I tifosi, gli immigrati e l’assurda logica dello Stato

I tifosi, gli immigrati e l’assurda logica dello Stato

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polizia stadiQuesto Paese, ormai, non ha più il problema del malgoverno o, come spesso ci sembra di percepire, del nongoverno: ormai siamo alla distopia, al Paese immaginario, uscito dalla fantasia di un narratore specializzato nella confezione di incubi sociali. Soltanto un Aldous Huxley votato al più fosco pessimismo, infatti, avrebbe potuto descrivere uno Stato in cui tutto procedesse al contrario, rispetto al semplice buon senso, e in cui le istituzioni, nate come manifestazione tangibile della volontà dei cittadini, si frapponessero ideologicamente tra gli stessi cittadini ed il loro quieto vivere. Ormai, la frattura tra la vita vera delle persone comuni e le scelte dell’establishment politico ed amministrativo è talmente profonda da poter realmente parlare di Stato reale, ossia l’insieme nazionale degli italiani dotati di facoltà civili e giuridiche, e Stato virtuale, vale a dire l’idea di Stato che sovrintende alle sconcertanti decisioni di chi ci governa. Eppure, tanto appare palese il malessere della gente comune, quanto le istituzioni sembrano non accorgersene e, anzi, procedere sempre più speditamente nella direzione opposta a quella invocata, in nome di non si capisce bene quale superiore fine. E queste istituzioni, occhiute, sparagnine, vessatorie, quasi che gli Italiani fossero un popolo nemico, invaso e colonizzato, di cui temere la subdola doppiezza e la genetica tendenza all’imbroglio, e non lo stesso popolo di chi li governa ed amministra, decidono sempre per il peggio, sempre per la cosa più stupida, più pasticciata, meno sensata.

Che pensare, ad esempio, di certe decisioni riguardanti la sicurezza pubblica, che dimostrano, al contempo, sovrano disprezzo per le istanze, talvolta disperate, dei cittadini, e un’incapacità razionale e progettuale che rasenta, appunto, la letteratura di genere? Prendiamo un caso recentissimo, fresco di cronaca: la partita giocata tra Atalanta e Roma domenica scorsa. Ogni volta che qualcuno lamenta il degrado e la scarsa sicurezza delle nostre città, la risposta dei politici è sempre uguale: le forze dell’ordine sono sotto organico, non hanno mezzi, non hanno neppure la benzina per pattugliare le strade, insomma, hanno le pezze sul sedere e fanno quello che possono. Poi, per scortare all’aeroporto un autobus – dicasi uno – di tifosi romanisti, vedo sfrecciare in via autostrada quattro motociclisti della polizia locale, due automobili e un furgone blindato. Il tutto, mentre il traffico viene bloccato da altri due agenti piantati ai semafori. Insomma, per capirci, coi soldi che io verso di tasse, che sono una montagna e che rappresentano un unicum europeo, anziché pagare le ronde, i controlli, i presidi, che servirebbero a restituire ai cittadini intere zone della città, si preferisce assecondare l’uzzolo di qualche scalmanato che sbava per dei mutandoni che corrono dietro ad una palla, schierando un esercito a tutela di una partita di football. E questo sarebbe un Paese civile? Al confronto, il Burkina-Faso è Basilea!

Ma lasciamo pure perdere la civiltà, tema su cui, in Italia, si rasenta il suicidio sociale: parliamo di pura e semplice logica. Vediamo nel dettaglio come funziona questa mirabolante logica, tanto per chiarire con che gente abbiamo a che fare. Fase uno: si fa entrare in Italia un numero sconsiderato di immigrati, spacciandoli per profughi, quando quasi tutti sono semplici immigrati economici, che non si vuole o non si è in grado di controllare, rimandando a casa chi non ha il diritto di stare qui. Fase due: non si pongono limiti né di tempo né di quantità a questi ingressi, perché ci mangia sopra troppa gente legata a doppio filo coi politici e, finchè la dura, tutti ci guadagnano. Fase tre: si destina all’alloggio di questi poveracci tutto quel che si trova, dalle tende agli alberghi requisiti, fino a quando a qualcuno non viene la brillante idea di coniugare due temi cari all’intelligentsija come accoglienza e pacifismo, ospitandoli in qualche caserma, ormai inutile reperto di un’era di barbarie e di violenza militarista. Per meglio far capire il messaggio, si devolve al nobile scopo un complesso che avrebbe dovuto ospitare un reparto di Polizia, e che viene riconvertito all’alloggio degli immigrati, nonostante le reiterate proteste degli abitanti della zona: dura legge, ma in nome della giustizia, questo e altro.

Fase quattro: però, si scopre che la situazione è ingestibile, che si rischia l’insurrezione, che le strade sono sempre più insicure e che, soprattutto, la cadrega comincia a vacillare. E, allora, cosa si fa? Fase cinque: si torna al punto di partenza, come in un gioco dell’oca, dove vince il più demente: si invoca l’esercito nelle strade. Quello stesso esercito scacciato dalle caserme, viene richiamato in città (alloggiandolo non si capisce dove), per proteggere i cittadini da quegli immigrati che la Marina Militare è andata a prelevare fin sulle spiagge della Sirtica: ciò che si dice un’operazione interforze, insomma. E soltanto in un Paese ormai schienato dall’abitudine all’idiozia, solo al cospetto di un popolo bue che pretende le partite di football più che la sicurezza delle strade, solo in un mondo appeccorato come l’Italia cose del genere possono passare senza che scoppi una rivoluzione civile. In nome della più elementare giustizia.