Gelmi: «Sul mercato da oltre
130 anni, ma è sempre più difficile»

Nella foto: Silvio Gelmi, 72 anni, titolare dell'omonimo negozio
di giocattoli a Treviglio. è stato tra i fondatori dell'associazione "Botteghe del centro" nel 1981

Dietro al bancone nel negozio più antico di Treviglio, c'è un signore che vende giocattoli di ogni tipo. Si chiama Silvio Gelmi, ha 72 anni, è stato uno dei fondatori delle Botteghe del centro nel 1981, e non ha nessuna intenzione di abbandonare l'attività di famiglia. In quelle mura, in via Verga, è cresciuto, ha passato l'infanzia e una vita intera. Duecentocinquanta metri quadri nel cuore del paese che traboccano di balocchi e una vetrina che è una tentazione per qualunque bambino. A dare inizio all'attività, pochi metri più avanti, è stato il nonno, dal quale Gelmi ha preso il nome, nel lontano 1879. Vendeva stufe, carbone e articoli di ferramenta. Nel 1905 si è spostato nel locale dove è tuttora. Nel 1927, dopo la sua scomparsa, è stata la nonna Ginevra a raccogliere il testimone dal marito. E' allora che inserisce articoli casalinghi, chincaglieria e i primi spartani giocattolini.
Signor Gelmi, la sua esperienza fotografa l'evoluzione dei costumi. Come giocavano una volta i bambini?
“Passavano i pomeriggi all'aria aperta, invidiavo i miei compagni che dopo la scuola si ritrovavano a giocare a pallone nei cortili, io dopo le lezioni correvo qui ad aiutare la nonna e poi mia mamma che è subentrata nel 1950 nel negozio. Ricordo che vendevano bambole di pezza, mentre quelle da ricchi erano in ceramica. Poi c'erano i cavallucci a dondolo e i trenini in legno”.
Nel 1974 rileva l'attività con le sue sorelle, Sandra e Silvia, elimina del tutto la  ferramenta, ma aggiunge oggetti per liste nozze e caccia e pesca. Dal 1989, da solo e con l'aiuto di sua moglie, si concentra solo sui giochi. Come vanno, oggi, gli affari?
“Non è un momento facile, pesa la concorrenza di grossisti e supermercati che si fanno la guerra tra loro a chi fa il prezzo più basso. Spesso il cliente viene da me, osserva, si informa sulle caratteristiche di un prodotto, ma poi sceglie di acquistare dove trova il prezzo inferiore. Senza considerare l'assistenza e l'esperienza di chi fa questo mestiere da una vita e ci tiene a soddisfare i propri clienti. I supermercati vendono sotto costo, la loro è una concorrenza spietata, giocano sulla quantità. Ma io resisto, ce la metto tutta”.
Si stima che nel periodo delle feste sia stato venduto il 50 cento dei giocattoli che si smerciano in un anno, lo conferma?
“Eccome. Tuttavia, c'è stato un calo, anche se contenuto. Si aggira attorno al meno 15%. Fino a dieci anni fa, invece, per tre-quattro giorni non andavo neanche a letto a dormire tanta gente affollava il mio negozio”.
Facciamo l'esempio di uno tra i giochi più ambìti: il Furby, pupazzo interattivo della Hasbro che, complice la forte pubblicità, è andato a ruba. Lo tiene in negozio?
“No, non mi conviene. A me costa 57 euro più Iva, i centri commerciali lo vendevano, sotto Natale, a tutti i prezzi del mondo, dai 39 ai 48 euro. Può essere che lo acquistino in grandi stock direttamente in Cina, paese dove viene prodotto. Resta il fatto che sette-otto anni fa, i primi pezzi avevano problemi. Io, se posso, riparo i giochi. E se un bambino viene con un aeroplanino o una macchina telecomandata rotta, cerco di accontentarlo, magari dandogliene una nuova. Non credo che in un grande entro commerciale accada lo stesso”.
Veniamo ai giochi che vanno per la maggiore: quali sono?
“Tutto ciò che è legato al mondo di Walt Disney, come Violetta, dal microfono ai trucchi. Per i maschietti le macchine di Flash & Dash, per i più piccini i giochi di Peppa Pig che sono sbarcati sul mercato lo scorso luglio. Poi non tramontano mai il mito della Barbie, che ha più di cinquant'anni, e i Lego”.
Nel suo magazzino, so che lei custodisce un segreto che le sta a cuore…
“Ho uno scatolone con trecento letterine che i bambini negli anni hanno inviato a Babbo Natale. Le leggo tutte e alcune mi commuovono. Ricordo una bambina che vent'anni fa scrisse che desiderava che tornasse a  casa il fratello partito per il servizio di leva perché soffriva nel vedere sempre piangere la sua mamma. Alla fine, aggiunse: caro Babbo, se vuoi, portami qualcosa. Oggi le letterine sono solo liste, anche da 200 euro. Sogno di esporle tutte, in una grande mostra”.
Se tornasse indietro rifarebbe tutto da capo, aprirebbe oggi un negozio?
“Con la crisi, la concorrenza, le tasse, non credo. Ma devo dire che ho tentato con le mie figlie, ho sperato che seguissero le mie orme, ma hanno preso altre strade, Giusy, 44 anni fa la psicologa, Flavia, 36, è avvocato.  E dire che io qui sono nato e invecchiato, lavorando, con passione, fino a dieci ore al giorno”. 
Si immagina come giocheranno i bambini del futuro?
“Ahimé saranno sempre più soli e si ritroveranno parcheggiati davanti alla tv, a smanettare con la playstation. Io vorrei che tornassero a correre e divertirsi, spensierati, per le nostre strade. E che quando fossero in casa ritrovassero gli stupendi giochi in legno e senza pile”.