Pasticcini o piatti salati? Gotti lascia di stucco i piccoli MasterChef

Lo chef bergamasco Francesco Gotti continua a stupire in tv. Dopo aver preparato qualche anno fa una frittata perfetta ad occhi bendati sul palcoscenico di “Italia’s got talent”- conquistando il plauso convinto dei giurati Maria De Filippi, Gerry Scotti e Rudy Zerbi – ha lasciato a bocca aperta i piccoli concorrenti di Junior MasterChef. Nell’ottava puntata, andata in onda ieri sera su Sky, l’executive del Bobadilla di Dalmine e manager della squadra Junior della Nazionale Italiana cuochi ha presentato in trasmissione quello che sembrava un bel vassoio di paste mignon, che al palato si sono invece rivelati veri e propri piatti salati.

Gotti MasterChef (1) Gotti MasterChef (2)Da qui è nato lo spunto per la sfida tra gli aspiranti chef, quella a creare piatti salati che sembrassero dei dolci. Le loro proposte, realizzate in un’ora, sono andate dallo stecco gelato di tartare di ricciola al tiramisù con melanzane, al gelato salato con crema al basilico e alla barbabietola, alla finta colazione con vellutata di funghi servita in tazza e biscotti al parmigiano.

Dell’arte di ingannare i sensi a tavola, presentando piatti e prodotti che alla vista appaiono consueti ma al gusto si rivelano tutt’altro, Francesco Gotti è un vero esperto, tanto da racchiudere le sue creazioni nel libro “Pensavo fosse… invece è! Giochi di percezione nel gusto”, realizzato con l’Accademia del Gusto dell’Ascom e pubblicato dalla Rassegna nel 2008.

La puntata di Junior MasterChef, che ha selezionato i semifinalisti, ha visto in scena anche un altro chef bergamasco. Lo stellato Giancarlo Morelli del Pomireau di Seregno, che ha dispensato consigli per la prova in esterna.

Gotti MasterChef (4) Gotti MasterChef (3)

le fotografie sono dell’Unione Cuochi Regione Lombardia


Con l’Accademia del Gusto viaggio tra le cucine d’Oriente

padiglione giappone expo milanoL’Accademia del Gusto dell’Ascom di Bergamo organizza visite tematiche ad Expo rivolte ai professionisti della ristorazione e agli appassionati.

Il primo percorso porta in Oriente, il 22 giugno. All’interno di Expo Giappone, in un padiglione-lanterna costruito con 17 mila pezzi di legno incastrati per catturare la luce del sole, gli chef potranno confrontarsi con la tradizione millenaria nipponica. Nel ristorante stellato Michelin Minokichi, i ristoratori bergamaschi avranno la possibilità di apprendere le tecniche della cucina giapponese. Si spazia dal rituale del taglio e dei coltelli ai misteri e all’attesa della fermentazione, dalla stagionalità che si estende anche alla mise en place all’importanza dell’umami, il sesto gusto, all’uso delle alghe e ai segreti del brodo Dashi.

La visita prosegue nella Repubblica della Corea, nella settimana dedicata al Paese, con il “Festival Culturale dell’Hansik” con degustazioni di piatti della cucina coreana, che fa della fermentazione il suo mantra, e numerosi spettacoli culturali. Tra performance tradizionali, concerti e spettacoli crossover, presso il Corea Pavilion sono previsti assaggi di pietanze realizzare con materie prime che, per esprimere il meglio di sé, devono stare sotto sale nelle giare per almeno un anno.

La visita prosegue lungo la via delle spezie, nel cluster che raccoglie in un padiglione tematico la complessità, l’intensità e le proprietà di un universo sensoriale che pervade le cucine di tutto il mondo e che da sempre attraversa terre e mari.

Nel padiglione dell’Oman, in una delle aree più aride del pianeta, i ristoratori potranno passeggiare all’interno della corte del Sultano e gustare  miele, datteri e latte di cammello, in una cittadina in miniatura che richiama le architetture tipiche dell’estremo Oriente.

Il viaggio fa poi tappa in Thailandia, alla scoperta del mercato galleggiante e alla ricerca dei sapori, delle vie e degli aromi Thai.

L’Accademia del Gusto ha in programma altre due missioni tematiche in autunno, da settembre ad ottobre.

Per conoscere ulteriori dettagli del programma e per aderire alla visita – riservata ad un numero limitato di partecipanti per esigenze organizzative- occorre contattare l’Accademia del Gusto:  tel. 035 4185706-707-715 o info@ascomformazione.it (www.ascomformazione.it).


Il ristorante a casa? «Un’attività economica soggetta a regole»

Aprire un ristorante nella propria abitazione è una tendenza che sta prendendo sempre più piede in Italia. Il cosiddetto home restaurant, che sulla scorta di esperienze già diffuse all’estero, dà la possibilità di cenare a casa di appassionati di cucina e conoscere persone nuove stando attorno a una tavola.

Un fenomeno che, per quanto social e informale, è stato riconosciuto come un’attività economica a tutti gli effetti e, dunque, soggetta a requisiti professionali, igienico sanitari e a una serie di norme in materia di sicurezza, urbanistica ed edilizia, a cominciare dalla Scia da presentare al comune di residenza.

A stabilirlo è una recente risoluzione del ministero dello Sviluppo Economico che fa chiarezza su come possano configurarsi questo tipo di iniziative, che hanno come principale canale di promozione e contatto Internet e sono in rapida diffusione (se ne stima una media di 200-300 nelle grandi città come Roma, Milano, Napoli, Torino, Venezia). «Anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto, anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela» si legge nella risoluzione (n. 50481 del 10 aprile 2015) del Mise (Direzione generale per il Mercato e la concorrenza) che risponde all’istanza di una Camera di Commercio.

«Infatti – prosegue la nota -, la fornitura di tali prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività si esplica quale attività economica in senso proprio, di conseguenza non può considerarsi un’attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcuna previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un’attività di somministrazione di alimenti e bevande».

La Direzione ricorda di aver già classificato (nota n. 98416 del 12-6-2013) come un’attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande «quella effettuata da un soggetto che, proprietario di una villa, intendeva preparare cibi e bevande nella propria cucina fornendo tale servizio solo su specifica richiesta e prenotazione da parte di un committente e quindi solo per gli eventuali invitati». Pertanto la direzione ritiene che, previo possesso dei requisiti di onorabilità nonché professionali (di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.), gli home restaurant sono tenuti a presentare la Scia o a richiedere l’autorizzazione, nel caso si tratti di attività svolte in zone tutelate.

«Ben venga l’innovazione che rispetta le regole!» è stato il commento di Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe e vicepresidente Confcommercio. «La risoluzione del Ministero – ha detto – ripristina, senza spazio per dubbi e interpretazioni, le regole per una competizione leale e corretta: a parità di attività ci vuole parità di regole, di tributi e di obblighi. Non è, infatti, ammissibile, prima di tutto per garanzia e sicurezza dei cittadini, che ci possano essere modalità diverse di fare ristorazione: da un lato quelle soggette a norme e prescrizioni rigorose a tutela della qualità e della salute; dall’altro quelle senza vincoli, senza controlli, senza tasse, senza sicurezze igieniche. Il settore della ristorazione è sempre più attento e aperto all’innovazione e alla sperimentazione di nuove formule, come dimostrano le migliaia di imprese che nel nostro Paese si sono conquistate la fiducia e l’apprezzamento dei clienti. Ben vengano quindi nuove idee e nuovi approcci, purché siano sostenute da un corretto spirito imprenditoriale, da trasparenza e da lealtà verso i consumatori e verso lo Stato».

Home restaurant – la risoluzione del ministero dello Sviluppo economico


Ingruppo, donati 16.500 euro alla Casa del Bambino

InGruppo - CopiaÈ di poco più di 16.500 euro il ricavato della Festa di Beneficenza promossa da Ingruppo e svoltasi il 10 marzo scorso in Fiera a Bergamo.

La somma è stata consegnata lunedì nelle sale dell’Azienda Agricola Sant’Egidio di Sotto il Monte a Francesco Gattinoni del Rotary Club di Bergamo e sarà destinata a sostenere la creazione della “Casa del Bambino”, una nuova struttura del Centro d’Ospitalità e Formazione Paolo Belli – La Nuova Casa del Sole.

Alla consegna dei fondi erano presenti Petronilla Frosio, Antonio Lecchi, Giuliano Pellegrini del consiglio direttivo di Ingruppo e Carlo Ravasio, presidente dell’Associazione Sette Terre, che ha collaborato con il gruppo di ristoratori nell’organizzazione della festa benefica. L’iniziativa ha visto come partner solidali anche Promoberg, Aspan, Caffè del Caravaggio, Acqua Bracca, Associazione italiana sommelier, Metro e BB Band.

Ingruppo riunisce sedici ristoratori, molti dei quali insigniti da una, due e perfino tre stelle Michelin: A’Anteprima (Chiuduno), Al Vigneto (Grumello del Monte), Antica Osteria dei Camelì (Ambivere), Colleoni & dell’Angelo (Bergamo), Collina (Almenno S. Bartolomeo ), Da Vittorio ( Brusaporto), Devero (Cavenago), Frosio (Almè), Il Saraceno (Cavernago), La Caprese (Mozzo), Lio Pellegrini (Bergamo), LoRo (Trescore Balneario), Osteria della Brughiera (Villa d’Almè), Posta (Sant’Omobono Terme), Roof Garden (Bergamo) e Villa Patrizia (Sorisole).

La rassegna gastronomica Ingruppo, dedicata all’alta cucina e giunta alla terza edizione, prosegue fino al 31 ottobre con le sue offerte stellate: un menù completo di bevande al prezzo di 110 euro per due persone, le uniche eccezioni sono i due ristoranti pluristellati “Da Vittorio” e “Devero” che presentano un menù a 110 euro a persona


Lombardia, un’app fa da guida sulle 12 Strade del Vino

applombardia2.037 chilometri di percorrenza segnalati da cartellonistica stradale, 821 associati, tra cui 200 viticoltori, 150 produttori, 42 vini lombardi Docg, Doc e Igt, 100 agriturismi, oltre a ristoranti, trattorie, ospitalità alberghiera ed extralberghiera, 124 isole di sosta dagli associati, con 300 biciclette a disposizione, 42 infopoint, 56 totem touch consultabili dal pubblico. Sono i numeri delle 12 Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia, ciascuna delle quali può contare ora su una App dedicata (scaricabile da Apple App Store o Android Google Play Store, cercando Jeco Guides) e quindi su una guida interattiva a portata di smartphone.

Il viaggiatore che intraprende le Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia potrà muoversi con facilità tra cantine, aziende agricole, agriturismo, enoteche, osterie e strutture ricettive che tengono alti i requisiti dei prodotti tipici regionali, lungo itinerari che uniscono al buon bere e al buon mangiare risorse paesaggistiche, siti d’arte, monumenti, palazzi, chiese e musei di cultura popolare.

Ogni app è composta da sezioni che riguardano la descrizione della Strada, i piatti e prodotti tipici, le ricette, gli itinerari e i vini, oltre ad alcune informazioni relative alla Federazione delle Strade dei Vini e dei Sapori e all’agricoltura lombarda. Ogni Strada è navigabile da mappa, con simboli intuitivi, e ogni app è in “realtà aumentata” per smartphone e tablet.

La Lombardia è stata una delle prime regioni italiane che ha sviluppato concretamente l’idea di Strade del Vino promuovendo la realizzazione del sistema Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia.

Queste le strade che fanno parte della Federazione e che ora hanno l’app dedicata

  1. Strada del Vino e dei Sapori della Valtellina
  2. Strada dei Sapori delle Valli Varesine
  3. Strada del Vino e dei Sapori della Valcalepio
  4. Strada del Vino Franciacorta
  5. Strada del Vino Colli dei Longobardi
  6. Strada del Vini e dei Sapori del Garda
  7. Strada dei Vini e dei Sapori Mantovani
  8. Strada del Riso e dei Risotti Mantovani
  9. Strada del Tartufo Mantovano
  10. Strada del Gusto Cremonese nella Terra di Stradivari
  11. Strada del Vino San Colombano e dei Sapori Lodigiani
  12. Strada del Vino e dei Sapori dell’Oltrepò Pavese

In Valcalepio

La Strada del Vino e dei Sapori della Valcalepio si snoda su tre percorsi. Il primo, denominato I Conventi, parte dall’uscita autostradale di Capriate S. Gervasio e termina a Bergamo;  lungo il suo tragitto è possibile ammirare l’Abbazia di San Egidio a Sotto il Monte Giovanni XXIII, l’Abbazia di Pontida e la splendida chiesa di San Tomè ad Almenno San Salvatore. Il secondo percorso, Il Cuore della Valcalepio, inizia da Bergamo per terminare a Grumello del Monte. Al suo interno è possibile ammirare, oltre alla città di Bergamo, l’Abbazia di San Paolo D’Argon, la Cappella di Santa Barbara, affrescata da Lorenzo Lotto, all’interno di Villa Suardi a Trescore Balnario e gli innumerevoli Castelli appartenuti alla famiglia del condottiero Bartolomeo Colleoni. Il terzo percorso denominato Il Lago, si snoda dall’uscita autostradale di Grumello del Monte per ritornarvi dopo aver toccato il Lago d’Iseo a Sarnico e aver incontrato il quattrocentesco Castel Dei Conti a Castelli Calepio.


I grandi chef da bambini? Ecco cosa mangiavano

immagini 194Non tutti gli chef che portano in alto la nostra ristorazione sono stati delle buone forchette, nonostante i buoni esempi a casa. Di contro ci sono grandi chef cresciuti con cucine non troppo stimolanti che hanno sviluppato sin da bimbi un palato eccezionale: «Da piccolo ero curioso, mangiavo tantissimo ed il momento clou era la domenica, con arrosti, pasticci, antipasti toscani, fritti e tanti dolci – racconta lo chef Enrico Bartolini, due stelle Michelin al Devero di Cavenago -. In settimana era un po’ una sofferenza perché mia mamma, che è una grande mamma, cucinava un così e così. La domenica però ci pensava la zia Emilia. E a volte anche il venerdì, quando faceva la polenta e ogni tanto il baccalà». I suoi, ancora piccoli, mangiano già di tutto: «Giovanni, 2 anni, vivrebbe di patanegra e acciughe, senza contare nei dolci il gelato. Tommaso, 8 anni, mangia di tutto, ma ama soprattutto la pasta ed i risotti».

Daniel Facen A'AnteprimaDaniel Facen, nato in Svizzera ma trentino nell’anima e ormai bergamasco d’adozione, è cresciuto in una casa con pentole e padelle sempre sul fuoco: «Mia mamma Roberta lavorava a servizio di un’importante famiglia milanese prima e poi svizzera, dove sono nato. È sempre stata, anche per lavoro, una grande cuoca: grandi secondi di carne, piatti tradizionali lombardi come la cassoela, gli ossibuchi con risotto e la cotoletta alla milanese, erano solo alcune delle sue specialità, assieme a piatti svizzeri come la raclette». Cresciuto coi manicaretti di mamma, lo chef dell’A’ Anteprima di Chiuduno, una stella Michelin, è sempre stato una buona forchetta: «Un piatto odiato e uno amato? Ho sempre mangiato di tutto, ma ricordo con affetto la semplicità di uova con dente di leone, un piatto che segnava l’arrivo della primavera e della bella stagione. Invece, francamente, la faraona con polenta è un piatto che ho odiato e non amo nemmeno oggi: le carni risultano sempre asciutte. Non sono mai andato al ristorante da bambino e per me l’unica cucina è sempre stata quella di mia madre». Suo figlio non ha mai fatto un capriccio a tavola ed è un grande appassionato di cucina: «Luca, che ora ha 21 anni, cucina davvero bene – dice Facen -, tanto che è quasi sempre lui a mettersi ai fornelli a casa. È sempre aggiornato su tendenze e grandi chef, sperimenta nuove ricette. Anche da piccolo ha sempre voluto assaggiare tutto, con grande curiosità».

Chicco CereaEnrico, detto Chicco, primogenito dei cinque fratelli Cerea ed executive chef del tristellato Da Vittorio a Brusaporto è cresciuto tra pentole fumanti e i profumi di una cucina eccellente come quella di papà Vittorio. «Il palato va istruito, allenato, e tenuto sempre aggiornato – afferma -. È qualcosa che in parte si ha nel dna, ma poi contano ambiente ed esperienze, curiosità e desiderio di sperimentare nuovi gusti. Non sempre sono amori a prima vista e gusto: a otto anni, ad esempio, ricordo che sputai un’ostrica. Oggi ne vado letteralmente pazzo». Ma che bimbo è stato Chicco Cerea? «Sono stato goloso sin da piccolo – ammette -. Ho sempre mangiato di tutto: ricordo ancora quel piacere di affondare il dito in una salsa di pomodoro appena preparata in casa. Ricordo con affetto le merende con mio padre del mercoledì, giorno ancora oggi di chiusura del ristorante. Papà ci veniva a prendere a scuola e andavamo tutti insieme a piedi fino in Città Alta per gustare pane, burro e acciuga o pane, salame e cetriolini alla Trattoria Colombina». Anche i “piccoli” di casa Cerea sono dei gourmet come papà: «I miei tre figli – Beatrice, 20 anni, Maria Vittoria, 17 anni e Vittorio, 15 anni – hanno sempre assaggiato ogni piatto sin da piccoli. Ad ogni ricorrenza abbiamo il nostro rituale: regalarci una cena in un ristorante importante. Ci divertiamo un mondo a scegliere la meta gastronomica, sbirciare i menù, iniziando su internet il nostro viaggio tra i sapori. Devo dire che i miei figli sono stati sempre molto aperti all’assaggio e anche il vino l’ho fatto provare a tutti. Io stesso sono il primo ad accettare ogni loro suggerimento: ad esempio Beatrice che ha vissuto tre mesi ad Hong Kong mi ha consigliato su alcune spezie e mi ha portato nuove ricette dall’Oriente».

Roberto Proto e Maria MorbiRoberto Proto, chef de Il Saraceno di Cavernago, fresco di stella Michelin, è approdato alla cucina dopo aver fatto per un paio di anni il parrucchiere e aver capito che non era la sua strada. Ha respirato sin da bambino l’atmosfera del ristorante nella trattoria di famiglia aperta nel 1976 da papà Salvatore e da mamma Trofimena, che da Amalfi avevano inseguito un lavoro e i loro sogni prima in Svizzera, dove erano stati a servizio come governanti presso un’importante famiglia, e poi a Bergamo, dove avevano aperto il loro ristorante “Da Salvatore”. Nonostante i manicaretti di mamma Mena, Roberto Proto non è stato un bimbo gourmet né ha mai avuto una grande predisposizione all’assaggio: «Il mio universo gastronomico è stato per anni quello della pizza margherita, delle bistecchine e delle penne al pomodoro, senza nemmeno l’ombra di un filo di cipolla». Nemmeno un pesce a guizzare in questo menù ristretto e un po’ ottuso, un fatto quanto meno curioso per uno chef destinato in futuro ad esaltare ogni specialità di mare. «Mia mamma non ha mai smesso di propormi piatti di pesce, che ho scoperto però solo a dodici anni. Prima non c’è stato verso di farmeli provare». Ma è stata solo una questione di tempo. «Oggi mangio davvero tutto, ma se posso evito i peperoni. Il piatto a cui non potrei rinunciare è invece la pasta e fagioli di mia madre, un piatto storico della mia famiglia, tramandato di generazione in generazione». Le bimbe dello chef devono ancora ampliare il loro menù, ma mamma Maria Morbi, con tanto di laurea di psicologia in tasca, è pronta a dar loro tutto il tempo necessario, anche perché – come sottolinea – forzare i bimbi a mangiare è uno dei più grandi errori da fare, per non parlare di punizioni e ricompense. «Le mie bambine, Martina di 9 anni e Giulia di 6 anni, purtroppo non mangiano proprio tutto, a partire dal pesce – allarga le braccia Roberto Proto -. Nonostante le paste e le torte fatte in casa dalle nonne Mena e Lisetta, la cura che mette mia moglie Maria nel proporre loro verdure, riducendole in crema o presentandole al meglio, le nostre bimbe non sono delle grandi forchette. La più piccola oggi, ad esempio, non voleva andare in mensa perché in menù c’era il pesce fritto».

 


Se fast food e “stelle” lavorano insieme

Antonio Santini e Roberto MasiLa ristorazione stellata e il fast food. Due pianeti diversi quanto a proposta e stile di consumo si trovano a lavorare fianco a fianco nel Direttivo della Fipe, la federazione dei pubblici esercizi del sistema Confcommercio. Il presidente Lino Enrico Stoppani ha infatti chiamato a far parte dell’organismo Antonio Santini, titolare del tristellato ristorante Il Pescatore di Canneto sull’Oglio, e Roberto Masi, amministratore delegato di McDonald’s Italia, «per apportare alla Federazione le competenze, la capacità e le best practice di due settori differenti e complementari nel sistema della ristorazione e della gestione dei pubblici esercizi».

«Ho caldeggiato personalmente l’ingresso di Santini e Masi in Consiglio, che ha accettato all’unanimità, perché l’esperienza e il contributo che porteranno sarà di grande importanza per le sfide che attendono i pubblici esercizi – ha evidenziato Stoppani -. Entrambi rappresentano due componenti fondamentali e caratteristiche del mondo della ristorazione italiana. Da un lato Santini è uno dei più brillanti e storici esponenti della profonda cultura della ristorazione che dimostra di saper coniugare nel tempo capacità imprenditoriale, qualità, innovazione. Una storia di imprenditoria familiare legata al territorio. Masi è invece il brillante giovane manager di un’importante catena internazionale della ristorazione che ha saputo inserirsi e integrarsi nel nostro Paese portando un modello di business innovativo e rispondendo alle esigenze sempre crescenti e variegate dei consumatori italiani. È importante che anime così diverse, ma al tempo stesso così significative, trovino nella Federazione un punto comune di sintesi».

Antonio Santini (1953) è l’erede e il continuatore di una bellissima storia di famiglia iniziata nel 1925 con una piccola osteria sulle rive di un laghetto. È stato proprio lui, dopo la laurea in Scienze Politiche, a dare una svolta importante all’attività portando rapidamente il ristorante a raggiungere livelli qualitativi e organizzativi tali da meritarsi riconoscimenti e fama ben oltre i confini nazionali.

Roberto Masi (1964) è Amministratore Delegato di McDonald’s Italia dal 2008. Laureato in Business Administration presso la University of Hartford, nel corso della sua carriera professionale ha maturato una considerevole esperienza aziendale in diverse aree funzionali, iniziando nel business di famiglia, nel settore retail e, successivamente, svolgendo l’attività di Auditor presso PricewaterhouseCoopers. Sempre nel settore retail, ha rivestito i maggiori ruoli manageriali nel gruppo Carrefour.


Pasqua al ristorante, previsioni al ribasso

pranzo-di-pasquaFlessione in vista per la clientela dei ristoranti nei giorni di Pasqua. È quanto emerge dall’indagine condotta dal Centro Studi della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi analizzando i risultati dell’indagine promossa sui locali italiani. Nel giorno di Pasqua si prospetta in particolare un calo delle presenze dell’11%, mentre per il giorno successivo, solitamente deputato alle gite fuoriporta, la percentuale sfiora ben il 15%. «In questi giorni si sente parlare di ripartenza, di luce in fondo al tunnel: purtroppo questo clima di fiducia non sembra avere ripercussioni positive nel settore della ristorazione. In occasione delle festività pasquali gli italiani che festeggeranno fuori casa saranno assai meno dello scorso anno – commenta Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi Fipe. -. I motivi principali risiedono anche in fattori indipendenti dalla congiuntura economica, in primis le previsioni meteo non favorevoli e il calendario che quest’anno vede la Pasqua agli inizi di aprile, periodo non ancora spiccatamente primaverile. Tutti fattori che concorrono ad alimentare ancora un senso di incertezza e la poca voglia di recarsi fuori casa».

I dati

Analizzando nello specifico i dati della Fipe, è possibile vedere quanto la Pasqua “bassa” incida anche sull’attività dei ristoratori: a fronte di una clientela prevista intorno ai 6,4 milioni per una spesa totale di 264 milioni di euro, i ristoranti in attività saranno il 92% del totale contro il 94% dello scorso anno. Per il 32% dei ristoratori intervistati la clientela da servire per il pranzo di Pasqua sarà inferiore a quella del 2014, con 3,6 milioni di unità previste, ma non manca un 13% che si mostra più ottimista.

La flessione è data sostanzialmente dagli italiani che restano in città, mentre non sembrano diminuire le presenze straniere.

Il menù

Convenienza e qualità sembrano le preferenze quando si parla di menù pasquale. Prevale in particolare il menù “a pacchetto” (scelto dal 59,4%), ad un prezzo medio di 45 euro in lieve aumento sul 2014 per due punti percentuali. La spesa prevista sarà di 162 milioni di euro con una flessione del 9% sul 2014. Le scelte saranno concentrate su proposte tradizionali (65,8%), ma in poco meno di un ristorante su tre si darà spazio alla reintrepretazione creativa della gastronomia locale. La cucina internazionale sarà invece scelta solo da un risicato 6,1% degli avventori.

Tra i piatti in prima linea secondi come agnello e capretto, seguiti da primi come pasta ripiena e risotti; per quanto riguarda i dolci le proposte predilette saranno “classici” come pastiera napoletana, “pupa” molisana, seadas sarde, struffoli e salame di cioccolato. Rispetto alla Pasqua 2014 i menù saranno maggiormente orientati alla presenza di piatti della tradizione gastronomica locale, all’insegna della filiera corta.

Da segnalare l’impegno dei ristoratori nell’intervenire sulla struttura dei menù (per quanto concerne numero di portate, proposte “tutto compreso”), allo scopo di migliorare il rapporto qualità/prezzo per contenere il più possibile i costi. Un ristoratore su tre manterrà invece il menù studiato per lo scorso anno.

La gita di Pasquetta

Il Lunedì dell’Angelo, giorno tradizionalmente dedicato al fuoriporta e al fuori casa, vedrà, secondo i dati Fipe, una flessione di clienti di ben il 15%, in un quadro che vedrà aperti 8 ristoranti su 10, in leggero aumento rispetto allo scorso anno. Il 28% degli esercenti intervistati è meno ottimista rispetto al 2014: la previsione è di 2,8 milioni di clienti con una flessione del 15% sul 2014 come conseguenza di un tasso di riempimento del 65%.

A Pasquetta il ristorante è meta soprattutto di turisti, sia italiani che stranieri, mentre i “locali” rappresenteranno il 40%. Parlando di menù, la proposta “all inclusive” riguarderà solo un ristorante su quattro ad un prezzo medio di 37 euro in crescita dello 0,7% rispetto al 2014. La spesa prevista in questo caso è di circa 102 milioni di euro.


Amaddeo: «L’alleanza dei locali in Città Alta? Un modello per Bergamo»

Citta Alta Amadeo«La liberalizzazione del mercato ha consentito molte nuove aperture nel settore food e la spinta dell’Expo ha ingrossato ulteriormente l’ondata di nuove imprese». A parlare è Roberto Amaddeo, seconda generazione nello storico locale “Da Mimmo”, in via Colleoni, e delegato del Comune di Bergamo a Città Alta. «Purtroppo in Italia i dati più recenti evidenziano che le chiusure superano le aperture, quindi è difficile trovare un equilibrio». Se il bilancio è in bilico, la creatività però non manca: «E’ sempre più evidente la volontà dei nuovi imprenditori di trovare una formula vincente: dallo street food alla birreria con cucina, dal ristorante con specialità regionali a quello con piatti etnici, da quello per celiaci a quello per vegetariani… Ormai la classica suddivisione italiana in ristoranti e pizzerie è superata. Il mercato è sempre più orientato al cliente e l’offerta moltiplica in tutte le possibili declinazioni l’esperienza culinaria. I riflettori sono sempre puntati sul cibo e sulla cucina, ma la sfida per la ristorazione è quella di valorizzare prodotti e produttori della nostra terra». Città Alta vede da tempo collaborare fianco a fianco gli esercenti, dando vita ad un nuovo modello virtuoso che ha mostrato la sua efficacia d’estate al Parco di Sant’Agostino, a Natale con il coinvolgimento dell’oratorio e a Carnevale con lo Street Food che ha portato il fascino di chioschi e cucine itineranti nelle strade dell’antico Borgo. Un esempio da diffondere nel resto della città? «Credo che Città Alta riesca per sua natura ad essere coesa, ma senza dubbio negli ultimi mesi si sono create collaborazioni virtuose. La crisi ha senza dubbio agevolato questo processo, ma oltre a contenere i costi, la rete funziona e permette di far riscoprire la vocazione di ogni luogo.  Robi AmaddeoL’era della concorrenza è finita e non servono per forza  grandi investimenti per vivacizzare la città». A volte si crea un evento e si risparmia pure: «Con “M’illumino di meno” abbiamo spento le luci e acceso le candele guadagnandoci in atmosfera, tanto da attrarre fotografi per un inedito contest di Città Alta al buio. L’associazione degli esercenti è sempre in fermento e le nostre iniziative hanno sempre incontrato il favore dei residenti, risultato di per sé di non poco conto». Roberto Amaddeo sogna una città fatta di tanti “distretti” e identità: «Mi piacerebbe innanzi tutto che Bergamo diventasse un unicum, con un percorso che legasse, anche commercialmente, Città Bassa al Borgo storico. La Montelungo, che ospiterà alloggi per studenti e negozi, non è un’operazione immobiliare, ma assieme agli ex Riuniti, faranno da cerniera tra la città vecchia e quella nuova, andando a ridisegnare i quartieri».


Palma Shopping, coinvolte quasi 130 insegne

Sono quasi 130 gli esercizi Amici di Palma, che hanno risposto all’invito a farsi ispirare dalle suggestioni delle opere del pittore bergamasco per creare, dopo un’attività di ricerca storica, prodotti esclusivi in occasione della grande mostra.

In città bassa

A Modo Ristorante, Ambulatorio Gastronomico Benigni, Art House Vintage, Artificio, B&B Antico Ducato, B&B La Fontana del Delfino, Bar Al Quadrato, Bar Haway, Bar P40, Bergamo Antiquariato, Bistrot Mille Storie&Sapori, Bonetti Gioielleria, Cafè Egeo Trattoria Greca, Caffè degli Artisti, Caffè Papavero, Caffè Sant’Orsola, Caffetteria La Chicca, Camyll Pasticceria, Cantierecucina, Chiringuito caffè e retaurant, Cinema Capitol, Città del sole, Clayeux, Collins, Creatò, Custhome Interior Art Design, DDG Bambini, Elisa Gatti, Erboristeria Antichi Profumi, Erboristeria CASCINA ALBARITO, Galleria Antiquaria Patrick Serra, Galleria Ceribelli, Galleria Enrico Lumina, Galleria Michelangelo, Galleria Previtali, Gambirasio, Giorgio Baracchi, Giorgio Store, Girotondo, Hotel Arli, Hotel Excelsior San Marco, Hotel Mercure Palazzo Dolci, Hotel Petronilla, I Colombo Caffè, Il mondo di Patti, Intimo Giò, Youandtea, La Bottega del Gusto, La Casa della Merenda, La Casa della Renna, La Delizia Ristorante, La Dispensa, La Piadineria della Contrada, La Profumeria, La Torre Tappeti, Latteria Igienica La Vaniglia, Le Fate, Le Galeries du Luxembourg, Le Spose di GIO, Libreria Ibs, L’Officina del Dolce, Luca Daverio Gioielli, LURI, Materia Prima, MCS Bergamo, MM Calzature, NICE&CHIC, Officinae, Ol Formager, Ortofrutta Mora, Ottica Gentili, Ottica Tironi, Palatofino, Panificio Alberto Tresoldi, Panificio Marchesi, Pasticceria Salvi, Pompeo, Profumeria Jolie, Ravasio Fiori, Relogo, Ristorante b3 da Daniele Cumini, Riva Gioielli Argenti Antichi, Rizzi Gioielleria, Scorpion Bay, Sara Valtorta Personal Shopper, Sensacion fit & well spa, Spose e Stile, Store 3, Sundayman, TACCO13 Accessori e Borse, Thymiama Bioprofumeria, Traffic Gallery, Verderosa Gelateria, VIATASSOCAFE’, Zenucchi.

In Città alta

Area 51, Birreria con Cucina Pozzo Bianco, Brivio Gioielli, Ca’ del Fasà, Caffè del Tasso, Da Franco Ristorante Pizzeria, Da Mimmo Ristorante con Pizza, Design Studio Lucio Iezzi, Enoristorante La Tana, Enoteca Fontana di Sant’Agata, Franco Blumer Restauratore, Gelateria Cherubino, Gombit Hotel, InGruppo (iniziativa), La Baita di Nadia Rossini, La Birreria Bergamo Alta, La bottega di Nonna Betta, La Caramellaia di Città Alta, La Vetrina di Porta Dipinta, Lalimentari, L’Atelier di Rita Patelli, Profumeria Nozza, Punto a Capo Libreria, Ristorante Il Ducale, Sottozero Moda, The Tucans Pub, Vineria Cozzi.

In provincia

Albergo Ristorante Giardinetto (Serina), Candele Deber (Grassobbio), Le Ciel Restaurant (Madone), Opera Restaurant (Sorisole), Pasticceria Palma il Vecchio (Serina), Ristorante Posta di Frosio (Sant’Omobono Terme).