Ryanair e Inps, il tribunale di Bergamo dà ragione al vettore irlandese

ryanair bergamo alta orio al serioIl Tribunale del Lavoro di Bergamo ha sentenziato oggi che il personale Ryanair operante sugli aeromobili registrati in Irlanda (definiti come “Territorio Irlandese” in ambito legale) era correttamente assunto e assicurato socialmente in Irlanda, e che il vettore ha versato correttamente in Irlanda i contributi previdenziali tra il 2006 e il 2010, sotto la legge dell’Ue. Per il Tribunale, insomma, non ci sono basi per le richieste – da parte dell’Inps – secondo cui l’equipaggio Ryanair, lavorando su aerei registrati in Irlanda e pagando correttamente i contributi in Irlanda, avrebbe dovuto pagare questi contributi in Italia. La sentenza sostiene la posizione confermata dalla Corte di Cassazione, dal Tribunale del Lavoro di Bologna e da molte altre corti nazionali in tutta Europa, che hanno sentenziato che il luogo di lavoro di un equipaggio aereo (piloti e personale di cabina) è l’aeromobile registrato su cui essi svolgono le proprie mansioni. Questa sentenza annulla la precedente sentenza da parte dell’Inps per il pagamento di 9,4 milioni di euro di contributi sociali relativi a questo periodo. Robin Kiely di Ryanair ha dichiarato che “la sentenza del Tribunale del Lavoro di Bergamo conferma ancora una volta che Ryanair rispettava pienamente la legge irlandese ed europea, e che il personale Ryanair era nel giusto nel pagare i propri contributi previdenziali in Irlanda, e non in Italia, tra il 2006 e il 2010. Ryanair è una compagnia aerea registrata in Irlanda e i nostri piloti ed equipaggi lavorano su aeromobili registrati in Irlanda, definiti come territorio irlandese secondo la regolamentazione dei lavoratori del trasporto dell’UE. In particolare diamo il benvenuto al fatto che i nostri equipaggi, che hanno già pagato i propri contributi in Irlanda, non dovranno pagare 9,4 milioni di euro di tasse doppie in Italia”.


Seminario sulle nuove regole per lavorare in Svizzera

La Camera di Commercio di Bergamo, in collaborazione con Unioncamere Lombardia, organizza il seminario su “Le nuove regole per lavorare in Svizzera: aspetti normativi, fiscali e doganali” con l’obiettivo di fornire alle imprese informazioni e consigli utili per operare in Svizzera, alla luce dell’accordo bilaterale con l’Ue e soprattutto delle recenti limitazioni introdotte dal Canton Ticino. L’incontro si terrà a Bergamo, mercoledì 13 aprile, alle 14.30, alla Sala Mosaico del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni, in via Petrarca 10. La partecipazione all’iniziativa è gratuita, previa iscrizione on line nel sito camerale www.bg.camcom.gov.it da effettuarsi entro le 12  del 12 aprile prossimo.


La Pasqua in un disegno, sulla Corsarola la vetrina creativa

la vetrina Pasqua“La gallina coccodé

Spaventata in mezzo all’aia

Fra le vigne e il cavolfiore mi sfuggiva gaia”.

E’ una vetrina evocativa, quella del piccolo negozio della Corsarola che vende oggetti e accessori particolari. Evoca Lucio Battisti, ma anche la Pasqua semplice, quella dei bambini. Perchè l’uovo, non quello di cioccolato, viene dalla gallina. E allora, niente di meglio, di più facile e anche di suggestivo che disegnarla…Il popò della gallina da un lato e l’uovo sulla porta. Vetrina creativa, con minima spesa e massimo effetto.


Quell’ ipocrisia che mina la nostra percezione del male

pasqualinoLa percezione del male, in altre epoche, meno frenetiche ed imprecise, assumeva contorni universali: perfino un contadino analfabeta era in grado di percepire la vastità della minaccia di una vittoria del male sul bene. Chiamava diavolo il male e Dio il bene, ma la sostanza era che qualunque male era male e qualunque bene era bene. Oggi, noi, figli e nipoti del relativismo trasformato in rèclame, divoratori di immediatezza culturale, rispetto a quel povero contadino siamo dei trogloditi: anzi, siamo, letteralmente, la società dei porci di cui parlava Platone nella Politéia, opulenti e ciechi. Non siamo in grado di percepire l’interezza delle cose: ne cogliamo solo la minima incidenza che esse hanno sulla nostra vita, senza avanzare di un passo. Per questo, la nostra visione, chiamiamola così, etica dell’esistenza è, in realtà, solo un monumentale egoismo, una cecità pressoché assoluta. Non siamo neppure in grado di comprendere le possibili conseguenze di eventi che non ci riguardino in prima persona, ma che preludano a future e, magari, ben più drammatiche, implicazioni.

Vediamo di spiegarci. Se uccidere un uomo è male, allora tutti gli uomini uccisi sono vittime di questo male. Se uccidere un animale è male, allora tutti gli animali uccisi sono vittime di questo male. Questo, perlomeno, sul versante etico. Perché l’etica non è la politica: non conosce la subdola via del compromesso. Né è capace di stilare graduatorie: non ha liste d’attesa ed ingressi vip. Perciò, se uccidono degli innocenti a Bruxelles o a Lahore, tanto per rimanere nell’ambito della cronaca, l’etica pretenderebbe eguale cordoglio ed eguale indignazione: l’empatia, la vicinanza culturale, l’impressione momentanea non riguardano l’etica, ma l’estetica. Ci sono morti più pittoreschi e morti più impegnativi, morti più celebrabili con gessetti e candeline, e morti dai contorni sfumati, indistinti: estetica, appunto. Morti più bellini di altri, in definitiva. Così è quasi sempre: le nostre menti atrofizzate non riescono più a concepire il male, ma solo un male, preciso, puntuale, definito e momentaneo. Possiamo commuoverci solo a determinate condizioni: e sono condizioni miserande.

Facciamo un altro esempio, anche questo di stretta attualità: suoi social network, a Pasqua, si sprecano gli accorati appelli a non mangiare gli agnellini di latte. L’agnellino è candido, rappresenta un simbolo di innocenza che il cristianesimo ha reso universale, cerca la tetta della mamma: lo prendono, lo scuoiano e lo imbandiscono in tavola, debitamente insaporito e cotto. E’ una barbarie. Ma è una barbarie che ci arriva in casa: che ci raggiunge come un pugno nello stomaco. E noi, società porciforme, versiamo la nostra catartica lacrimuccia: non importano i cuccioli di scrofa o di vacca che, ogni giorno dell’anno, subiscono lo stesso destino. Quelli non sono candidi, non sono simboli, e le tette delle loro mamme non sono cercate col medesimo tenerissimo desiderio. E neppure pensiamo ai cuccioli di donna che muoiono a migliaia, ogni giorno, per la sete, la fame, le malattie: mica possiamo pensare a tutto, d’altronde. Gli agnellini sono chic e poco impegnativi. D’altronde, in qualche modo, anche il caviale beluga è fatto coi piccoli dello storione: chi si commuoverebbe per una strage di uova di storione? E poi il caviale è così appropriato, sotto le feste: non si sbaglia mai a servirlo!

Ecco, la società del porcile funziona proprio così: si commuove, ma quel tanto che basta. Partecipa, manifesta, veglia incandelata, ma poi: avanti, alò, chi more more…Perché la nostra non è etica, ma solo un’immemore, disattenta, autoassolutoria correttezza formale. E’ come quel segno di croce fatto alla svelta, quel cenno soltanto di genuflessione, quando si entra o si esce da una chiesa: giusto per dire che siamo ancora in grado di distinguere tra una chiesa ed una salumeria. Ma la devozione con cui guatiamo ingordamente i prosciutti, spesso, indica un’estasi mistica ben superiore. Dunque, la nostra miserabile ipocrisia andrebbe dichiarata: anzi, cancellata. Diciamolo bello chiaro, senza cercare di sgravarci la coscienza con ragionamenti artefatti: a noi degli altri non importa proprio nulla. Piangiamo le vittime di Bruxelles o di Parigi, perché non li percepiamo come altri: perché sappiamo che avrebbe potuto toccare a noi, per i medesimi motivi, per la scelta più o meno casuale di qualche assassino. Perché è verissimo che “Je suis Bruxelles”, ma non nel senso mieloso e retorico che anima questi tormentoni: perché è proprio così che ci sentiamo. E non siamo Lahore, non siamo Lagos, non siamo la Siria: ma questo non lo scriviamo su internet o su qualche maglietta griffata. Preferiamo glissare e lasciarlo tra le righe: non sarebbe elegante dire che dei bambini cristiani del Pakistan ci importa meno che degli agnellini pasquali.


Bergamo, 270mila lavoratori in attesa di rinnovo contrattuale

Sono circa 270 mila i lavoratori bergamaschi in attesa di rinnovo del proprio contratto di lavoro. Pubblico impiego e industria metalmeccanica rappresentano la fetta più grossa. I contratti collettivi di lavoro in attesa di rinnovo sono 46. In particolare nel pubblico impiego ci sono 15 contratti scaduti a causa del blocco della contrattazione. La quota dei dipendenti in attesa di rinnovo è del 60,5% nel totale dell’economia e del 49% nel settore privato. L’attesa per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 38,1 mesi. Ne consegue che anche gli aumenti salariali segnano il passo. L’ultima ricerca dell’ISTAT segnala un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,8% nei confronti di febbraio 2015. Il mese precedente, con una crescita dello 0,7% sull’anno, l’indice aveva segnato il livello più basso mai registrato in oltre 30 anni di serie storiche, iniziate nel 1983. I settori che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (2,5%); energia elettrica e gas, commercio (entrambi 1,9%). Si registrano variazioni nulle nei settori della metalmeccanica, delle telecomunicazioni, del credito e assicurazioni e in tutti i comparti della pubblica amministrazione. “È anche in considerazione delle difficoltà nel rinnovo dei contratti di lavoro – sostiene Giacomo Meloni, della segreteria CISL di Bergamo – che si rende necessario avviare il confronto e trovare un accordo con Confindustria al più presto sulla riforma del modello contrattuale, un modello che dia più forza alla contrattazione aziendale o territoriale che si faccia carico di redistribuire salario in relazione alla competitività aziendale, rafforzare gli interventi di welfare aziendale e territoriale, come la sanità e la previdenza integrativa, la formazione professionale e continua, rafforzare l’attrattività del territorio e, anche attraverso la costituzione di reti di impresa puntare a una contrattazione di qualità per le piccole imprese, oggi per la maggior parte esclusa. Di rilievo, pur in una fase  economica ancora complessa – conclude Meloni – è stata la contrattazione di secondo livello svolta a Bergamo dalle categorie della CISL nel 2015, i cui contenuti saranno discussi nella prossima fiera della contrattazione e che hanno visto complessivamente concludersi oltre 125 accordi, 71 dei quali nel settore industriale, 18 nel commercio e servizi, 35 nel pubblico impiego e sanità, accordi ai quali vanno aggiunti i molti che hanno riguardato le riorganizzazioni e le crisi aziendali in ogni settore compreso l’artigianato con oltre 900 accordi di cassa integrazione in deroga”.


All’Accademia del Gusto arriva lo chef Lopriore. «Ecco come si riconosce una grande cucina »

Qualcuno lo indica come il vero genio creativo della cucina italiana contemporanea, altri lo accusano di fare una proposta troppo difficile e incomprensibile.

Allievo prediletto di Gualtiero Marchesi, Paolo Lopriore sarà all’Accademia del Gusto di Osio Sotto lunedì 4 aprile in un incontro – dalle 14 alle 19 – rivolto a chef e ristoratori che darà l’opportunità di conoscere da vicino la sua tecnica, la sua passione e il suo talento.

Spirito libero e carattere riservato, è senza dubbio uno dei personaggi più sorprendenti. Ha saputo scavalcare regole e dogmi della cucina e ha teorizzato un nuovo modo di fare ristorazione che alleggerisce la sacralità che aleggia nelle sale dei grandi ristoranti dando un ruolo da protagonista ai clienti. La sua idea è ritornare alla convivialità a tavola, con i commensali che decidono in prima persona come comporre il piatto, lo porzionano e lo condividono «perché condividere è un gesto che rispecchia l’italiano».

Ma la sua intuizione va oltre. Anche il rapporto tra sala e cucina cambia: immagina un supercameriere, alterego dello chef, un oste 2.0 che spiega i piatti, ma anche il territorio e, più in generale, il pensiero gastronomico.

Alle sue spalle, Lopriore ha un percorso intenso: inizia da Gualtiero Marchesi, ha una breve esperienza all’Enoteca Pinchiorri in Toscana, poi ancora con il maestro nel suo ritiro di Erbusco; quindi, a metà degli anni Novanta, la Francia (prima da Ledoyen poi da Toisgros con Michel Porthos) e la Norvegia alla Bagatelle di Oslo, a cui segue la rentrée all’Albereta, con un’altra stella della cucina italiana, Enrico Crippa, con il quale dà vita al Menù Oggi, una carta che ancora alcuni ricordano per la ricchezza di sensazioni. Dieci anni intensi al Canto della Certosa di Maggiano e i fornelli di Kitchen a Como. Dopo una breve parentesi al Tre Cristi di Milano, a maggio tornerà in pista con un locale tutto suo, ad Appiano Gentile, nella terra natale. «È un progetto ancora in divenire. Quello che posso dire è che sarà la somma delle mie esperienze precedenti: Siena e il lavoro sull’ingrediente, Como e il cambiamento legato al territorio e al clima, Milano e lo studio sulla tavola. Si chiamerà “Il Portico”, come la vecchia cartoleria che c’era prima».

Come ha capito di volere fare il cuoco?

«I miei genitori desideravano che facessi l’Alberghiero. La passione è arrivata dopo. Il merito va a mia madre, una grande appassionata, che mi portava a scuola ogni giorno, e ai miei insegnanti che mi hanno coccolato nel mio percorso e nella mia scelta».

È stato in Francia, in Norvegia e da Marchesi, il guru della cucina italiana. Cosa ha preso da ciascuna di queste esperienze?

«In Francia sono stato in uno dei locali più innovativi. Lì ho preso la parte organizzativa del lavoro; c’era una proporzione ben equilibrata tra lavoro, clienti e staff e questo equilibrio è molto importante. Dalla Norvegia, e parliamo della Norvegia di vent’anni fa, ho imparato la libertà. Non c’era una storia culinaria quindi era possibile fare tutto. Da Marchesi dico sempre che ho preso il gusto, mentre il palato lo devo a mia mamma».

Marchesi ha detto che il vino gli fa schifo e non ne beve da 17 anni. È d’accordo?

«Noto con piacere che il vino non è più un passatempo a tavola, che si beve di meno e più di qualità. Il vino mi piace, ma non mi va l’abuso e non mi piace neppure l’aprire una bottiglia come gesto di prestigio. Il vino deve fare parte della tavola, per me ha il compito di accompagnare i piatti, ma non credo nell’abbinamento».

Alcuni critici gastronomici la considerano un genio assoluto. Marchesi l’ha eletta suo erede e il più dotato dei suoi ex allievi. È stato chiamato visionario, coraggioso, ermetico. Lei come definirebbe la sua cucina?

«Essenziale, non decorativa, concentrata sulla materia e sulla cottura, senza distrazioni e senza obblighi verso la guarnizione del piatto e verso chi mangia. A cottura ultimata sono i clienti a decidere quantità di salse e condimenti da usare per completare il piatto».

A fine gennaio ha partecipato al Congresso internazionale di gastronomia “Madrid Fusion”. Cosa significa fare avanguardia in cucina?

«Significa andare a semplificare i gesti quotidiani, mettere la propria fantasia nella tecnica. Da questo incontro sono nati grandi piatti».

Quale consiglio darebbe a chi vuole aprire oggi un’attività?

«Io mi sto spostando sulla ripetizione degli ingredienti: mi focalizzo su un ingrediente e ruoto le cotture per costruirci intorno un menù. Oggi questa può essere una nuova frontiera: partire da un animale di grossa taglia per i grandi eventi e da polli, galline e conigli per tavoli da due-quattro persone e creare diversi piatti. Non bisogna avere paura di ripetere un ingrediente, in Italia abbiamo un palato che apprezza la monotonia e riconosce le sfumature».

I clienti migliori sono gli italiani o gli stranieri?

«Sicuramente gli italiani, abbiamo un linguaggio comune. La soddisfazione al tavolo è diversa. Far capire allo straniero la nostra identità è più difficile».

C’è un ingrediente che non cucina?

«Mi piace tutto. È la curiosità che porta alla creatività. Non ho paura di sperimentare. Poi magari lo misuro, ma lo uso. Ho fatto anche salse di sangue».

Qual è il piatto più difficile da cucinare?

«Quello che non si sente dentro. Il gesto è una delle cose più importanti. Fa la differenza anche come vengono tagliate le cipolle, come vengono unite al pomodoro, come si versa l’olio. L’insieme di questi gesti».

Cosa pensa di Masterchef?

«Il format non mi appartiene, ma ho grande rispetto per chi lo fa. Sono professionisti, non dicono stupidaggini».

Come si riconosce una grande cucina?

«Dai punti cardine della cucina italiana: cotture ben eseguite, rispetto degli ingredienti, buon bilanciamento di sale, olio, burro. È sempre più difficile daottenere, c’è una crescente spinta a cuocere espresso».

E cosa fa grande un ristorante?

«Ci vorrà ancora qualche anno per arrivare al ristorante perfetto».

Qual è l’errore che un bravo ristoratore non dovrebbe mai fare?

«Pensare che il cliente conosca sempre meno di te, sottovalutarlo. Bisogna renderlo importante perché è venuto a trovarti, è alla tua tavola e ti dà anche dei soldi».

Uno chef tristellato poco tempo fa si è ucciso in Svizzera. Era stato truffato ma comunque era sotto pressione da tempo. Le stelle logorano?

«Possono creare molto stress, dipende da come vengono vissute. Io nel tempo ho subito dei cambiamenti di rotta e li ho sempre vissuti come punti di inizio. Quando si adottano sistemi che non ci appartengono ne soffriamo. La classificazione delle stelle è nata dalla Francia, noi l’abbiamo adottata ma non ci rappresenta, per questo a volte andiamo in confusione. Dovremmo avere una nostra identità ristorativa e su questa essere giudicati».

Crede che il web abbia portato benefici alla ristorazione?

«I social network e le recensioni on line tolgono ossigeno a chi lavora. Ci andiamo sempre a rapportare a un mondo che non ci dà la sua faccia. Non li amo molto. La nostra mente si riempie e non riusciamo più a liberarla».

Conosce chef o ristoranti di Bergamo? Se sì, quali apprezza?

«Il ristorante Da Vittorio della famiglia Cerea».

  • Per informazioni e iscrizioni alla lezione di Lopriore: Accademia del Gusto – tel. 035 4185706-707 – www.ascomfomazione.it


Piazza Mercato del Fieno, dal 1° aprile arrivano i parcometri

Dal 1° aprile, in piazza Mercato del Fieno, in Città Alta, saranno attivi due nuovi parcometri per il pagamento della sosta. La novità, annunciata da Atb Mobilità,  prevede la sosta a pagamento con parcometro, nei giorni feriali, dalle 9 alle 19, al costo di 1,80 euro all’ora, per un massimo di 2 ore. Durante queste fasce orarie il parcheggio non sarà custodito e il pagamento potrà essere effettuato con moneta, carte di credito e bancomat – senza commissione aggiuntiva – , servizio Sosta Sms o tramite l’App Atb Mobile. Durante le prime due settimane un operatore sarà presente al parcheggio per fornire informazioni e assistenza. Il pagamento della sosta con riscossione diretta da parte dell’operatore incaricato rimane attivo da lunedì a giovedì, dalle 19 alle 23; il venerdì e il sabato dalle 190 alle 24; la domenica e i festivi dalle 9 alle 23. La sosta, con parcheggio custodito, dovrà essere corrisposta in contanti, all’operatore, al costo di 2 euro all’ora.


Business e social network senza più segreti grazie ai Giovani Ascom

“Web 2.0: tutto quello che avresti voluto sapere e non hai mai osato chiedere”. È il titolo dell’incontro formativo gratuito che il Gruppo Giovani Imprenditori dell’Ascom di Bergamo organizza per gli associati under 40 in forma “itinerante” in alcune delle delegazioni in provincia, partendo da Treviglio il 4 aprile.

In effetti, navigare in rete e interagire sui Social network appare piuttosto semplice ed intuitivo, ma da qui a riuscire ad utilizzare le nuove tecnologie a favore del proprio business spesso ne corre. L’incontro, della durata di tre ore, dalle 14 alle 17, cercherà quindi di dare indicazioni su come migliorare o avviare in modo efficace la propria presenza on-line e ottenere risultati concreti.

È realizzato in collaborazione con ShareNow!, network di consulenza per le strategie digitali delle imprese, e farà una panoramica dei seguenti argomenti:

  • Marketing: la premessa fondamentale per andare correttamente on-line e investire in modo mirato sul web
  • Tecnologie: le soluzioni migliori per allestire siti attraenti, ricchi ed efficaci e gestirli in modo diretto
  • Seo, Search engine optimization: come rendersi effettivamente visibili in Rete posizionandosi al meglio nei risultati dei motori di ricerca
  • Social network: i metodi per utilizzare in modo avanzato e professionale Facebook, YouTube, Linkedin, Pinterest, Instagram e co.
  • Advertising on-line: come e quando farlo e risparmiare
  • Come organizzare tempo e risorse per gestire al meglio web e social

Saranno inoltre illustrate case history di successo e, tenendo fede a quanto promette il titolo, dopo l’incontro sarà possibile usufruire gratuitamente di una consulenza individuale per trattare le problematiche delle singole aziende.

Dopo l’appuntamento di Treviglio (via Madreperla 14/c), il roadshow farà tappa alla delegazione Ascom di Zogno l’11 aprile, in quella di Trescore il 13 giugno, di Clusone il 20 giugno e di Osio Sotto il 30 giugno.

Per partecipare è sufficiente inviare una e-mail all’indirizzo soci@ascombg.it entro una settimana dalla data dell’evento, indicando il numero dei partecipanti della propria azienda (max 2). L’incontro sarà effettuato al raggiungimento del numero minimo di iscritti.

Per informazioni, segreteria organizzativa: tel. 035 4120304

 


Bassa Bergamasca, otto castelli aperti per la gita di Pasquetta

Dopo il successo ottenuto nella prima data, tornano lunedì 28 marzo, giorno di Pasquetta, le Giornate dei Castelli aperti.

Otto Comuni della pianura bergamasca riaprono le porte dei loro palazzi, borghi e castelli medievali con visite guidate e nuove proposte per la classica gita fuori porta. I comuni coinvolti sono Brignano Gera d’Adda, Cologno al Serio, Malpaga (Cavernago), Martinengo, Pagazzano, Romano di Lombardia, Torre Pallavicina e Urgnano.

In occasione della festività di Pasquetta la programmazione è stata arricchita con numerosi eventi collaterali. Per gli amanti del gusto, al castello di Malpaga sarà possibile degustare primizie ed eccellenze del territorio in un picnic all’aria aperta. La scampagnata si potrà effettuare anche a Cologno al Serio, nell’area verde all’interno del Parco della Rocca e a Pagazzano nel parco del castello.

Per gli appassionati d’arte, il castello di Urgnano ospiterà la mostra della pittrice urgnanese Rina Severi, unitamente a spettacoli a cura del Gruppo “Sbandieratori e musici dell’Urna” all’interno del castello.

I comuni di Martinengo, Torre Pallavicina, Brignano Gera d’Adda, Romano di Lombardia guideranno i visitatori attraverso i loro caratteristici borghi storici alla scoperta delle bellezze artistiche e architettoniche.

Infine un grande evento culturale da non perdere al castello di Pagazzano, dove oltre ai musei del suggestivo maniero, dal 20 marzo al 2 maggio, è ospitata la mostra “Andy Warhol e l’Italian Pop”. Artisti esposti: Andrea Baruffi, Roberta Diazzi, Marco Lodola, Aleandro Roncarà, Tv Boy, Giovan Battista Rotella, Daniele Fortuna, Michele Giardina.

Orari e costi delle visite
  • Cologno al Serio: visite dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17 (costo 3€ – gratis fino ai 12 anni)
  • Torre Pallavicina: visite dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 (costo 3€ – gratis fino ai 12 anni)
  • Martinengo: visite dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 (costo 3€ – gratis fino ai 12 anni)
  • Malpaga: visite dalle 10 alle 18 (costo 7€ adulti – 4€ dai 6 ai 12 anni – gratis fino ai 5 anni)
  • Pagazzano: visite dalle 10 alle 18.30, costi e  prenotazioni online
  • Romano di Lombardia: visite dalle 15 alle 17 (costo 3€ – gratis fino ai 12 anni)
  • Brignano: visite solo alle 15 e alle 16.30. (costo 7€ con gratuità fino a 12 anni e oltre i 65 anni)
  • Urgnano: visite dalle 14.30 alle 19 ( costo 3€-gratis fino ai 12 anni)

Ogni visita durerà circa un’ora. La prenotazione non è obbligatoria ma vivamente consigliata per gruppi numerosi e per il castello di Pagazzano. Per tutti i dettagli www.bassabergamascaorientale.it

Le successive “Giornate dei Castelli aperti” sono in programma le domeniche 3 aprile, primo maggio e 5 giugno


Pasqua al ristorante, la Fipe: “Pesa l’incertezza del dopo Bruxelles”

ristoranteBene ma non benissimo. Questo il quadro tracciato dalla Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi per quanto riguarda le previsioni del fuoricasa nel week end pasquale. In base alle ultime elaborazioni dell’Ufficio Studi si segnala infatti un lieve calo delle presenze in ristoranti e trattorie per domenica, in un quadro che resta comunque positivo, come conferma Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio Studi di Fipe : “La leggera flessione riscontrata dalla nostra indagine previsionale è con tutta probabilità da attribuire al calendario che vede quest’anno la Pasqua “bassa” ,in un periodo non particolarmente favorevole dal punto di vista climatico per le gite fuori porta. Tuttavia i ristoratori quest’anno non sembrano particolarmente preoccupati e confermano l’impegno nella valorizzazione della tradizione con una maggiore attenzione verso i prodotti biologici ed a filiera corta. Sforzi apprezzati dai consumatori e anche a livello internazionale, se pensiamo che l’11,1% dei turisti che a Pasqua siederà al ristorante sarà di provenienza straniera. C’è da dire, però, che l’indagine è precedente ai tragici fatti di Bruxelles e pertanto non risente dell’impatto negativo che tali eventi sicuramente avranno nel brevissimo termine anche nelle nostre città”.

Le presenze per il giorno di Pasqua

Entrando nel dettaglio dei dati, dall’indagine Fipe emerge che quest’anno i ristoranti in attività saranno il 90,2% del totale contro il 92% dell’anno scorso. Per il 25% dei ristoratori intervistati la clientela da servire per il pranzo di Pasqua sarà inferiore a quella dell’anno scorso, tuttavia non manca un 8% che al contrario, dichiara di essere più ottimista. Il bilancio complessivo è di un numero di clienti pari a 3,5 milioni di unità, in calo dell’1,1% rispetto al 2015, per una spesa totale prevista di 164 milioni di euro. Quanto alla tipologia di clientela, circa il 50% delle presenze sarà di turisti, principalmente italiani (36,5%). In base all’indagine della Fipe emerge che molti di loro saranno escursionisti che hanno programmato di trascorrere una giornata fuori porta, e tanti italiani che si recano presso le seconde case nelle località di villeggiatura del nostro Paese. Sul fronte delle destinazioni prescelte prevarrà in linea generale la montagna rispetto al mare, scelta favorita dalle previsioni meteo e dalle nevicate tardive. L’11,1% dei turisti sarà invece di provenienza straniera, mentre la clientela dei ristoranti a Pasqua vedrà per il 52,6% la presenza di residenti. Proprio sui turisti, in particolare italiani, confidano i ristoratori per ottenere buoni risultati o comunque per non peggiorare quelli dello scorso anno. Fipe segnala che per la gestione delle prenotazioni il 69,5% dei ristoranti si appoggia a sistemi on line.

Il menù pasquale: tradizionale, tutto compreso e a filiera corta

Anche per il 2016 la parola d’ordine dal punto di vista dell’offerta è “tradizione”. I menù dei ristoranti si caratterizzeranno per la prevalenza di piatti tipici (72,4%), mentre in un locale su quattro si darà spazio alla reinterpretazione creativa della gastronomia locale (23,5%). Solo il 4,1% dei ristoranti proporrà piatti della cucina internazionale. Rispetto alla Pasqua 2015 aumenta la presenza di prodotti a filiera corta, tipici e biologici: in particolare per il 37% dei ristoranti si segnala l’inserimento nel menù di prodotti bio e a chilometro zero, mentre l’11,1% darà maggiore spazio ai prodotti della tradizione. L’attenzione alle richieste specifiche sul fronte delle allergie e intolleranze diventa sempre più prioritaria per gli operatori della ristorazione: nell’83,5% dei ristoranti i clienti con esigenze di questo tipo troveranno ciò di cui hanno bisogno. Ben il 37% degli esercizi proporrà menù specifici per i bambini. A fianco dell’aumento di prodotti a chilometro zero e biologici, non mancheranno da parte dei ristoratori interventi sulla struttura dei menù (numero delle portate, formule tutto compreso ecc.) con lo scopo di migliorare il rapporto qualità/prezzo a favore della clientela. Tra le formule primeggia il menù “a pacchetto” (61,7% del totale), ad un prezzo medio di 46 euro in leggero aumento rispetto al 2015. La spesa prevista complessiva è di 164 milioni di euro. Quattro ristoratori su dieci confermano invece il menù pasquale dell’anno scorso.

Le presenze per il giorno di Pasquetta

Per quanto riguarda i dati previsionali per lunedì 28 marzo, giorno di Pasquetta, lo scenario è positivo: otto ristoranti su dieci saranno aperti (l’82,4%), in leggero aumento rispetto al 2015. Il 14% dei ristoratori intervistati fa previsioni meno favorevoli rispetto all’anno scorso mentre una percentuale simile si aspetta, al contrario, risultati migliori. Il bilancio complessivo è di 2,8 milioni di clienti con un incremento dell’1,5% sul 2015 e un indice di riempimento dei locali del 66%. A Pasquetta il ristorante sarà meta soprattutto di turisti, sia italiani (47,1%) che stranieri (14,9%), mentre la percentuale di residenti sarà del 38,2% per la maggiore propensione alla gita fuori porta che contraddistingue questa fascia di pubblico. Per quanto riguarda l’offerta il menù all inclusive riguarderà un ristorante su quattro ad un prezzo medio di 37 euro, in crescita dell’1,4% rispetto all’anno scorso, per una spesa attesa di 104 milioni di euro.