Sono stati quasi seimila (5773) i licenziamenti nel settore metalmeccanico lombardo nel 2015: 2.700 unità in meno nel raffronto con il 2014. Nella comparazione con il 2013, c’è una riduzione di 1.200 unità: il calo dunque risulta abbastanza significativo. A scanso di equivoci si tratta ancora di numeri importanti, che danno la cifra di una situazione molto delicata. Soltanto nel mese di dicembre si possono contare mille esuberi tra le tute blu, quasi la metà rispetto all’ultimo mese del 2014 (1890). Nel dicembre 2013 invece a perdere il lavoro furono in 533. Com’è noto, si tratta di lavoratori licenziati collettivamente da imprese che hanno attivato la procedura di mobilità. Guardando nello specifico, la parte del leone a dicembre l’hanno fatta i comprensori di Bergamo con 264 licenziamenti (925 su base annua contro i 1.123 del 2014)) e Milano 255 (1960 spalmati su 365 giorni). A seguire i distretti di Monza (144, un quarto rispetto a tutto il 2015) e Varese (108, contro i 405 dell’intera annualità). Significativi anche i numeri di Pavia e Brescia, rispettivamente con 63 e 55 risorse messe in mobilità. Chiudono la graduatoria Cremona e Como, appaiate con 40 licenziati, Lecco (27), Mantova (20), Sondrio (11) e Lodi (3).
“La diminuzione dei licenziati non deve trarre in inganno perché c’è una diminuzione della struttura industriale e della base occupazionale. Rimangono numeri molto alti, tenendo presente il numero elevato dei cassintegrati e che tendenzialmente difficilmente ad oggi hanno le condizioni per rientrare nel mondo del lavoro”, commenta Mirco Rota, segretario generale della FIOM Cgil Lombardia. “L’alto numero dei licenziati – continua il segretario delle tute blu lombarde – dovrebbe mettere il Governo nelle condizioni di riflettere sull’avvenuto taglio degli ammortizzatori sociali. Perchè come vedremo nei prossimi mesi le aziende procederanno ai licenziamenti per fronteggiare la crisi, non potendo più ricorrere a misure alternative. Da parte della Regione Lombardia ci aspettiamo un intervento ancora più concreto rispetto alle crisi industriali, che sono il vero tema da affrontare per intervenire sulla crisi e il numero dei licenziati”