Il funerale show di Casamonica? La quintessenza dello spirito nazionale

Roma, funerali di Vittorio CasamonicaL’Italia funziona così: a scandali fittizi. Uno scandalo serve a far dimenticare lo scandalo precedente, in un gioco di scatole cinesi. Tutti fingono di scandalizzarsi, ma è sempre una tempesta in un bicchier d’acqua: alla fine, nessuno fa nulla, segno inequivocabile di come lo status quo, in fondo vada bene a tutti. O, almeno, a tutti quelli che, sopra l’acqua del bicchiere, sono capaci di galleggiare con sugherea leggerezza. Prendiamo quest’ultima faccenda del funerale di Casamonica a Roma. Cosa c’è da scandalizzarsi? In un’Italia pacchiana all’inverosimile, tatuata, con le zeppe e le frasi d’amore sgrammaticate sbombolettate sui muri, un matrimonio con carrozza e cavalli, elicottero che lancia petali rossi, manifestoni sulla chiesa e con la banda di paese che suona l’aria de “Il Padrino”, in fondo, è solo la quintessenza dello spirito nazionale. Voi mi direte: ma quello è stato un segnale inequivocabile del fatto che, a Roma, la mafia fa quello che vuole!

Ma veramente? E chi l’avrebbe detto: in una città in cui ti chiedono il pizzo per i biglietti della metro, in cui metà dei negozi sono centrali di riciclaggio, in cui ogni cosa funziona a mazzette, che la mafia faccia quello che vuole mi pare il minimo. Il punto non è la mafia: il punto siamo noi. Che stiamo sprofondando un poco alla volta, credo che sia un dato sotto gli occhi di tutti: proviamo un po’ anche a chiederci perché stiamo sprofondando. E torniamo al funerale del boss. Dunque: muore un signore che tutti quanti sanno essere in odore di mafia. Uno che viene proclamato “Re di Roma” dallo stesso clan parentale. I consanguinei, presumibilmente affranti, si rivolgono ad una serie di istituzioni, per dare seguito alle esequie. Innanzi tutto, vanno dal prete: il parroco della parrocchia in cui si svolgeranno i funerali. E gli dicono: buongiorno, siamo i parenti del tal dei tali, vorremmo fare un funerale così e cosà, appendere sulla facciata della chiesa un bel manifestone tre metri per quattro, far suonare la banda dei picciotti e così via. Siamo a Roma: vescovo è quel tale che maledice chi non accoglie i migranti e che lancia anatemi contro i mafiosi. Il buon prevosto, però, non se ne dà per inteso, e accorda piena libertà d’azione a decoratori e musicanti. Poi, il parentado si reca in Comune, per i permessi: occupazione di suolo pubblico, manifestazione musicale, sì, insomma, avete presente. Di nuovo, non ci vanno mica in incognito: danno nome e cognome. Come se, a Corleone, chiedessero il nome del defunto e gli rispondessero: Riina, Salvatore, detto Totò.

Il municipio responsabile, senza batter ciglio, concede permessi, annota decessi, permette accessi. Infine, il colpo di genio: l’elicottero. Ci sarà bene un aeroporto da cui lo si faccia decollare, ci sarà pure un permesso speciale per sganciare materiale su di un centro urbano, esisterà un piano di volo, avranno domandato all’aviazione civile…Quando tutto è a posto, con le cartebolle bene in vista, la kermesse può andare in scena: hai conquistato Roma, tarazum zum zum. E scoppia lo scandalo: apriti cielo! Il Sindaco, ossia lo stesso da cui dipende il municipio dei permessi a gogo, lancia la sua intemerata, facendoci la solita figura del fesso che non sa cosa succede sotto il suo tavolo. La chiesa difende il parroco, poi no, poi sì: anche lì, nessuno sapeva con chi avevano a che fare. Tutte le autorità, che prima facevano il nesci, adesso insorgono: i mezzibusti strombettano indignazione da tutti i pori e le reti unificate condannano la provocazione. Avvenuta a Roma, poi: la capitale! Ma capitale de che? Del malaffare, senza dubbio, vista la trafila di cui sopra, che si ripete, invariata, dai parcheggiatori abusivi su su fino al traffico di esseri umani.

E i mezzi di comunicazione, che sono il vero scandalo degli scandali, sentite un po’ come la danno, questa sconvolgente notizia del funerale del boss. Prima di tutto, si aprono dibattiti sul fatto che questa mafia sia romana-romana e non d’importazione: seguono analisi sociali, disamine legislative, aria fritta. A nessuno passa per la testa di dire che il clan in questione è composto da cingani: divieto assoluto di associare a questa brutta faccenda gli zingari. La correttezza politica viene prima di qualunque cosa. Dunque, a Roma esiste una mafia indigena e gli indigeni sono zingari, ma guai a dirlo: la gente potrebbe cominciare ad associare gli zingari alla delinquenza, pensa un po’! Subito dopo, si passa a Mafia-Capitale, dove la colpa di tutto è di Carminati, il neofascista neomafioso, capo dei capi. Tanto capo dei capi che si fa blindare dopo cinque minuti da quattro carabinieri: sveglio, come capo dei capi! Nessuno che dica una sillaba sulle decine e decine di politici filogovernativi implicati: non un fiato sul marciume che trabocca dal Campidoglio e che puzza lontano un miglio di Pd. Infine, promesse di iniziative, minacce di azioni, sogni di giustizia e libertà. E voi vi stupite se un boss si fa seppellire in pompa magna? Datemi retta, andiamo a farci un bel bagnetto nei laghetti della Trucca: nei giorni scorsi è piovuto e la risorgiva promette scintille. A buon intenditor….

 


Dal latte bio all’agriturismo, l’evoluzione della fattoria che affonda le radici nell’800

Cascina Buona SperanzaLa storia della Cascina Buona Speranza affonda le sue radici nel 1800, quando, assieme ad altre aziende, con le famiglie di proprietari e quelle, sempre più numerose, dei mezzadri, contribuì a dare vita al paese di Zanica. Oggi è un’azienda agricola a certificazione biologica che rispecchia appieno la diversificazione e la multifunzionalità. L’anno di fondazione, scolpito all’ingresso di una delle poche autentiche cascine bergamasche che si possono ancora visitare nel territorio, è il 1847.

La nuova storia della Cascina Buona Speranza risale invece al 1972 quando Virgilio Nosari, macellaio che da sempre acquistava bovini in azienda, decide di rilevarne una parte e di affiancare all’attività del commercio quella agricola. Il sogno dell’agricoltura aveva già qualche anno prima spinto il figlio Ettore con la moglie Natalina Cianfarini ad abbandonare rispettivamente un lavoro da assicuratore ed un impiego in un’agenzia pubblicitaria di Milano, per fare a loro modo il 1968, mettendo su famiglia ed un piccolo allevamento di conigli in Umbria, a Umbertide. Ma l’azienda agricola bergamasca aperta dal padre li richiama a Zanica, dove si specializzano nella fornitura di latte biologico ad una realtà affermata come la Fattoria Scaldasole.

“Con l’avvento delle quote latte, mi sono però trovato di fronte alla scelta di acquistare o vendere, perché avrei dovuto allargare la produzione per renderla sostenibile economicamente – spiega Ettore Nosari -. Abbiamo deciso di cedere e con il ricavato delle quote latte abbiamo riconvertito l’attività in agriturismo. Una volta lavoravamo conto terzi, ora ci rapportiamo direttamente con il cliente finale”. Dal 1992, dopo la decisione di cedere le quote latte, l’azienda ha diversificato la sua attività, tornando ad essere una vera e propria fattoria, aperta anche ai bimbi tutto l’anno per visite didattiche e pronta a dare il benvenuto a turisti, data la vicinanza con l’aeroporto di Orio, con tre camere e due appartamenti.

Qui si allevano suini, conigli, asini, ma anche bovini – dai piemontesi alle vacche di razza Frisona – e pecore, tra cui la gigante bergamasca. Inoltre la Cascina ospita e accudisce diversi cavalli nei box. “Dieci ettari di terreno producono il foraggio per gli animali, dall’erba medica al fieno, all’orzo al granoturco – continua Nosari -. Per stare sul mercato o ci si ingrandisce e specializza o si diversifica la propria attività. Anche se gli impegni raddoppiano, perché ogni animale e coltura ha esigenze e tempi diversi”. E qui tutto nasce, cresce e si trasforma: dai maiali si producono salumi e insaccati, dalla pancetta al salame, e le carni servite a tavola sono bio e a chilometro zero, dall’agnello alla pecora, dal vitellone al cavallo e all’asino che viene in genere brasato. Le marmellate sono fatte in casa: “Abbiamo un ampio frutteto con, a seconda della stagione, un’ottima varietà di frutta, dalle ciliegie alle albicocche, dalle prugne alle pesche alle pere. Peccato che faccia gola anche a chi vi passa davanti e purtroppo non si limita a qualche frutto, ma riempie intere ceste…”. C’è spazio anche per la sperimentazione alla Cascina Buona Speranza: “Oltre a coltivare con successo frumento, varietà Bologna, per produrre pane e dolci, è stata avviata la coltura di varietà antiche di mais Nostrano dell’Isola e da un seme di mais bianco si sta formando un campo con le prime pannocchie” spiega Nosari.


La crisi rilancia l’usato. A Bergamo in campo 47 imprese

vestiti-usatiSono circa 3.500 le sedi di impresa attive nel settore dell’usato in Italia, dai libri all’antiquariato per arrivare fino all’abbigliamento. Un settore in crescita, con un +1,3% rispetto allo scorso anno. Tra le province, prime sono Roma con 381 attività (11,1% italiano), Milano con 260 (7,6%) e Torino con 205 (6%). Napoli è quarta con 199 imprese e Firenze è quinta con 161. In Lombardia si trova il 16% delle imprese (oltre 500) e si ha una crescita annua del 3,1%. Le imprese più numerose sono nel commercio al dettaglio di mobili usati e oggetti di antiquariato (234) e di indumenti e altri oggetti usati (220) che sono anche in settori in crescita in un anno, rispettivamente +2,2% e +8,4%. In regione, a Milano ha sede un’impresa su due nel settore, stabile rispetto al 2014. Seguono Brescia (79 imprese, +14,5%), Bergamo (47 imprese) e Varese (35 imprese). E’ quanto emerge da un’indagine della Camera di commercio di Milano su dati del registro delle imprese al primo trimestre 2015 e 2014 relativi alle sedi di impresa attive.


L’incertezza frena la fiducia delle imprese

negozioNel secondo trimestre del 2015 continua a crescere la capacità delle imprese del terziario di far fronte ai propri impegni finanziari (si trovano in questa situazione il 62% delle imprese rispetto al 54% di 6 mesi fa). Sebbene la congiuntura si confermi ancora di molto al di sotto della soglia di espansione; aumenta leggermente anche la percentuale di imprese che si recano in banca per chiedere credito (20,1% rispetto al 19,6% del I trimestre) con una quota di imprese effettivamente finanziate pari al 7,3%, percentuale ancora esigua sebbene sia la più alta registrata dalla metà del 2012; c’è, tuttavia, una consistente quota di imprenditori che, pur avendo bisogno di un finanziamento, rinunciano a recarsi in banca non avendo ancora fiducia nella ripresa o per timore di vedere respinta la propria richiesta, è la domanda «inespressa» che sfiora il 28% ma che al Sud, dove peraltro solo il 16,6% delle imprese ha chie sto credito, arriva ad oltre il 35%.

Questi, i principali risultati che emergono dall’Osservatorio Credito Confcommercio (OCC) sulle imprese del commercio, del turismo e dei servizi nel secondo trimestre del 2015 realizzato da Confcommercio-Imprese per l’Italia in collaborazione con Format Research. Continua a crescere la capacità delle imprese del terziario di far fronte ai propri impegni finanziari, con un aumento di quelle che avvertono, complessivamente, una stazionarietà o un miglioramento della situazione (passate dal 54% di fine 2014 al 62%) e una diminuzione delle imprese che registrano un peggioramento (dal 46% al 38%). È aumentata leggermente nei mesi di aprile, maggio e giugno 2015 la percentuale delle imprese del terziario che si sono recate in banca per chiedere il credito del quale avevano bisogno (un finanziamento, un affidamento o la rinegoziazione di un finanziamento o di un affidamento esistente): tale percentuale è risultata pari al 20,1% contro il 19,6% del I trimestre. Esiste, tuttavia, una percentuale di imprese (27,9%) che pur avendo bisogno di credito evita di chiederlo in banca a causa della scarsa fiducia nella situazione economica o per il timore di vedere respinta la propria richiesta. Si tratta, di fatto, della domanda «inespressa». Tenendo conto di tale quota, la domanda «potenziale» complessiva di credito (percentuale delle imprese che hanno chiesto credito alle banche più percentuale delle imprese che non lo hanno chiesto pur avendone necessità) sale al 48%.

Preoccupante la situazione nel Mezzogiorno dove la quota di imprese che hanno chiesto credito è solo del 16,6% e quella inespressa arriva ad oltre il 35%. Sul lato dell’offerta, è aumentata leggermente la percentuale delle imprese che hanno ottenuto il credito richiesto senza alcun problema (dal 35% al 36,5%) portando la percentuale di imprese effettivamente finanziate al 7,3%, valore ancora esiguo ma che risulta il più elevato dalla metà del 2012 ad oggi. È in flessione la cosiddetta area di irrigidimento (imprese che il credito «non» lo hanno ottenuto e imprese che lo hanno ottenuto in misura inferiore rispetto al fabbisogno). Tale percentuale, nel secondo trimestre 2015, è stata pari al 52,5%, contro il 54,1% dei tre mesi precedenti.

 


La testimonianza / Crescono i bivacchi di immigrati tra via Paglia e via Bonomelli. E ora temo di diventare razzista

La testimonianza di un cittadino residente in centro città raccolta da Marco Bergamaschi

immigratiburtinaHo capito una cosa: sto diventando razzista e io razzista non solo non lo sono mai stato, ma proprio non voglio diventarlo. Anzi sono convinto che vivere nel mondo di oggi ed essere contro l’uguaglianza per motivi di razza, colore o abitudini sia come vivere in Alaska ed essere contro la neve. Ma è anche vero che ultimamente non è sempre così semplice.

In questi giorni mi capita di passare nella zona compresa tra via Bonomelli, il primo tratto di via Paglia e via Paleocapa e non ho potuto non notare il nuovo trend di certi stranieri, che abitano la nostra città: sistemati davanti all’entrata del condominio di turno, trascorrono le ore a chiacchierare ad alta voce, a mangiare e a bere birra, incuranti che lì ci abiti qualcuno e che forse ci sono delle regole di educazione civica, che andrebbero osservate. Così, complice una mancanza di un monitoraggio massivo da parte di chi invece i controlli dovrebbe farli (anche solo per la sicurezza del cittadino), sono nati una sorta di piccoli bivacchi, che rendono difficoltoso il passaggio a chi si trova a camminare di lì e che soprattutto imbarazzano e fanno arrabbiare molto coloro che in quei condomini ci abitano. Di sicuro se oggi pomeriggio o questa sera mi siedo per terra in una qualunque zona della città come se fosse il mio salotto e comincio a bere birra, abbandonando le bottiglie vuote sul marciapiede, nel giro di 10 minuti arrivano le forze dell’ordine e mi invitano in maniera solerte ad andare via e se non li ascolto, ci pensano loro a farmelo capire. La stessa cosa accade se vado in una città dell’est o dell’Africa e occupo un pezzo di suolo pubblico insieme ad amici e parenti, senza troppi “scusi” e “per favore”, mi viene ricordato che sono un ospite e che se voglio rimanere in quel paese, devo imparare a conoscere e a seguire usi e costumi locali. Ma come è giusto che sia. Ecco, quello che mi fa arrabbiare e che davvero non capisco è il perché nella mia città ciò non avvenga e ognuno è libero di fare quello che vuole senza censura, senza limiti e soprattutto senza il timore di infrangere delle buone prassi. E come me, sono in tanti a non comprenderlo.

Tra l’altro il trend “bivacco” si è incentivato moltissimo con la nascita di certi distributori automatici di cibo e bevande che, sistemati come dei piccoli negozi aperti 24 ore, sono diventati la terra di individui senza un lavoro fisso: e così in quello in via Bonomelli impera e comanda il mondo dell’est e il chiosco in via Paleocapa è divenuto territorio personale di marocchini, magrebini e africani in generale. Inutile aggiungere che nessun bergamasco si azzarderebbe mai ad acquistare nulla lì, perché la percezione di non essere il benvenuto la si respira già a qualche metro di distanza. Ma questo è pura follia.

Un collega che in via Paleocapa ci abita, mi ha pure confidato di aver messo in vendita il suo appartamento, non certo per sopraggiunte necessità personali, ma perché ha il terrore sacrosanto che la zona continui a svalutarsi e che tra qualche anno, oltre ad avere la percezione di abitare in un mercato, la sua proprietà varrà poco o nulla. Peccato che la casa appartiene alla sua famiglia da più di 40 anni, che lì ci è nato, ha vissuto la sua giovinezza e che rappresenti una fucina di ricordi che non vorrebbe perdere.

Io lo so che il problema è a monte (come lo sanno tutti), che in Italia entra chiunque si presenta alla porta, che la classe politica non si adopera per fare ciò che dovrebbe fare pagata dai cittadini e che tutto viene spiegato con la filosofia dell’ “accoglienza” e del “volemose bene” , ma considerato che amo la mia città, non posso che guardare in faccia alla realtà ed affermare che Bergamo sta cambiando, sta peggiorando in balia di un’assenza di controlli e norme efficaci, che regolino e cautelino la vita comune dei suoi cittadini e che li aiutino a relazionarsi con chi è diverso da loro. E’ vero che ogni essere umano è unico e rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà di pensiero e azione, ma bisogna sempre farlo con la saggezza e il rispetto; se mancano, ci sarà solo intolleranza, odio e tanta in-sofferenza.

 

 


Green economy, la Provincia firma il contratto con la Bei

matteo rossiIl presidente della Provincia Matteo Rossi ha firmato, nei giorni scorsi, il contratto con la Bei (Banca europea per gli investimenti) per l’assistenza tecnica ai Comuni aderenti al progetto FABER (“Funding action in Bergamo for Emission Reduction”), nell’ambito del Patto dei Sindaci. Il contratto prevede un finanziamento di 1.330.000 euro (per una spesa complessiva di 1.478.000 euro, di cui il 10% a carico dell’ente di via Tasso), che consentirà di accompagnare 124 Comuni nella realizzazione dei progetti e nell’accesso ai finanziamenti europei per la realizzazione di una serie di interventi mirati al risparmio energetico e alla riduzione di emissioni inquinanti. Si tratta investimenti per un budget complessivo di 54 milioni di euro, di cui 34 per la riqualificazione di edifici pubblici, 11 per di efficientamento della pubblica illuminazione e 9 per la realizzazione di piccole reti di teleriscaldamento.

“Un passo avanti sulla strada del Patto dei Sindaci – commenta Rossi – per la green economy e la riqualificazione energetica che interessa gran parte del territorio bergamasco e che entrerà nel vivo nel prossimo autunno”. Ad oggi su 242 Comuni bergamaschi sono 217 quelli che hanno aderito al Patto, di cui 185 avvalendosi del supporto della Provincia; 124 Comuni sono stati coinvolti nel progetto FABER e stanno quindi per passare alla fase operativa, quella dell’ottenimento dei finanziamenti per poter concretizzare gli interventi in tema di risparmio energetico e utilizzo fonti rinnovabili.


Viale Roma e via Camozzi, l’asfalto vien di notte

via RomaSi riasfaltano viale Roma, via Contrada Tre Passi e alcuni tratti di via Camozzi, si modifica la viabilità del centro di Bergamo: i primi giorni di settembre vedranno i mezzi dell’impresa Bergamelli di Albino al lavoro per il Comune di Bergamo nelle ore serali e notturne su alcune delle strade e marciapiedi del centro cittadino.

I Lavori Pubblici hanno infatti previsto due importanti interventi di manutenzione stradale straordinaria di alcune delle direttrici principali direttrici di traffico cittadine. Si comincia alle ore 20.30 di martedì 1° settembre con l’intervento di riasfaltatura di viale Roma e il rifacimento dei marciapiede di via Tasca e via San Benedetto: i lavori saranno terminati entro le ore 6.30 del 5 settembre, si svolgeranno esclusiva mente nelle ore serali e notturne e prevedono il restringimento della carreggiata a seconda dell’avanzamento dell’intervento, nessuna interruzione del traffico o istituzione di divieto di transito.

Il secondo intervento avrà invece inizio giovedì 3 settembre e interesserà l’intera via Contrada Tre Passi (che sarà riasfaltata interamente), ampi tratti di via Camozzi (dei quali sarà rinnovato l’asfalto e rifatti i marciapiede). Anche in questo caso i lavori si svolgeranno di notte, non verrà interrotto il traffico e non saranno istituiti divieti di transito: la carreggiata sarà ristretta e seguirà l’andamento dei lavori a partire dalle ore 20.30 del 3 settembre fino alla conclusione dell’intervento, prevista per lunedì 7 settembre intorno alle ore 6.30 del mattino Infine, si realizza il nuovo marciapiede su un tratto di vicolo San Giovanni: divieto di transito nelle ore serali e notturne da giovedì 3 settembre a lunedì 7 settembre.

Nell’estate 2015 erano stati programmati e sono in fase di realizzazione tanti altri interventi di asfaltatura: con questi ultimi 2, il conto sale a circa 25 lavori di manutenzione stradale da parte del Comune di Bergamo.


Degrado alla stazione, a Bergamo non servono le zuffe politiche

Kiss. StazioneNon si sa se siano peggio le zuffe tra extracomunitari sul piazzale della stazione o quelle tra politici di maggioranza e opposizione sui giornali. I primi, se non altro, son poveri disperati. Gli altri, invece, son tutte persone perbenino che si son proposte per governare la città. E lo spettacolo, per quanto non si scambino cazzotti né si impugnino colli di bottiglia, è tutt’altro che edificante. Nel gioco delle parti ci sta che chi sta in minoranza dica che “è tutto sbagliato, tutto da rifare”; e che, al contrario, chi governa risponda che “va tutto bene, madama la marchesa”. Ma il balletto retorico è diventato stucchevole. I giovani, e un po’ acerbi (non si dica “ragazzini”, altrimenti s’offendono), politicamente parlando, consiglieri di opposizione Alberto Ribolla (Lega), Stefano Benigni (Forza Italia), Davide De Rosa e Andrea Tremaglia (Fratelli d’Italia), usano i comunicati stampa e le interrogazioni-interpellanza come armi improprie. Talvolta, come nell’ultimo caso della presunta maxi-rissa alla stazione (che poi era di consistenza molto ridotta), non appena vedono un titolo di giornale, sparano ad alzo zero senza nemmeno peritarsi di fare una verifica sullo svolgimento dei fatti. Ma la superficialità di breve è nulla rispetto ad una banale considerazione che chiunque abbia un minimo di memoria storica, e soprattutto di onestà intellettuale, non può non fare. Il degrado dell’area della stazione (da piazzale degli alpini fino all’ex scalo merci) non è di oggi né di ieri. Negli ultimi vent’anni si sono alternate giunte di centrodestra e di centrosinistra. Tutte, ciascuna con la propria sensibilità, hanno cercato di migliorare la situazione. Nessuna, dicasi nessuna, è riuscita ad incidere in maniera significativa. Il giochino di continuare a ripetere “quando c’eravamo noi era meglio” è da asilo Mariuccia. Basterebbe prendere le collezioni dei giornali e fare un semplice confronto che smentisce i catastrofisti di oggi e ottimisti di ieri. E si potrebbe anche aggiungere, per una valutazione più politica, che i grandi successi della fu giunta Tentorio non devono essere stati granché apprezzati dai cittadini se un anno fa, mica il secolo scorso, la sconfitta del centrodestra è stata tanto netta quanto bruciante. O vogliamo credere che gli elettori siano intelligenti quando votano a favore e degli stupidi quando si spostano dalla parte opposta?

Proprio perché giovani (sia detto con la massima invidia), i battaglieri rappresentanti dell’opposizione dovrebbero sforzarsi di uscire dal banale ping pong ad uso propagandistico. Meglio sarebbe se riuscissero ad essere innovativi, capaci davvero di incalzare chi governa la città con proposte e suggerimenti concreti. E’ sulla sostanza che si può far presa di fronte all’opinione pubblica, non sulle parole. Elementare verità che vale anche per chi oggi guida Bergamo. L’assessore alla Sicurezza Sergio Gandi è bravissimo a non lasciar mai perdere un colpo nella sfida dialettica. Da avvocato, ha sempre una battuta pronta. Ma, appunto, anche per lui vale che le chiacchiere stanno a zero quando alla stazione o davanti a palazzo Uffici vanno in scena risse, aggressioni e quant’altro. Detto che l’ordine pubblico, valeva per Tentorio come vale per Gori, è di competenza delle forze di polizia e non dei vigili (si fa troppo spesso confusione, e non per fini nobili), in un anno l’attuale Amministrazione ha inciso ben poco. Forse il piazzale della stazione è stato migliorato. L’idea di far diventare l’Urban center la casa di Bergamo Scienza non è male (anche se forse il sindaco esagera un po’ nelle aspettative). E tuttavia, serve molto di più e di meglio. A partire dal metodo che deve puntare ad un reale coinvolgimento della città. Il Comune deve trovare il modo di far comprendere a tutti che quel pezzo di territorio in cui ogni giorno transitano migliaia di persone non è terra di nessuno. Vale tanto quanto il Sentierone o Città Alta. Bisogna riappropriarsene costruendo attorno agli interventi architettonici (prima alle Autolinee, ora quello della stazione ferroviaria) operazioni di riconquista sociale. Con eventi no stop, con la presenza quotidiana di presidi di controllo, con iniziative ad hoc che leghino questa tessera al puzzle complessivo della città. Un lavoro, questo, in cui maggioranza e opposizione possono dare il meglio di sé giocando sulla fantasia, sull’intelligenza, sulla lungimiranza. Questa è la vera competizione che farebbe fare a Bergamo il salto di qualità. Non il battibecco a chi la spara più grossa.


Finite le ferie ecco pronta la stangata

bollette-enel-ivaAmara sorpresa al rientro dalla ferie per le famiglie italiane. L’arrivo dell’autunno, infatti, coinciderà con una pesante stangata in termini di prezzi, tasse e tariffe. “Nonostante una diminuzione dei costi dell’energia, che si ripercuote leggermente su bollette e riscaldamento – annuncia Federconsumatori – nei mesi di settembre, ottobre e novembre le famiglie dovranno comunque sostenere pesantissimi costi”. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha calcolato diversi importi: scuola 788,70 euro, TASI (seconda rata) 117,03, bollette (acqua, luce, gas, telefono) 455, Tari (seconda rata) 143, riscaldamento (prima rata) 256,60. Il tutto per un totale di 1.760,23 euro.

“La stangata autunnale rappresenterà un grave colpo per i bilanci delle famiglie e si ripercuoterà pesantemente sui consumi e sull’intero sistema produttivo” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef -. Il potere di acquisto delle famiglie infatti è ai minimi storici (si è ridotto del -13,4% dal 2008 ad oggi) e tali costi non potranno che incidere sempre di più sulla domanda di mercato. Inoltre l’elevato tasso di disoccupazione si ripercuote, ovviamente, sui bilanci familiari, poiché sono proprio genitori e nonni a sostenere economicamente i giovani senza lavoro”. Di fronte a un tale quadro per Federconsumatori l’intervento governativo non è più rimandabile. “È dunque più che mai urgente che il Governo metta in atto efficaci provvedimenti per rilanciare il nostro sistema economico attraverso un Piano Straordinario per il Lavoro che punti sulla ricerca e l’innovazione, sullo sviluppo tecnologico, sulle comunicazioni (banda larga in primis), sulle bonifiche territoriali, sulla realizzazione di infrastrutture utili alla riqualificazione del settore turistico e sulla messa in sicurezza dell’edilizia scolastica”.


Cura dell’animale, a Bergamo imprese in calo

gattoAnche d’estate i lombardi si dimostrano attenti alle esigenze dei propri piccoli amici animali: tra pensioni, servizi per la cura, vendita, alimentazione e veterinari sono infatti 1.103 le imprese attive in Lombardia, con un peso del 13,2% sul totale nazionale e una crescita del 3,7% in un anno. Sono soprattutto negozi specializzati nella vendita di piccoli animali domestici, 557 (stabili rispetto al 2014) o servizi di cura, 476 (erano 434). In testa per numero di imprese Milano con 353 attività (+4,1%), seguita da Brescia (131 imprese, +1,6%), Varese (107, +5,9%) e Bergamo (102, in calo del 2%). Crescono soprattutto Pavia (+9,4%), Monza e Brianza e Mantova (+6,5%). E’ quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese al primo trimestre 2015 e 2014 relativi alle sedi di impresa.

Il business in Italia

Sono 8.372 le imprese attive in Italia nei settori legati agli animali da compagnia, +2,9% dal 2014 al 2015. Più della metà sono negozi specializzati nella vendita di piccoli animali domestici (4.844). Prime province per numero di imprese: Roma con 873 (+2,3%), Napoli con 486 (+2,5%). Seguono Torino, Milano e Bari. Tra le prime 10 province l’aumento più forte a Salerno: +7,3%.