Quello che le donne (non) dicono: voce alle imprese in rosa

Quello che le donne (non) dicono: voce alle imprese in rosa

Indipendenza economica, necessità e volontà di riconoscimento sociale: sono queste le tre principali motivazioni che spingono le donne ad avviare un’attività in proprio. Lo rivela la ricerca “Quello che le donne (non) dicono”, condotta da Confcommercio Lombardia e Terziario Donna Lombardia tra marzo e maggio 2025 su un campione di 62 imprese femminili dei settori commercio, servizi, ristorazione e ricettività. Il quadro che emerge è quello di un tessuto imprenditoriale solido – il 53% delle imprese ha più di vent’anni di storia alle spalle – ma che deve ancora fare i conti con sfide strutturali legate principalmente alla conciliazione vita-lavoro e a residui culturali di discriminazione.
Il terziario si conferma il settore con la maggiore componente femminile, non solo tra i lavoratori subordinati ma anche tra titolari, soci e amministratori di società. Il campione della ricerca è composto per l’86% da microimprese e per il 14% da piccole imprese, con il 45% delle attività di origine familiare e il 55% avviate in proprio.

La sfida della conciliazione vita-lavoro

Il dato più significativo riguarda i carichi di cura: il 42% delle imprenditrici intervistate ha responsabilità genitoriali o di assistenza, e di queste il 42% dedica quotidianamente almeno cinque ore all’assistenza familiare. Un impegno che si riflette inevitabilmente sulla gestione dell’attività: il 56% delle intervistate lavora dalle 8 alle 12 ore al giorno, mentre il 21% supera le 12 ore quotidiane. Il tempo libero diventa così un lusso: solo il 24% delle imprenditrici può permettersi più di cinque ore settimanali per sé, mentre il 28% ne ha meno di due. Il risultato è un indice di soddisfazione del work-life balance che si ferma a 5,79 su 10, “non del tutto sufficiente” secondo la ricerca. La pressione della conciliazione ha conseguenze concrete anche sullo sviluppo del business: il 44% delle intervistate ammette di aver rinunciato almeno una volta ad espandere la propria attività per paura delle difficoltà organizzative che ne sarebbero derivate.

Persistono gap culturali e discriminazioni

Nonostante i progressi degli ultimi decenni, permangono disparità di genere nel mondo imprenditoriale. Il 55% delle imprenditrici intervistate percepisce una posizione di svantaggio rispetto agli uomini, mentre quasi la metà ha vissuto o assistito a episodi di discriminazione sul lavoro, principalmente da parte di altri imprenditori e clienti.
“ Il terziario è il settore con la maggiore componente femminile, ma c’è ancora tanta strada da fare per risolvere le criticità emerse dal sondaggio, dalla formazione all’accesso al credito alla conciliazione vita-lavorocommenta Alessandra Cereda, presidente Terziario Donna Confcommercio Bergamo- . C’è chi rinuncia ad ampliare l’attività e a sviluppare nuovi business. Ed è inaccettabile che la pressione della conciliazione tra lavoro e famiglia penalizzi ancora il lavoro al femminile. Così come è intollerabile che la parte spesso migliore, più preparata anche a livello scolastico e più innovativa della forza-lavoro potenziale del nostro Paese resti in panchina. Il contributo giovanile e femminile  al Paese permetterebbe di contrastare il gap che l’Italia sconta: la partecipazione femminile italiana è al di sotto della media UE di quasi 11 punti percentuali, distacco che sale a 15 punti percentuali quando si considera l’occupazione giovanile. Così non si cresce“.
Il nostro sistema sociale, certamente all’avanguardia nell’assistenza sanitaria, è ancora profondamente scarico di reti e strumenti che aiutino le donne nella conciliazione vita-lavoro”, commenta Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo  nel documento di analisi. “Questo impatta negativamente su tutti, lavoratrici dipendenti e  imprenditrici”.

Ottimismo e strategie di adattamento

Nonostante le difficoltà, le imprenditrici bergamasche mantengono un atteggiamento positivo: il 65% rifarebbe la scelta dell’autoimprenditorialità, mentre il 26% nutre prospettive di espansione e il 31% punta alla stabilità. Solo il 35% ha una percezione incerta del futuro. Le donne dimostrano inoltre capacità organizzative notevoli: il 69% condivide i carichi di cura con la propria rete familiare e sociale, mentre il 73% dichiara che questi impegni non pregiudicano l’attività imprenditoriale.

Digitale ancora sottoutilizzato: il 36% non utilizza canali digitali

Un altro aspetto emerso dalla ricerca riguarda l’utilizzo del digitale per la promozione del business. Solo il 39% delle imprenditrici utilizza i social media, il 19% combina social e sito web o e-commerce, mentre il 6% si limita a sito web ed e-commerce. Un significativo 36% non utilizza ancora canali digitali per promuovere la propria attività.