Salute, per gli imprenditori del terziario Masec c’è

Masec, la mutua dell’Ascom per l’assistenza sanitaria dei commercianti bergamaschi, tiene fede al proprio ruolo di supporto agli associati nella tutela della salute e, nonostante l’aumento dei costi delle prestazioni, anche per il 2016 ha scelto di mantenere invariate le quote di iscrizione, agevolando l’accesso alla prevenzione e alla cura da parte dei piccoli imprenditori.

Il quadro lo ha tracciato il presidente Paolo Malvestiti nel corso della recente riunione del Consiglio direttivo. «Sebbene si intravveda qualche segnale di ripresa – ha evidenziato – l’economia delle nostre aziende continua ad essere in difficoltà e il carico fiscale non aiuta. Ma anche sul versante sanitario le difficoltà aumentano. Sebbene il Governo abbia annunciato che i fondi disponibili per la Sanità restano confermati (110 miliardi per il 2016 e 111 per il 2017) il sistema dell’assistenza sanitaria è stato già toccato dalla riduzione dei fondi, con tagli di oltre 2 miliardi di euro della spesa sanitaria pubblica attraverso il meccanismo dei minori trasferimenti alle regioni». «E le difficoltà – ha precisato – saranno evidenti, oltre che per le fasce più deboli dei cittadini anche e soprattutto per i nostri piccoli imprenditori e i loro familiari che, ricordiamo, non godono delle provvidenze dei fondi contrattuali dei dipendenti».

In questo contesto, la Masec contribuisce a sostenere le spese sanitarie degli associati senza gravare sulle quote di iscrizione, ma tiene anche d’occhio l’evoluzione del sistema delle mutue per offrire servizi sempre più vicini alle esigenze ed ai tempi. «L’assistenza sanitaria degli imprenditori – ha ricordato Malvestiti – è il tema che sta al centro del grande progetto di Confcommercio, rilanciato poche settimane fa dopo l’interruzione avvenuta ad inizio anno. La Confederazione vuole dare vita ad un sistema mutualistico ed è al lavoro per creare un’offerta che non solo sia interessante per i nostri associati, ma anche funzionale alle Ascom e integrata alle diverse mutue presenti nelle associazioni».

I numeri aggiornati a fine ottobre, intanto, dicono che l’ente ha rimborsato quest’anno quasi 1.500 prestazioni per visite e ricoveri, con una spesa complessiva di oltre 130.000 euro.


Insetti in tavola, «sono gli chef che possono fare la differenza»

Brodo di grilli dello chef sardo Roberto Flore

Il brodo di grilli dello chef sardo Roberto Flore

Fino a ieri trovare un insetto nel piatto era solo il segno del peggior livello di un locale, oggi può anche essere la proposta gastronomica più trendy e corretta in termini di sostenibilità alimentare. Basti pensare che nella cucina con cavallette e larve di scarabeo si cimenta niente meno che René Redzepi, del Noma di Copenaghen, giudicato a più riprese il miglior ristorante al mondo. Non si tratta solo di provocazioni o virtuosismi culinari, ma di una precisa linea di ricerca e sviluppo inquadrata a partire dagli anni Novanta dalla Fao, che nel consumo di insetti vede una delle risposte a quella che è stata anche la domanda dell’Expo: come sfamare un pianeta sempre più affollato che chiede cibo sicuro e nutriente e, nello specifico, dove trovare fonti di proteine a minore impatto ambientale, disponibili per tutti.

Osservata da un punto di vista è globale, l’entomofagia (è il termine con cui si indica il mangiare insetti), in realtà, non è poi questa gran stranezza, essendo pratica diffusa in Oriente, in Africa e in Sud America. Ed ora è molto più che un’ipotesi nei Paesi sviluppati. L’esposizione milanese è stata teatro del primo evento ufficiale in Italia in cui si sono mangiati insetti (nel padiglione del Belgio, Paese dove è stata autorizzata la commercializzazione di una decina di specie per uso alimentare umano, che si possono trovare anche al supermercato), convegni e pubblicazioni si sono moltiplicati e a pochi giorni dalla chiusura dell’evento è arrivato il sì del Parlamento europeo alla semplificazione delle procedure di autorizzazione del cosiddetto novel food, ossia tutto ciò che non è mai stato considerato cibo prima, comprese meduse, nuovi coloranti e cibi costruiti in laboratorio.

Marco Ceriani - ItalbugsPer saperne un po’ di più ci siamo rivolti a chi da tempo si dedica allo studio degli insetti per fini alimentari, Marco Ceriani, esperto in nutrizione e fondatore, sei anni fa, di Italbugs, che si occupa di ricerca e sviluppo di matrici alimentari sicure da insetti, per realizzare materie prime e nuovi alimenti. È insediata nel PTP Science Park di Lodi, primo parco tecnologico in Italia dedicato all’agroalimentare.

Cosa comporta la recente mossa dell’Europa sul novel food?

«Non che si possono produrre, vendere e consumare insetti. La normativa Europea non lo permette, anche se in alcuni paesi, come Belgio, Olanda e Francia, questo avviene già grazie a delle leggi nazionali, ma solo per il mercato interno. Ora il Parlamento ha dato un parere positivo sul novel food, significa che non ha ravvisato rischi o problematiche. È un passo che ormai ci si aspettava e che dà un’accelerata agli studi e alle ricerche».

Quanto passerà, quindi, prima di sgranocchiare cavallette?

«Bisognerà costruire delle leggi che dicano in che modo gli insetti potranno essere allevati e venduti. Si tratta in pratica di introdurre un nuovo elemento nella catena alimentare, prodotti che non sono mai stati commercializzati né consumati prima, dei quali occorre sapere cosa contengono e quali pericoli comportano, un percorso del tutto legittimo e normale, come per qualsiasi altra novità, fatto di analisi e verifiche. Nessuno ce l’ha con l’insetto…».

Dovrà però ammettere che non sembra una prospettiva golosa…

«Il gap europeo sul consumo di insetti è dato dal fattore disgusto, ma si può superare, come insegna la storia alimentare. Le patate ci hanno impiegato un po’ prima di essere apprezzate e la melanzana a passare da “insana” a regina del cucina mediterranea. Oggi però il processo è molto più rapido, basti pensare al successo del kebab e del sushi, molto distanti dalla nostra tradizione, e l’Expo ha ulteriormente accelerato il confronto e gli scambi».

In che modo gli insetti possono essere resi meno disgustosi?

«Credo che un ruolo fondamentale possa recitarlo l’alta gastronomia. Che li propongano un locale del calibro del Noma o Carlo Cracco significa che hanno una valore gastronomico e sensoriale. Più in generale passa dagli chef la capacità di elaborarli in forma di brodi o estratti, di creare del cibo destrutturato come hamburger, polpettoni. Parlare di insetti commestibili non vuol dire mangiarli così come sono – è l’ipotesi più lontana nel nostro contesto -, ma utilizzarli per realizzare oli o farine perché no. Prima di tutto però c’è il grande capitolo dell’alimentazione degli animali nel quale gli insetti andrebbero a sanare alcuni problemi come l’estensione sproporzionata delle coltivazioni di soia per realizzare mangimi, o veri e propri controsensi come il fatto ai polli si danno sfarinati di pesce, mentre al pesce d’acquacoltura la soia, che mai in natura avrebbe occasione di mangiare».

Perché gli insetti sono il cibo del futuro?

«Perché la popolazione aumenta e sta cambiando dieta. Cina e India oggi vogliono nutrirsi di proteine ma non sarà possibile averle con l’allevamento tradizionale. Gli insetti hanno un ottimo indice di conversione nutrizionale, significa che con un meno di due chili di mangime vegetale si ottiene un chilo di proteine, per ottenere la stessa quantità nei bovini servono dieci chili di mangime. Questo accade perché non sprecano energia per mantenere la temperatura del corpo. E poi necessitano di poca acqua, di poco terreno, hanno deiezioni minime e producono pochi gas serra, insomma un impatto ambientale limitato a fronte di un importante apporto nutrizionale».

tabella insetti - proteineQuali nutrienti contengono?

«Soprattutto proteine, ma anche grassi polinsaturi, come gli Omega 3, alcuni sono pure ricchi di ferro e minerali. Sono inoltre poveri d’acqua, il che li rende un vero concentrato di elementi, con valori superiori rispetto a carne e pesce. I contenuti nutrizionali possono poi variare in base a come vengono alimentati e questo è uno dei temi allo studio ».

Ma sono sicuri?

«Quelli individuati come più interessanti per essere introdotti nella catena alimentare non contengono veleni per l’uomo. Anche la possibilità che trasmettano malattie infettive è remota, visto che hanno un dna molto diverso dal nostro. I rischi sono più che altro legati agli allergeni e alle contaminazioni ambientali, nello stessa esatta maniera per la quale una mela, riconosciuta come commestibile, può essere diventare pericolosa se piena di pesticidi. L’aspetto da mettere a punto è proprio questo, trovare le modalità migliori per una produzione sicura».

Con Italbugs su quali specie sta lavorando?

«Una nostra peculiarità è lo studio del baco da seta, di cui l’Italia era il secondo produttore al mondo. È interessante anche perché riprendere l’allevamento comporterebbe un recupero del territorio, visto che si nutre solo di gelsi, e della produzione della seta. Ci occupiamo anche di grilli, cavallette e di un insetto simile al baco da seta, il Mopane Worm, presente e consumato nel Sud dell’Africa. L’obiettivo è mettere in commercio degli estratti, ovviamente con una produzione realizzata all’estero».

Il legislatore italiano ha già posto attenzione all’allevamento e alla commercializzazione di insetti?

«Al momento no, neanche sul versante dell’alimentazione animale. Ma dovrà confrontarsi con questo tema perché il mercato si sta aprendo e le spinte sono sempre maggiori, tra Stati che li hanno già autorizzati e le posizioni dell’Europa. Occorrerà farlo per non essere tagliati fuori».

Insomma la strada è segnata…

«Con le dinamiche demografiche in atto, direi di sì. Non significa, si badi bene, che si dovranno mangiare per forza insetti, né che sostituiranno ogni altra fonte di proteine, sono però delle alternative, come del resto alghe, meduse e carne in provetta…».

Lei quali insetti ha avuto modo di assaggiare? Come sono?

«Ho mangiato grilli, cavallette, camole, il casu marzu cioè il formaggio trasformato da larve di mosca, mopane worm e pulce d’acqua, in Oriente sono proposti prevalentemente fritti, che è anche una modalità che offre maggiore igiene. Il paragone più calzante è quello con i crostacei, in generale si può dire che hanno un gusto che non disturba, niente di acido o strano. A tutti, del resto, è capitato di trovarsi in bocca un vermetto dopo aver addentato un’albicocca e, a parte la diversa consistenza, al palato non ha dato sensazioni sgradevoli. Il resto, come dicevo, lo possono fare gli chef. Recentemente ho mangiato una zuppa di zucca, panna e cavallette niente male».

 


Slot machine, in Lombardia sono 8mila in meno

Nel 2014, secondo l’elaborazione dalla Regione sui dati dei Monopoli, in Lombardia le slot machine sono calate dell’11,2% sul 2013, contro la media nazionale dell’8%: un valore che si traduce in 8.000 macchinette in meno. Anche il numero di esercizi commerciali dotato di slot è passato da 16.004 a 14.700, vale a dire 1.300 in meno. «Sono i primi risultati concreti ottenuti grazie alle nuove norme e alla loro applicazione da parte dei Comuni, che hanno condiviso lo spirito di questa battaglia contro una vera e propria piaga sociale – ha evidenziato l’assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo di Regione Lombardia Viviana Beccalossi, team leader della giunta in tema di ludopatia -. Questi dati confermano che la Legge regionale sulla ludopatia è giusta, etica e, soprattutto, funziona».

Un ruolo fondamentale viene riconosciuto ai progetti “No slot” dei territori, finanziati grazie al bando regionale “Azioni di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico”. «Con questo bando – ha proseguito Viviana Beccalossi – Regione Lombardia ha investito tre milioni di euro per sostenere 68 progetti in tutte le province. Siamo riusciti a creare una rete “No slot” che vede impegnati oltre 1.400 soggetti pubblici e privati, coinvolgendo 700 Comuni, 293 tra istituti scolastici, parrocchie, associazioni sportive e oltre 250 associazioni del Terzo Settore. E a chi pretestuosamente e da finto ignorante ci ricorda che il numero dei ludopatici in Lombardia è aumentato, rispondo che è vero. Nel senso che fino all’entrata in vigore della nostra legge questi soggetti venivano quasi ignorati, mentre ora sono riconosciuti come persone affette da una grave patologia e quindi presi in carico dal servizio sanitario».


«Non siamo scemi!», tabaccai e fumatori al contrattacco

«Viviamo in un Paese in cui vendere e consumare tabacco è legale. Anche prevenire la diffusione del fumo è legittimo ma non lo è insultare chi, liberamente, decide di consumare un prodotto legalmente acquistato». I tabaccai non ci stanno a sentir dare dello scemo a chi fuma (e di conseguenza a chi vende sigarette) da parte del ministero della Salute e rispondono per le rime.

Oggetto del contendere la campagna-tormentone contro il tabagismo mandata in onda su tv e radio nella quale il comico Nino Frassica, con il suo stile stralunato, apostrofa senza mezzi termini i fumatori (il target sono giovani, donne, donne in gravidanza e fumo passivo nei confronti dei bambini) con la frase «Ma che sei scemo? Il fumo fammale! (con due emme perché fa molto male)». Epiteto declinato anche su chi non usa il casco in motorino o non rispetta gli animali. E sul finale ci scappa perfino uno scappellotto.

locandina tabaccai - scemo non sonoLa Fit – Federazione italiana tabaccai replica sullo stesso piano e lancia la propria campagna, “Scemo non sono!”, che coinvolge sia i rivenditori sia i fumatori. «Noi tabaccai – spiega il presidente Giovanni Risso – siamo consapevoli di vendere un prodotto controverso e per questo la Fit, da tempo, garantisce sostegno alle autorità nella prevenzione del fumo minorile. Non siamo però disposti ad accettare che si possa insultare chi, maggiorenne, scelga, liberamente e consapevolmente, di consumare sigarette acquistate in rivendite concessionarie dello Stato. Tanto che, a proposito, abbiamo anche mandato al Ministro Lorenzin una civile nota di disappunto».

L’iniziativa prevede una cartolina da inviare al ministero della Salute in due versioni. Quella per i fumatori, che tramite la Fit potranno inviare il messaggio “Scemo non sono! Sono un fumatore consapevole!”, e quella per i rivenditori con la dicitura “I miei clienti non sono scemi ma fumatori consapevoli. Anche io aderisco alla campagna Scemo non sono!”.

C’è anche una una locandina «contro l’insulto gratuito» da affiggere nelle rivendite, che recita «I tabaccai al fianco dei loro clienti fumatori consapevoli, tassati e beffati!»

«Non ci opponiamo alla prevenzione – conclude il presidente Risso – ma sottolineiamo quanto l’approccio scelto dalle istituzioni competenti per combattere il tabagismo sia offensivo nei confronti di chi, vendendo o consumando tabacco, opera una scelta consapevole contribuendo con circa 14 miliardi di raccolta fiscale alle casse dello Stato».


Salumi e carne cancerogeni, macellai preoccupati dall’effetto allarmismo

carneSono state inserite nel gruppo 1, ossia quello dei fattori cancerogeni certi come l’amianto, il fumo di tabacco, il fumo passivo, le radiazioni ultraviolette e i virus dell’epatite B e C. Le carni rosse lavorate, ovvero quelle salate, essiccate, fermentate, affumicate, trattate con conservanti per migliorarne il sapore o la conservazione, come salumi e wurstel ad esempio, sono legate all’insorgenza del tumore del colon e pure dello stomaco, secondo lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Oncology realizzato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) di Lione, la più quotata autorità in materia.

L’affermazione scaturisce dalla revisione di oltre 800 studi epidemiologici sul rapporto fra carni rosse e insorgenza di cancro in tutto il mondo, sulla base della quale il team di esperti internazionali ha anche inserito il consumo di carne rossa (manzo, maiale, vitello, agnello, montone, cavallo o capra) nel gruppo 2, ossia in quello dei probabili carcinogeni, in particolare a carico del colon, ma anche di pancreas e prostata.

Gli stessi scienziati invitano a valutare i risultati con attenzione, evidenziando la necessità di non eliminare del tutto la carne, ma piuttosto di essere consapevoli dei rischi legati ad un consumo eccessivo, oltre che della qualità dei prodotti, dei tagli e delle modalità di cottura (griglia e frittura, ad esempio, possono sprigionare sostanze nocive). Eppure tra gli addetti ai lavori la preoccupazione c’è. Federcarni-Confcommercio, la Federazione nazionale macellai aderente a Confcommercio, denuncia le ricadute negative concrete sull’attività di migliaia di imprese della produzione e della distribuzione di qualità dovute all’effetto allarmismo.

«Non bisogna mai commentare d’istinto quando si tratta di indicazioni di carattere scientifico – rileva il presidente Maurizio Arosio – ma non si può sottacere il grave rischio allarmismo. Proprio in questo periodo, come Federcarni, abbiamo avviato la campagna delle borse della carne con messaggi importanti per i consumatori sulle qualità della carne rossa che, magra – secondo una ricerca americana (Penn State University) – fa bene alla salute; sul fatto che la carne sia oggi uno degli alimenti più controllati e sicuri, e su quanto sia importante il ruolo del macellaio nel saper consigliare». «I criteri generali di una sana alimentazione: qualità e moderatezza – conclude Arosio – sono le risposte giuste».


Gusto e salute, la ricetta firmata dagli chef e approvata dai dietologi

Un piatto sano ma anche gustoso? L’ha regalato l’Accademia del Gusto dell’Ascom a Bergamo Scienza 2015, nell’ambito della conferenza “Alimentazione, stili di vita e cancro” promossa da Humanitas Gavazzeni sabato 17 ottobre.

La scuola di cucina dell’Associazione commercianti ha fatto il suo debutto alla manifestazione cittadina con uno show cooking dei suoi docenti, gli chef Francesca Marsetti e Mirko Ronzoni, che hanno elaborato una ricetta coerente con il tema della giornata dedicata al rapporto tra abitudini alimentari, stili di vita e prevenzione, valutata dal Coordinamento del Servizio Dietologia dell’istituto.

La offriamo anche ai nostri lettori

Quinoa e piselli con bocconcini di salmone ripassato alla piastra e uvetta

  • Ingredienti per 4 personequinoa multicolore

g 200 QUINOA MULTICOLORE
g 100 PISELLI
g 600 SALMONE (FILETTO)
g 60 UVETTA SULTANINA
6 40 ZENZERO FRESCO
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
SALE E PEPE

  • Procedimento

Lavare la quinoa in un colino sotto acqua corrente e metterla in una pentola con acqua (una quantità di acqua pari al doppio del suo peso). Durante la cottura chiudere la pentola con il coperchio e
lasciare che, a fuoco medio, l’acqua si assorba (circa 15-20 minuti).

Nel frattempo tagliare a cubetti il salmone e metterlo a marinare con l’olio e lo zenzero grattugiato fresco. A parte lessare i piselli in abbondante acqua senza sale. In una padella con pochissimo olio far saltare la quinoa con i piselli e l’uvetta sultanina, aggiustare di sale se necessario. In una padella antiaderente, senza grassi,
cucinare il salmone scottandolo mezzo minuto per lato.

A questo punto montare il piatto: aiutandosi con un coppapasta, impiattare nel centro la quinoa con i piselli e l’uvetta ed adagiarvi sopra i bocconcini di salmone.

  • La quinoa

La quinoa ha avuto origine 7.000 anni fa nelle Ande intorno al lago Titicaca, in Perù e in Bolivia. Con l’arrivo dei conquistadores è stata sostituita da altri cereali come il frumento e l’orzo ma nel XX secolo si è riscoperto il suo valore nutrizionale passando da una coltura per consumo personale a una coltura a livello commerciale e industriale. Ancora oggi la quinoa rappresenta uno dei pilastri
su cui è basata l’alimentazione delle popolazione andine.

La quinoa è una pianta erbacea, della famiglia delle chenopodiaceae (come gli spinaci e la barbabietola) . Sviluppa delle grosse spighe costituite da numerosissimi semi piccoli e rotondi. Ce ne sono di diverse varietà che conferiscono ai semi colori diversi. Ha ottime proprietà nutritive: contiene fibre, vitamine (come quelle del gruppo B e la vitamina E) e minerali, come calcio, fosforo, magnesio, ferro e zinco. Contiene grassi prevalentemente insaturi, comparabili a quelli della soia ed è particolarmente indicata per i celiaci, in quanto totalmente priva di glutine.

Cucinare la quinoa è semplicissimo, l’unico accorgimento importante è quello di porre i semi in un colino e sciacquarli bene con abbondante acqua fredda, per eliminare eventuali residui di saponina, una sostanza presente nella pianta che può conferire al seme un sapore amaro. Il modo più semplice di cucinarla è mettere la quinoa in una pentola e aggiungere dell’acqua (in quantità doppia rispetto alla quinoa, quindi, ad esempio, 1 tazza di quinoa e 2 tazze d’acqua), coprire la pentola con un coperchio e cuocere a fuoco medio fino a che l’acqua non si sarà completamente riassorbita (circa 15-20 minuti). La quinoa è pronta quando tutti i semi diventeranno trasparenti. Spegnete dunque il fuoco e lasciate riposare con il coperchio per 5 minuti circa, affinché tutta l’umidità venga assorbita dai semi. Togliete il coperchio e con una forchetta separate un po’ i grani di quinoa con una forchetta. Per quanto riguarda le dosi, sono sufficienti circa 50/70g di quinoa a persona, considerando che, da cotta, aumenta di 2,5 volte il suo volume.


Granfondo trapiantati, arrivo ad Expo dopo cinque tappe

gran fondo trapiantatiL’ultima tappa della XII Granfondo nazionale trapiantati, organizzata dall’Associazione Amici del Trapianto di fegato in collaborazione con l’Ospedale di Bergamo, sabato 26 settembre chiuderà in bellezza ad Expo, a Pianeta Lombardia.

La manifestazione ha infatti ricevuto il patrocinio di Expo 2015, in virtù dell’affinità ideale fra temi come vita, dono, cibo ed energia, testimoniata anche dall’adesione di Coldiretti Bergamo, che quest’anno ha fornito ai ciclisti trapiantati e non prodotti alimentari tipici della nostra provincia.

A ricevere la carovana, alle 17 a Pianeta Lombardia, sarà l’assessore regionale Fabrizio Sala, che ha fra le deleghe anche quella di Expo 2015. Ciclisti e organizzatori arriveranno a Milano di ritorno dalla Liguria, dove si sono fatti ambasciatori del messaggio “Il trapianto è vita” incontrando amministratori, studenti e cittadini.

Il programma di questa edizione prevedeva cinque tappe, che hanno portato i partecipanti da Bergamo a Sanremo, con visite agli ospedali San Matteo di Pavia e San Martino di Genova, alle scuole di Pavia, Ovada, Arenzano e Finale Ligure e ai Comuni di Ovada e Sanremo, per un totale di più di 380 km.

Un percorso che vuole dare speranza a chi deve subire questo intervento delicato e sensibilizzare tutti sul tema della donazione degli organi.


Ludopatie, entro il 3 novembre il corso per i gestori di locali con slot

Entro il 3 novembre i gestori di sale gioco e di locali dove sono presenti slot machine devono aver frequentato il corso di formazione obbligatorio previsto dalla Legge Regionale n. 8/2013, come azione di contrasto alla ludopatia. Chi ha invece avviato una nuova attività deve farlo entro sei mesi dall’apertura.

I tempi si fanno perciò stretti e per rispondere alle necessità di adeguamento l’Ascom di Bergamo riparte con i corsi specifici di 4 ore, organizzati nell’ambito di un protocollo di collaborazione firmato con l’Asl di Bergamo.

Il coinvolgimento degli esercenti è un tassello ritenuto fondamentale nel contrasto alle forme di gioco patologiche. Dopo una parte dedicata alla legislazione, il corso si occupa perciò di illustrare i dati sull’incidenza del fenomeno e le conseguenze sulla salute e la qualità della vita delle persone coinvolte oltre che i costi sociali. Il confine tra l’attività piacevole ed occasionale e la deriva patologica può infatti non essere così immediato, mentre conoscere i rischi e saper riconoscere alcuni “sintomi” (aumento della frequenza delle giocate e degli importi, speranza di recuperare le perdite, nervosismo, fino ai riti scaramantici e alla richiesta di denaro in prestito) migliora la consapevolezza e la capacità di prevenzione degli operatori. I corsi permettono quindi di informare i gestori sulle modalità in cui si manifesta la patologia e fornire loro strumenti per affrontare in maniera efficace il rapporto con i clienti a rischio ludopatia.

Proiettando le stime nazionali sul territorio bergamasco, la platea dei giocatori patologici va da un minimo di 5.400 ad un massimo di 23mila persone, mentre la fascia problematica dalle 13.800 alle 41mila. Si parla di stime perché il problema resta sommerso ed è bassa, anche se in forte crescita, la percentuale delle persone che si rivolge ai servizi specialistici (nel 2014  il Sert dell’Asl di Bergamo ha seguito 228 casi). Di qui l’importanza di mettere a conoscenza i giocatori anche delle possibilità di aiuto e cura.

«La formazione obbligatoria – evidenzia Andrea Comotti, responsabile della area Sistemi Gestionali dell’Ascom – è un primo passo verso una sensibilizzazione ancora più ampia dei gestori sul problema. Il Tavolo Provinciale per la Prevenzione del Gioco d’Azzardo Patologico ha infatti predisposto un codice etico per i locali, con una serie di buone prassi in grado di migliorare l’informazione e ridurre i rischi per i giocatori».

A Bergamo si può frequentare il corso nella sede Ascom di via Borgo Palazzo 154 mercoledì 30 settembre o mercoledì 21 ottobre dalle 14 alle 18, mentre lunedì 12 ottobre l’orario è dalle 19 alle 23. In provincia il corso è proposto a Zogno giovedì 8 ottobre, ad Albino giovedì 15 ottobre e a Treviglio mercoledì 28 ottobre dalle 14 alle 18. Sono previste ulteriori iniziative in collaborazione con i Comuni e gli ambiti territoriali, rendendo ancor più capillare l’azione. La normativa prevede un aggiornamento biennale.

Visto che la scadenza si avvicina ed è probabile che aumenti la richiesta di adeguamento, l’Associazione ricorda che i corsi possono essere tenuti solo da docenti appositamente formati e presenti nell’elenco regionale dedicato ed erogati da enti accreditati dalla Regione Lombardia. Corsi realizzati con modalità diverse non sono validi.

Per gli esercenti che non ottemperano alla formazione è prevista una sanzione da 1.000 a 5.000 euro. Per essere ammesso al corso, il gestore deve avere compiuto i diciotto anni di età e per i commercianti stranieri è indispensabile una buona conoscenza della lingua italiana.

Per informazioni e iscrizioni contattare la segreteria organizzativa Ascom (tel. 035 4120325 – info@ascomqsa.it)


La tecnologia va in aiuto a dislessia, autismo, disabilità. A Bergamo un centro specializzato

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Lavagne interattive, comunicatori vocali, software didattici per imparare la matematica, le lingue straniere, le regole di comportamento sociale.

La tecnologia informatica va in aiuto dei bambini e dei ragazzi che hanno difficoltà di apprendimento con una rete di programmi informatici e ausili elettronici. In gergo si chiamano strumenti tecnologici compensativi, in pratica sono una sorta di facilitatori che li aiutano a seguire le lezioni e a fare un percorso uguale o comunque simile a quello dei compagni.

La novità è che questi software, finora solo a pagamento, oggi esistono anche gratuiti. A Bergamo, all’Istituto Comprensivo Muzio di Colognola, c’è un servizio, anch’esso gratuito, che spiega a insegnanti e genitori di cosa si tratta, come installarli sul proprio pc e come utilizzarli nella didattica. Si chiama Centro Territoriale di Supporto-Nuove Tecnologie per la Didattica (CTS-NTD) e fa capo al Centro territoriale di supporto (CTS) e ai Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI), guidati dalla professoressa Antonella Giannellini.

Tutti hanno l’obiettivo di favorire l’inclusione a scuola. Ce ne parla la coordinatrice Cristina Campigli. «Il Centro è nato nel 2006 per dare risposta ai problemi della disabilità ma dal 2010 ci occupiamo anche di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), disturbo dell’attenzione e iperattività (ADHD) e bisogni educativi speciali (BES),  quindi tutto il mondo della fragilità. Siamo tre insegnanti specializzati, oltre alla consulenza informatica diamo anche un’assistenza educativa e pedagogica e questo fa la differenza».

Oggi il mondo dell’open source mette a disposizione software gratuiti che sono in grado di sostituire al 100% quelli a pagamento. «Noi partiamo da questi – dice Campigli – con la convinzione che questi strumenti debbano essere alla portata di tutti e il più condivisi possibile, a casa e a scuola». «La tecnologia – sottolinea – non risolve tutti i problemi ma associata a una metodologia didattica specifica è uno strumento potente per contenere e controllare queste patologie».

Per ogni bisogno c’è un programma e una tecnologia su misura: per i bambini e ragazzini dislessici, che hanno difficoltà nella lettura, ci sono un software di sintesi vocale che traduce in parlato il testo scritto e un altro che permette di organizzare il testo di studio in mappe e schemi, con il valore in più di mettere in sequenza temporale le informazioni e di poter aggiungere le immagini multimediali. Inoltre ci sono gli audiolibri dei romanzi classici che si possono scaricare in formato mp3 da AdAltaVoce di  Radio Rai3 o da Liber Liber.

Per gli alunni con discalculia esistono software per la matematica che vanno dalla calcolatrice vocale a programmi per elaborare o scrivere un’espressione; per gli alunni DSA, sono a disposizione software per le lingue straniere che aiutano per la pronuncia, la fonetica, l’apprendimento. L’elenco continua. I bambini e ragazzi autistici possono contare su un programma che traduce la parole in simboli e permette di comunicare attraverso questi (Comunicazione aumentativa alternativa) e su un software che aiuta ad editare storie sociali, ovvero frasi o storie che aiutano a comprendere quali comportamenti sono socialmente corretti e quali no. Infine uno strumento di utilità trasversale molto importante per l’inclusione è la Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) già adottata in tante scuole, che si utilizza come fosse il monitor di un pc: si tratta di un pannello collegato a un pc portatile o fisso che si attacca al muro, per scrivere invece del dito o della penna si usa il mouse.

«A insegnanti e genitori – informa Campigli – spieghiamo come usare nella didattica questi programmi e anche anche come rendere accessibile il pc, come inserire dei limitatori per rallentare i comandi e impedire al bambino di passare da un’applicazione a un’altra e come impostare e visualizzare il timer con il tempo che richiede l’esercizio da svolgere, che è una funzione molto utile per i bambini iperattivi e con poca attenzione».

Lo sportello è attivo da settembre a giugno, il lunedì pomeriggio dalle 14.30 alle 18.30 al CTS Bergamo Nuove tecnologie per la didattica presso l’Istituto Scolastico Comprensivo “V. Muzio” via San Pietro ai Campi 1, Bergamo. Si può portare il proprio pc e ricevere un aiuto per installare i software oppure basta portare una chiavetta Usb. È consigliabile prendere appuntamento per telefono al numero  035.316754 (fax 035 312306 – mail: segreteria@icmuzio.it).


La riscossa dei semi. Piccoli scrigni di gusto e salute

Semi di lino, canapa, sesamo, papavero, girasole, zucca, finocchio, cardamomo, coriandolo e anche di anguria. Rendono più croccanti e gustosi i nostri piatti ma soprattutto sono degli alleati preziosi per la nostra salute perché danno energia, combattono lo stress, mantengono giovani, aiutano a ridurre l’uso del sale e a prevenire e curare diverse patologie.

Presenti nella dieta umana da migliaia di anni, i semi oleosi sono la riscoperta alimentare del momento. Nutrizionisti e naturopati li consigliano da tempo per integrare le carenze dell’alimentazione moderna e, negli ultimi tempi, anche i medici li prescrivono come cura per alcune patologie o dopo interventi chirurgici. Il risultato è che le vendite negli ultimi tre anni sono aumentate tra il 25 e il 35% e i consumi sono in continua crescita.

Ma cosa si sa davvero di loro? Non tutti, ad esempio, sono a conoscenza che l’orzo, l’avena, il riso, i fagioli, la soia e anche il pistacchio e gli anacardi sono in realtà semi. E in pochissimi sanno che i semi di sesamo apportano molto più calcio che non il latte e i formaggi; che 30 grammi di semi di girasole hanno più ferro di una bistecca di manzo; e che i semi di anguria sono ottimi come snack e possono essere usati per fare oli, minestre e persino il tè.

I semi oleosi sono un concentrato di nutrienti importanti per il nostro organismo: sono ricchi di acidi grassi essenziali, enzimi, antiossidanti, minerali, fibre e vitamine. Per far capire quanto siano preziosi basta dire che una piccolissima manciata di semi al giorno può sostituire in modo efficace dosi massicce (e costose) di integratori alimentari e di alimenti spesso mal tollerati dal nostro organismo, con grande beneficio per il nostro stato psicofisico.

In cucina si possono utilizzare in moltissimi modi: al naturale come snack o cereali per la colazione, nell’impasto di pane e focacce, miscelati nei frappè e negli yogurt, ma anche nelle insalate, nelle frittate e nei primi e secondi piatti. Alcuni, ad esempio i semi di girasole, di lino e di canapa, possono essere pressati per ottenere olii, altri si fanno germogliare e poi si mangiano, come nel caso dei semi di crescione. L’unica nota critica è che sono calorici, ma gli esperti assicurano che se assunti con moderazione – la dose consigliata è di un cucchiaino al giorno – la linea non ne risente.

«È importante che se ne parli perché scelte di alimentazione diverse possono fare la differenza per la salute – afferma Uliana Bianchi responsabile della Cooperativa Il Sole e la Terra di Bergamo -. Fino a dieci anni fa il biologico era una scelta di vita fatta da persone che credevano nell’importanza di mangiare cibi di qualità e sani – dice -. Ora questa alimentazione è esplosa. Tantissimi comprano i semi per motivi di salute, scelgono di mangiare questi alimenti perché altrimenti stanno male. C’è gente che passa e entra in negozio ma molti si presentano con la ricetta medica».

«Tre anni fa, dopo solo un anno di attività, stavo per chiudere – raccolta Alma Conci, titolare del negozio Alvin Bio a Lovere -. Poi, alcune amiche che soffrivano di intolleranze alimentari mi hanno chiesto di fare il pane con farine naturali senza additivi. Conoscenti e clienti mi facevano i complimenti, sentivo di fare qualcosa di buono così ho deciso di proseguire su questa strada».

La scelta si è rivelata fortunata. «Da quando mi sono specializzata nel biologico le vendite sono sempre aumentate, è bastato il passaparola. Oggi ho due collaboratrici e alcuni tavolini dove propongo insalate e piatti naturali e i miei clienti vengono persino da Darfo e da Clusone per comprare i prodotti dei miei scaffali. Cerco di far capire alle persone che non è uguale comprare i semi al supermercato – dice la negoziante loverese – magari costano un po’ meno ma i valori nutrizionali non sono gli stessi: l’apporto di 50 grammi di prodotto biologico ne fornisce due-tre volte più di quello industriale. Inoltre cerco di sensibilizzarle il più possibile. Molti vengono in negozio perché hanno patologie anche gravi, va bene, ma a volte è tardi, è importante scegliere un’alimentazione sana prima di ammalarsi».

Anche nel mondo della ristorazione le proposte di cucina vegetariana e vegana sono in crescita. Nella nostra provincia uno degli indirizzi più importanti e storici, forse addirittura il pioniere di questa filosofia a tavola, è il Villino di Erica a Valbrembo. La gestione, dopo quattordici anni, da qualche mese è passata di mano, ma la filosofia è la stessa: moltissimi semi, di zucca, di sesamo, di girasole, nelle insalate ma anche nei primi e nei secondi piatti. Il trancio di tonno con crosta di sesamo e la millefoglie di pesce spada con sesamo ad sono tra i più richiesti. «Credo molto in questa cucina e sono intenzionato ad arricchire la carta con nuove idee e proposte – afferma il neotitolare Mario Buterchi -. La  nostra clientela apprezza la qualità. Sono attenti alla dieta e ai prodotti un po’ più salutari. È uno stile di vita».

Dieci semi e il modo migliore per consumarli

Semi di sesamo

Alcalinizzante, energetico, ricostituente, il sesamo è noto per la sua capacità di rinforzare la memoria e la concentrazione. Esistono in due varietà di semi: dorati e neri. Si possono usare tritati e pestati freschi nei piatti di cereali, nelle insalate, nei dolci e sono buonissimi per le panature al forno del pesce o delle polpette di legumi. Dalla loro lavorazione si ricava la tahina, chiamata anche burro o crema di sesamo, ingrediente fondamentale per preparare l’hummus di ceci. Tostati e mescolati con il sale creano il gomasio.

Semi di girasole

Sono ricchi di vitamina E, B1, B3 e B6, oltre che di rame, manganese, selenio, fosforo, magnesio e folati. Sono buonissimi tostati e preziosi per l’olio che si ottiene tramite spremitura. Possono essere usati nell’impasto del pane o nel ripieno di una torta salata oppure aggiunti alle insalate o alle verdure cotte, dopo essere stati leggermente tostati in padella con poco sale. Rappresentano un aperitivo ottimo e salutare, al posto di patatine e arachidi. Al naturale, crudi e senza sale, sono l’ingrediente per gustosi muesli di cereali e frutta.

Semi di lino

Rappresentano una preziosa fonte di minerali, di omega 3 e omega 6, regalano tanta vitamina E. Possono essere consumati con lo yogurt, nei succhi di frutta o nelle insalate, a cui donano un piacevole retrogusto “alle nocciole2. Vanno tritati oppure masticati bene prima di essere ingeriti in modo da far penetrare tutti i principi oleosi contenenti all’interno della buccia.

Semi di papavero

Come gli altri semi, sono una fonte preziosa di  proteine e grassi. Essendo molto piccoli sono ideali per ricette cremose, come passati, purè e vellutate ma anche per creme dolci, ad esempio, a base di ricotta e miele. Possono essere bianchi, come quelli utilizzati nella composizione del curry, o neri, come quelli impiegati nei prodotti da forno.

Semi di zucca

Sono ricchi di proteine, carboidrati e grassi, contengono vitamina E, magnesio, fosforo, ferro, selenio e manganese. Dopo averli spellati si mangiano crudi oppure leggermente tostati in forno. Sono ottimi nel muesli a colazione e ideali come snack soprattutto perché hanno tanto magnesio e poche calorie.

Semi di canapa

Fra tutti i semi oleosi sono quelli con il valore nutrizionale più elevato. Contengono tutti gli aminoacidi essenziali che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare; danno un buon apporto di vitamine, di sali minerali (ferro, calcio, manganese e fosforo) e sono ricchissimi di omega 3 e omega 6. l’olio che se estrae ha un sapore molto gradevole e può essere usato per arricchire insalate, per preparare biscotti, dolci, pesti e salse.

Semi di anguria

Di solito li scartiamo quando mangiamo il frutto invece anche i semi di anguria sono  ricchi di proprietà benefiche e possono essere usati in cucina. Hanno un alto contenuto di acidi grassi essenziali, proteine e sali minerali. Vanno lavati, asciugati e fatti essiccare all’aria. Possono essere usati come snack o per fare oli, minestre e tè.

Semi di chia

Originari del Centro America, sono una bomba di micronutrienti (e in effetti “chia” in azteco significava “forza”): dalle proteine ai carboidrati, dalle vitamine ai sali minerali, dai lipidi agli antiossidanti. Il modo più semplice per consumarli è aggiungerne tre cucchiai a un litro di acqua, mescolare per bene, e attendere 15 minuti prima di bere, ma possono essere mischiati anche a succhi di frutta e tè o usati per preparare dolci e insalate.

Semi di finocchio

Sono ricchi di fibre, calcio, potassio e rame. Hanno un sapore dolce che ricorda l’anice. Possono essere usati per preparare pane, cracker e grissini e una tisana diuretica e digestiva.

Semi di coriandolo

Sono granelli simili al pepe, gialli e dal sapore dolciastro che ricordano il limone. Possono essere usati per preparare un infuso digestivo, efficace e dal sapore aromatico. Un paio di cucchiai dopo i pasti favoriscono la digestione e l’eliminazione dei gas intestinali. Hanno un aroma delicato, si prestano a insaporire zuppe e minestre, legumi, carne, pesce e verdure, in particolar modo cavolo e crauti. E sono indicati nella preparazione di sottaceti e salamoie mentre macinati sono perfetti per insaporire carne, pesce e insaccati.