Mobili, l’export cresce anche a Bergamo

mobiliL’export del design del mobile delle aziende lombarde vale 1,8 miliardi di euro, pari al 27% del totale italiano. E’ quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano e della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Istat nei primi nove mesi del 2015 e 2014. La Lombardia ha segnato una variazione positiva del 7,9% contro il 6,4% nazionale. Sei province si trovano tra le prime 20 italiane: Monza e Brianza al secondo posto, dopo Treviso, con 591 milioni circa, registra un aumento dell’11,3 per cento. Como è al quarto posto (+10,2%), Milano al settimo (più 4 per cento), Brescia al decimo (+7,4%), Bergamo al quattordicesimo (+0,3%) e Mantova al ventesimo (+0,8%). La crescita maggiore è, però, stata registrata a Lecco con un più 14,1 per cento e a Cremona con un più 13,3%.

I maggiori mercati di riferimento del mobile e accessori d’arredo sono Francia e Germania, ma si registra un’importante  crescita del Regno Unito (+17,4%), e gli Stati Uniti (+22,8 %). Analizzando i dati più nel dettaglio si possono notare mercati emergenti: per i mobili d’ufficio e negozi l’Arabia Saudita (119%) e gli Emirati Arabi Uniti (+70%). Gli Stati Uniti sono, poi, secondi nei mobili per cucina (+78,3%) e per l’arredo domestico (+27,8%) e terzi per sedie (+36,7%) e poltrone e divani (+49,9%). Tra le prime dieci in tutti i settori c’è la Svizzera, mentre la Cina registra forti aumenti per cucine (+38,9%) arredo domestico (+98,2%) e poltrone e divani (+37,9%). La Regione ha destinato in questi anni 24 milioni alle imprese in favore dell’internazionalizzazione delle imprese lombarde grazie ai voucher, ai fondi per l’internazionalizzazione, e all’accompagnamento alle imprese in progetti internazionali.. Inoltre, ha finanziato con 400mila euro il nuovo bando Design Competition 2016. Si tratta di un’iniziativa promossa dal Governo regionale, in collaborazione con Unioncamere Lombardia, ADI (Associazione per il Disegno Industriale) e Fiera Milano, e si rivolge a giovani designer e a imprese operanti in settori diversi, che sono accomunate da una visione design oriented e da una strategia di gestione che sfrutta il design come leva primaria per innovare e competere sul mercato. A sostegno del mondo delle imprese e della creatività la Regione ha anche approvato una legge dedicata alla Manifattura diffusa creativa e tecnologica 4.0. L’iniziativa legislativa prevede 580 milioni di risorse comunitarie, nazionali e regionali finalizzate a interventi per l’accesso al credito, l’integrazione tra formazione professionale, ricerca e lavoro artigianale, l’internazionalizzazione, la semplificazione amministrativa e fiscale, l’acquisto di tecnologie innovative, l’imprenditorialità giovanile.

 


Deflazione, il doppio problema italiano e l’incognita petrolio

deflazioneQuindi siamo ancora in deflazione, in Italia come nel resto dell’Europa. Abituati per anni a un andamento iperinflazionistico, ovvero a prezzi che salgono in maniera eccessiva, fino a non molto tempo fa, prima dell’era dell’euro, eravamo contenti anche solo per un rallentamento della crescita. Adesso che i prezzi scendono, seppure nella media statistica, perché al calo di alcuni prodotti corrisponde un aumento su altri, seppure inferiore, cresce la preoccupazione e non perché non siamo mai contenti. Un po’ di inflazione è fisiologica, come avere una temperatura a 37 gradi. Se si alza, c’è la febbre e l’inflazione, ma se è troppo bassa si rischia ugualmente di andare in coma. In genere c’è un sistema di autoregolazione. Una riduzione dei prezzi si traduce in una maggiore capacità di spesa: con la stessa moneta si possono comprare più beni. Questo dovrebbe alimentare i consumi e la domanda e quindi riequilibrare la situazione riportando a una salita dei prezzi come è normale che sia in un’economia in salute. Invece questo non sta succedendo.

Ma non è l’unica anomalia. Di regola la deflazione per un Paese come l’Italia dovrebbe creare un doppio problema. La riduzione dei prezzi viene naturalmente collegata a un problema di decrescita, con minore domanda e quindi minore produzione che portano a una riduzione del Pil (anche se in realtà gli ultimi dati mostrano in Italia la prima crescita da tre anni). Inoltre mentre l’inflazione porta a una riduzione del valore reale del debito, la deflazione lo aumenta. Con un aumento del numeratore e una riduzione del denominatore si moltiplicano gli effetti negativi su un rapporto debito-Pil già pesante, andando in controtendenza con gli obiettivi del governo che sperava in un’operazione in senso contrario, con un aumento del Pil e un’inflazione contenuta, in grado di erodere il valore reale del debito senza però provocare un aumento del costo degli interessi. Il fatto che esista un’anomalia come la deflazione unita alla crescita fa pensare che possa essere pericoloso intervenire per cercare di riaccendere artificialmente l’inflazione, perché così richiede la politica monetaria, senza sapere cosa l’ha causata.

Sul calo dei prezzi incide infatti in maniera pesante il precipitoso crollo delle quotazioni del petrolio e in generale delle materie prime. Rispetto a un anno fa il prezzo del greggio si è dimezzato (un po’ meno se il calcolo lo si fa in dollari) passando dai 60 dollari al barile di gennaio 2015 ai meno di 30 di un anno dopo. Se si considera l’impatto che il petrolio ha non solo sui trasporti, ma anche sull’energia e sulla produzione manifatturiera, si può capire che una precipitosa caduta di questo genere può spegnere l’impulso al rialzo dei prezzi alimentato da una crescita comunque debole. Ma tra un anno, anche a parità di crescita del Pil, il confronto dei prezzi sarà fatto con il petrolio a 30 dollari al barile di questi giorni. A quel punto, se le quotazioni si saranno stabilizzate, tutti gli effetti positivi in termini di riduzione saranno annullati. Se invece, come appare probabile, le quotazioni del greggio dovessero risalire, il confronto con un gennaio 2016 a prezzi più bassi porterebbe automaticamente a restituire l’inflazione nascosta l’anno scorso. E probabilmente ci troveremo a preoccuparci di un’inflazione da spegnere.


Gli agenti immobiliari Fimaa: “No ai pignoramenti facili delle banche”

“Non abbiamo dubbi, l’atto del governo che consente alla banche l’esproprio del bene immobile senza passare dal giudice va ritirato”. A sottolinearlo è Santino Taverna, presidente nazionale della Fimaa, la Federazione italiana dei mediatori immobiliari e creditizi, aderente a Confcommercio. “Il provvedimento governativo, cancellando di fatto l’articolo 2744 del codice civile – evidenzia Taverna – in caso di inadempimento del mutuatario (ritardo nel pagamento di 7 rate, anche non consecutive, così come stabilito dal Testo unico della finanza) consente alle banche di entrare in possesso dell’immobile ipotecato e metterlo in vendita bypassando il Tribunale, annullando di fatto l’obbligo di procedura esecutiva”. Il governo, in questo modo, sta facendo l’ennesimo favore alle banche – conclude il presidente – che potranno inserire nei contratti di mutuo, anche successivamente alla stipula, una clausola che lede i diritti dei consumatori, invece di tutelarli nell’ambito dei contratti di credito”.


Il Confai Bergamo: “Stop a chi vuol dividere il mondo agricolo e agromeccanico”

agricoltura - campi“Occorre dare un segnale inequivocabile a chi si ostina tuttora ad alzare barriere che dividono il mondo agricolo e a sostenere aspetti discriminatori che colpiscono gli agromeccanici, dal mancato accesso al Psr alle vessazioni in materia di rifiuti, detenzione carburanti e normative sulla sicurezza”: si preannuncia combattiva l’ottantunesima assemblea provinciale di Confai Bergamo, che si terrà a Cortenuova domenica 6 marzo. “Affinché le nostre imprese possano far sentire il proprio peso – fa sapere il presidente provinciale e nazionale Leonardo Bolis – i soci di Confai, insieme ai colleghi di Unima, sono ormai determinati a compiere i passi necessari per ricostituire un’unica organizzazione, aperta alle comuni esigenze di contoterzisti e imprese agricole innovative e totalmente orientate al mercato”.

Il processo di integrazione che, a livello provinciale e nazionale, Confai e Unima stanno promovendo nell’ambito del Coordinamento Agromeccanici Italiani, porterebbe con sé una serie di positive conseguenze: dal potenziamento dell’azione sindacale ad un consolidamento delle strutture di servizio a beneficio di una comune base associativa. Il gratificante percorso organizzativo che Confai sta per portare a termine non distoglie comunque l’attenzione dell’associazione dalla generale condizione di affanno in cui versa l’agricoltura provinciale nel suo complesso, caratterizzata da evidenti difficoltà  economico-gestionali diffuse nei vari comparti produttivi, oltre che  da un’esigua disponibilità finanziaria che genera immediati riflessi negativi anche sul comparto agromeccanico. “Sono molti i comparti che mostrano pesanti segnali di sofferenza, a partire da quello suinicolo, con quotazioni ormai scese quasi al di sotto di quella linea di sicurezza che consentiva perlomeno la copertura dei costi di alimentazione – sottolinea il direttore di Confai Bergamo, Enzo Cattaneo –. Analoghi segnali di forte preoccupazione provengono dal comparto dei bovini da carne, in cui i prezzi corrisposti agli allevatori sono così bassi da trovare riscontro solo in serie storiche risalenti a parecchi anni fa”.

Per quanto riguarda la filiera lattiero-casearia, tradizionale punto di forza in termini di apporto alla complessiva produzione agricola bergamasca, continuano a pesare gli effetti di un processo di concentrazione delle strutture aziendali in larga misura ancora da compiere. “Da un lato – osserva Cattaneo – è  pur certo che le nuove  linee guida nazionali per la trasparenza sull’origine dei prodotti a base di latte potrebbero favorire una dinamizzazione della filiera; dall’altro, non possiamo dimenticare che si tratta di un comparto che da diversi anni a questa parte fa i conti con prezzi di mercato che spesso non coprono i costi di produzione ed espongono sistematicamente le nostre imprese al pericolo di erosione del valore netto aziendale”.


Clusone, nei negozi la raccolta firme sull’ex Mirage

ex Mirage ClusoneEntra nel vivo a Clusone la polemica sull’operazione “ex Mirage”. Le minoranze e i commercianti scendono in campo con una petizione sulla variante al piano di recupero del complesso.

La raccolta di firme sarà promossa nei negozi della cittadina fino al 15 marzo. Al centro ci sono due questioni: l’aspetto architettonico dell’intervento (nell’area all’ingresso del paese, dove sorgeva il cinema Mirage), ma soprattutto la possibile variazione di destinazione d’uso del piano terra dell’edificio da direzionale a commerciale, con la creazione di nuovi negozi di vicinato. «Abbiamo accolto l’invito delle minoranze a promuovere una raccolta firme perché il tema interessa moltissimo la nostra associazione e la cittadinanza – dice Luigi Percassi, presidente dell’associazione “Clusone Centro” -. Dopo l’ultimo consiglio comunale abbiamo promosso un sondaggio via mail tra 120 commercianti di cui avevamo il recapito e in 48 ore abbiamo ricevuto 80 risposte, tutte esprimevano un’opinione molto negativa sulla ipotesi di variante. Vogliamo prendere in mano il futuro del centro storico, è inutile e dannoso per il commercio della nostra cittadina creare altri negozi perché sono vicini». «Ci auguravamo di avere un dialogo con l’Amministrazione nel corso dell’assemblea dello scorso 24 febbraio – aggiunge Percassi – ma non è intervenuto nessuno e questo ha lasciato tutti con l’amaro in bocca. Viene da pensare che non ci sia l’intenzione di abbandonare l’ipotesi della variante».

Ora si attende di conoscere la volontà dei clusonesi, ma anche dei clienti abituali dei negozi perché «perché l’argomento riguarda tutti», evidenzia Percassi.


Il crollo di un mito, anche gli svizzeri sono diventati italiani

autoNo, nein, niet, non voglio parlare di Vendola e del suo bambino comprato sul catalogo Postalmarket: l’eugenetica o la tratta degli schiavi non sono argomenti adatti alla mia rubrichetta senza pretese e a me. Parlerò di Svizzeri: un bel pezzullo sugli Svizzeri in Italia. No, no, tranquilli: non mi riferisco a quelli venuti qui con le pezze al sedere e diventati ricchi e spocchiosi con l’acquisto dei beni espropriati alla Chiesa, e nemmeno a quelli che hanno trasformato un tratto di città, sotto le Mura, in un condominio, con tanto di cancello, ad evitare che qualche aborigeno possa mescolarsi alla crème cantonale. Parlo degli Svizzeri di passaggio, non di quelli immigrati. Perché, ogni volta che torno da Pinzolo, verso le sette di sera della domenica, ne incontro a vagonate, che sfrecciano sulla A4, e, quasi sempre, si comportano da veri scavezzacolli del traffico, nemmeno fossero degli Italiani qualunque.

Un tempo, lo Svizzero in autostrada era una curiosità: faceva quasi tenerezza, con quelle auto giapponesi dai colori improbabili, che da noi erano ancora di là da attecchire, e quelle camicette, quei cappellini di paglia, quegli occhialoni polaroid. Lo superavi, ma con simpatia: non c’erano ancora i limiti di velocità, per cui oggi ti tocca viaggiare senza riuscire mai a mettere, non si dice la sesta, ma neppure la cara vecchia quinta, eppure, lui si faceva centinaia e centinaia di chilometri a novanta all’ora. Era grigio, ligio alle regole, compassato: te lo immaginavi di una noia mortale, nelle conversazioni sotto l’ombrellone, coi bambinetti biondi e educati, le caramelle Sugus e il Toblerone. Adesso, lo Svizzero è cambiato: si è, diciamo così, evoluto. Insomma, è diventato un cafone come tutti gli altri. O, perlomeno, è un cafone in trasferta, perchè, a casa sua, se solo si azzardasse, non si dice a fare, ma semplicemente a pensare le manovre che esegue qui da noi, lo blinderebbero in men che non si dica. Provate voi ad andare a fare i ganassa su di un’autostrada svizzera: a zigzagare col Porsche tra un’auto e l’altra. Sareste carne morta, nel giro di un quarto d’ora. Per questo, forse, lo Svizzero, ultravessato entro gli angusti confini della Confederazione, quando entra in Italia, si scatena: è un po’ come quei mariti con la moglie arpia, che, quella volta all’anno che vanno alla festa per soli uomini della Loggia del Leopardo, si trasformano, si agitano, iniziano a sudare e a dire parolacce o a raccontare barzellette spinte. Fatto si è che, quando sto tornandomene a casina bella, lemme lemme, con la velocità automatica bloccata sui centotrenta, capita sempre che mi arrivi alle spalle, come una pantera famelica, qualche Audi, qualche Mercedes, qualche Maserati e perfino qualche sorella BMW, a velocità stellare, sfanalando come una petroliera nella nebbia, e dandomi solo il tempo di spostarmi sulla corsia di destra, prima di essere carambolato via dal proiettile in arrivo.

Sempre più spesso, e con crescente stupore, anziché le proverbiali targhe dei pirati della strada, milanesi di Cesano Maderno o brianzoli di Lissone, quando non bresciani di Valtrompia o bergamaschi, osservo automobili targate TI o VD e financo ZH. Ora, che un Ticinese possa comportarsi da Italiano, ci può anche stare: in fondo, dicono ‘ciumbia’ e parlano, più o meno, come Massimo Boldi. Passino anche quelli di Vaud: si sa che i Francesi sono cugini degli Italiani in materia di vini, formaggi e cattive abitudini. Ma uno Schwyzerdütsch: uno cresciuto a pane e strisce pedonali, come può trasformarsi al punto da insidiare perfino un tranquillo viaggiatore che torna a casa a velocità codice? Eppure, la cosa è positiva: tra le cafomobili sfreccianti ci sono anche gli zurighesi. Passano, imponenti e velocissimi, con l’aria tronfia e placida dell’impunito impenitente, nemmeno venissero dalla Garbatella, anziché dallo Wiedikon: e questo, un tantino, mi induce a riflettere. Siccome i costumi confederali, in materia di circolazione perlomeno, non sono diventati affatto più lassi e, anzi, semmai, si sono irrigiditi, questo fenomeno deve avere un’altra spiegazione. E, onestamente, l’unica che mi venga in mente è che, ormai, abbiamo una tale nomea di Paese in cui ognuno può fare quello che vuole, che perfino i viaggiatori di commercio di Wintherthur e di Glarona hanno introiettato il messaggio. Insomma, mica solo i Romeni o gli Albanesi si sono accorti che in Italia ognuno può infrangere la legge impunemente, senza che gli succeda nulla: l’hanno capito anche gli Svizzeri. Tra qualche estate, potrebbe accadere che i bambinetti biondi della famigliola vicina d’ombrellone, appena ti capiti di distrarti, ti freghino il cellulare dalla borsetta: altro che Sugus e Toblerone! Uno ad uno, i miei miti stanno crollando: adesso tocca agli Svizzeri, che incarnavano la mia idea di cittadino modello e che si sono dimostrati scascioni quanto e più degli altri, almeno sulle quattro ruote. Manca solo che trovi un Norvegese che mi sta svaligiando l’appartamento, e la mia crisi d’identità sarà compiuta!


Bergamo Sviluppo, servizi gratuiti per l’internazionalizzazione e lo sviluppo d’impresa

Con la chiusura della fase di accreditamento sono stati individuati i soggetti (tra questi anche l’Ascom) per l’erogazione degli interventi di assistenza e consulenza previsti dai bandi “Sviluppo d’Impresa” e “Azioni di supporto all’internazionalizzazione delle imprese”.  Si apre ora la fase in cui le imprese bergamasche possono presentare domanda di adesione a uno dei soggetti accreditati. Per fare questo è sufficiente compilare la scheda di adesione in tempo utile per consentire la realizzazione degli interventi entro la fine dell’anno 2016. La Camera di commercio riconoscerà alle imprese un contributo sotto forma di voucher di importo pari al costo degli interventi. I servizi prevedono assistenza e consulenza a favore delle micro, piccole e medie imprese con sede legale od operativa in provincia di Bergamo. L’obiettivo dell’iniziativa è di sostenere i processi di sviluppo, consolidamento e accrescimento competitivo. Tutti gli interventi saranno realizzati con il coordinamento di Bergamo Sviluppo. Le domande saranno accolte nel limite dei fondi a disposizione che ammontano a 700mila euro lo Sviluppo d’impresa e 574mila euro per le Azioni di supporto all’internazionalizzazione. Più dettagli sul sito camerale.

http://www.bg.camcom.gov.it/risorse/contributi-e-finanziamenti/