Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di disegno di legge di delegazione europea che all’art. 4 contiene la delega per la reintroduzione dell’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari e per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento n. 1169/2011 in materia di etichettatura. Entrato in vigore a dicembre dello scorso anno, il provvedimento europeo, abolendo quest’obbligo, aveva suscitato le reazioni negative dei produttori e dell’opinione pubblica, che segnalavano un passo indietro nella trasparenza.
L’obbligo di indicare la sede dello stabilimento riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano. Allo stesso tempo partirà a breve la notifica della norma alle autorità europee per la preventiva autorizzazione. Era stato il ministro delle Politiche Agricole, Martina a chiedere di tornare all’obbligo di indicazione dello stabilimento e ad annunciare l’intenzione del governo di lavorare anche sul fronte europeo per quanto riguarda le norme comunitarie. L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri «è un passo importante – ha dichiarato Martina – che conferma la volontà del governo di dare indicazioni chiare e trasparenti al consumatore sullo stabilimento di produzione degli alimenti. Diamo una risposta anche alle tantissime aziende che hanno chiesto questa norma e hanno continuato in questi mesi a dichiarare lo stabilimento di produzione nelle loro etichette. Non ci fermiamo qui, porteremo avanti la nostra battaglia anche in Europa, perché l’etichettatura sia sempre più completa, a partire dall’indicazione dell’origine degli alimenti. Per noi si tratta di un punto cruciale, perché la valorizzazione della distintività del modello agroalimentare italiano passa anche da qui».
Di diverso avviso il mondo della distribuzione rappresentato da Confcommercio. «L’aver attribuito anche al ministero delle Politiche Agricole e Forestali la competenza in materia di etichettatura dei prodotti alimentari rischia di produrre una grave penalizzazione per tutto il sistema distributivo italiano – commenta l’organizzazione -. E la reintroduzione dell’obbligo di indicazione in etichetta dello stabilimento di produzione ne è il primo esempio. Infatti questo provvedimento non solo non è una misura che aumenta la competitività del made in Italy, ma rischia anche di tradursi in costi e oneri aggiuntivi per i soli operatori nazionali considerato che la norma si potrà applicare solo ai prodotti confezionati in Italia non essendo prevista a livello europeo e configurandosi, pertanto, come un chiaro caso di gold plating (l’introduzione, in sede di recepimento di direttive europee, di adempimenti ed oneri ulteriori rispetto a quelli definiti dal regolatore comunitario ndr.). Per questi motivi Confcommercio chiede che venga quanto meno assicurato a tutte le imprese della distribuzione italiana un congruo lasso di tempo per smaltire i prodotti già etichettati (senza l’indicazione dello stabilimento) e critica fortemente l’«ipotesi, peraltro non prevista nel regolamento 1169 del 2011, dell’ introduzione di un obbligo generalizzato di indicazione dell’origine degli ingredienti. Materia che, in ogni caso, impone un ampio confronto con tutti i soggetti interessati».