“Polenta taragna
orobica”,
su Affari di Gola
il progetto di rilancio
in vista dell’Expo

Semplice e golosa, la polenta taragna è un piatto che non conosce crisi. Ora Bergamo la vuole valorizzare cominciando dagli ingredienti: i mais locali Spinato di Gandino, Rostrato rosso di Rovetta e Nostrano dell’Isola e i fiori all’occhiello della tradizione casearia, Branzi, Formai de mut Dop e Bitto storico. Nascerà così la “Polenta taragna orobica”, ricetta da sfoggiare anche per l’Expo, oltre che in una nuova manifestazione che arriverà in città a novembre. Del progetto si occupa il nuovo numero di Affari di Gola, il mensile dedicato all’enogastronomia bergamasca, in edicola e on line da questa settimana.
La rivista dà anche spazio alla rinnovata polemica tra ristoratori e sagre e indaga sui prezzi delle birre artigianali, con i pareri dei produttori bergamaschi e di chi le degusta e vende. Chi è alla ricerca di nuovi locali potrà scoprire la Locanda dei Nobili Viaggiatori, aperta a Malpaga nel maniero che fu quartier generale del Colleoni, mentre in Valle Imagna la novità è rappresentata dal sito Agrimagna.it, un unico punto di riferimento per fare acquisti da dieci piccoli produttori. Sul fronte professionale, Chicco Cerera e Alessandro Pipero anticipano il confronto tra chef e maître previsto a Pianeta Gormarte, a dicembre in Fiera. Tutte da leggere anche le esperienze del gruppo bergamasco di “Civiltà Contadina”, impegnato nella tutela e riscoperta delle antiche coltivazioni, e quella di Iride e Laura, che hanno portato i casoncelli in Islanda aprendo un pastificio a Reykjavik.


Etichettatura
dei prodotti tessili,
dall’Ascom un incontro
e un “kit” in soccorso
dei commercianti

Si presenta a Bergamo il Progetto SOS Etichettatura. L’iniziativa è realizzata dalla Federazione Moda Italia in collaborazione con Ascom Bergamo e si propone di aiutare l’imprenditore nell’evitare pesanti sanzioni in caso di etichettatura dei prodotti tessili, secondo quanto stabilisce l’entrata vigore del nuovo regolamento europeo relativo alla denominazione delle fibre tessili e dei pellami e alla loro etichettatura.
L’appuntamento è in programma lunedì 23 settembre alle ore 9.30 nella sala Villa dell’Associazione commercianti cittadina (via Borgo Palazzo 137) e per l’occasione sarà presente Massimo Torti, segretario generale di Federazione Moda Italia.
Secondo la recente normativa, l'obbligo dell'etichettatura dei prodotti tessili e di pelletteria scatta nel momento in cui la merce viene venduta al pubblico e, pertanto, ricade sul dettagliante l'onere di vendere il prodotto secondo quanto stabilito dal provvedimento ed è pertanto il dettagliante l'oggetto di sanzioni e ritiro della merce non a norma di legge.
Per questo la Federazione nazionale e Ascom si stanno adoperando affinché la responsabilità della corretta etichettatura ricada, come sarebbe logico, sul produttore e non sul rivenditore; e per affrontare l'emergenza è stato predisposto un kit chiamato “SOS Etichettatura”, che contiene tutte le informazioni e le indicazioni per tutelare il venditore al dettaglio in caso di controlli.
Nel Kit – che sarà presentato lunedì e consegnato gratuitamente ai presenti – l’imprenditore troverà un prontuario informativo di carattere generale sulle norme in tema di etichettatura dei prodotti tessili e moda viste dal lato del commerciante; un vademecum con consigli pratici sui comportamenti da tenere al momento dell’ordine dei capi, alla ricezione della merce, in caso di controlli da parte della Polizia locale, della Guardia di Finanza e della Camera di Commercio ed in caso di sequestro della merce; un cartello multilingue da esporre nei camerini con l’elenco delle fibre tessili; il timbro da apporre sulle copie commissioni al momento dell’ordine della fornitura; il fac-simile di una lettura predisposta da un consulente legale per la segnalazione al produttore/fornitore di vizi di etichettatura riscontrati su capi controllati a campione in negozio o a seguito della consegna della merce; e il fac-simile di lettera, sempre predisposta da un consulente legale, per la richiesta al produttore/fornitore di danno emergente e lucro cessante in caso di controllo e/o di eventuale sequestro dei prodotti operato dagli Organismi deputati.
Per informazioni sul progetto e sull’incontro di lunedì 23 settembre è possibile inviare un’email a info@ascombg.it; telefonare allo 035 4120304 oppure scaricare il modulo di iscrizione gratuita dal sito di Ascom Bergamo (www.ascombg.it).


Gli agenti di commercio
abbattono le frontiere.
In Fiera il confronto
sui mercati
internazionali

La Federazione Nazionale delle Associazioni di Agenti e Rappresentanti di Commercio –Fnaarc e Agent 321, Bureau internazionale degli Agenti di Commercio, Rappresentanti e Distributori, associazione internazionale al servizio degli agenti di commercio in tutto il mondo, saranno presenti alla prima edizione di Fer-Expo, la Fiera italiana della Ferramenta, in calendario da mercoledì 18 a giovedì 19 settembre presso il polo fieristico di via Lunga.  La Federazione sarà presente con il corner Forum Agenti, format ormai collaudato presente nei più disparati contesti fieristici e reduce dal grande successo ottenuto alla Nuova Fiera di Roma lo scorso maggio. L’area sarà un punto di riferimento per tutti gli agenti di commercio che potranno avvalersi di servizi gratuiti oltre che proporsi per assumere nuovi mandati da parte di aziende italiane e straniere alla ricerca di forza vendita. L’internazionalizzazione della figura dell’agente si inserisce nella cornice  di respiro europeo che FerExpo ha voluto creare grazie alla partecipazione di Fediyma, la Federazione europea delle associazioni dei produttori DIY e della Edra, la European DIY Retail Association, rappresentata dal suo Direttore degli affari europei. Alisdair Gray, tra gli ospiti d’onore in fiera e tra i relatori che si succederanno sul palco di FerExpo. L’internazionalizzazione sarà al centro del convegno “Agenti senza frontiere”, in programma il 19 settembre dalle 10.30 alle 13. Ad aprire i lavori del primo appuntamento organizzato quest’anno dalla Fnaarc provinciale, sarà il neopresidente Massimo Bottaro. Seguirà l’intervento del presidente Fnaarc Roma Thor Evans Carlson che farà il punto su “Il ruolo dell’agente di commercio in questo momento di crisi”. Alle 11 si sbroglieranno cavilli e clausole con l’angolo legale: l’avvocato della Fnaarc, Lorenzo Bianchi, terrà un approfondimento sulla “cessazione del contratto e dell’indennità di fine rapporto”. La vicepresidente Fnaarc Milano Simonetta Maffizzoli inviterà gli agenti ad abbattere le frontiere illustrando le potenzialità dell’internazionalizzazione. “Il seminario rappresenta un’importante occasione di confronto su varie tematiche- sottolinea il presidente provinciale degli agenti e rappresentanti di commercio Massimo Bottaro- . La crisi sta portando le aziende a stipulare contratti sempre più personalizzati che non fanno che complicare la vita di noi agenti, chiamati a destreggiarci tra clausole e cavilli, a partire dal patto di non concorrenza, che rendono ancora più difficile affrontare questo momento di crisi, senza contare l’avversità del regime fiscale”.
L’ingresso a FerExpo e la partecipazione al convegno sono gratuiti per gli agenti di commercio.


«Il fisco è caotico e spesso vessatorio.
Noi commercialisti dobbiamo reagire»

“Serve maggiore tutela della nostra professione nei confronti di un Fisco sempre più caotico e, spesso, vessatorio”. A lanciare l’appello è Angelo Pellicioli, membro del Comitato nazionale che gestisce il nuovo “Coordinamento sindacale unitario dei commercialisti”. Già, perché dal 23 marzo scorso i contabili italiani, e quindi anche orobici,  possono contare su un’organizzazione che riunisce, sotto una sola sigla, sette associazioni rappresentative della categoria. Una svolta storica per gli addetti alla professione contabile che d’ora in poi avranno un unico referente per le loro istanze. “Con un ritardo di alcuni decenni – spiega Pellicioli – ci si è finalmente resi conto che per essere veramente incisivi con le istituzioni statali e periferiche, occorreva dar vita a un organismo sindacale unitario che intervenisse, compatto e con adeguato peso, in ogni circostanza concernente i problemi della categoria dei commercialisti”.
Pellicioli, la questione fiscale resta uno dei nodi principali da sciogliere per la vostra professione…
“I commercialisti, a differenza degli avvocati, non sono sufficientemente rappresentati, a causa della loro esigua presenza in Parlamento. Quindi non possono far valere in tal sede tutte le loro istanze e le loro indicazioni. Con il risultato che ci si ritrova, da almeno quarant’anni, con una vera e propria babele legislativa fiscale, sempre più caotica e farraginosa. Tutto ciò incide, non di poco, sui rapporti tra fisco e contribuente, rapporti che, rebus sic stantibus, rivelano, purtroppo, da parte del primo una tendenza ad ascoltare sempre meno e a imporre sempre di più”.
Per la prima volta le sigle sindacali dei commercialisti hanno deciso di riunirsi in un unico Coordinamento, al fine di rendere ancora più incisiva l’azione di tutela dei colleghi iscritti all’Ordine. Quali associazioni ne fanno parte?
“Il Coordinamento è composto da sette associazioni che manterranno comunque le loro rispettive autonomie e sigle, ovvero: Adc (Associazione dottori commercialisti), Aidc (Associazione italiana dottori commercialisti), Anc (Associazione nazionale commercialisti, Andoc (Associazione nazionale dottori commercialisti), Ungdcec (Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili); Ungraco (Unione nazionale giovani ragionieri commercialisti) e Unico (Unione italiana commercialisti). Gli iscritti sono oltre 120mila”.
Da chi è gestito il Coordinamento sindacale?
“È gestito da un apposito Comitato a cui partecipano, oltre ai sette presidenti delle rispettive associazioni aderenti, altri quattro membri ricoprenti deleghe istituzionali all’interno di esse”.
Più servizi per gli iscritti ma anche maggiori tutele, quindi?
“Certo. Tra i nostri obiettivi c’è l’istituzione di un osservatorio nazionale permanente che verifichi l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dei rapporti fra istituzioni ordinistiche nazionali e locali e gli iscritti. Questi ultimi contribuiscono, con una sostanziosa quota annua, al mantenimento delle medesime. A fronte del versamento di tale contributo è quindi diritto di tutti gli associati non solo godere di adeguati servizi, di appropriate tutele e di prerogative professionali certe, ma pure conoscere, anche nei minimi dettagli, come tale contributo venga utilizzato”.
Uno degli argomenti più dibattuti è quello della mancata osservanza della Legge 212/2000, il cosiddetto “Statuto del Contribuente”, che l’ordine dei commercialisti ha proposto a più riprese di elevare a legge costituzionale…
“Ad oltre dieci anni dalla sua entrata in vigore, il contenuto normativo dello Statuto del contribuente è stato più volte (oltre 200) vanificato e violato da deroghe espresse contenute in altrettante successive Leggi ordinarie dello Stato. Con la conseguenza che uno strumento che doveva garantire ai contribuenti certezza del diritto tributario e piena trasparenza nei rapporti fra contribuenti e fisco ha finito per essere relegato ad una semplice dichiarazione d’intenti. Occorre quindi provvedere, al più presto, per far sì che tale Statuto svolga, effettivamente e pienamente, le funzioni per le quali è stato emanato. E questo lo si può fare solo elevandolo al rango di legge costituzionale. Di modo che nessun’altra legge ordinaria dello Stato possa sminuirne la portata. Senza tale improrogabile intervento, questioni quali, per esempio, l’abuso del diritto, l’elusione fiscale, l’interposizione soggettiva fiscale, e quant’altro, non faranno altro che accrescere caos ed incertezze interpretative in un campo già oberato, di suo, di innumerevoli incomprensioni e di palesi contraddizioni in termini”.
Cosa ne pensa degli attuali criteri relativi alla formazione permanente obbligatoria degli iscritti?
“Nel pieno rispetto delle nuove norme che hanno recepito le più  recenti direttive europee, occorre intervenire, sostanzialmente, sul modo, sui metodi e sulle esclusive nell’organizzare e gestire i corsi di formazione professionale. Corsi che oggi non solo non godono, purtroppo, della loro caratteristica peculiare: cioè di un riscontro effettivo sul grado di adeguata preparazione, non essendo previsti alcuna prova o esame finale, ma che spesso non riescono neppure ad  accertare l’effettiva presenza dei corsisti. Di questo si è reso conto anche l’Ordine di Bergamo che, con una recente informativa agli iscritti, è intervenuto sulla questione, avvalorando, in tal modo tale notevole defaillance. Ma questo è ben poca cosa”.
Quali cambiamenti servirebbero?
“Devono essere, per esempio, accettati come validi ai fini formativi, i titoli di laurea e gli esami universitari, o master, avvenuti successivamente all’iscrizione all’albo, e relativi a materie inerenti la professione (unici corsi peraltro dotati, in forza di esami, di reale riscontro sulla preparazione del professionista); ciò che, invece, ora non avviene o avviene in misura del tutto insignificante. Occorre pure, a mezzo dei suddetti corsi formativi, scendere in campo pratico coinvolgendo cioè professionisti e aziende in percorsi comunemente formativi, utili soprattutto per far emergere e segnalare realtà e problemi comuni ad ambedue le categorie. Ho già steso, a riguardo, un progetto in merito denominato “progetto ponte” che presenterò quanto prima al Comitato”.
Di cosa si tratta?
“Il progetto si propone di eliminare lo scollamento esistente fra scuola e lavoro e, più in specifico, fra professionisti e azienda. Altri argomenti oggetto di studio e di approfondimento da parte del Comitato riguardano la revisione legale, secondo le più recenti norme emanate, una seria riforma del Contenzioso tributario, dell’istituto della mediazione tributaria, della conciliazione tributaria e dell’autotutela”.
È vero che i commercialisti sono fra i pochi che si salvano in questo momento particolarmente difficile per la nostra economia?
“No, nel modo più assoluto. La nostra categoria è stata sì, l’ultima, in ordine di tempo, a soffrire della crisi in atto, ma ne è stata pienamente coinvolta. I ritardi nei pagamenti delle prestazioni, da parte dei clienti, sono ormai all’ordine del giorno e così pure gli insoluti, che aumentano sempre di più. Conosco situazioni precarie di piccoli studi ove i colleghi, per lo più giovani, pensano seriamente di abbandonare la professione”.
Chi se la cava?
“Si stanno salvando i grossi studi storici e quelli che hanno impostato, già da anni, il lavoro su appropriate specializzazioni. Proliferano, invece, gli incarichi di procedure concorsuali, peraltro riserva di pochi iscritti, ma questo è un aspetto della professione che non mi è mai interessato. Sono sempre stato convinto, infatti, che il commercialista eserciti veramente la sua professione quando contribuisce, con imprese e lavoratori, ad incentivare il progresso economico e sociale del Paese; e non diversamente. Ma questa, lo ribadisco, resta una mia personale opinione”.   


La denuncia di Caffi diventi
un’urgenza per Bergamo

Nemmeno il tempo di segnalare, amaramente, come nella ricca Bergamo manchino i mecenati (quantomeno del tipo di Giovanni Arvedi che a Cremona ha messo sul tavolo 12 milioni di euro per realizzare il Museo del Violino), e arriva la notizia della scomparsa di Mario Caffi. Una figura per tanti aspetti unica nel panorama cittadino, quella dell’avvocato d’affari spentosi la scorsa settimana.
Lui non era un mecenate, ma interpretava un ruolo non meno importante in una comunità: quello che gli inglesi definiscono del “civil servant”. Era cioè una persona che non si limitava a cogliere i copiosi frutti del suo lavoro e delle sue riconosciute capacità professionali, ma sapeva mettersi al servizio, in diversi modi e con vari ruoli, della società.
La vastità dei suoi interessi è stata ben riassunta negli articoli giornalistici che sono usciti in occasione della morte: lo studio professionale, l’Università, l’Atalanta, le grandi mostre, l’Aci, la Camera di Commercio, la Banca Popolare di Bergamo. Ma quel che forse merita di essere maggiormente sottolineato è altro. È la passione civile di un uomo che voleva un bene dell’anima alla sua terra senza perdersi in inutili e antistorici folklorismi, l’instancabile desiderio di aiutare i giovani a crescere, la capacità di affiancare con consigli disinteressati assessori e sindaci.
Com’è ovvio, la sua vita era concentrata soprattutto sul lavoro, i pareri legali per tante imprese, i contenziosi, le rogne da sbrogliare. Ma i suoi occhi si illuminavano quando parlava delle sue passioni. Lo sport (sci e Atalanta), la cultura (aveva guidato la società del Comune nel periodo delle grandi mostre), ma soprattutto la sua città. Che forse, se si fosse piegato a qualche compromesso, avrebbe anche potuto guidare come sindaco.
Ne avrebbe avuto le qualità. Una, soprattutto: l’equilibrio.
Che gli derivava da un’altra caratteristica non comune: la capacità di ascoltare. Aveva le sue idee, certo. Repubblicano fin da ragazzino, liberale per scelta e per intima convinzione, lontano dagli opposti estremismi, era attento alle ragioni di chi la pensava in modo diverso. E anche quando andava in contraddittorio con qualcuno lo faceva con parole arrotondate e, quand’anche fossero vivaci, mai contundenti.
Credeva nella libertà e la praticava con scelte controcorrente per un esponente dell’alta società (anche se lui si è sempre considerato estraneo). Credeva nel pluralismo, aveva la curiosità di conoscere chi usciva dal coro conformista di una città abituata a ricevere il Verbo dall’alto. E garantiva il suo sostegno, diretto e indiretto, incurante dei problemi che pure avrebbero potuto creargli.
Tutto questo per dire, lungi dall’erigere un monumento ad una persona che come tutti aveva anche i suoi inevitabili difetti (ma su questi si può esprimere solo chi gli ha vissuto o lavorato a fianco), che figure con queste caratteristiche non se ne vedono molte a Bergamo e dintorni. Specie nei mondi che erano quelli di Mario Caffi e che da sempre faticano a rinunciare ad un poco del proprio legittimo “particolare” a beneficio della comunità civile in cui vivono. 
Lui ha dato un esempio. Altri potrebbero magari fare anche di più e meglio. L’avvocato per primo non ne sarebbe stato geloso. Anzi, proprio negli ultimi tempi era diventato pessimista. Guardandosi attorno, si era reso conto che in troppi ambiti della società bergamasca domina una certa mediocrità. Aurea, dirà qualcuno, ma pur sempre mediocrità. E il suo desiderio, anche con forze fiaccate, era di poter dare una mano a crescere nuove leadership. Ora che anche Caffi non c’è più, quest’esigenza si è fatta ancora più forte. 


Sciopero del personale Aprica
A rischio la raccolta dei rifiuti a Bergamo

Venerdì 20 settembre a Bergamo e nei comuni serviti da Aprica è a rischio la raccolta dei rifiuti per lo sciopero dei lavoratori della sede di Bergamo proclamato dalle organizzazioni sindacali del settore – Fp Cgil, Fit Cisl e Fiadel. Lo stato di agitazione e l’astensione dal lavoro per 24 ore (proclamati nel pieno rispetto dei termini di preavviso e delle modalità di attuazione previsti dalla L. 146/90, così come modificata dalla L. 83/2000, dalla provvisoria regolamentazione di settore e successive deliberazioni della Commissione di Garanzia del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali) sono dovuti al licenziamento e alla mancata ricollocazione di due lavoratori a seguito della perdita dell’appalto del Comune di Mozzo e alla non volontà delle aziende interessate di risolvere il grave problema che si è così venuto a creare, aggravato dalle difficoltà occupazionali dei due lavoratori. I sindacati denunciano inoltre l’incoerenza tra le dichiarazioni di Aprica sul potenziamento del servizio di raccolta rifiuti ed il licenziamento di due lavoratori concretamente attuato e la non chiarezza delle regole sugli appalti.
«La protesta sindacale per mezzo del diritto di sciopero – spiegano i rappresentanti delle tre sigle – è sempre l’ultima strada che un’associazione che rappresenta i suoi lavoratori, e il lavoro nella dimensione sociale dei suoi iscritti, intende percorrere per giungere a una soluzione indolore per azienda e prestatori di lavoro. Quando le trattative non giungono a risultati, forse perché i risultati non si ha interesse a ottenerli, lo scontento è collettivo».
La decisione di scioperare arriva perciò dopo una serie di eventi e scelte all’interno di Aprica S.p.A., società del Gruppo A2A che si occupa della raccolta e smaltimento dei rifiuti nelle province di Brescia, Bergamo, Como e Mantova. «Aprica, insieme ai propri dipendenti ha, nell’ultimo decennio, sempre cercato di dare il meglio a livello professionale per rendere la città di Bergamo dignitosa e accogliente con la soddisfazione e l’approvazione dei propri cittadini – spiegano i sindacati -. Il volenteroso lavoro dei suoi dipendenti conseguiva dal clima di reciproco rispetto e, contemporaneamente, dalla correttezza gerarchica con cui gli apici della società hanno gestito i rapporti con i lavoratori». Il meccanismo si è inceppato di fronte alle strategie di A2A. «La controllante – dicono i promotori della protesta – ha iniziato a “eliminare” quei rami d’azienda ritenuti “secchi” e non più produttivi, soprattutto a scapito dei prestatori di lavoro. Infatti, attraverso la stipulazione di accordi sindacali interni, i termovalorizzatori e gli impianti di smaltimento sono stati assorbiti nel gruppo principale di A2A, e, per quanto riguarda gli operatori ecologici (ritenuti un ingente costo per l’azienda) è stata creata la filiera ambiente, ramo secco e presunta “organizzazione funzionalmente autonoma” di cui si è tenuto sempre meno conto e che si ha avuto interesse a non coltivare».
Concretamente, i sindacati contestano il metodo, ritenuto «scorretto nel selezionare (dai vari comuni in appalto) lavoratori giovani e con qualifiche minori che, allo scadere dell’appalto, vengono “ripescati” e inseriti nell’elenco del personale da essere assunto dall’azienda aggiudicatrice del nuovo appalto. Mentre per i dipendenti vicini alla pensione, inidonei, o per gli operatori ritenuti scomodi per ragioni molteplici, l’appalto non viene rinnovato e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sembra essere l’ordinario evolversi della vicenda (ma è quanto meno singolare che un colosso operante anche oltre il territorio nazionale, come A2A, abbia problemi di tipo oggettivo nel mantenere la forza lavoro)».
Il caso più eclatante è proprio quello di Mozzo, che ha acceso la protesta sindacale. «L’appalto è stato acquisito presso il Comune di Mozzo a zero personale – ricordano i rappresentanti dei lavoratori -. Sono stati inseriti quattro dipendenti di Aprica e, al momento della scadenza, non è stato garantito il rinnovo per tutti e quattro i lavoratori presso la nuova aggiudicatrice, che si è resa disponibile ad assumerne solo due, indovinate se quelli con maggiore o minore  anzianità aziendale? Naturalmente i secondi … gli altri … li licenziano !!!!»


Macellai,
è di Bagnatica
il miglior
carpaccio

È andato a Bagnatica, alla macelleria Mag di Claudio Moretti, l’assegno di 500 euro messo in palio dal Credito Bergamasco per la terza edizione del concorso tra i macellai bergamaschi promosso dal Gruppo Ascom in collaborazione con la Promoberg nel corso della Fiera di Sant’Alessandro. La gara puntava a valorizzare la capacità di selezione e lavorazione della carne e a promuove gli allevamenti del territorio, chiamando i partecipanti a realizzare un carpaccio di magatello a regola d’arte scegliendo esclusivamente tra bovini cresciuti in provincia di Bergamo.
Il vincitore Claudio Moretti ha puntato sulle carni dell’azienda agricola Milesi Annalisa di Brusaporto. Al secondo posto si è classificato Luciano Pandolfi, dell’omonima macelleria di Cologno al Serio che ha scelto l’allevamento Chiapparini Angelo di Martinengo. Terzo Luca Mangili, della macelleria Mangili Mario di Paladina, che ha si è affidato all’azienda agricola Mangili Oliviero di Bergamo (Madonna della Castagna). 


Regione, 3 milioni alle pmi
per sostenere ricerca e brevetti

Stimolare l'innovazione delle piccole e medie imprese, favorendo la partecipazione a programmi di ricerca e sviluppo europei, la valorizzazione del capitale umano e il sostegno ai processi per l'ottenimento dei brevetti. E' questo l'obiettivo del bando “Voucher ricerca e innovazione e contributi per i processi di brevettazione – edizione 2013”, cui Regione Lombardia ha deciso di aderire stanziando 3 milioni di euro.
L'iniziativa, approvata dalla Giunta lombarda su proposta dell'assessore alle Attività produttive, Ricerca e Innovazione Mario Melazzini, si svolge nell'ambito dell'Accordo di programma per la competitività, firmato nel 2010 con il Sistema camerale lombardo, che stanzia, a sua volta, 2,97 milioni di euro. La dotazione complessiva del bando è dunque di 5,970 milioni di euro. Tra il 2011 e il 2012 sono già stati concessi complessivamente circa 1.700 voucher e contributi, con un investimento complessivo di oltre 10 milioni di euro. "Grazie a questa iniziativa – spiega Melazzini – molte piccole
imprese, prive di competenze interne a causa dell'organico limitato, avranno la possibilità di fare studi e ricerche e di depositare brevetti perché riceveranno i fondi necessari ad acquistare consulenze dall'esterno. La ricerca e l'innovazione sono la chiave per superare la crisi e rilanciare la nostra economia. Ma, per fare in modo che la ricerca sia considerata sempre di più strumento essenziale di crescita e innovazione, è necessario innanzitutto farla conoscere".
Il bando – Attraverso il bando vengono dunque messi a disposizione delle micro, piccole e medie imprese lombarde voucher a fondo perduto di diversa tipologie e importo finalizzati a: avvicinare le imprese ai temi dello sviluppo tecnologico e dell'innovazione, realizzando un sistema, in cui i diversi soggetti (imprese, università, centri di ricerca, istituzioni) partecipino attivamente alla realizzazione di processi innovativi, stimolando in particolare l'innovazione tecnologica di processo e di prodotto;  accompagnare le imprese alla partecipazione a programmi di ricerca, sviluppo e innovazione europei, promuovendo esperienze di successo attuate in altri paesi dell'Ue e favorendo la nascita e la crescita di reti di imprese;  valorizzare il capitale umano, inserendo in azienda ricercatori o figure professionali esperte capaci di guidare l'azienda in percorsi complessi di innovazione e di internazionalizzazione; supportare le imprese a ottenere una rete informatica sicura;  sostenere i processi volti all'ottenimento di brevetti/modelli europei/europei unitari/internazionali.


Tiziana Fausti:
“Vorrei
una Bergamo
meno 
ingessata”

La “Signora della Moda” non cammina. Volteggia da una stanza all’altra degli uffici della Exor, la sua società, pieno centro di Bergamo. Indossa un completo bianco, total white, pantaloni larghi, camicia altrettanto larga, maniche svoltate, un (meraviglioso) paio di scarpe, con un tacco capolavoro, tutto cesellato. “Mi piace stare comoda – dice -. Le scarpe alte? Anche in questo caso è comodità, così non ho dovuto fare l’orlo ai pantaloni un po’ lunghi ”. Ride. Accessori praticamente zero. Perché un paio di diamanti  ai lobi e un Rolex molto maschile non possono rientrare nella categoria del complemento di moda. Lei nemmeno è classificabile. Non si può dire che rientri nella categoria delle donne classiche, delle elegantissime, delle originali. Semplicemente “è”.
E’ Tiziana Fausti. Una donna, un’imprenditrice che cambia restando sempre la stessa. Soprattutto se stessa. Dunque, nessuna formalità, nessun ufficio di rappresentanza.
“Sediamoci qui” (qui significa in una delle stanze, due sedie, tra computer e decine di bolle e fatture che occhieggiano dalla scrivania).
“Abbiamo appena finito una riunione, adesso siamo molto concentrati sul progetto dell’e-commerce. La situazione del resto è quella che è per tutti, anche se mi dicono che tutti i Paesi del G8 sono in ripresa. Tutti tranne il nostro”.
Una crisi che tocca anche l’alta moda?
“Fortunatamente nel nostro settore il made in Italy tiene”.
Grazie a cosa?
“Alla costruzione del prodotto e alla materia di base che lo compone. E poi abbiamo stile, anche se i francesi ci danno fastidio con tutto questo fermento di giovani stilisti da Dior a Saint Laurent. Certo, il nostro caposaldo rimane Prada”.
Lei è un’autorità nel mondo della moda…
“Credo di essermi guadagnata faticosamente uno spazio, una posizione di considerazione”.
Cosa le è costato?
“La vita, la mia vita. L’ho dedicata al lavoro con grande entusiasmo. Ho avuto fortuna, se penso ai giovani d’oggi…credo che non potrebbero fare quello che ho fatto io”.
Quanto l’ha avvantaggiata la bellezza?
“Non molto, ho esercitato forse il fascino. Anzi, se posso chiamare fascino il mio modo di essere, essendomi spesso rapportata con donne, essere bella è stato uno svantaggio”:
Come potrebbe definire la sua carriera?
“E’ stato uno step by step, un crescere graduale, e non un accaparrare denaro, reinvestendo continuamente. Anche adesso che ho sessant’anni io vivo come se fossi eterna. Molti mi dicono: ma perché non passi il tuo tempo a giocare a golf? Il guaio è che io ho un senso del dovere innato così forte che, pensando alle cose che dovrei fare, non vivrei bene il mio tempo. E’ un po’ una condanna, lo ammetto”.
In questo senso lei è molto bergamasca…
“Sì, questo è il bello anche se io bergamasca lo sono per caso. Mia mamma era toscana, mio papà era nato in Italia per caso, la mia famiglia paterna era andata a cercare fortuna in America”.  
La moda è sentirsi…
“Belle, la moda è questo, anche se personalmente direi: sentirsi comode. Del resto non sono una donna che si orpella, sono di fondo più sportiva, mi piace l’essenzialità anche nel vestire”.
Dunque, lo stile di Dolce & Gabbana…
“Non potrebbe mai essere il mio, ma ciò non toglie che migliaia di donne amino i loro abiti, in particolar modo chi vuole sentirsi sexy. Gli abiti lanciano messaggi”.
Lei non lo ha mai fatto?
“Forse inconsciamente, a qualcuno sarà piaciuto il mio modo di essere”.
I suoi negozi che messaggi lanciano all’interno di una città come Bergamo?
“E’ come chiedermi come sto in questo momento: dal punto di vista imprenditoriale mi sento un’ottimista preoccupata. Nella mia vita ho avuto sempre slanci in avanti, crescere, reinvestire. Continuerò sempre a credere che le cose vadano avanti, guai a farsi prendere dall’angoscia, dalla disperazione delle incertezze”.
Come si superano le difficoltà?
“Trovando la giusta chiave di lettura, cambiando le prospettive. E’ come guardare un quadro da un’angolazione diversa, si vedono altre sfumature”.
In una delle sue vetrine è esposta una gonna Dior a 4.500 euro…Chi l’acquista ?
“I miei negozi non si rivolgono solo ad un pubblico bergamasco, ma le posso assicurare che le bergamasche che acquistano ce ne sono e sono così belle…” 
Certo, con certi budget…
“Un bel paio di calzoni costa 700 euro, un abito di Dior 2.500 ma vuol mettere che differenza? Ho clienti che con certi abiti indosso diventano meravigliose. E’ il lato divertente di questo lavoro che, però, sto un po’ perdendo, perché sto curando l’e-commerce. E’ una vetrina sul mondo, molti guardano la sera il sito e poi vengono a comprare in negozio”.
Quali sono i mercati di riferimento?
“L’Est europeo, anche l’America si sta aprendo, con la Francia abbiamo patito parecchie truffe. ”.
Lei detta legge nella Bergamo della moda, ma si vede poco…un po’ come Mina
(ride) “E’ per questo che sono andata a Lugano”.
Vive là?
“No, ci ho aperto un negozio e ci sta la metà della mia famiglia. Ai momenti che trascorro anche solo passeggiando in riva al lago di Lugano con la mia cucciola di sette anni non voglio rinunciare. Voglio poter riuscire a fare un po’ di tutto”.
Parlando di negozi in città Fausti uomo di piazza della Libertà ha chiuso
“Con mio grande rincrescimento. Quel negozio, per me,  è stata innanzitutto  una sfida, oltre al fatto che era di un bello…”
Alla bellezza ha prevalso l’ottimizzazione dell’unico store sul Sentierone
“Per forza, accorpare tutto è stata una scelta strategica, si è creata una sinergia commerciale molto importante”.
Al di là dell’appeal commerciale, che valore ha per lei il Sentierone?
“E’ il cuore di Bergamo. Io l’ho vissuto negli anni “veri”, quando si facevano interminabili vasche, avanti e indietro per cercare di rincontrare il tipo che avevi adocchiato. Gran bel periodo”.
E adesso che cosa il Sentierone rappresenta per la città?
“Adesso il centro cittadino sta soffrendo e tutte le iniziative che si mettono in campo per rivitalizzarlo non sono adeguate a quella Bergamo dell’eleganza che io amo molto, rappresentata da cose straordinarie, penso ad esempio, anche solo al Teatro Donizetti. Bisognerebbe pensare a  qualcosa di diverso…”
Cioè? Che cosa le piacerebbe?
“Ci sono manifestazioni alle quali partecipo a Milano, ad esempio una mostra mercato di fiori e giardinaggio che si tiene maggio (trattasi di Orticola ndr) dove l’esplosione di colori, invoglia ad acquistare. Manifestazioni legate a qualcosa di importante si possono fare…Penso ad altre città come Parma che ha uno slancio diverso, forse perché anche è gestita da persone che hanno una formazione rivolta a questa concezione”.
Una formazione meno provinciale?
“E più internazionale. A Bergamo, persone e professionalità  che potrebbero farsi carico della gestione di grandi eventi nell’arte ci sono. Abbiamo una Gamec che funziona e che è riconosciuta a livello internazionale. E poi ricordo di non aver mai visto tanta bella gente in città come in occasione della mostra del Lotto.  Sono iniziative che costano e che comportano esborsi di denaro anche da inventare, ma immagino che una pianificazione in questo ambito possa essere fatta…”.
Più arte e meno bancarelle?
“Certo, ma finché  si faranno perché gli ambulanti ti danno quei tre euro che ti servono per sistemare le aiuole… Allora, facciamo in modo che le aiuole le sistemi un privato, così da spendere qualcosa per fare qualcosa di più interessante”.
Con che cosa si fa cultura?
“Con tutto, anche con il cibo ma non con le salsicce”.
Lanci un’idea firmata Tiziana Fausti per Bergamo Capitale della Cultura 2019
“Mi piacerebbe un grande concerto sulle Mura, inventare qualcosa che le valorizzi. Non dei cambiatori di colore, come ho visto e che non mi sono piaciuti”.
Definisca Bergamo con un aggettivo.
“Austera, rigida. Un po’ come i bergamaschi che hanno i loro pregi, sono leali, corretti. Qualità che danno alla città e alla sua gente una grande solidità. Manca, però, una leggerezza, una lievità nell’affrontare la vita. Manca l’open mind, c’è la preoccupazione del proprio giardinetto e l’incapacità di guardare oltre”.
Perché, secondo lei?
“Nell’ambito della gestione amministrativa, c’è forse competizione, manca la coesione, la visione dell’insieme che potrebbe essere la soluzione per dare la svolta allo stato di cose attuale”.
Che cosa le piace della città?
“La struttura di base della città è fantastica, il centro piacentiniano è bellissimo, ma vuoto. Prendiamo Piazza Dante che all’epoca, negli anni ’80 era molto più viva”.
Che cosa l’ha svuotata?
“Credo che molto sia imputabile ai centri commerciali. Un tempo le domeniche delle famiglie venivano organizzate tra le vie ed i parchi cittadini, adesso si va al centro commerciale”.
Che cosa non le piace della città?
“Il muro che hanno costruito fuori dall’autostrada e che toglie la visuale di Città Alta, si è trattato di uno scempio, come ce ne sono tanti. Spesso quello che si è fatto ha creato danni rovinosi”.
Se non avesse fatto questo lavoro?
“Mi sarebbe piaciuto fare la biologa e mi piacerebbe fare l’assistente di un’artista. Vivere accanto a loro significa percepire una vena di leggera follia”.
Tipo quella di Cucinelli, che paga i suoi dipendenti come se fossero manager?
“Lui è un genio, incarna proprio una leggerezza saggia. E’ generoso, è il suo modo di essere”.
La sua passione per la moda come è nata?
“Da quella per  l’accessorio, ho vissuto in mezzo alla passione artigiana di mio padre, che a Varese aveva questa piccola impresa di  pelletteria”.
Il capriccio modaiolo più costoso che si è mai levata?
“Una camicia bianca che mi piaceva, ma non era nemmeno un granché. Sono arrivata alla cassa e ho scoperto che costava 920 mila lire. Erano ancora i tempi della lira. Fu una follia. Ma il capo che mi sono goduta di più è stato un impermeabile di Chanel, 3 milioni e mezzo ben spesi”.
Un consiglio di dress code…
“Una bella giacca, magari gessata blu, o nera o un trench di Saint Laurent o di Prada”.
Mi dica come vestirebbe le donne istituzionali bergamasche…Claudia Sartirani
“Viene in negozio spesso, le piacciono belle camicie, pantaloni, giacche.. Così vestita la trovo molto elegante”.
L’assessore al commercio, Foppa Pedretti?
“Anche lei è una mia cliente, malgrado gli scontri che abbiamo avuto sui chiringuiti delle Mura. Quando, a giugno, mi ha comunicato la ferale notizia che l’iniziativa si sarebbe ripetuta ho alzato i tacchi e me ne sono andata e lei si è molto offesa”.
Lei ha scritto anche al sindaco Tentorio. Che cosa la infastidisce tanto di questa iniziativa?
“Da quando si organizza questa cosa io non riesco a vivere la mia casa, certe sere non riesco nemmeno ad uscire dalla porta”.
Abita in uno dei palazzi più belli della città. E’ un gran bel lamentarsi…non trova?
“Per l’amordiddio, mi rendo conto di essere fortunata ad abitare lì, ma è una casa che è frutto di un duro impegno. Intendiamoci: la gente che si diverte a me fa piacere, ma esistono posti più adatti rispetto alle Mura, spazi più ampi fermo restando che Bergamo è una città scomoda, penso ad esempio ai Torni”.
Che look per il sindaco Tentorio?
“Non me lo vedrei in altro modo che con un abito grigio”.
E per il presidente di Ubi Banca, Moltrasio?
“Beh, ad un suo cambio di look si potrebbe anche lavorare. Ma bisogna sempre tener conto della personalità della persona da vestire”.
Gli uomini non  interpretano la moda ma dei ruoli…
“Quelli che sanno davvero interpretare la moda in ambito maschile sono i gay, che comprano come le donne, cioè per cambiarsi. Un uomo che lavora si veste di grigio, salvo poi tornare a casa la sera e mettersi in pantofole”.
Che tristezza…
“Qui da noi non c’è neanche il mare che mette allegria. Ci sono le montagne attorno, al massimo il look può cambiare nelle scarpe. Ci si infilano le pedule ma quello che sta sopra resta sempre uguale”.
L’eleganza è…
“Sapersi vestire. L’abito fa il monaco, eccome”.
Ha qualche rimpianto?
“No, ho vissuto la vita che volevo”.
Come guarda al futuro?
“Sono in una parabola discendente della mia vita, ma la valuto con serenità. Non sono preoccupata per quello che accadrà .I miei genitori mi hanno insegnato a stare serena”.
Lei che mamma è stata?
“A detta dei miei figli un disastro. Ma ho dato loro il meglio di quello che potevo”.
E’ innamorata?
“Sì della vita. Amare dà sofferenza l’ho imparato con il tempo. Meglio l’amicizia, un valore da salvaguardare a tutti i costi, anche quando il rapporto vira verso l’amore. E’ una barriera che non supero più”.
L’uomo più importante della sua vita?
“Il padre delle mie figlie. E’ stato il miglior compagno per quel tratto della mia vita”
Provi a dare una definizione di se stessa..
“Non sono caparbia, non vado contro le cose. Anzi, le cose mi devono venire incontro. Sono diventata anche un po’ fatalista. Certe volte mi arrovello: devo decidere cosa fare entro domani, mi dico. Poi il giorno dopo le soluzioni arrivano. Ho imparato ad essere meno ossessionata dalle risposte. Le cose poi prendono, per incanto, una loro forma inaspettata”.
A chi deve dire grazie?
“A me stessa”. 
Tornasse indietro rifarebbe tutto quello che ha fatto?
“Non vivo di rimpianti. Forse uno solo: avrei dovuto cominciare prima a produrre qualcosa di mio”. 
Il più bel complimento ricevuto?
“I complimenti mi mettono a disagio”.
Il primo pensiero al mattino?
“Ce l’ho sempre fatta e ce la farò anche stavolta”  


Expo e opportunità per le imprese,
il punto di Confindustria Bergamo

Il 12 settembre l’incontro
di avvicinamento all’ex Borsa Merci

Giovedì 12 settembre, a partire dalle 14.30, nella sala Mosaico della Camera di Commercio di Bergamo (ex Borsa Merci, in via Petrarca) il Gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Bergamo organizza il secondo incontro di avvicinamento: "Expopportunities: le opportunità di visibilità, promozione e business per le imprese bergamasche verso Expo 2015".
Si tratta di un'occasione di particolare interesse per le imprese che vogliono approfondire conoscenze dettagliate in merito alle potenzialità derivanti dalla partecipazione e dalla presenza all'esposizione universale; un incontro ad hoc strutturato con il preciso obiettivo di contribuire alla divulgazione delle diverse occasioni volte a favorire la valorizzazione del tessuto produttivo provinciale attraverso le eccellenze che da sempre qualificano l'economia bergamasca e il Made in Italy.
Il programma dettagliato dell'incontro prevede alle 14.30, dopo un saluto di benvenuto del vicepresidente dell’ente camerale e di Confindustria Bergamo con delega all'Expo 2015 Matteo Zanetti, l'introduzione dei lavori da parte del Presidente del Gruppo SIT Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Bergamo, Pierluigi Rizzi. Quindi, intorno alle 15.20, seguiranno gli interventi di Marina Geri, direttore Marketing e Commerciale del Padiglione Italia, che illustrerà le opportunità di partecipazione per le imprese italiane e di Giovanni Sacripante, General Manager Sales & Marketing Expo 2015, che parlerà del coinvolgimento delle imprese nell'esposizione universale.
Dopo il dibattito sugli argomenti illustrati dai relatori, l'amministratore delegato di Vitali Spa, Cristian Vitali, intorno alle 16.30 illustrerà un caso di successo di un'impresa locale in Expo 2015.
Alle 17 sono previsti i contributi da parte di rappresentanti di Confindustria Bergamo e di Imprese & Territorio; quindi, alle 17.30 le conclusioni di Maurizio Martina, sottosegretario alle Politiche agricole, alimentari e forestali con delega all'Expo 2015.