Berlusconi non mi piaceva: non gli ero ostile politicamente e nemmeno m’infastidiva il suo esibizionismo da ganassa. Però, le ferite che è riuscito ad infliggere al Paese, involgarendolo, introducendo la sua logica secondo cui la cultura non conta nulla, perché non produce guadagni immediati, e la sua idea utilitaristica e bottegaia di umanità, davvero non posso perdonargliele. E ancor più, se possibile, non mi piace Renzi. Ci sono azioni che, pur nella loro assoluta ininfluenza sul piano politico e storico, rappresentano, per così dire, delle icone epocali: quella di Renzi che vola, con un aereo di Stato, a New York a vedere la finale degli Open, secondo me, è il marchio che bolla questo politicante toscano, che governa l’Italia senza che nemmeno un Italiano gliel’abbia chiesto, come un monumento assoluto alla più spensierata arroganza, alla più indifferente, teatrale ed egoistica gestione del potere. Devo, a questo punto, fare due premesse.
La prima è che io gioco, con esiti catastrofici, a tennis da tutta la vita: amo questo sport psichiatrico ed individuale e credo di conoscerne ed apprezzarne molte sfumature. Ne ammiro le regole civilissime, le abitudini sportive ed eleganti e il pubblico, educato e, quasi sempre, competente: in poche parole, lo trovo uno sport perbene. Proprio per questo, lo contrappongo da sempre al football, sport bellissimo, ma afflitto da un retromondo di una volgarità e di una scorrettezza impressionanti, oltre che da un pubblico tra i meno competenti e più incivili. Inevitabilmente, in Italia, questo mi ha portato a lamentare sempre l’insopportabile deriva calciocentrica delle televisioni: soprattutto di quelle pubbliche, che dovrebbero tener conto dei gusti e delle esigenze di tutti. Per fortuna, di riffa o di raffa, i tornei ATP e WTA sono visibili in chiaro su reti specialistiche, e, quando posso me li guardo con grande godimento. Tutti, tranne gli Slam, che sono esclusiva delle Pay TV e che, perciò, sono preclusi a chi non sottoscriva qualche abbonamento.
In seconda battuta, sono del tutto certo che Renzi non distingua una racchetta da tennis da un colapasta: dirò di più, che non gliene freghi nulla di chi vinca Wimbledon o il Roland Garros, fosse pure il suo dirimpettaio. Ora, un presidente del consiglio, non si dice bravo, ma, almeno, normale, dovrebbe pensare agli Italiani e non a se stesso: sempre, solo, esclusivamente a se stesso. Non dovrebbe considerare l’Italia come il proprio parco giochi e gli strumenti istituzionali come i suoi passatempo. Questo, nello specifico, significherebbe preoccuparsi di quegli Italiani che non possono mai vedere il proprio sport preferito sulle tv di Stato (e sono milioni di praticanti), facendo pressioni perché la Rai diventasse un tantino meno parziale nei propri, già desolanti, palinsesti. Invece, cosa fa il Nostro? Prende l’aereo e va a vedersi la finale, tanto per fare un siparietto ad usum delphini. E noi? Dovremmo applaudire? Sentirci felici per lui? Ma chissenefrega se Renzi si vede la finale a scrocco? Se stringe due mani, bofonchia due imparaticci in un inglese da film comico, proclama la grandezza dell’Italia, del tennis italiano, delle tenniste italiane, risale a bordo e torna a casa sua, nella nostra vita non cambia un bel nulla. Anzi, semmai il nostro fegato s’ingrossa, nel vedere dei privilegiati che non sanno neppure chi siano le finaliste degli Open, volare a New York a fare un po’ di cabaret. Ecco, per questo Renzi davvero non mi piace: perché dimostra una totale, abissale, irresponsabile mancanza di rispetto per la gente. Denuncia un’arroganza degna, non di Berlusconi, ma di qualche dittatorello nordafricano d’altri tempi. E, domani, spenti i riflettori e smaltita la sbronza di felicità, sulla Pennetta, sulla Vinci e su tutte le bravissime atlete che fanno onore al nostro Paese, calerà di nuovo il sipario: torneremo a sorbirci interviste, moviole, dirette, di partite di serie A, B, C e D. Mentre lui, Renzi, siederà in soglio, idol placato. Ecco, io questo modo di concepire le istituzioni, la politica, l’amministrazione del Paese, proprio non riesco a digerirlo: mi pare ignobile, inaccettabile. E, a volte, anche una semplice partita di tennis, che, in fondo, non cambia nulla, può essere la cartina tornasole di un Paese di sudditi e non di liberi cittadini. E di satrapi, travestiti da uomini di governo. Perché a New York, Renzi non ha rappresentato l’Italia, ma solo se stesso: non puoi rappresentare qualcuno di cui ignori tutto e di cui niente ti importa. Così, l’Italia vera si stringe attorno alle nostre due bravissime tenniste, abbracciandole e condividendone la gioia, da lontano, senza voli di Stato e comparsate da due lire. E, mannaggia, senza nemmeno poterle vedere.