coprire i costi di pulizia dell’area in cui si svolge la manifestazione. Inoltre dovrà essere siglata una convenzione per la copertura dei costi connessi alla regolazione del traffico, alla viabilità e alla sicurezza che richiedano l’impiego di agenti di polizia locale o di pubblica sicurezza”. Per sanare il “conflitto di interessi” tra costine e grigliate all’aperto e comizi politici, nel calderone delle sagre finiscono anche i partiti. Anche le feste all’aperto – dal Pd alla Lega – dovranno rispettare le regole: “Era impossibile ignorare le feste di partito – ammette Sorte – . Se la proposta di legge verrà presa alla lettera non ci saranno più feste di partito lunghe venti giorni. Rispetteranno né più né meno i termini di ogni altra manifestazione”. Le uniche deroghe riguardano celebrazioni religiose della Chiesa Cattolica o di altre confessioni (i cui rapporti siano regolati ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 8 della Costituzione della Repubblica Italiana), le istituzioni o organi dello Stato, della Regione o degli Enti locali, le manifestazioni organizzate da associazioni o organizzazioni combattentistiche o d’Arma e le manifestazioni pubbliche (tre giorni di durata massima) riconosciute come tradizionali da un provvedimento apposito della Regione.
Ora non resta che attendere che la proposta di legge venga presa in esame, con la solita incognita dei tempi di palazzo e rallentamenti burocratici, mentre il gruppo di lavoro dovrebbe iniziare a muovere i primi passi a giorni.