«Il paese e Bergamo, per l’ennesima volta, perdono una eccellenza tutta italiana. Poi, per quanto riguarda le ricadute di questa operazione vedremo se potrà essere una opportunità per Italcementi o una ulteriore perdita di posti di lavoro».
Danilo Mazzola, segretario generale di Filca Cisl di Bergamo non nasconde le proprie paure per quanto possa accadere dopo la creazione del secondo colosso mondiale del cemento. La salvaguardia dei livelli occupazionale è il primo aspetto che il sindacato a tutti i livelli pretende sia osservato. «Negli ultimi tre anni – continua Mazzola – Bergamo è già stata interessata da una fuoriuscita di circa 200 lavoratori. La preoccupazione per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali non può non essere elevata».
Sulla stessa lunghezza d’onda, si muovono unitariamente le segreterie nazionali di Feneal, Filca e Fillea. «L’accordo con il quale Italcementi ha ceduto il 45% del Gruppo ai tedeschi di Heidelberg ci preoccupa nel metodo e nel merito, e getta ombre inquietanti sul futuro della società e sul destino dei circa 3.000 dipendenti italiani». Lo dichiarano i segretari nazionali di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, Fabrizio Pascucci, Riccardo Gentile e Marinella Meschieri. «Il metodo è semplicemente da stigmatizzare – spiegano i tre sindacalisti – perché tutta l’operazione è stata fatta tenendo all’oscuro le organizzazioni sindacali, non considerando quindi le più elementari norme di buone relazioni industriali. Ci chiediamo a questo punto a cosa servano i Cae (Comitati Aziendali Europei), creati proprio allo scopo di garantire lo scambio di informazioni fra i lavoratori all’interno dei gruppi multinazionali, per evitare comportamenti scorretti come questi. Ma soprattutto – proseguono – l’accordo ci preoccupa nel merito, perché non dà alcuna garanzia sul mantenimento dei livelli occupazionali rispetto al piano di ristrutturazione, che si concluderà a gennaio 2017».
«Ci auguriamo che il nuovo assetto societario non disperda la grandissima professionalità acquisita negli anni dai dipendenti di Italcementi. Da parte nostra abbiamo già chiesto un incontro urgente, nel quale ribadiremo la contrarietà ad ogni intervento che penalizzi i lavoratori. La vicenda – concludono Pascucci, Gentile e Meschieri – ci rammarica anche perché assistiamo al passaggio in mani straniere dell’ennesimo pezzo importante e prestigioso del Made in Italy, rispetto al quale sarebbe necessario che anche il Governo chieda garanzie sulla natura e sulla qualità del piano industriale».
A Bergamo, cuore pulsante del gruppo, tra capoluogo e Calusco lavorano circa 1.000 dipendenti.