Terziario, un’impresa bergamasca su tre è pronta a investire sul digitale e la formazione

Presentati i risultati del nuovo rapporto di ricerca (Osservatorio sulle imprese del terziario) realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo sulle imprese

Da una parte la piena consapevolezza del cambiamento degli stili di consumo in atto, accelerato dalla pandemia, dall’altra la volontà di reagire investendo in innovazione. Nel mezzo un dato confortante e cioè che una impresa su tre è pronta per fare il salto tecnologico e affrontare le sfide legate all’evoluzione digitale. Come? Introducendo metodologie e strumenti di innovazione e investendo in figure nuove e con competenze ad hoc da inserire in organico, soprattutto per le attività legate all’e-commerce. È quanto emerge dal nuovo Rapporto di ricerca (Osservatorio sulle imprese del terziario) realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo sulle imprese del terziario.

I cambiamenti dei modelli di business

Crescono ancora le imprese che si sono attivate per modificare i propri modelli di business: rispetto all’inizio della pandemia, passano dal 15% al 37,7% le imprese (+152%) che utilizzano il canale e-commerce o lo hanno intensificato. Boom anche del delivery: le imprese bergamasche del terziario che utilizzano la modalità delle consegne a domicilio – o l’hanno intensificata – passano dal 7% al 24% (+242%).
Queste innovazioni hanno consentito di minimizzare le perdite (38%), evitare di chiudere l’attività (28,4%), mantenere lo stesso livello di ricavi rispetto al periodo precedente la crisi (24,1%), crescere e migliorare (9,5%).

La formazione e il ricorso a nuove figure professionali

È in aumento rispetto al secondo semestre 2020 la percentuale di imprese che si sono dotate di nuove figure professionali (dall’8% al 9,3%). Tra coloro che hanno fatto ricorso a nuove competenze emergono i servizi (12,1%) seguiti dal commercio (10%) e dal turismo (5,8%). Il 90,7% delle imprese, invece, non si è ancora dotato di nuove figure professionali: a livello settoriale emerge il ritardo del turismo (94,2%) seguito dal commercio (90%) e dai servizi (87,9%).
Delle imprese che non hanno fatto ricorso a nuove figure professionali il 12% ha intenzione di farlo entro i prossimi due anni: un trend che dovrebbe portare ad un cambiamento di un’impresa su cinque. Anche in questo caso, la spinta è delle imprese dei servizi (15%), contro il 14% del commercio e il 7,4% del turismo.
Delle imprese che non hanno fatto ricorso a nuove figure professionali il 22,2% ricorrerà a corsi di formazione. In questo ambito sono più sensibili i servizi (24,7%) e il turismo (22,6%), seguiti dal commercio (19,6%).

Strumenti di innovazione digitale

Il 30,1% delle imprese del terziario bergamasco sono interessate ad introdurre entro il prossimo anno metodologie e strumenti di innovazione digitali. Il settore più attento è quello dei servizi (+31,6%) seguito, dal commercio (29,3%) e dal turismo (27,9%). Coloro che investiranno nel digitale si rivolgeranno alle associazioni di categoria (23%), formeranno una o più persone (22%), si appoggeranno a fornitori e consulenti (21%), assumeranno una o più persone con le skills adeguate (12%). Il 2,8% non ha ancora un’idea chiara in merito e il 19,2% non ritiene servano interventi particolari perché crede di avere già le competenze necessarie.

Infine, secondo una ricerca condotta sempre da Format Research e commissionata dagli Enti Bilaterali del Terziario di Bergamo – presentata a gennaio 2021 – le figure considerate chiave sono quelle commerciali (35,7% sales assistant, 17,8% marketing consultant, 16% agenti di commercio con competenze digitali evolute), seguite da figure con skill specifiche nell’innovazione digitale (14,3% informatici programmatori e sistemisti, 7,1% digital strategist/social media specialist, 7,1% data analyst).

Per Ascom Confcommercio Bergamo mentre nella quasi totalità degli imprenditori del terziario è noto il cambiamento degli stili di consumo in atto, accelerato dalla pandemia, solo un terzo degli stessi ha cercato di reagire con l’innovazione. Il problema non è nella volontà ma nelle competenze di titolari e dipendenti: servono skills nuove e figure professionali ad hoc e non solo nelle imprese che hanno attivato l’e-commerce. La sfida dell’evoluzione digitale è quindi aperta su più fronti e sono sempre di più le competenze digitali oggi necessarie per poter gestire nel migliore dei modi la propria attività e il business. A riguardo, il termine del blocco dei licenziamenti aprirà nuovi scenari occupazionali: le imprese avvertiranno, infatti, un cambiamento molto marcato del personale, collegato proprio all’acquisizione di queste nuove competenze.

L’Osservatorio sul terziario delle imprese di Bergamo

L’Osservatorio sul terziario delle imprese di Bergamo è basato su un’indagine continuativa, a cadenza semestrale, effettuata su un campione statisticamente rappresentativo dell’universo delle imprese del terziario (commercio, turismo e servizi) della provincia di Bergamo (n. 700 interviste a buon fine ogni semestre). L’obiettivo dell’indagine è quello di rilevare, descrivere e analizzare il clima di fiducia (sentiment), l’andamento dell’impresa e i livelli di occupazione delle imprese del terziario di Bergamo sia a livello congiunturale (ultimi sei mesi rispetto ai sei mesi precedenti) sia a livello prospettico (situazione nei sei mesi successivi alla rilevazione rispetto ai sei mesi precedenti).


I centri commerciali non ci stanno Saracinesche abbassate l’11 maggio La protesta in tutta Italia

Le associazioni del commercio chiedono risposte certe e tempestive e la riapertura immediata nei weekend così come previsto nella bozza del Decreto Riaperture 

Saracinesche abbassate per alcuni minuti per protestare contro le misure restrittive che da oltre sei mesi impongono la chiusura nei giorni festivi e pre-festivi. Succederà martedì 11 maggio, alle 11, in 30mila negozi e supermercati di tutti i centri commerciali d’Italia per iniziativa di Ancd-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, Cncc–Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione. Le Associazioni del commercio vogliono così dare voce ai 780mila lavoratori delle 1.300 strutture commerciali integrate presenti su tutto il territorio nazionale, costretti da oltre un anno a vivere in un clima di forte incertezza, aggravato da misure che impediscono appunto a migliaia di attività commerciali di lavorare nei giorni più importanti della settimana in termini di ricavi e fatturato.

La manifestazione servirà anche a ribadire che in centri, parchi e gallerie commerciali la sicurezza è massima: non a caso, nessun focolaio si è mai registrato da inizio pandemia grazie ai rigorosi protocolli rigorosi adottati. L’impegno del settore si è visto anche nella messa a disposizione volontaria e gratuita di 160 strutture per la creazione di hub vaccinali. Da inizio emergenza il settore si è impegnato in un dialogo costruttivo con il Governo. Le Associazioni del commercio coinvolte auspicano ora di “poter avere dalle istituzioni risposte certe e tempestive, per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa”.

“Stiamo assistendo a un paradosso sotto diversi punti di vista. In primis perché la riapertura dei centri commerciali nel weekend, di fatto i giorni più importanti della settimana in termini di ricavi e fatturato, era prevista nella bozza del Decreto Riaperture che disponeva la riapertura il sabato e la domenica dei centri commerciali nelle zone gialle  – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. È dunque assurdo che siano rimaste invariate le misure restrittive eccezionali per queste strutture, senza indicazioni sulla riapertura definitiva. Non devono esistere due pesi e due misure perché siamo tutti sulla stessa barca: i negozi dei centri commerciali sono imprese come le altre ed è assolutamente necessario fornire risposte chiare a migliaia di lavoratori coinvolti per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa”.

“È infatti del tutto incomprensibile come gli stessi protocolli di sicurezza che consentono ai centri commerciali di restare aperti da lunedì a venerdì non risultino adeguati nel fine settimana, consentendo la stessa sicurezza nella gestione degli accessi e degli afflussi – prosegue Fusini -. E lo è ancora di più alla luce del fatto che sin dall’inizio dell’emergenza, centri, parchi e gallerie commerciali hanno adottato misure di sicurezza ancora più stringenti rispetto a quanto richiesto a livello governativo e dalle singole Regioni, ribadendo la totale disponibilità a rafforzarle qualora necessario e assicurando tutte le garanzie necessarie a tutelare al meglio consumatori, dipendenti e fornitori dal rischio di contagio”.


Turismo e commercio: il 13 aprile al via il biennio formativo finanziato dagli Enti bilaterali del territorio

Seicento mila euro per la formazione gratuita rivolta a una platea di 23 mila lavoratori: in programma 39 corsi (che verranno integrati) per 658 ore

Con «tutte le sfumature del recruitment» il 13 aprile prende il via il nuovo biennio formativo 2021-2022 dedicato al mondo del commercio e del turismo promosso dall’Ente bilaterale territoriale del Terziario e dall’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi, entrambi costituiti da Ascom Confcommercio Bergamo e dalle organizzazioni sindacali di categoria (Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil).
Interamente finanziata dai due enti bilaterali con oltre 600 mila euro, l’offerta formativa è articolata in diversi corsi di managment aziendale, comunicazione, informatica e web, oltre a quelli specifici per l’Horeca tra cui caffetteria, cucina, mixology: in totale sono 39 corsi per 658 ore di formazione gratuita rivolta ai lavoratori del settore del commercio e del turismo delle oltre 6 mila imprese iscritte ai due Enti (circa 4.400 quelle dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario, quasi 2.000 quelle dell’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi). I corsi, in programma fino a novembre, saranno quasi tutti in Fad tranne quelli per il settore della ristorazione che si terranno presso i laboratori della sede di Ascom Formazione a Osio Sotto.

Il nuovo catalogo formativo è legato da un doppio filo di intenti come spiega Enrico Betti, presidente dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario: “È il primo catalogo formativo così strutturato e interamente finanziato dai due enti. Attraverso percorsi di specializzazione, aggiornamento e perfezionamento abbiamo infatti voluto investire sulla formazione professionale con l’obiettivo di migliorare le skills richieste dal mercato e dalle mutate condizioni dovute all’emergenza sanitaria ed economica. Abbiamo predisposto un’offerta formativa molto articolata e stiamo già programmando i nuovi corsi che porteranno a oltre mille ore totali di formazione in tutto il 2021 e che solo per il settore del terziario potrebbero coinvolgere oltre 15 mila lavoratori”.

“Nel 2020 il nostro Ente ha sostenuto le imprese, le lavoratrici e i lavoratori dei settori alberghiero e dei pubblici esercizi ed erogato circa 2800 sussidi emergenziali per oltre 750 mila euro: uno sforzo straordinario data la necessità impellente del momento – sottolinea Alberto Citerio, presidente dell’Ente bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi -. Quest’anno è il momento di pensare al rilancio e la formazione e la qualificazione professionale degli addetti e delle imprese del turismo saranno la chiave per guardare al futuro. Siamo certi che le 2.000 imprese della bilateralità di settore e i loro circa 8.000 addetti sapranno cogliere questa opportunità offerta gratuitamente.”

Per informazioni, iscrizioni e per consultare l’elenco completo dei corsi: www.entebilcombg.itwww.entebilturbg.it


Commercio al dettaglio in rosso Resistono l’alimentare e la Gdo

Il comparto alimentare e non alimentare su strade diverse nel quarto trimestre. Per commercio e servizi il calo annuo di fatturato supera il record negativo del 2009

Gli ultimi dati della Camera di Commercio di Bergamo non fanno sperare per il settore del commercio al dettaglio in provincia. Nel quarto trimestre torna infatti ad aggravarsi la situazione delle imprese con almeno 3 addetti attive nel commercio al dettaglio: il calo di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019 è pari al -5,4%, in peggioramento rispetto al -2,4% registrato nel terzo trimestre. L’intensificarsi dei contagi da Covid-19 da ottobre in poi ha comportato l’adozione di nuove misure di contenimento.

A essere penalizzati sono stati ancora una volta gli esercizi non alimentari, che dopo il recupero dei mesi estivi hanno subito un nuovo calo delle vendite nel quarto trimestre, nell’ordine dei 10 punti percentuali rispetto ai livelli del 2019.
I negozi alimentari – e la grande distribuzione in particolare – non hanno invece subito contraccolpi, non solo perché sono potuti restare aperti, ma anche per via della crescita del consumo domestico di beni alimentari a scapito di quello fuori casa e la maggiore diffusione del lavoro agile.

Il 2020 nel suo complesso archivia un calo del fatturato del -8,1%, il peggior risultato della serie storica (il precedente primato negativo era il -7,1% del 2012); ancora una volta va però sottolineata l’estrema variabilità di questo risultato, che se per i negozi non alimentari certifica un annus horribilis con perdite superiori ai 15 punti percentuali, per la grande distribuzione ha invece rappresentato un’annata di significativa crescita.

I prezzi tornano a crescere negli ultimi tre mesi del 2020 (+0,3%), chiudendo un anno che ha visto comunque una dinamica positiva dei listini, sebbene in rallentamento rispetto al 2019. Oltre alle dinamiche settoriali, hanno influito anche i maggiori costi sostenuti per l’adeguamento ai protocolli di sicurezza. Le valutazioni sugli ordini ai fornitori, nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, mostrano ancora una netta prevalenza di indicazioni di diminuzione su quelle di aumento, ma il saldo conferma il trend di miglioramento già evidenziato nel terzo trimestre. Negative invece le notizie sul fronte delle scorte, con il saldo tra giudizi di eccedenza e scarsità che torna a crescere e si attesta su livelli decisamente più elevati rispetto al 2019.

L’andamento dell’indice del fatturato mostra chiaramente l’evoluzione nel corso del 2020 che ha visto il forte calo dei primi due trimestri al minimo storico di 72,6 (2010=100), la risalita a quota 85,7 nel terzo e la nuova caduta – fortunatamente meno pronunciata – nel quarto, oltre quattro punti sotto i livelli di fine 2019. La dinamica della Lombardia è simile, anche se il calo meno marcato nella prima parte dell’anno consente alla regione di archiviare una flessione tendenziale più ridotta nel quarto trimestre e una variazione media annua migliore: il risultato è un allargamento del gap negativo di Bergamo nei confronti dell’indice lombardo.

Torna a salire la percentuale di imprese che dichiara un calo di fatturato su base annua, sebbene rimanga lontano il livello record raggiunto nel secondo trimestre, quando le imprese in perdita rappresentavano oltre il 60% del campione. Parallelamente aumenta – sebbene lievemente – la quota di imprese con un fatturato in crescita, mentre si riducono le imprese che dichiarano una situazione di stabilità. La distribuzione delle risposte conferma quindi una crescita della variabilità rispetto al trimestre precedente, quando il recupero era stato generalizzato.

Nel 2020 bene solo la Gdo che chiude l’anno in positivo (+5,5%)

I dati forniti sulle vendite di prodotti di largo consumo confezionato da parte di ipermercati e supermercati confermano l’andamento positivo delle vendite: crescono infatti su base annua il valore e le quantità vendute, con incrementi nuovamente in accelerazione dopo il rallentamento dei mesi estivi. L’anno si chiude con un risultato positivo sia in valore (+5,5%) che in quantità (+2,8%), dopo un 2019 di stagnazione. L’emergenza sanitaria ha rappresentato un vantaggio per supermercati e ipermercati, spostando una significativa quota dei consumi alimentari dal canale Ho.Re.Ca alle mura domestiche.
Il quarto trimestre registra un saldo positivo del numero di addetti (+0,8%), frutto della contemporanea crescita del tasso di ingresso e del calo di quello relativo alle uscite: gli strumenti a sostegno dell’occupazione e il blocco dei licenziamenti, da un lato, e le esigenze di manodopera da parte degli esercizi che hanno sperimentato una crescita di domanda, dall’altro, hanno permesso all’occupazione delle imprese commerciali – almeno per quelle con 3 addetti e oltre – di superare il 2020 senza subire particolari perdite, anche se il trend positivo degli anni precedenti ha mostrato un rallentamento.

Le aspettative degli imprenditori del commercio al dettaglio evidenziano un netto peggioramento negli ultimi tre mesi dell’anno, riportando i saldi tra previsioni di crescita e diminuzione sui livelli molto negativi dei primi due trimestri. Anche tenendo conto degli effetti stagionali, che vedono un calo fisiologico delle vendite dopo il picco di fine anno, questo calo brusco testimonia una scarsa fiducia degli imprenditori nella possibilità di una rapida ripresa nella prima parte del 2021.

“La stessa situazione rilevata dall’osservatorio della Camera di Commercio si registra anche  nei negozi con meno di tre addetti – sottolinea Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo -. Anche le piccole e piccolissime attività  alimenti hanno chiuso in positivo mentre i non alimentari hanno registrato una forte sofferenza, non solo per il fatto che  sono stati costretti a chiusure forzate  ma anche per la minor circolazione delle persone per effetto della zona rossa e arancione. A questo si aggiunge un ulteriore problema che riguarda tutta la filiera, dall’agroalimentare al grossista fino ad arrivare a commerciante ultimo. In particolare ha perso pesantemente tutta la filiera legata all’horeca per la chiusura di bar, ristoranti e per la perdita di attività negli alberghi”.

I servizi alla persona e le attività di alloggio e ristorazione i più colpiti

Nel quarto trimestre la variazione tendenziale del fatturato per le imprese bergamasche dei servizi con almeno 3 addetti è pari al -6,2%: nonostante il dato rappresenti una diminuzione meno accentuata se confrontato con i tre mesi precedenti, si tratta del divario più elevato rispetto ai livelli di attività del 2019 tra tutti i macro-settori dell’economia provinciale. In media annua il calo di fatturato raggiunge il -12,7%, superando il record negativo del 2009 (-8%). Un’estrema variabilità caratterizza anche i risultati dei vari comparti dei servizi: sebbene per tutte le attività il 2020 abbia comportato flessioni di fatturato significative, i servizi alle imprese e il commercio all’ingrosso sono riusciti a contenere le perdite, anche grazie all’utilizzo del lavoro agile, mentre i servizi alla persona e le attività di alloggio e ristorazione sono stati tra i comparti più colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia: per i primi la diminuzione di fatturato nel 2020 ha superato il -20%, per le seconde il -30%.

I prezzi nel quarto trimestre confermano la velocità di marcia già evidenziata nei tre mesi precedenti (+0,5%), in accelerazione rispetto agli incrementi marginali registrati nella prima metà dell’anno. Nel 2020, nel complesso, i listini hanno comunque mostrato un raffreddamento rispetto ai ritmi di crescita che avevano caratterizzato il biennio precedente.

Nonostante la situazione di grave difficoltà, l’andamento del fatturato delle imprese bergamasche dei servizi nel quarto trimestre risulta migliore rispetto alla media lombarda: l’indice di Bergamo segna un ulteriore lieve incremento dopo il recupero del terzo trimestre, mentre in Lombardia arretra, allargando il divario con i livelli di fine 2019. Nella media del 2020 il risultato della provincia è tuttavia allineato a quello regionale (-12,3%), che conferma un livello più elevato dell’indice del fatturato per via della maggiore crescita degli anni precedenti.

Anche la distribuzione delle risposte all’interno del campione mostra un miglioramento rispetto al terzo trimestre: la quota di imprese con un fatturato in crescita su base annua si espande, mentre quella relativa alle imprese con fatturato inferiore al 2019 scende sotto il 50%. Le imprese in perdita si confermano comunque più numerose e risultano inoltre caratterizzate da flessioni di entità significativa: la quota di quante dichiarano perdite superiori ai 5 punti percentuali è pari al 41%, a fronte del 31% che registra incrementi di tale entità. I servizi non solo hanno subito il maggior impatto negativo in termini di calo dei livelli di attività, ma sono anche il settore dove sono state più evidenti le ripercussioni sull’occupazione, anche per via di una forza lavoro caratterizzata da un’ampia quota di contratti poco protetti (soprattutto in quei settori, come la ristorazione, maggiormente colpiti dalle misure di restrizione). Il numero di addetti scende del -0,8% nel quarto trimestre, per via della crescita del tasso di uscita (4,2%) e del calo di quello di entrata (3,5%). Al netto degli effetti stagionali, è evidente come la fase discendente dell’occupazione dei servizi fosse già iniziata nella seconda parte del 2019 ma sia stata intensificata dallo scoppio dell’emergenza sanitaria.

Le aspettative degli imprenditori restano prudenti sulle prospettive per il prossimo trimestre, mostrando solo un lieve progresso rispetto ai valori registrati nei mesi estivi e rimanendo comunque in territorio negativo. Il valore minimo lo esprimono le attività di alloggio e ristorazione e i servizi alla persona. “Le misure di contenimento della seconda ondata autunnale le ritroviamo tradotte nei numeri negativi del quarto trimestre, sebbene le diverse abitudini di consumo abbiano invece avvantaggiato il commercio alimentare – commenta il presidente della Camera di Commercio, Carlo Mazzoleni -. Il commercio non alimentare ha purtroppo pagato un nuovo scotto. Notevoli divari anche tra i servizi alle imprese e il commercio all’ingrosso da un lato, e i servizi alla persona, l’alloggio e la ristorazione dall’altro. I numeri annuali per entrambi i settori sono i peggiori della serie storica e le aspettative, alla luce della ripresa della curva dei contagi e di possibili nuove restrizioni, rimangono purtroppo negative”.


Come cambia il commercio nelle città. L’indagine sulla “Demografia d’impresa” di Confcommercio

Negli ultimi otto anni a Bergamo in crescita alberghi, bar e ristoranti. Il presidente Zambonelli: “Il futuro è incerto e prevedere quante imprese chiuderanno è impossibile”

Come cambia il tessuto commerciale nei centri storici e nelle città? È la domanda a cui prova a dare una risposta Confcommercio con “Demografia d’impresa nelle città italiane” (sesta edizione), analisi aggiornata sull’evoluzione commerciale nei centri storici rispetto al resto del tessuto urbano tra il 2012 e il 2020. In particolare, oggetto dell’osservazione sono 120 città medio-grandi, cioè tutti i capoluoghi di provincia come Bergamo (ed ex capoluoghi), più 10 comuni di media dimensione. La disaggregazione riguarda 13 aree di attività economica: 9 del commercio fisso al dettaglio, cui si aggiungono il commercio ambulante, l’area dell’alloggio e quella della ristorazione, cioè bar e ristoranti; per completezza c’è anche la voce «altro commercio» che riguarda sostanzialmente le società che vendono online e porta a porta, i distributori automatici e le vendite per corrispondenza.

Dai dati dell’Ufficio Studi sulla demografia d’impresa delle 120 città oggetto dello studio emerge che dal 2012 ad oggi hanno chiuso 77mila attività e nel 2021 si prevede la chiusura di 1 impresa su 4 in ristorazione e alloggio. La riduzione del commercio tradizionale è collegata alla curva in discesa dei consumi (da 1.085 mld del 2012 si è scesi a 969 del 2020 siglando un -10,7%) e nella curva in aumento del commercio elettronico che nel 2020 ha fatto registrare un aumento del 30,7%, passando a livello nazionale da 17,9 miliardi a 23,4 miliardi. Male, invece, i servizi online che hanno registrato una perdita del 46,9%, passando da 13,5 ml a 7,2 ml.
Tra le merceologie più in difficoltà nel periodo compreso tra il 2012 e il 2020 ci sono le librerie e i giocattoli (-25,3%), mobili e ferramenta (-27,1%) e vestiario e calzature (-17%). A crescere sono solo poche merceologie tra cui le farmacie +19,7%.

I dati di Bergamo: in crescita alberghi, bar e ristoranti ma il futuro è incerto

A Bergamo gli esercizi hanno tenuto sia nel centro storico, con un lieve calo pari a -0,2% negli ultimi due anni (2020-2018), sia fuori dal centro storico (-3,1%). Osservando gli ultimi otto anni la diminuzione è stata contenuta (-8,7% nel centro storico e -8,0% fuori dal centro storico) contro la media di -14% nei 120 comuni italiani analizzati.
Tra il 2012 e il 2020 è stata forte la crescita delle imprese ricettive: +178,6% nel centro storico e +114% fuori. Bene anche se più moderata la crescita di bar e ristoranti (+5,6% in centro e + 14% fuori). La nota dolente riguarda gli ultimi due anni: nel centro storico hanno infatti perso sia le imprese ricettive (-7;0%) sia bar e ristoranti (-3,6%) mentre fuori dal centro storico sono cresciute le imprese ricettive (+22,3%) e sono stabili i bar e ristoranti (+0,7%). In questo scenario il fattore immobiliare ha fatto la sua parte: gli appartamenti del centro destinati alle imprese extra-alberghiere sono cresciuti a dismisura, mentre per i bar e ristoranti manca il punto vendita.
In conclusione, tra il 2012 e il 2020, la crescita di alberghi, bar e ristoranti a Bergamo è stata del 20,4% in centro storico e del 21,5% fuori dal centro ed è di quasi tre volte superiore alla media dei 120 comuni di media dimensione dove nello stesso periodo è stata dell’8,8%.

“Questa indagine ci conferma che già prima della pandemia il tessuto commerciale delle città stava cambiando, sia nel centro storico sia in periferia. L’emergenza Covid ha poi aggravato la situazione colpendo duro soprattutto il centro di Bergamo e Città Alta, così come i centri storici delle città metropolitane e multicentriche come Milano, Roma e Napoli – osserva Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Bergamo -. Sebbene le percentuali vedono vicine le tendenze del centro di Bergamo e Città Alta ben diversa è la dinamica di resistenza che vede tenere le imprese più strutturate situate nei centri storici, con la tenuta dell’ecosistema di prossimità della periferia (panettiere, alimentare, macellaio, fruttivendolo, tabaccaio e giornalaio). Ad ogni modo, in questo momento il numero preponderante delle imprese è ben al di sotto della linea di galleggiamento. Prevedere quante di queste chiuderanno è oggi impossibile. Non sappiamo ancora quando e come ripartirà il turismo e come la gente si riapproprierà degli spazi dei centri storici e come una modalità di consumo affermatasi nella pandemia potrà lasciare spazio alle modalità tradizionali”.

E proprio sugli scenari che riguardano il binomio consumi-terziario Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, non ha dubbi: “Quello che stiamo registrando è un fenomeno unico che tocca anche il nostro territorio: è quello che la ricerca definisce come possibile “ibernazione” del terziario. Molti stanno tenendo aperto il proprio negozio perché non hanno un reale sbocco alternativo e perché restano in attesa di ristori. Poi chiuderanno e questo avverrà in corso d’anno. Assisteremo, però, alla differenza tra cancellazione e mortalità di impresa. La cancellazione è l’atto formale che nei prossimi mesi potrebbe aumentare ma che non corrisponde alla cessazione di attività perché non appena le condizioni di ripartenza si riproporranno le stesse imprese ripartiranno. Il fenomeno è già chiaramente visibile nelle imprese ricettive extralberghiere che stanno restituendo gli appartamenti ai proprietari ma presto potrebbe toccare anche altri comparti del commercio”.

Le proposte di Confcommercio

Alla luce dei risultati dell’indagine Confcommercio ribadisce che sono necessari modelli di governance urbana che, con il contributo di chi nella città vive e lavora, guardino al medio-lungo termine e siano realmente capaci di dare risposte concrete all’economia reale e alla vita quotidiana dei cittadini e degli imprenditori italiani. In tale mutato contesto, le politiche urbane e territoriali hanno una grande responsabilità nel definire le nuove urbanità e andrà ricercata una nuova capacità di pianificazione, adattiva e meno burocratica, per dare risposte alle nuove esigenze contingenti e arginare la perdita di funzioni nelle città, garantendo la presenza di negozi, servizi, verde e spazi pubblici nei quartieri periferici e favorendo la residenzialità nei centri storici.

Si ritiene utile anche un aggiornamento post-Covid dell’Agenda urbana per rafforzare la resilienza delle città e delle loro economie: a tal proposito, Confcommercio è impegnata affinché parte dell’ingente quantità di risorse mobilitate dall’Unione europea per affrontare la crisi sanitaria, attraverso l’iniziativa Next Generation EU 2021-2024 e il rafforzamento della Politica di Coesione 2021-2027, siano destinate a sostenere progettualità condivise di sviluppo urbano ed economico, definite dagli attori economici e sociali locali con le rispettive Amministrazioni di riferimento.


Lotteria degli scontrini, lo sfogo dell’oster: “Non siamo in uno Stato di polizia fiscale”

Sfogo o presa di posizione? Appello alle istituzioni o invito a chi di dovere? Chiamatelo come volete ma sta di fatto che il contenuto della lettera scritta a mano e firmata da Oscar Cantoni, oste di Mozzanica, dimostra che tra gli associati Ascom c’è ancora chi ha polso. Nel vero senso della parola. E, soprattutto, non si nasconde dietro a nessuna tastiera (in questo caso penna…).

Ecco un sunto della lettera (datata 10 gennaio) pervenuta in direzione nei giorni scorsi:

“Anticipo – scrive Cantoni, titolare dell’osteria più vecchia del paese – che non desidero solo criticare in quanto ho ricevuto finora tutti i ristori previsti fino allo scorso 9 dicembre. Ciò detto, dopo la fatturazione elettronica nel 2019, il registratore per l’invio dei corrispettivi telematici nel 2020, si affaccia all’orizzonte la lotteria degli scontrini. Io non so se ci stanno prendendo in giro, oppure se ritengono che siamo una categoria da considerare e, dunque, ci prendono per i fondelli. E già che ci sono approfitto per esprimere alcune considerazioni, chiedendo pazienza nel leggerle. È vero che si va verso la digitalizzazione del Paese, ma è altrettanto vero che le persone anziane (diciamo over 67-68) non riusciranno, nella grande maggioranza, nel padroneggiare questi strumenti elettronici.

Tra i miei clienti c’è chi infatti non si ricorda a memoria la targa della propria auto o il numero del conto corrente bancario. Alcuni addirittura non possiedono un telefonino oppure lo usano solo per farsi chiamare. Queste persone, spesso titolari di pensioni minime o di importo inferiore a mille euro, quando pagano in contanti e ricevono uno scontrino regolare rimane loro solo il sorriso e il grazie dell’esercente o del commerciante. Non si trovano i soldi per la cassa integrazione, non tutti hanno finora ricevuto i ristori, ma si trovano per gli appassionati del digitale e, in subordine, per le banche e le grandi multinazionali delle carte di credito. Per cui si premia solo chi usa il digitale, creando disparità di trattamento.

Penso che nel silenzio totale ci incamminiamo verso uno Stato di polizia fiscale dove si vuole tutto sotto controllo e tutto verrà rallentato. Verranno infatti colpite le piccolissime-micro imprese mentre i “giganti dell’evasione” agiranno indisturbati, forse con la connivenza dello Stato. Mi auguro dunque che le Associazioni di categoria, unite, si attivino affinché si capisca che non è il momento propizio per aggiungere ulteriori orpelli.

Diceva un defunto Vescovo che ho conosciuto ai tempi della mia giovinezza: i pugni potete anche batterli, però solo sul tavolo! Animo, dunque”.


Lombardia di nuovo rossa: un dramma per la moda nel bel mezzo dei saldi

Nel primo giorno di una Milano Fashion Week in edizione virtuale, le notizie di un ritorno in fascia rossa per la Lombardia scuotono la capitale della moda. Notizie che si sono poi confermate con l’Ordinanza del Ministro della Salute del 16 gennaio che ha collocato la Lombardia in “zona rossa” per 15 giorni. Tradotto: tutto chiuso tranne i rivenditori di generi alimentari, farmacie, parafarmacie, tabaccai, edicole, parrucchieri, barbieri, lavanderie, ferramenta, ottici, fiorai, librerie, cartolerie, informatica, negozi di abbigliamento per bambini e di giocattoli, profumerie, pompe funebri e distributori automatici.

Tra le tante categorie messe in ginocchio dalle restrizioni per il Covid anche il comparto moda e abbigliamento non è da meno. A opporsi all’Ordinanza che colora di rosso la Lombardia è Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio: “Una scelta che rischia di affondare l’intera filiera, in un momento cruciale per il settore. I saldi sono partiti con il freno tirato per le forti apprensioni degli operatori alle prese con uno slalom di paletti e aperture a geometria variabile e la dilagante confusione generata dai decreti anche nei consumatori. Il 91% delle imprese intervistate evidenzia un preoccupante decremento delle vendite, con sei imprese su dieci che dichiarano un calo tra il 50 e il 90%. Dopo aver perso quella marginalità di sussistenza nel pieno della stagione per cause dovute certamente al minor reddito disponibile dei consumatori; all’eccessivo utilizzo dello smart working nel pubblico e nel privato; alla totale assenza dello shopping tourism; al venir meno delle occasioni d’incontro di lavoro e nel privato (pranzi, cene, feste, cerimonie, cinema, teatri, musei, “Prima della Scala”, piscine, palestre, ecc…), perdiamo ora anche la liquidità dei saldi che permette ai negozi di effettuare gli ordini alla produzione per le collezioni autunno/inverno 2021/2022, con ovvie ripercussioni sulla manifattura e sul made in Italy”.
“Per evitare l’apocalisse del retail della moda – conclude Borghi – servono misure shock per sostenere in modo concreto la continuità dei negozi attraverso un contributo sull’effettiva perdita di fatturato e per la rottamazione dei magazzini con un credito di imposta pari al 60% del valore di acquisto delle merci invendute”.

L’indagine sull’andamento delle vendite

Premessa l’assoluta incomparabilità tra l’andamento delle vendite nei primi dieci giorni del 2021 con lo stesso periodo del 2020 a causa della complessità e dell’eterogeneità delle variabili generate dall’emergenza da Covid-19, il monitoraggio di Federazione Moda Italia-Confcommercio evidenzia un un decremento delle vendite per il 91% delle imprese che hanno risposto in maniera importante ai questionari diffusi dalle Associazioni del settore moda delle Confcommercio provinciali.

Il 56,7% delle imprese ha dichiarato un calo tra il 50 e il 90%. L’80,8% delle imprese ha proposto sconti tra il 20 e il 40% (la maggior parte, pari al 52% delle aziende ha scelto una percentuale di sconto del 30%). Un’impresa su dieci sta praticando sconti medi del 50%.
Il 95% delle transazioni è avvenuto cashless con la preferenza di Pagobancomat e Carte di debito (63,4%) seguita dalle Carte di credito (32,3%). Residuale il pagamento in contanti (4,3%).
Tra i prodotti più vendutimaglieria (46,8%); pantaloni (24,7%); scarpe donna (21,5%); giubbotti, cappotti e piumini (21,2%); abiti donna (18,6%); accessori (14,5%). In sofferenza le vendite di abiti da uomo e di valige.

Lombardia zona rossa dal 17 gennaio: il vademecum 

NEGOZI APERTI

Supermercati e alimentari

Rimangono aperti ipermercati, supermercati, discount di alimentari, minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimenti vari, compresi i negozi che vendono surgelati.

Profumerie e articoli igienico-sanitari

Rimangono aperte le profumerie, le erboristerie e i negozi di cosmetica. Ma anche gli esercizi che vendono articoli igienico-sanitari.

Negozi di giocattoli e per bambini

Sono aperti i negozi di giocattoli, così come quelli di vestiti e calzature per bambini e neonati.

Articoli sportivi

Sono aperti i negozi di articoli sportivi, biciclette e articoli per il tempo libero.

Biancheria personale

Rimangono aperti anche gli esercizi commerciali che vendono biancheria personale

Computer, elettronica ed elettrodomestici

Tra le attività aperte ci sono i negozi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici.

Ferramenta

Rimangono aperti i negozi di ferramenta, vernici, vetro piano e materiali da costruzione (incluse ceramiche e piastrelle).

Agricoltura, giardinaggio e fioristi

Tra le attività che non chiudono, ci sono gli esercizi commerciali che si occupano di vendita di macchine, attrezzature e prodotti per l’agricoltura e per il giardinaggio. Ma anche i fioristi e i negozi che vendono piante, bulbi, semi e fertilizzanti

Farmacie  articoli medicali

Restano aperte le farmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica. Sono aperti anche i negozi di articoli medicali e ortopedici.

Tabaccai

Sono aperti anche i tabaccai e gli esercizi specializzati nella vendita di sigarette elettroniche e liquidi da inalazione.

Librerie ed edicole

Restano aperte le librerie e le edicole.

Ottici e negozi di fotografia

Tra le attività che restano aperte ci sono gli ottici e i negozi di fotografia.

Cartolerie

Sono aperte anche le cartolerie e i negozi che vendono articoli da ufficio.

Negozi per animali

Restano aperti i negozi che vendono animali domestici e alimenti per animali domestici.

Parrucchieri e barbieri

Sono aperti i parrucchieri e i barbieri, mentre rimangono chiusi i centri estetici.

Lavanderie

Restano aperte le lavanderia

Distributori di benzina

Restano aperti i distributori di benzina

 

NEGOZI CHIUSI

Negozi di calzature, abbigliamento e gioielli

Serrande abbassate, invece, per i negozi di calzature, abbigliamento e gioielli.

Bar e ristoranti

Tutto il reparto ristorazione, dai bar ai ristoranti, deve rimanere chiuso, ma può continuare ad effettuare servizio d’asporto fino alle 18 (i bar) e fino alle 22 (ristoranti e pizzerie). È sempre consentita, invece, la consegna a domicilio

 
 


I nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori in tempi di Covid

Un bergamasco su due nel 2020 ha acquistato anche online: è questo uno dei tanti dati che emergono della ricerca “I nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori bergamaschi e i nuovi fabbisogni formativi delle imprese” realizzata da Format Research per conto dell’Ente Bilaterale Territoriale del Terziario di Bergamo e dell’Ente Bilaterale Alberghiero e dei Pubblici Esercizi di Bergamo. L’obiettivo dell’indagine è quello di rilevare il cambiamento degli stili di acquisto e di consumo dei consumatori residenti nella provincia di Bergamo, anche in funzione delle profonde modificazioni in atto nello scenario economico dominato dall’emergenza sanitaria che ha dato una spinta agli acquisti online e alla digital innovation. Tale studio ha permesso di analizzare a partire dal cambiamento degli stili di consumo le nuove esigenze formative (e nuove competenze) delle quali le imprese attualmente debbono dotarsi per restare competitive sul mercato.

L’indagine è stata rivolta ad un campione statisticamente rappresentativo di cittadini di Bergamo, di età superiore ai 18 anni, nell’ambito del quale sono stati profilati quattro cluster di rispondenti che (nel corso di tutto il 2020) hanno effettuato acquisti online almeno una volta alla settimana, almeno una volta al mese, almeno una o due volte nel corso dell’ultimo anno o non hanno effettuato acquisti online nel corso dell’ultimo anno (ma negli anni precedenti li avevano effettuati) o non hanno mai effettuato acquisti online.

Un nuovo approccio al mondo del commercio

«Grazie a questa ricerca abbiamo lo stato dell’arte del mondo del commercio nell’anno della pandemia – aggiunge Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo -. L’indagine mostra come si sono organizzati i nostri associati, i servizi che hanno fornito e quelli che dovranno ancora dare affinché nessuno resti indietro in questa sfida. Alcuni dati che emergono sono positivi altri preoccupanti. Di fatto, un nuovo approccio al mondo del commercio è fondamentale e determinerà la sopravvivenza di tutto il mondo del terziario”.

Per Enrico Betti, presidente dell’Ente Bilaterale Territoriale del Terziario di Bergamo “l’indagine fotografa una situazione territoriale molto in evoluzione dalla quale si evidenzia l’esigenza di sviluppare nuove competenze e migliorare quelle già possedute al fine di consentire alle aziende di restare competitive e ai lavoratori di maturare nuove skills da integrare alle capacità già consolidate. Gli enti promuoveranno nel corso del 2021 corsi e aggiornamenti specifici per il settore in modo da aiutare questa evoluzione”.

“In un periodo di grandi trasformazioni, la ricerca commissionata dai nostri Enti centra un obiettivo fondamentale: partire dalle nuove abitudini di consumo sul fronte della clientela e dell’utenza e le relative ricadute percepite dalle imprese per analizzare come queste si possano attrezzare – afferma Alberto Citerio, presidente Ente bilaterale turismo -. Per quanto riguarda il turismo, Pubblici Esercizi e Alberghi, la situazione è particolarmente grave; gli aspetti congiunturali legati alla pandemia distorcono qualunque ragionamento di prospettiva legato anche ai nuovi stili di consumo. I dati ricavabili dalla ricerca dicono, per il turismo, che solamente il 3.5% delle imprese (contro il 9.5% del terziario) si è dotata di nuove figure professionali che possano gestire il cambiamento e che il 12.5% (contro il 28.5% del terziario) ha intenzione di mettere in campo formazione sulle innovazioni. Questi dati meritano di essere approfonditi e compresi al netto della congiuntura attuale. Qualificazione del personale attraverso la formazione, rimane elemento centrale dell’azione che l’Ente del turismo bergamasco intende intraprendere per dare risposte a Imprese e Lavoratori in questo difficile momento”.

“Questa indagine è una delle prime in Italia a proporre una doppia prospettiva (consumatori e imprese) di lettura – spiega Pierluigi Ascani, presidente di Format Research -. È stata infatti utile non solo per esplorare le tendenze di consumo e quindi le esigenze del commercio e dei pubblici esercizi per rispondere all’impatto della crisi ma anche per capire come le imprese si siano strutturate per fronteggiare un anno orribile come quello appena concluso. Esigenze legate al modo di fare impresa, alle prospettive di business e di occupazione: il mondo del terziario è infatti sempre più complesso e da questa ricerca emerge che la provincia di Bergamo è stata molto attenta a cogliere le dinamiche legate alla vendita di servizi e prodotti, dimostrando quindi un’ottima resilienza e una propensione a trovare nuove soluzioni in una logica di cambio di prospettiva nella relazione coi consumatori”.

La ricerca in sintesi

Il cambiamento degli stili d’acquisto
Il 53% dei consumatori di Bergamo ha dichiarato che sulla totalità dei costi sostenuti nel corso del 2020, oltre il 50% è stato destinato a spese obbligatorie (affitto, manutenzione e riparazione casa, bollette, sanità, spese mezzi di trasporto esclusi i combustibili, assicurazioni, servizi finanziari).
Oltre il 45% dei consumatori hanno sostenuto «spese obbligatorie» in misura maggiore rispetto all’anno precedente. Le restrizioni subite e la necessità di risparmiare hanno sicuramente influito sulle spese non necessarie e, infatti, solo il 23% dei consumatori, una percentuale esigua, ha sostenuto in misura maggiore «spese non obbligatorie».

L’acquisto online dei beni di prima necessità
Elevato il ricorso al canale online da parte dei consumatori bergamaschi per l’acquisto di beni di prima necessità nel corso dell’ultimo anno: oltre il 56% ha acquistato online generi alimentari e più del 78% prodotti per l’igiene personale e per la pulizia della casa.
Oltre il 75% dei consumatori di Bergamo ha speso di più rispetto all’anno precedente allo scoppio dell’emergenza sanitaria per acquistare beni di prima necessità online.

I canali per l’acquisto online dei beni di prima necessità
Le catene della Gdo (52,2%) e Amazon Prime (48,4%) sono risultati i canali online più utilizzati per l’acquisto dei generi alimentari. Il 31,1% dei consumatori si è rivolto anche ai negozi che si erano organizzati con le consegne a domicilio.

I beni acquistati nel corso dell’ultimo anno
Prodotti farmaceutici, abbigliamento e articoli per la casa ma anche prodotti elettronici, elettrodomestici e articoli sportivi sono risultati i prodotti maggiormente acquistati dai cittadini bergamaschi nel corso del 2020. 

I canali per l’acquisto dei beni non alimentari
Le piattaforme marketplace e i siti web dei rivenditori sono stati i canali maggiormente utilizzati (85,6%) per effettuare acquisti di prodotti non alimentari. Il 35,5% ha acquistato direttamente dal sito web di un negozio fisico.
Tra coloro che hanno acquistato anche presso i negozi fisici, il 75,2% ha utilizzato i punti vendita presso i centri commerciali. Il 52,2% ha acquistato nei punti vendita tradizionali.

I motivi per i quali si acquista online o in negozio
Il processo di acquisto è diventato «circolare» e la ricerca mette in luce come oggi il consumatore vuole essere parte «attiva» del processo, comparando i prezzi, informandosi. Comodità del servizio online, possibilità di comparare i prezzi e risparmio di tempo sono infatti le motivazioni più comuni. Al contrario, il negozio tradizionale viene preferito perché permette di trovare subito i prodotti, di capire se sono i prodotti giusti e perché svolge una funzione sociale di evasione e aggregazione per i consumatori.

I driver alla base dell’acquisto
Il 54,1% dei consumatori si è informato sull’acquisto più importante (in valore) con il desiderio di acquistarlo online, come poi ha fatto. Il 22,6%, invece, lo ha desiderato ma poi non lo ha fatto.

L’attività dei negozi tradizionali sul web 
Oltre il 66% dei consumatori che hanno effettuato acquisti anche presso i negozi tradizionali, hanno ricevuto assistenza sul web e/o sui social. Questo mette in luce come a Bergamo il consumatore abbiamo trovato assistenza online da parte dei negozi tradizionali.

La resilienza delle imprese di Bergamo
Le imprese di Bergamo hanno vissuto grandi difficoltà durante la pandemia e oltre il 61% ha visto un peggioramento dei propri ricavi. Il 32% ha dichiarato di avere cercato di fronteggiare il calo dei ricavi adottando un qualche genere di soluzione e oltre il 90% delle imprese sono certamente consapevoli del fatto che gli stili di consumo sono cambiati nel corso degli anni (il 65% attribuisce tale cambiamento alla pandemia).  Tra le imprese che hanno ravvisato un cambiamento il 55% ritiene che il proprio personale non abbia le competenze giuste ma è disposto a erogare formazione sul tema.

Nuove figure professionali e formazione ad hoc
Anche se solo l’8% delle imprese di Bergamo si è dotato di nuove figure professionali, pronte a cogliere il cambiamento in atto, il 10% ha intenzione di dotarsene nei prossimi due anni. Si tratta in particolare di imprese dei servizi e del commercio. Tra le «nuove figure professionali» le imprese hanno introdotto (o stanno introducendo) in prevalenza assistenti alle vendite, consulenti di marketing e figure legate all’innovazione digitale. Tra le imprese che nei prossimi due anni vogliono introdurre nuove figure professionali, il 24% attiverà anche dei corsi di formazione.

Nuovi modelli di business
Le imprese di Bergamo non si sono fermate durante la pandemia e il 35% delle imprese ha iniziato ad utilizzare l’e-commerce dall’avvento del Covid. Una variazione percentuale del +134% rispetto al periodo pre-pandemia. Solo il 14% delle imprese che svolgono attività di e-commerce hanno figure preposte alla gestione di tale attività. Inoltre, a seguito dell’esigenza di aggiornare le competenze dei collaboratori e avere del personale dedicato al commercio elettronico, il 42% delle imprese ha fornito formazione apposita ai propri dipendenti. In prevalenza in promozione e comunicazione.

 

La ricerca completa:

I nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori bergamaschi e i nuovi fabbisogni formativi delle imprese


Emergenza Covid-19: le nuove regole in vigore fino al 15 gennaio

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo del decreto legge 5 gennaio 2021 n. 1 che dispone le nuove restrizioni in vigore dal 7 al 15 gennaio. Fino al 10 gennaio le misure saranno uguali per tutto il territorio nazionale, poi dall’11 gennaio si tornerà alla divisione per colori, ma con nuovi parametri e che riportano in area arancione Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della Cabina di Regia dell’Istituto superiore di sanità, ha firmato in serata una nuova ordinanza che andrà in vigore a partire da domenica 10 gennaio fino a venerdì 15 gennaio, data in cui scadrà il Dpcm. 

Fino al 15 gennaio, quindi, bar e ristoranti saranno chiusi (consentita la consegna a domicilio e l’asporto fino alle ore 22.00), le scuole superiori proseguiranno con la didattica a distanza e sarà vietato uscire dal proprio Comune, ad eccezione degli spostamenti da quelli con popolazione fino a 5mila abitanti per un raggio di 30 chilometri dai confini. A far scattare la zona arancione per le 5 regioni sono state le modifiche introdotte con il decreto del 5 gennaio, che hanno abbassato la soglia dell’Rt che determina il posizionamento nelle fasce: con Rt superiore a 1,25 anche nel valore minimo e rischio moderato si passa in zona rossa, con Rt ad 1 si va in arancione.

 

Nuovo Dpcm in arrivo

Nel nuovo Dpcm con le misure antipandemiche è prevista, secondo quanto apprende l’Ansa, la conferma delle attuali misure mentre si stanno valutando nuove restrizioni, anche se al momento non sembrerebbero essere già state definite le nuove misure. Tradotto: prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 luglio, mondiali di sci a Cortina a porte chiuse, niente riapertura degli impianti sciistici. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico ribadiscono la loro contrarietà all’allentamento delle misure restrittive e, anzi, invitano il governo in vista del nuovo Dpcm che entrerà in vigore dopo il 15 gennaio a mantenere i provvedimenti emergenziali per altri sei mesi.

L’impianto del nuovo provvedimento è comunque definito: verranno confermati il divieto di spostamento tra le regioni, anche quelle gialle, il coprifuoco dalle 22 alle 5, l’apertura dei ristoranti fino alle 18 nelle zone gialle, la regola che consente una volta al giorno a massimo due persone di andare a trovare parenti e amici. Con il Dpcm sarà poi introdotto il divieto di vendita d’asporto per i bar a partire dalle 18 (anche se nelle ultime ore si sa strada l’ipotesi di vietare solo la vendita di bevande) per evitare gli assembramenti e, soprattutto, l’intervento sugli indici di rischio, per facilitare l’ingresso in zona arancione delle regioni a rischio alto. Una misura che si accompagna all’abbassamento della soglia dell’Rt: con 1 si va automaticamente in zona arancione, con 1,25 in zona rossa. Modifiche che porteranno mezza Italia in arancione e una parte in rosso: ad oggi sono 12 tra regioni e province autonome in questa situazione, con Lombardia e Emilia Romagna nelle prime posizioni.

Fino al 15 gennaio

Fino al 15 gennaio 2021, nelle regioni in cui si applicano le misure di cui all’articolo 3 del Dpcm 3 dicembre (cd zona rossa), è altresì consentito lo spostamento, in ambito comunale, una sola volta al giorno, tra le ore 5:00 e le ore 22:00, verso una sola abitazione privata, nel limite di due persone, ulteriori rispetto a quelle già conviventi in tale abitazione, e ad esclusione dei minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale, e alle persone disabili o non autosufficienti che con queste convivono. Per i comuni con popolazione non superiore a 5000 abitanti lo spostamento è consentito anche per una distanza non superiore a 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia.

Vediamo nel dettaglio cosa cambia per il mondo della ristorazione e del commercio al dettaglio.

 

BAR E RISTORANTI

MISURE ZONA GIALLA “RAFFORZATA” (7-8 GENNAIO)

  • Le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite dalle ore 5.00 fino alle 18.00.
  • Dopo le ore 18,00 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico.
  • Nessuna restrizione per la ristorazione con consegna a domicilio.
  • Ristorazione con asporto consentita fino alle ore 22.00 con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

MISURE ZONE ARANCIONI (9-15 GENNAIO)

  • Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie).
  • Nessuna restrizione per la ristorazione con consegna a domicilio.
  • Ristorazione con asporto consentita fino alle ore 22.00.

 

 

ATTIVITÀ COMMERCIALI AL DETTAGLIO

MISURE ZONA GIALLA “RAFFORZATA “ (7-8 GENNAIO)

  • Negozi aperti

MISURE ZONE ARANCIONI (9-15 GENNAIO)

  • Nei giorni festivi e prefestivi sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati e dei centri commerciali, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole.

 

 

 


Saldi invernali: in Lombardia si comincia il 7 gennaio

Al via i saldi invernali che in Lombardia prenderanno il via il 7 gennaio, con una durata di 60 giorni e quindi fino a domenica 7 marzo 2021.

Per effetto della situazione di emergenza provocata dalla pandemia, l’Ufficio Studi Confcommercio stima che quest’anno lo shopping dei saldi interesserà oltre 15 milioni di famiglie e ogni persona spenderà circa 110 euro, muovendo però in totale 4 miliardi di euro contro i 5 miliardi dell’anno scorso. In Bergamasca, secondo Ascom Confcommercio Bergamo, la stima è più alta con una spesa procapite di circa 124 euro, e una spesa complessiva di oltre 138 milioni di euro.

Sono saldi all’insegna della confusione creata dal susseguirsi dei decreti del Governo che destabilizzano i consumatori e ovviamente gli operatori, costretti a rispettare un calendario di aperture e chiusure alternato che non giova alle imprese – rileva Diego Pedrali, presidente del Gruppo Abbigliamento, calzature e articoli sportivi Ascom Confcommercio Bergamo e vicepresidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio -. Non dimentichiamo però che i saldi rappresentano sempre una grande opportunità per il commercio al dettaglio. L’emergenza sanitaria e la crisi hanno infatti messo in ginocchio tutto il settore: le stime parlano di oltre 20 mila imprese in Italia a rischio chiusura, con circa 55 mila lavoratori a rischio disoccupazione. Invitiamo quindi i consumatori ad acquistare nei negozi di prossimità ma anche a diffidare da sconti esagerati e confidiamo nell’onestà e nella trasparenza di tutta la categoria”.

Veniamo da mesi difficili con le chiusure di novembre e un dicembre con consumi a singhiozzo anche a causa dei ritardi del cashback – aggiunge Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo -. C’è poi il rebus chiusure alle porte, con danni soprattutto per i negozi nei centri commerciali, e l’impatto del commercio elettronico sui saldi che, di fatto, è un’ulteriore spada di Damocle sulla categoria. Alla luce di queste problematiche, occorre che il Governo garantisca la libertà di spostamento tra i comuni e quindi anche una stabilità di apertura dei negozi, anche perché dopo questo primo weekend di saldi i rischi di assembramento al loro interno saranno minori”.

 

La guida e il vademecum sui saldi

Confcommercio ha pubblicato una guida dedicata ai saldi (www.confcommercio.it/-/saldi) Si tratta di un vademecum utile sia ai consumatori sia ai negozianti dedicato ai saldi e, in generale, alle vendite straordinarie (vendite di fine stagione, vendite promozionali, vendite di liquidazione). 

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, inoltre, Federazione Moda Italia e Confcommercio ricordano alcuni principi di base sui saldi ai tempi del Covid:

  1. Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.

  2. Prova dei capi: non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante.

  3. Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless.

  4. Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo.

  5. Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.

  6. Rispetto delle distanze: occorre mantenere la distanza di un metro tra i clienti in attesa di entrata e all’interno del negozio.

  7. Disinfezione delle mani: obbligo di igienizzazione delle mani con soluzioni alcoliche prima di toccare i prodotti.

  8. Mascherine: obbligo di indossare la mascherina fuori dal negozio, in store ed anche in camerino durante la prova dei capi.

  9. Modifiche e/o adattamenti sartoriali: sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione.

  10. Numero massimo di clienti in store: obbligo di esposizione in vetrina di un cartello che riporti il numero massimo di clienti ammessi nei negozi contemporaneamente.

Confcommercio segnala, inoltre, le varie iniziative promosse sull’intero territorio nazionale da Federazione Moda Italia, come “Saldi Chiari e Sicuri”, “Saldi Trasparenti”, “Saldi Tranquilli”.