Con una gelata dei consumi mai vista finora bisognava aspettare metà febbraio per riaprire gli impianti sciistici (seppur con le riduzioni del 30% delle presenze).
Non resta che sorridere anche se la sveglia è suonata un po’ tardi e ora gli operatori devono fare le corse per non perdere il “treno” dei turisti e dei tanti appassionati di sci, snowboard e sport di montagna che non vedono l’ora di salire e scendere sulle piste dei nostri comprensori sciistici. Ma non è solo un discorso di svago in alta quota: l’economia della montagna ha un peso importante che nel suo indotto include anche alberghi, rifugi, negozi e scuole di sci che sta provando a sopravvivere e che va messo nelle condizioni di poter ripartire.
Operatori che, guarda caso, già a novembre avevano proposto di aprire gli impianti in sicurezza suggerendo le misure che sono state definite solo nei giorni scorsi, a cominciare dall’acquisto degli skipass online per evitare code e assembramenti o ai percorsi che permettono agli sciatori di rimanere in coda ma distanziati l’uno dall’altro per accedere agli impianti di risalita.
Tutto questo ci fa riflettere sull’acume politico di chi nei mesi scorsi non ha saputo (o voluto) dare una lettura puntuale della realtà, segnale che forse il (fu) Governo Conte qualche ritardo (e responsabilità) nella comprensione dei problemi e nella scelta delle soluzioni l’aveva, alla luce del fatto che tra novembre e dicembre abbiamo avuto oltretutto montagne imbiancate come non succedeva da tempo.
Ci sia di insegnamento per il futuro e diciamo basta con gli slalom delle chiusure e dei provvedimenti lampo, veri e propri paletti pesanti per gli operatori e gli esercenti. Ora non ci resta che aspettare la neve copiosa sulle piste come nei mesi scorsi augurandoci che il nuovo Governo Draghi sia più veloce in una discesa libera che possa portare a un rilancio vero del turismo di montagna (e non solo).
Lo spirito della montagna