Da Treviglio le scarpe
per la Gran fondo di New York

A Castel Cerreto, frazione di Treviglio, in piazza Boffi al civico 2 c'è l'insegna “Calzolaio”. Ma dietro al bancone non c'è un qualsiasi ciabattino intento a riparare tacchi o a sostituire suole bucate. No, c’è un ragazzo. Emanuele Manenti, che rappresenta l'imprenditoria locale e che investe nel suo futuro lavorativo. Ventinovenne, tre anni fa ha deciso di prendere le redini del mestiere paterno rendendolo un'attività moderna e alla moda. Nel suo laboratorio crea e produce calzature commissionate anche da personaggi che appartengono al mondo dello spettacolo. Attraverso i canali on line, pubblicizza e vende i suoi prodotti: quelli originali e colorati su www.potashop.it, i pezzi classici e con materiale di prima scelta su www.ilcalzolaioartigiano.it e le scarpe griffate Marco Pantani su www.pantanishoes.it.  
Emanuele, qual è stata la molla che l’ ha spinta a diventare artigiano?
“E' un mestiere che ho nel sangue, è una di quelle tradizioni che si tramandano di padre in figlio. I miei genitori hanno lavorato in questo settore per mezzo secolo. Mio papà faceva scarpe per chi aveva problemi al piede o nel camminare, poi l' ha aiutato anche mia mamma. Io progettavo apparecchiature estetiche elettromedicali. Tre anni fa, il grande salto: ho mollato tutto e mi sono inserito nell'attività per gioco. Oggi con me collabora anche mio fratello, Luca, di ventisette anni”.
Come è cambiata la professione di calzolaio?
“La differenza la fa internet, che è il futuro. Mi permette di farmi conoscere all'estero. Infatti, mi arrivano richieste da Germania, Belgio e Svizzera. Mio papà, quando gli ho spiegato i miei progetti, all'inizio era scettico. Oggi mi appoggia. Come un tempo, gli artigiani rimangono dei veri artisti. Non siamo una fabbrica e non guardiamo l'orologio mentre lavoriamo, ma prestiamo attenzione alla cura di ogni minimo dettaglio. Siamo come gli orafi. Anche la loro è una professione antica che porta a creare gioielli unici e particolari. Osservandoli, mi sono detto: perché non fare lo stesso creando scarpe che il cliente sogna, sulla base delle sue esigenze e richieste?”.
Il primo modello quale è stato?
“Una scarpa “concept”, prettamente destinata alle competizioni di calcio dilettantistico, con un taglio orientato al confort e alla prestazione. Oggi il mio modello più diffuso rimane la scarpa maschile unisex. Ciò non toglie che sia in grado di fabbricare una scarpa tacco 14 alla Lady Gaga”.
Facciamo qualche esempio: cosa puoi offrire?
“Qualunque tipo di calzatura. Ho realizzato un paio di scarpe ritagliando un tappeto da cucina, poi aggiungendo suola e tacco. C'è chi mi ha chiesto scarpe eleganti per il giorno del matrimonio con il proprio nome ricamato all'interno.  C'è chi soffre di allergie e vuole materiali particolari o fibre naturali come lino e cotone. Tutti possono così indossare calzature mai viste, dietro le quali c'è il lavoro di una mente creativa e di un valido pellettiere”.
Come si decide il modello?
“Esiste un configuratore con l'immagine della scarpa tridimensionale su un grande schermo che porto spesso con me nel corso delle dimostrazioni. Consente di scegliere una vastissima gamma di abbinamenti cromatici, ricami, borchiature e decori da applicare. Poi c'è la garanzia che la mano dell'artigiano lascia uscire la scarpa dalla fase produttiva soltanto quando quest'ultima ha rispettato sia i rigidi standard di qualità sia l'inappellabile opinione dell'occhio esperto del fabbricatore”.
Nulla è preconfezionato?
“Niente, prendo personalmente l'impronta del piede, misuro la lunghezza e la circonferenza di pianta e collo”.
Lei è anche detentore del marchio Marco Pantani. Come è nata la collaborazione con la famiglia del famoso ciclista?
“Avevo realizzato una scarpa per un amico che, l'estate scorsa, ha incontrato per caso la famiglia del “Pirata”. Parlando del più e del meno, ha fatto conoscere loro le scarpe che produco a Castel Cerreto. Dopo qualche giorno, mamma Tonina mi ha chiesto di realizzare una linea di scarpe sportive firmate con il nome del figlio. Oggi sono il mio prodotto d'eccellenza. Parte del ricavato dalla vendita delle Pantani shoes va alla fondazione Marco Pantani”.
Qual è il costo?
“Si parte dalle 99 euro per una Pantani estiva. Ma mediamente il prezzo per un prodotto fatto a mano è sui 150-160 euro”.
Tra i progetti anche la linea sportiva per la Gran fondo di New York, la gara ciclistica più bella degli Stati Uniti. 
“I fondatori della gara sono arrivati, pochi giorni fa, a Castel Cerreto per incontrarmi e vedere con i loro occhi come lavoro. L'anno prossimo fornirò le scarpe dopo corsa per l'evento sportivo che si terrà in maggio”.
A ordinare calzature sono anche i vip per i quali realizza linee esclusive.
“Si affidano a me Andrea Prada, il presentatore di eventi nazionali di cabaret, i comici di ”Zelig”, come Giallorenzo, nome d'arte del comico foggiano Francesco Damiano, che  si è esibito nel corso di “Treviglio in rosa”. Per lui ho creato una scarpa forellata, comoda, adatta per ballare e muoversi agilmente sul palco, con il suo nome scritto in verde fluorescente. Ho realizzato anche una linea per Platinette. Si chiama Milleluci, come il festival che dirige a Bellaria Igea Marina. Uno sneaker estivo, pensato sia in versione alta o bassa, decorato con Swarovski che riflettono la luce. A Cristina D'Avena ho già fornito una campionatura, farò su commissione le scarpe per la sua linea d'abbigliamento”.
Una curiosità: perché Pota shop?
“Volevo un nome bergamasco e simpatico che rimanesse nella testa della gente e facesse sorridere, però per le richieste più classiche il marchio è il calzolaio artigiano”.
Come vede il futuro di questi mestieri in Italia?
“Sono ottimista. Il mio motto è riscoprire un'antica arte in un antico paese. Occorre investire nello sviluppo del territorio attraverso il recupero di mestieri che stanno scomparendo e che potrebbero diventare per  molti l'attività principale di una vita”.