Dal risotto alla polenta, la cucina lombarda che piace all’estero

Dal risotto alla polenta, la cucina lombarda che piace all’estero

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Non solo spaghetti con le polpette e fettuccine Alfredo. Complice il diffondersi della cultura gastronomica, della curiosità culinaria e dei viaggi, la cucina italiana all’estero oggi riesce anche ad esprimersi in maniera autentica, facendo spazio ai prodotti e ai piatti regionali.

La Camera di commercio di Milano ha scelto di verificare l’impronta della buona tavola lombarda sul portale Italian Quality Experience promosso insieme a Unioncamere e alle altre Camere di commercio (www.italianqualityexperience.it). È emerso che sono 123 i ristoranti italiani (tra singole attività e catene) che all’estero offrono cucina regionale di tradizione o ispirazione lombarda certificati dalle Camere di commercio e che sono presenti prevalentemente in Europa (28%), Asia (27%) e Centro e Sud America (21%).

Si scopre anche che il simbolo del mangiare lombardo nei ristoranti esteri è il risotto, protagonista in un menù su tre, seguito dalla costoletta alla milanese (15%), dalle zuppe e i minestroni (15%) e dal vitello tonnato (11%). Diffusi anche la polenta e l’ossobuco alla milanese (un menù su dieci li offre). Ci sono inoltre gnocco fritto alla polenta con funghi freschi o gorgonzola, ossobuco, risotto alla milanese con midollo, tagliere di formaggi tipici lombardi, casonsei e zuppa bresciani, costoletta alla milanese, cannelloni di zucca alla cremonese, pulaster, chips di polenta fritta.

Proposte rispettose della tradizione e degli ingredienti tipici si traducono in promozione dell’agroalimentare e in un marketing diffuso. I prodotti partono soprattutto da Milano (oltre un miliardo), Bergamo (470 milioni) e Mantova (420). Carne, frutta, formaggi e prodotti farinacei vanno sulle tavole francesi, il pesce in Grecia, gli oli e i vini negli Stati Uniti, le granaglie e gli amidi in Germania. In crescita il Regno Unito, soprattutto per pane e prodotti da forno (+22%) e per vini e bevande (+11%) così come gli Stati Uniti (+14%), il Giappone per gli oli (+29,5%) e la Svizzera per le carni (+9,8%) e i pesci (+7,6%), secondo quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat nei primi nove mesi del 2015 e 2014.