Commercio, turismo e servizi: a Bergamo 135 attività in più

Commercio, turismo e servizi: a Bergamo 135 attività in più

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Crescono le attività del terziario a Bergamo e in provincia. Nel secondo trimestre sono 135 in più rispetto al primo trimestre 2016.

Lo dice l’analisi dell’Ascom di Bergamo sui dati relativi alle aperture e chiusure delle insegne del commercio, della somministrazione, della ricettività e dei servizi. Dalla ricerca risulta che nel periodo compreso tra aprile e giugno 2016 hanno aperto 383 imprese del terziario, mentre le chiusure sono state 248.

L’andamento ha segno “più” in tutti i settori. Nei pubblici esercizi hanno aperto 85 tra bar, ristoranti e alberghi (per un saldo positivo di 37 unità), nei servizi le nuove attività sono state 94 (+15), nel commercio alimentare 46 (+14). L’incremento maggiore è stato nel comparto “non alimentare”, dove hanno aperto 108 attività (+42), mentre tra gli ambulanti le nuove iscrizioni sono state 50 (+27).

Per quanto riguarda le aree, tutte le zone della provincia hanno registrato un segno positivo, ad eccezione del raggruppamento “Valle Brembana e Imagna” dove aperture e chiusure sono andate in pareggio: sono nate 12 nuove e altrettante hanno abbassato la saracinesca. A Bergamo hanno aperto 76 attività (+24), nell’hinterland 68 (+18), nella Bassa bergamasca 76 (+27), in Valle Seriana e Scalve 48 (+15), nell’Isola Bergamasca 51 (+23), in Val Cavallina 30 (+15), in Valcalepio 22 (+13).

«I dati evidenziano la vitalità del terziario, con un aumento della natalità, che conferma quanto già rilevato nel trimestre precedente. Si stima che entro fine 2016 nasceranno 1.500 imprese, il 7% del numero complessivo di attività del terziario bergamasche, e ne moriranno circa 1.200 – afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. È un turnover molto alto che ha elementi positivi e negativi. Tra i positivi il fatto che il terziario resta uno sbocco occupazionale. Analizzando i profili emerge che chi apre oggi un’attività è per lo più giovane o over 50; tra i giovani c’è un’alta scolarità e un’attenzione e una propensione alle tecnologie. Tra gli aspetti negativi ci sono la scarsa competenza di tipo imprenditoriale e la poca conoscenza del settore merceologico di riferimento. Manca inoltre per l’imprenditore un periodo di avviamento e di affiancamento. Questi fattori, uniti al fatto che i consumi sono al palo, possono mettere in difficoltà le nuove imprese e sono la causa dell’alto turnover, che risulta essere il doppio di quanto accadeva negli anni Novanta. Formazione, assistenza e accompagnamento diventano le chiavi strategiche per la crescita delle nuove attività imprenditoriali».