Librai indipendenti 
Reinventare il mestiere

Librai indipendenti Reinventare il mestiere

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Nella sua rubrica "Italians" sul Corriere della Sera, Beppe Severgnini riflette sulla necessità per le attività indipendenti di trovare strategie di sopravvivenza. Ecco cosa scrive

Aprire un ristorante e gestire una libreria sono tentazioni dell’animo umano. Entrambe insidiose e affascinanti, ovviamente diverse. I libri non si mangiano, le pietanze non si conservano; e l’alimentazione digitale non è stata ancora inventata. Dietro le due attività c’è tuttavia una complessità spesso ignorata: approvvigionamenti, servizio, personale, ambiente, aggiornamento, capacità di intuire il gusto. La buona volontà non basta.
Un libraio non può non essere un lettore; un ristoratore deve saper mangiare (altrimenti non potrà apprezzare e aiutare lo chef). Ma bisogna imparare molte altre cose. Per questo esistono corsi di gestione del ristorante; e scuole per librai. I primi, diciamolo, vanno meglio.
Stanno per chiudersi (8 aprile) le iscrizioni al Corso di Alta Formazione in Gestione della Libreria della Scuola Librai Italiani: la settima edizione partirà il 6 maggio presso il Teatro dei Dioscuri di Roma. Le domande sono metà dell’anno scorso. E’ un delicato segnale d’incoscienza, non la prova di una crisi irreversibile della professione. Certo, le 2.500 librerie indipendenti affrontano concorrenti possenti: grandi catene, grande distribuzione, vendite online. Ma sono convinte di farcela, e hanno ragione. A una condizione.
Le librerie di domani non possono vendere solo libri ma, come spiega il vicentino Alberto Galla, presidente dell’Associazione Librai Italiani (Ali), “devono diventare luoghi dove si creano e si distribuiscono servizi immateriali in grado di migliorare la qualità della vita delle persone”. Traduzione: luoghi dove la scuola, le imprese e le professioni incrociano le opere e gli autori, i lettori trovano scrittori e altri lettori, i bambini scovano libri interessanti (e un tappeto per sfogliarli in santa pace). Non è un’idea ingenua del futuro. E’ una strategia di sopravvivenza. L’alternativa è scomparire. Sta accadendo in America, che in queste faccende ci precede sempre. Nella parte centrale di Manhattan è rimasta solo la libreria Rizzoli. Il dio delle parole la conservi, ma non basta.
I librai italiani sanno i pericoli che corrono; ma non tutti, forse, hanno capito quant’è urgente reinventarsi il mestiere. Non c’è più margine di errore. Occorrono nuove tecniche commerciali e nuovi strumenti (quanti usano facebook e twitter per quanto valgono?). Occorre collaborazione tra librerie: il tempo dei solisti è finito. In Sardegna lo stanno facendo (bravi Aldo Addis & C!); ma non accade dovunque. Col nuovo libro ho girato quattordici regioni in sei mesi: lo so.
Editori e autori devono aiutare. L’editoria ricordi quanto è successo alla musica e alla cucina: la gente vuole conoscere/ascoltare musicisti e chef, in cambio offre attenzione e acquisti. Non dobbiamo vergognarci di offrirci ai lettori: sono i nostri padroni. Dobbiamo farlo con buonumore, buona organizzazione e buon senso. Incontri e presentazioni costano tempo e denaro. Non servono al nostro ego e al nostro rendiconto, ma a far girare pagine e parole.

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