I nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori in tempi di Covid

Un bergamasco su due nel 2020 ha acquistato anche online: è questo uno dei tanti dati che emergono della ricerca “I nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori bergamaschi e i nuovi fabbisogni formativi delle imprese” realizzata da Format Research per conto dell’Ente Bilaterale Territoriale del Terziario di Bergamo e dell’Ente Bilaterale Alberghiero e dei Pubblici Esercizi di Bergamo. L’obiettivo dell’indagine è quello di rilevare il cambiamento degli stili di acquisto e di consumo dei consumatori residenti nella provincia di Bergamo, anche in funzione delle profonde modificazioni in atto nello scenario economico dominato dall’emergenza sanitaria che ha dato una spinta agli acquisti online e alla digital innovation. Tale studio ha permesso di analizzare a partire dal cambiamento degli stili di consumo le nuove esigenze formative (e nuove competenze) delle quali le imprese attualmente debbono dotarsi per restare competitive sul mercato.

L’indagine è stata rivolta ad un campione statisticamente rappresentativo di cittadini di Bergamo, di età superiore ai 18 anni, nell’ambito del quale sono stati profilati quattro cluster di rispondenti che (nel corso di tutto il 2020) hanno effettuato acquisti online almeno una volta alla settimana, almeno una volta al mese, almeno una o due volte nel corso dell’ultimo anno o non hanno effettuato acquisti online nel corso dell’ultimo anno (ma negli anni precedenti li avevano effettuati) o non hanno mai effettuato acquisti online.

Un nuovo approccio al mondo del commercio

«Grazie a questa ricerca abbiamo lo stato dell’arte del mondo del commercio nell’anno della pandemia – aggiunge Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo -. L’indagine mostra come si sono organizzati i nostri associati, i servizi che hanno fornito e quelli che dovranno ancora dare affinché nessuno resti indietro in questa sfida. Alcuni dati che emergono sono positivi altri preoccupanti. Di fatto, un nuovo approccio al mondo del commercio è fondamentale e determinerà la sopravvivenza di tutto il mondo del terziario”.

Per Enrico Betti, presidente dell’Ente Bilaterale Territoriale del Terziario di Bergamo “l’indagine fotografa una situazione territoriale molto in evoluzione dalla quale si evidenzia l’esigenza di sviluppare nuove competenze e migliorare quelle già possedute al fine di consentire alle aziende di restare competitive e ai lavoratori di maturare nuove skills da integrare alle capacità già consolidate. Gli enti promuoveranno nel corso del 2021 corsi e aggiornamenti specifici per il settore in modo da aiutare questa evoluzione”.

“In un periodo di grandi trasformazioni, la ricerca commissionata dai nostri Enti centra un obiettivo fondamentale: partire dalle nuove abitudini di consumo sul fronte della clientela e dell’utenza e le relative ricadute percepite dalle imprese per analizzare come queste si possano attrezzare – afferma Alberto Citerio, presidente Ente bilaterale turismo -. Per quanto riguarda il turismo, Pubblici Esercizi e Alberghi, la situazione è particolarmente grave; gli aspetti congiunturali legati alla pandemia distorcono qualunque ragionamento di prospettiva legato anche ai nuovi stili di consumo. I dati ricavabili dalla ricerca dicono, per il turismo, che solamente il 3.5% delle imprese (contro il 9.5% del terziario) si è dotata di nuove figure professionali che possano gestire il cambiamento e che il 12.5% (contro il 28.5% del terziario) ha intenzione di mettere in campo formazione sulle innovazioni. Questi dati meritano di essere approfonditi e compresi al netto della congiuntura attuale. Qualificazione del personale attraverso la formazione, rimane elemento centrale dell’azione che l’Ente del turismo bergamasco intende intraprendere per dare risposte a Imprese e Lavoratori in questo difficile momento”.

“Questa indagine è una delle prime in Italia a proporre una doppia prospettiva (consumatori e imprese) di lettura – spiega Pierluigi Ascani, presidente di Format Research -. È stata infatti utile non solo per esplorare le tendenze di consumo e quindi le esigenze del commercio e dei pubblici esercizi per rispondere all’impatto della crisi ma anche per capire come le imprese si siano strutturate per fronteggiare un anno orribile come quello appena concluso. Esigenze legate al modo di fare impresa, alle prospettive di business e di occupazione: il mondo del terziario è infatti sempre più complesso e da questa ricerca emerge che la provincia di Bergamo è stata molto attenta a cogliere le dinamiche legate alla vendita di servizi e prodotti, dimostrando quindi un’ottima resilienza e una propensione a trovare nuove soluzioni in una logica di cambio di prospettiva nella relazione coi consumatori”.

La ricerca in sintesi

Il cambiamento degli stili d’acquisto
Il 53% dei consumatori di Bergamo ha dichiarato che sulla totalità dei costi sostenuti nel corso del 2020, oltre il 50% è stato destinato a spese obbligatorie (affitto, manutenzione e riparazione casa, bollette, sanità, spese mezzi di trasporto esclusi i combustibili, assicurazioni, servizi finanziari).
Oltre il 45% dei consumatori hanno sostenuto «spese obbligatorie» in misura maggiore rispetto all’anno precedente. Le restrizioni subite e la necessità di risparmiare hanno sicuramente influito sulle spese non necessarie e, infatti, solo il 23% dei consumatori, una percentuale esigua, ha sostenuto in misura maggiore «spese non obbligatorie».

L’acquisto online dei beni di prima necessità
Elevato il ricorso al canale online da parte dei consumatori bergamaschi per l’acquisto di beni di prima necessità nel corso dell’ultimo anno: oltre il 56% ha acquistato online generi alimentari e più del 78% prodotti per l’igiene personale e per la pulizia della casa.
Oltre il 75% dei consumatori di Bergamo ha speso di più rispetto all’anno precedente allo scoppio dell’emergenza sanitaria per acquistare beni di prima necessità online.

I canali per l’acquisto online dei beni di prima necessità
Le catene della Gdo (52,2%) e Amazon Prime (48,4%) sono risultati i canali online più utilizzati per l’acquisto dei generi alimentari. Il 31,1% dei consumatori si è rivolto anche ai negozi che si erano organizzati con le consegne a domicilio.

I beni acquistati nel corso dell’ultimo anno
Prodotti farmaceutici, abbigliamento e articoli per la casa ma anche prodotti elettronici, elettrodomestici e articoli sportivi sono risultati i prodotti maggiormente acquistati dai cittadini bergamaschi nel corso del 2020. 

I canali per l’acquisto dei beni non alimentari
Le piattaforme marketplace e i siti web dei rivenditori sono stati i canali maggiormente utilizzati (85,6%) per effettuare acquisti di prodotti non alimentari. Il 35,5% ha acquistato direttamente dal sito web di un negozio fisico.
Tra coloro che hanno acquistato anche presso i negozi fisici, il 75,2% ha utilizzato i punti vendita presso i centri commerciali. Il 52,2% ha acquistato nei punti vendita tradizionali.

I motivi per i quali si acquista online o in negozio
Il processo di acquisto è diventato «circolare» e la ricerca mette in luce come oggi il consumatore vuole essere parte «attiva» del processo, comparando i prezzi, informandosi. Comodità del servizio online, possibilità di comparare i prezzi e risparmio di tempo sono infatti le motivazioni più comuni. Al contrario, il negozio tradizionale viene preferito perché permette di trovare subito i prodotti, di capire se sono i prodotti giusti e perché svolge una funzione sociale di evasione e aggregazione per i consumatori.

I driver alla base dell’acquisto
Il 54,1% dei consumatori si è informato sull’acquisto più importante (in valore) con il desiderio di acquistarlo online, come poi ha fatto. Il 22,6%, invece, lo ha desiderato ma poi non lo ha fatto.

L’attività dei negozi tradizionali sul web 
Oltre il 66% dei consumatori che hanno effettuato acquisti anche presso i negozi tradizionali, hanno ricevuto assistenza sul web e/o sui social. Questo mette in luce come a Bergamo il consumatore abbiamo trovato assistenza online da parte dei negozi tradizionali.

La resilienza delle imprese di Bergamo
Le imprese di Bergamo hanno vissuto grandi difficoltà durante la pandemia e oltre il 61% ha visto un peggioramento dei propri ricavi. Il 32% ha dichiarato di avere cercato di fronteggiare il calo dei ricavi adottando un qualche genere di soluzione e oltre il 90% delle imprese sono certamente consapevoli del fatto che gli stili di consumo sono cambiati nel corso degli anni (il 65% attribuisce tale cambiamento alla pandemia).  Tra le imprese che hanno ravvisato un cambiamento il 55% ritiene che il proprio personale non abbia le competenze giuste ma è disposto a erogare formazione sul tema.

Nuove figure professionali e formazione ad hoc
Anche se solo l’8% delle imprese di Bergamo si è dotato di nuove figure professionali, pronte a cogliere il cambiamento in atto, il 10% ha intenzione di dotarsene nei prossimi due anni. Si tratta in particolare di imprese dei servizi e del commercio. Tra le «nuove figure professionali» le imprese hanno introdotto (o stanno introducendo) in prevalenza assistenti alle vendite, consulenti di marketing e figure legate all’innovazione digitale. Tra le imprese che nei prossimi due anni vogliono introdurre nuove figure professionali, il 24% attiverà anche dei corsi di formazione.

Nuovi modelli di business
Le imprese di Bergamo non si sono fermate durante la pandemia e il 35% delle imprese ha iniziato ad utilizzare l’e-commerce dall’avvento del Covid. Una variazione percentuale del +134% rispetto al periodo pre-pandemia. Solo il 14% delle imprese che svolgono attività di e-commerce hanno figure preposte alla gestione di tale attività. Inoltre, a seguito dell’esigenza di aggiornare le competenze dei collaboratori e avere del personale dedicato al commercio elettronico, il 42% delle imprese ha fornito formazione apposita ai propri dipendenti. In prevalenza in promozione e comunicazione.

 

La ricerca completa:

I nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori bergamaschi e i nuovi fabbisogni formativi delle imprese


Rotary Food Box, il progetto di solidarietà continua a crescere

Continua a crescere «Rotary Food Box», il progetto promosso dal Rotary Club Bergamo Sud in collaborazione con il Comune di Bergamo e altre istituzioni del territorio e che ha preso il via lo scorso dicembre con l’obiettivo di mettere in rete gli operatori economici e le istituzioni bergamasche per dare sostegno alle famiglie che sono in situazione di particolare difficoltà a causa del Covid-19.
L’iniziativa sta attirando l’attenzione di nuove aziende, anche fuori della provincia di Bergamo. Il mondo delle imprese ha risposto alla chiamata, sentendo fortemente la necessità di essere vicino al territorio, e ha cercato attraverso «Rotary Food Box» di dare il proprio contributo per far fronte ad una sfida complessa che la società attuale sta vivendo.

Prodotti alimentari alle famiglie

Attraverso una rete di aziende, enti e associazioni, vengono realizzate delle box, principalmente composte da prodotti alimentari, da destinare a 100 famiglie in modo continuativo per 6 mesi: la prima consegna è stata effettuata ad inizio dicembre 2020 e l’ultima è in programma per maggio 2021.
Il progetto è realizzato in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo, che si è occupato dell’individuazione delle famiglie, in particolare quelle con minori a carico. A livello istituzionale Confindustria Bergamo, Confartigianato Imprese Bergamo, Confcooperative Bergamo e Aspan Bergamo hanno confermato la partnership, divulgando ai propri soci l’iniziativa e raccogliendo adesioni. La consegna della box vede in prima linea i volontari della rete «BergamoXBergamo» e i giovani del Rotaract, coordinati da Confcooperative Bergamo.

Nel progetto anche aziende fuori regione

La raccolta e consegna di prodotti alimentari ha coinvolto sin da subito diverse aziende primariamente della provincia di Bergamo, ma con il passare delle settimane il progetto ha incontrato la sensibilità anche di aziende fuori regione, che hanno aderito con generosità ed entusiasmo offrendo i propri prodotti, in particolare segnaliamo l’adesione di Nestlé Italia, che ha offerto i cioccolati dei suoi marchi più noti, e Moser Speck, azienda alto atesina che contribuisce donando speck di alta qualità. Tra le nuove aziende territoriali troviamo infine Salumificio Fratelli Beretta, Caseificio Defendi e Pasticceria La Marianna.
La fornitura gratuita di prodotti e servizi di oltre 30 aziende ha raggiunto complessivamente un valore di circa 100.000 euro, e ciascuna delle box consegnate contiene prodotti pari ad un valore di 150 euro. L’intento del Rotary Club Bergamo Sud è che queste box possano sostituire, almeno in parte, la spesa mensile per la famiglia, che a causa della pandemia si è ritrovata più fragile e vulnerabile.


Dalla Regione 3 milioni di euro per il rilancio del commercio

En plein per gli enti locali della Bergamasca riuniti nei 25 distretti commerciali riconosciuti dalla Regione che hanno ricevuto contributi per circa tre milioni di euro attraverso il bando intitolato “Distretti del commercio per la ricostruzione economica territoriale urbana”. La Regione ha infatti approvati tutti i progetti presentati dai distretti commerciali della Bergamasca. C’è qualcuno che ha ottenuto il punteggio massimo di 100 per la qualità dei contenuti delle proposte avanzate e che si è piazzato fra le prime posizioni della graduatoria regionale.
Nei giorni scorsi è stata resa nota l’esatta ripartizione e nessuno è rimasto a bocca asciutta: “In questi giorni – spiega Roberto Ghidotti, responsabile per l’Ascom Confcommercio dei distretti del commercio – stiamo contattando tutti i Comuni per cercare di studiare dei progetti innovativi e che seguano una logica di sistema territoriale: serve andare oltre ogni campanilismo, per andare incontro alle attività commerciali sempre più in grave difficoltà a causa di una seconda ondata che nessuno si aspettava così grave e dalle conseguenze così pesanti sul commercio”.

 

Fondi destinati ai Comuni

Dalla Regione i 25 distretti del commercio della Bergamasca avevano già ottenuto 100 mila euro ciascuno, fatta eccezione per il distretto di Bergamo che ne aveva ricevuti 170 mila. Questi fondi erano stati destinati ai commercianti operanti nei Comuni aderenti ai singoli distretti per potenziare da un punto di vista strutturale la propria attività. Quelli stanziati ora, invece, sono destinati ai Comuni aderenti ai distretti e devono essere utilizzati, come si legge sulla documentazione del bando, a «sostenere i distretti del commercio come volano per la ricostruzione economica territoriale urbana nei settori del commercio, artigianato, ristorazione e terziario a seguito dell’impatto negativo dell’emergenza da coronavirus».

A livello lombardo sono stati in tutto 121 i progetti presentati e la Bergamasca l’ha fatta da padrona con 25, più ancora di Milano (15) e Brescia (13): “Molti dei progetti per cui era stato richiesto il contributo regionale – spiega Ghidotti – sono stati quindi nel frattempo portati avanti con altre fonti di finanziamento. La richiesta che stiamo facendo ai Comuni è di non incassare questi fondi per andare semplicemente a pareggiare i conti. Bensì di continuare a investire per la ripresa del commercio nel loro territorio”.

 

I progetti in cantiere

Gli interventi in fase di valutazione sono di varia natura: “Per l’alta Val Seriana, ad esempio –rivela ancora Ghidotti – si sta valutando di utilizzare i soldi ottenuti per finanziare lo studio progettuale di una pista ciclabile che colleghi Clusone a Valbondione con lo scopo, ovviamente, di attirare in questi territori sempre più possibili clienti. Per bar e ristoranti di vari distretti si sta invece prendendo in esame la possibilità di creare appositi spazi per le famiglie e i loro bambini in modo che siano favorite nell’usufruire di queste attività. Per altri paesi con le caratteristiche adatte è ritenuto invece più utile investire sul miglioramento dell’arredo urbano per rendere sempre più attrattive le vie del commercio”.


Vacanze, la voglia c’è Ma in pochissimi prenotano

Dopo il record negativo fatto registrare a novembre, l’indice di fiducia del viaggiatore italiano calcolato da SWG per Confturismo-Confcommercio recupera nove punti e si attesta a quota 48. Dalla rilevazione emerge infatti che, dopo un lungo periodo di assenza di progetti di vacanza, cominciano ad affiorare le prime idee e qualche timidissima programmazione di ferie. Il 25% degli intervistati prevede così di concedersi una pausa di massimo 3 giorni in Italia entro fine febbraio. Il 72% non ha però ancora scelto la destinazione, né tanto meno prenotato, e la stragrande maggioranza delle preferenze si indirizza verso seconde case di proprietà o di amici. Insomma, non è turismo.

Se si sposta lo sguardo in avanti, il 28% degli italiani sembra puntare a una vacanza di 3/7 giorni tra giugno e luglio, e il 50% in un break di 7 giorni tra luglio e settembre. A patto, naturalmente, che l’epidemia torni davvero sotto controllo e che il vaccino funzioni come si spera. Nel complesso, sono sempre le località di mare ad attrarre di più, soprattutto per i progetti di vacanza se di maggiore durata, mentre per quelle più brevi le città d’arte – soprattutto di Toscana, Lazio ed Emilia Romagna – tornano finalmente a competere con la montagna: un piccolo segnale positivo per la tipologia di destinazione più duramente colpita dalla crisi Covid.
Per i viaggi all’estero il panorama si restringe ancora di più. Li si prevede, ma da primavera in poi, e solo da parte di un italiano su quattro. La destinazione è quasi esclusivamente l’Europa, con la Grecia ampiamente favorita. Da notare che il 6% pensa di nuovo a destinazioni di medio-lungo raggio, come Mar Rosso, Stati Uniti e area caraibica, a partire da Cuba e Santo Domingo: un buon auspicio, nulla di più per ora.

“Il 2020 – dice Luca Patanè, presidente di Confturismo Confcommercio – si chiude con 78 milioni di arrivi e 240 milioni di presenze turistiche in meno in Italia, ai quali vanno aggiunti i36 milioni di italiani che non sono andati all’estero. Le lancette dell’orologio del turismo sono tornate indietro di 30 anni. Eppure, non solo nella legge di bilancio 2021 per il turismo c’è ben poco e ad oggi non abbiamo visto neanche un progetto vero e proprio per il settore nella pianificazione per accedere al Recovery Fund. Confturismo-Confcommercio ha presentato da tempo proposte a tutti i livelli ma, concretamente, non è accaduto nulla, neanche la più volte annunciata apertura del tavolo per aggiornare il Piano strategico del turismo, fermo al 2017. È ora di consultarci, di considerare le nostre proposte, di investire sulle nostre imprese, altrimenti sarà il Paese, non solo il nostro settore, a pagarne pesantissime conseguenze”.

 

Il settore alberghiero in Lombardia: un 2020 in profondo rosso

“Il settore alberghiero in Lombardia è in piena emergenza, se non si interviene subito centinaia di strutture chiuderanno per sempre – ribadiscono da Confcommercio Lombardia -. Siamo di fronte ad uno scenario drammatico: l’emergenza sanitaria ha quasi completamente azzerato i movimenti turistici, sia di tipo leisure sia congressuale e per business. L’occupazione delle camere nei pochi alberghi aperti oscilla tra il 5 e il 10% e le strutture ricettive registrano crolli di fatturato per il 2020 di oltre l’80%; in totale il calo nel settore dell’ospitalità in Lombardia potrebbe superare i 10 miliardi di euro”. La Lombardia è tra le regioni più colpite dal fermo del turismo con quasi 7 milioni di arrivi in meno nei primi otto mesi dell’anno.

“C’è un enorme problema di liquidità – prosegue Confcommercio Lombardia – che strangola gli imprenditori costretti al fermo pressoché totale delle attività ormai da quasi un anno e non dimentichiamo le ricadute pesantissime che questa situazione ha avuto e continua ad avere sull’indotto. All’orizzonte quello che temiamo è un vero e proprio tsunami occupazionale nel turismo con migliaia di posti di lavoro a rischio sia a tempo indeterminato sia stagionali”. La situazione non è destinata a migliorare nel breve periodo, anche con l’auspicata e graduale uscita dall’emergenza sanitaria. “Il punto è che anche chi potrà riprendere l’attività in tarda primavera o estate – rileva Confcommercio Lombardia – dovrà sostenere ingenti spese per l’adeguamento degli alberghi, sia dal punto di vista sanitario sia perché parliamo di strutture rimaste chiuse per molti mesi”.

Nella migliore delle ipotesi la situazione non tornerà ai livelli pre pandemia prima del 2023. “La priorità ora è offrire alle strutture almeno possibilità di sopravvivere, e questo può avvenire soltanto in due modi: contributi e sostegni a fondo perduto, da una parte, e dall’altra finanziamenti a lunghissimo termine, sia in termini di preammortamento che di durata. Se questo non avverrà non solo bruceremo completamente il patrimonio costruito dopo l’Expo, ma ci troveremo di fronte ad uno scenario di chiusure a catena come mai si è verificato. Siamo quasi a un punto di non ritorno, dobbiamo salvare la spina dorsale del comparto turistico della Regione. E non c’è quasi più tempo” conclude Confcommercio Lombardia.

 


Il mondo del terziario non ci sta “Ora basta: lasciate lavorare le nostre imprese”

Ascom Bergamo ha voluto lanciare un messaggio a sostegno delle attività del terziario, dopo l’ennesimo provvedimento restrittivo che danneggia le imprese. Sulla sede dell’Associazione, in via Borgo Palazzo 137, è stato fissato uno striscione di 24 m x 2 m con la scritta:  “Ora Basta, lasciate lavorare le nostre imprese!”, un segnale per dare voce a tutta l’amarezza degli imprenditori bergamaschi.

“Oggi presentiamo questa forma di protesta condivisa da tutte le categorie – sottolinea Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo -. I nostri associati sono infatti amareggiati da mesi e questo sentimento è ormai sfociato in rabbia per una serie di provvedimenti senza alcuna logica e che, di fatto, ci stanno impedendo di lavorare. Non si può trattare il mondo dell’imprenditoria, del commercio e della ristorazione in questo modo e non chiediamo sussidi allo Stato ma di poter lavorare nel rispetto della normativa anti-covid”.

“Le nostre imprese sono ormai allo stremo e hanno il pieno diritto di lavorare – aggiunge Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo -. Dobbiamo però invertire la prospettiva per mettere le imprese nelle condizioni di poter lavorare e convivere con la pandemia, con provvedimenti che con i preavvisi giusti possano dettare tempi precisi di apertura e chiusura”.


Emergenza Covid-19: le nuove regole in vigore fino al 15 gennaio

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo del decreto legge 5 gennaio 2021 n. 1 che dispone le nuove restrizioni in vigore dal 7 al 15 gennaio. Fino al 10 gennaio le misure saranno uguali per tutto il territorio nazionale, poi dall’11 gennaio si tornerà alla divisione per colori, ma con nuovi parametri e che riportano in area arancione Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della Cabina di Regia dell’Istituto superiore di sanità, ha firmato in serata una nuova ordinanza che andrà in vigore a partire da domenica 10 gennaio fino a venerdì 15 gennaio, data in cui scadrà il Dpcm. 

Fino al 15 gennaio, quindi, bar e ristoranti saranno chiusi (consentita la consegna a domicilio e l’asporto fino alle ore 22.00), le scuole superiori proseguiranno con la didattica a distanza e sarà vietato uscire dal proprio Comune, ad eccezione degli spostamenti da quelli con popolazione fino a 5mila abitanti per un raggio di 30 chilometri dai confini. A far scattare la zona arancione per le 5 regioni sono state le modifiche introdotte con il decreto del 5 gennaio, che hanno abbassato la soglia dell’Rt che determina il posizionamento nelle fasce: con Rt superiore a 1,25 anche nel valore minimo e rischio moderato si passa in zona rossa, con Rt ad 1 si va in arancione.

 

Nuovo Dpcm in arrivo

Nel nuovo Dpcm con le misure antipandemiche è prevista, secondo quanto apprende l’Ansa, la conferma delle attuali misure mentre si stanno valutando nuove restrizioni, anche se al momento non sembrerebbero essere già state definite le nuove misure. Tradotto: prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 luglio, mondiali di sci a Cortina a porte chiuse, niente riapertura degli impianti sciistici. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico ribadiscono la loro contrarietà all’allentamento delle misure restrittive e, anzi, invitano il governo in vista del nuovo Dpcm che entrerà in vigore dopo il 15 gennaio a mantenere i provvedimenti emergenziali per altri sei mesi.

L’impianto del nuovo provvedimento è comunque definito: verranno confermati il divieto di spostamento tra le regioni, anche quelle gialle, il coprifuoco dalle 22 alle 5, l’apertura dei ristoranti fino alle 18 nelle zone gialle, la regola che consente una volta al giorno a massimo due persone di andare a trovare parenti e amici. Con il Dpcm sarà poi introdotto il divieto di vendita d’asporto per i bar a partire dalle 18 (anche se nelle ultime ore si sa strada l’ipotesi di vietare solo la vendita di bevande) per evitare gli assembramenti e, soprattutto, l’intervento sugli indici di rischio, per facilitare l’ingresso in zona arancione delle regioni a rischio alto. Una misura che si accompagna all’abbassamento della soglia dell’Rt: con 1 si va automaticamente in zona arancione, con 1,25 in zona rossa. Modifiche che porteranno mezza Italia in arancione e una parte in rosso: ad oggi sono 12 tra regioni e province autonome in questa situazione, con Lombardia e Emilia Romagna nelle prime posizioni.

Fino al 15 gennaio

Fino al 15 gennaio 2021, nelle regioni in cui si applicano le misure di cui all’articolo 3 del Dpcm 3 dicembre (cd zona rossa), è altresì consentito lo spostamento, in ambito comunale, una sola volta al giorno, tra le ore 5:00 e le ore 22:00, verso una sola abitazione privata, nel limite di due persone, ulteriori rispetto a quelle già conviventi in tale abitazione, e ad esclusione dei minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale, e alle persone disabili o non autosufficienti che con queste convivono. Per i comuni con popolazione non superiore a 5000 abitanti lo spostamento è consentito anche per una distanza non superiore a 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia.

Vediamo nel dettaglio cosa cambia per il mondo della ristorazione e del commercio al dettaglio.

 

BAR E RISTORANTI

MISURE ZONA GIALLA “RAFFORZATA” (7-8 GENNAIO)

  • Le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite dalle ore 5.00 fino alle 18.00.
  • Dopo le ore 18,00 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico.
  • Nessuna restrizione per la ristorazione con consegna a domicilio.
  • Ristorazione con asporto consentita fino alle ore 22.00 con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

MISURE ZONE ARANCIONI (9-15 GENNAIO)

  • Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie).
  • Nessuna restrizione per la ristorazione con consegna a domicilio.
  • Ristorazione con asporto consentita fino alle ore 22.00.

 

 

ATTIVITÀ COMMERCIALI AL DETTAGLIO

MISURE ZONA GIALLA “RAFFORZATA “ (7-8 GENNAIO)

  • Negozi aperti

MISURE ZONE ARANCIONI (9-15 GENNAIO)

  • Nei giorni festivi e prefestivi sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati e dei centri commerciali, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole.

 

 

 


Impianti di sci, la riapertura slitta. Fusini: “Danno economico enorme”

Slitta al 18 gennaio l’apertura degli impianti scistici. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato un’ordinanza per rimandare di 11 giorni la riapertura degli impianti a causa dell’aumento di contagi che si è riscontrato nei giorni scorsi. Ovviamente l’apertura è vitale per le società che gestiscono gli impianti, gli albergatori, i ristoratori, gli esercenti delle località turistiche e per tutto il cosiddetto indotto di un settore che, nei mesi scorsi, è stato fortemente penalizzato dalle chiusure e restrizioni imposte dal Governo per limitare la diffusione del Coronavirus.

La condizione essenziale per poter aprire gli impianti sarà quella che la Regione Lombardia rimanga zona gialla. Se dovesse diventare, infatti, zona arancione o, ancora peggio, rossa, a causa di un innalzamento dei parametri tra i quali l’indice Rt, gli impianti non potrebbero aprire affatto e questo sarebbe un autentico disastro per un’economia come quella delle Valli bergamasche.

“Siamo di fronte a un blocco a oltranza camuffato – sottolinea Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo -. In attesa del prossimo Dpcm, infatti, il Governo ha già esteso la zona arancione fino al 17 gennaio, stabilendo quindi il blocco degli spostamenti e impedendo agli sciatori di raggiungere gli impianti. Ma non è solo un discorso di svago domenicale in alta quota: l’economia della montagna ha un peso importante che nel suo indotto include anche alberghi, rifugi, negozi e scuole di sci che sta provando a sopravvivere e che va messo nelle condizioni di poter ripartire, alla luce del fatto che quest’anno abbiamo montagne imbiancate come non succedeva da tempo. Sono scelte politiche che non rispecchiano la situazione che, di fatto, potrebbe essere gestita in modo intelligente: mi riferisco a quelle procedure che permettono di sciare in assoluta sicurezza, a cominciare dall’acquisto dello skipass on line per evitare code e assembramenti o ai percorsi che permettono agli sciatori di rimanere in coda ma distanziati l’uno dall’altro per accedere agli impianti di risalita”.


Saldi invernali: in Lombardia si comincia il 7 gennaio

Al via i saldi invernali che in Lombardia prenderanno il via il 7 gennaio, con una durata di 60 giorni e quindi fino a domenica 7 marzo 2021.

Per effetto della situazione di emergenza provocata dalla pandemia, l’Ufficio Studi Confcommercio stima che quest’anno lo shopping dei saldi interesserà oltre 15 milioni di famiglie e ogni persona spenderà circa 110 euro, muovendo però in totale 4 miliardi di euro contro i 5 miliardi dell’anno scorso. In Bergamasca, secondo Ascom Confcommercio Bergamo, la stima è più alta con una spesa procapite di circa 124 euro, e una spesa complessiva di oltre 138 milioni di euro.

Sono saldi all’insegna della confusione creata dal susseguirsi dei decreti del Governo che destabilizzano i consumatori e ovviamente gli operatori, costretti a rispettare un calendario di aperture e chiusure alternato che non giova alle imprese – rileva Diego Pedrali, presidente del Gruppo Abbigliamento, calzature e articoli sportivi Ascom Confcommercio Bergamo e vicepresidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio -. Non dimentichiamo però che i saldi rappresentano sempre una grande opportunità per il commercio al dettaglio. L’emergenza sanitaria e la crisi hanno infatti messo in ginocchio tutto il settore: le stime parlano di oltre 20 mila imprese in Italia a rischio chiusura, con circa 55 mila lavoratori a rischio disoccupazione. Invitiamo quindi i consumatori ad acquistare nei negozi di prossimità ma anche a diffidare da sconti esagerati e confidiamo nell’onestà e nella trasparenza di tutta la categoria”.

Veniamo da mesi difficili con le chiusure di novembre e un dicembre con consumi a singhiozzo anche a causa dei ritardi del cashback – aggiunge Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo -. C’è poi il rebus chiusure alle porte, con danni soprattutto per i negozi nei centri commerciali, e l’impatto del commercio elettronico sui saldi che, di fatto, è un’ulteriore spada di Damocle sulla categoria. Alla luce di queste problematiche, occorre che il Governo garantisca la libertà di spostamento tra i comuni e quindi anche una stabilità di apertura dei negozi, anche perché dopo questo primo weekend di saldi i rischi di assembramento al loro interno saranno minori”.

 

La guida e il vademecum sui saldi

Confcommercio ha pubblicato una guida dedicata ai saldi (www.confcommercio.it/-/saldi) Si tratta di un vademecum utile sia ai consumatori sia ai negozianti dedicato ai saldi e, in generale, alle vendite straordinarie (vendite di fine stagione, vendite promozionali, vendite di liquidazione). 

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, inoltre, Federazione Moda Italia e Confcommercio ricordano alcuni principi di base sui saldi ai tempi del Covid:

  1. Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.

  2. Prova dei capi: non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante.

  3. Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless.

  4. Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo.

  5. Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.

  6. Rispetto delle distanze: occorre mantenere la distanza di un metro tra i clienti in attesa di entrata e all’interno del negozio.

  7. Disinfezione delle mani: obbligo di igienizzazione delle mani con soluzioni alcoliche prima di toccare i prodotti.

  8. Mascherine: obbligo di indossare la mascherina fuori dal negozio, in store ed anche in camerino durante la prova dei capi.

  9. Modifiche e/o adattamenti sartoriali: sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione.

  10. Numero massimo di clienti in store: obbligo di esposizione in vetrina di un cartello che riporti il numero massimo di clienti ammessi nei negozi contemporaneamente.

Confcommercio segnala, inoltre, le varie iniziative promosse sull’intero territorio nazionale da Federazione Moda Italia, come “Saldi Chiari e Sicuri”, “Saldi Trasparenti”, “Saldi Tranquilli”.

 


# BASTA!: la protesta di Natale dei pubblici esercizi

Costretti a tenere le serrande abbassate, ristoratori e gestori dei pubblici esercizi italiani non intendono passare Natale e Capodanno in silenzio. 

Al contrario. A partire da oggi e per tutta la durata delle festività, decine di migliaia di locali in tutta Italia e esporranno un cartello di protesta all’indirizzo del governo per dire: “Basta!”, al caos normativo degli ultimi mesi che continua a penalizzare le imprese del settore
Rabbia ed esasperazione riassunte in un manifesto unitario siglato da Fipe e Fiepet, le principali associazioni di rappresentanza dei pubblici esercizi di Confcommercio e Confesercenti, affiancate dalla FIC – Federazione Italiana Cuochi.

Ascom Confcommercio Bergamo e Confesercenti Bergamo invitano i propri associati ad esporre i cartelli di protesta che potranno scaricare dai rispettivi siti.

22 DPCM, 36 Decreti Legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato. – si legge nel documento di Fipe e Fiepet -. Basta! Questo diciamo ad un governo che apre e chiude le nostre aziende come interruttori e si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle. Siamo esausti e Increduli”.

Il risultato è un settore al collasso che ha deciso di rivolgersi direttamente ai cittadini.

Noi vogliamo e siamo in grado di lavorare in sicurezza – conclude il documento -. Per questo ci rivolgiamo a voi, i nostri clienti: vi chiediamo di esserci vicini e di continuare a sceglierci, dove possibile, anche in queste difficili giornate. La vostra gratificazione è la nostra forza ed il nostro futuro”.

Al governo, i pubblici esercizi italiani chiedono invece un altro tipo di DPCM: Dignità, Prospettiva, Chiarezza e Manovra. La dignità di attività essenziali e sicure; la prospettiva di un piano di riqualificazione e sviluppo, magari attraverso un adeguato inserimento nel Piano nazionale di Ripesa e Resilienza; la chiarezza sui tempi di riapertura a gennaio; una manovra correttiva che garantisca indennizzi adeguati e ristori calcolati sulle effettive perdite, sostegno all’indebitamento, risoluzione dei problemi di locazione.


“Un topo da due parti”: il nuovo libro dello chef Cornali tra arte, filosofia e architettura

I grandi pensatori come Joseph Chilton Pearce, Arthur Shopenhauer, Henry Ford e Luigi Pirandello convivono nella mente creativa di Mario Cornali, classe 1965, cuoco scrittore (è titolare del ristorante Collina di Almenno San Bartolomeo), appassionato di filosofia, capace di affrontare la propria professione con l’attenzione e la curiosità di un antropologo e il gusto di un artista. Non a caso il suo nuovo libro, il sesto, non è un ricettario di alta cucina, bensì un vero trattato filosofico sull’atto creativo. Si chiama “Un topo da due parti” ed è edito da Mediavalue. Un titolo ispirato dal disegno realizzato dalla nipote Ambra, oggi 17 anni, quando ne aveva 9, esempio della visione senza schemi o preconcetti di una bambina.

“Il testo è un viaggio alla ricerca di spiegazioni su come nasca un’opera d’arte dall’apprezzamento che è il risultato sia di elementi oggettivi, sia della percezione personale – spiega lo chef -. C’è chi preferisce Caravaggio e chi Fontana, lo stesso principio vale in cucina. Anche se il libro non è riferito in modo diretto ai fornelli, un piatto ha una forte matrice artistica polisensoriale che combina il gusto, il tatto, la sensazione termica, i ricordi”.

Importante, nell’arte gastronomica, il rapporto dell’autore con l’ingrediente, conseguenza di scelte non solo commerciali o produttive, ma che rappresentano pezzi di storia dell’uomo, di antropologia. “L’assaggio di un formaggio o di un pesce essiccato, realizzati in quantità limitata da un piccolo artigiano, può condurre dal prodotto al suo creatore, in quanto queste preparazioni descrivono il modo di pensare e di operare di quest’ultimo” si legge nel testo.

 “Anni fa introdussi il fieno in un piatto perché avevo il desiderio di trasporre e condividere sensazioni legate all’infanzia”, aggiunge Cornali che intervalla le sue riflessioni a 15 novelle che hanno la stessa funzione della “maionese sul petto di pollo”. Cornali, inoltre, descrive il preingrediente che riguarda le scelte che hanno reso peculiare un elemento nei vari passaggi. Dal tessuto delle novelle trovano propulsione le opere di Cesare Rota Nodari, classe 1935, architetto che ha realizzato edifici pubblici e privati, designer e ideatore di presepi. Le sue le immagini accompagnano il libro, creando un dialogo di metodo. L’architetto con le immagini e lo chef con le parole, hanno fatto di questo loro particolare sguardo, applicato in ambiti diversi, un metodo con cui approcciarsi alla quotidianità e ottenere in cambio forme e sapori, spesso impensati, con cui colorare la vita.