Con quella barba lunga, lo sguardo mistico e la pacatezza nel parlare, Giovanni Rodolfi potrebbe essere tranquillamente uno dei religiosi che vivevano tra le mura del Monastero di San Biagio, a Nocera Umbra, in un’oasi di silenzio perfetta per meditare e per riflettere sui massimi sistemi.
Invece il campo di azione prediletto di questo bergamasco, originario di Ghisalba, ma trapiantato nel Centro Italia, è il mondo delle birre artigianali, che, nell’azienda agricola – ospitata all’interno del monastero, oggi con hotel, azienda agricola, punto ristoro e area di bio-benessere – vengono prodotte riscuotendo un successo capace ormai di superare i confini regionali. È proprio il mastro birraio a raccontarci, in qualche battuta, le vicende che lo hanno portato a trasferirsi qualche anno fa dalla campagna bergamasca alle colline umbre.
«Il mio approdo in terra nocerina – afferma Giovanni Rodolfi – avviene nel 2009 ed è dovuto all’amore per la mia attuale moglie Cleonice, anche lei bergamasca. Molti anni fa, lavoravo per la Heineken, ma quando ci siamo sposati ho fatto la scelta di spostarmi in Umbria dove lei già viveva. E con questa rivoluzione familiare si sono aperte delle possibilità per sviluppare un’attività brassicola nell’Antico Monastero di San Biagio. L’idea in fin dei conti era quella molto semplice di valorizzare le risorse del territorio. Quando al monastero sono terminati i lavori di ristrutturazione, s’è iniziato a pensare a quale economia potesse far vivere le persone del luogo e qui c’erano già dall’inizio due elementi che si sposavano bene per la produzione della birra. Innanzitutto – continua Rodolfi – l’esistenza di un antico monastero e, com’è ben noto, stiamo parlando di luoghi che hanno da sempre ospitato una tradizione brassicola in tutta Europa, basti pensare alle trappiste in Belgio. E poi la qualità dell’acqua di Nocera Umbra, da unire ai luppoli, ai lieviti e ai malti ricavati dall’orzo di nostra produzione».
Le Birre San Biagio, tra le pochissime artigianali d’ispirazione monastica prodotte in Italia, sono tutte non filtrate, non pastorizzate e rifermentate in bottiglia, e vogliono in qualche modo rappresentare il luogo dalle quali provengono mantenendo una forte identità locale e una forte distinzione dalle tante che ormai si trovano in commercio.
«Noi siamo una delle tante tra le diverse realtà di birrifici artigianali che sono nati negli ultimi anni in tutto il mondo – spiega il mastro birraio – e qualcuno potrebbe dire ormai ce ne sono perfino troppi. Eppure, bisogna pensare che si tratta semplicemente di un ciclo naturale dell’economia. Prendiamo il mondo del vino. Quando si lavora troppo con la chimica e il prodotto tende alla standardizzazione, ecco che nascono i vini bio-dinamici. Così sta accadendo anche con la birra, e se pensiamo al numero di cantine vinicole che ci sono in Italia forse possiamo dire che c’è ancora un notevole margine di crescita. Poi è chiaro – aggiunge Rodolfi – che noi a San Biagio cerchiamo una via personale e una interpretazione che in qualche modo leghi le due vocazioni del luogo e il lavoro interno all’azienda, ovvero la coltivazione di piante officinali e le birre. Per questo motivo l’idea per il futuro è proprio quella di creare un laboratorio birrario, magari lavorando anche sulla zitologia, sull’unione del cibo con la birra e sulla didattica. Quando si abbina la birra si tende sempre ad abbinare per similitudine e non per contrasto. E per questa ragione è molto più facile abbinare la birra che il vino».
Rodolfi però ha le idee chiare anche sul mondo della birra ai tempi nostri e sulle differenze che esistono tra l’Italia e gli altri Paesi: «In Italia abbiamo poca cultura in campo birraio. La stiamo rubando in giro per il mondo grazie alla grande volontà dei micro-birrifici. Direi che il fenomeno delle birre artigianali è trasversale e lo trovi ovunque, in tutte le nazioni. Sino all’altro ieri, ma diciamo pure 20 anni fa, la birra in Italia era… la bionda, per tutta la vita. Oggi il fenomeno artigianale sta facendo scoprire il gusto della birra cruda, naturale, con etichette innovative e prodotti interessanti. Poi è chiaro che se vai soprattutto verso il Nord Europa, la cultura è più birraria, ed è dovuta ad un fattore molto semplice. Da quelle parti non hanno mai avuto la possibilità di selezionare vitis vinifera e le coltivazioni presenti portavano naturalmente a lavorare sulla realizzazione di birre. Ci sono poi 3 grandi culture della birra da considerare: quella tedesca con prodotti più leggeri e puri; quella belga, dove i birrai sono invece più liberi di sperimentare e, infine, quella anglosassone, ma per quest’ultima ci vorrebbe un capitolo a parte solo per descriverne le caratteristiche».
E per quanto riguarda i prezzi? Cosa si può dire? Sono corretti, sono alti o bassi? «È semplice – risponde Rodolfi -. Ogni prodotto fa storia a sé e dipende a che tipologia di birre ci si riferisce. Se si tratta di multinazionali come Heineken e Carlsberg, di semi-artigianali come Forst, Pedavena o Menabrea, di artigianali (vedi Baladin, Il Ducale) o quasi familiari come la nostra San Biagio. In tutti questi casi il prezzo varia anche sensibilmente, come per il vino, e spesso dipende dalla capacità di vendere immagine».
Il Monastero di San Biagio oggi è molto diverso da come uno può immaginare sia abitualmente un luogo di preghiera e di raccoglimento in mezzo alla natura. Qui le antiche celle dei monaci sono state trasformate in comode e accoglienti stanze per gli ospiti, la cucina ha il piglio rustico e i sapori della tradizione locale, sostenuti da un certo gusto e da una buona qualità, dettata non solo dall’ottima materia prima, ma anche dall’attenzione verso il cliente e le sue esigenze. La struttura vive di un rural-chic decisamente intrigante e mantiene intatte le caratteristiche di luogo a stretto contatto con la natura, dove ci si occupa del benessere psico-fisico, si gode della pace e del silenzio (nelle stanze non ci sono televisori e l’utilizzo del wi-fi è limitato) e dove si brinda davanti a un buon bicchiere di birra monastica.
Le Birre di San Biagio sono la Monasta, un’ambrata doppio malto da abbinare a secondi di carne o salumi e formaggi stagionati; la Verbum, una weizen ideale con la pizza o con gli antipasti di pesce; la Gaudens, una pils perfetta con primi piatti leggeri; l’Ambar, una ale scura doppio malto che si può abbinare con facilità sia alla ostriche che, a fine pasto, con dolci al cacao, e infine la Aurum, una strong ale chiara da sorseggiare con i secondi di carne e salumi o i formaggi stagionati.