IseodiPinta, in piazza 30 birrifici artigianali

iseo di pinta 2015

A Iseo si rinnova l’appuntamento con “IseodiPinta”, il festival della birra artigianale. Sabato 7 e domenica 8 maggio nel centro storico una trentina di birrifici proporranno le loro specialità. Ci saranno birrai dal centro e nord Italia, alcuni birrifici del Sebino, della Franciacorta e dalle Bergamasca. Dall’Europa, birre danesi, tedesche, norvegesi, inglesi, belghe, olandesi e austriache. Gli stand saranno visitabili sabato dalle 18 alle 24 e domenica dalle 12 alle 22. La manifestazione ha due obiettivi: valorizzare la qualità della produzione artigianale, mettendo in risalto la passione che muove i produttori e avvicinare la domanda a un consumo più etico, rivolto anche alla produzione artigianale e non solo alla grande distribuzione. Sarà proposta anche birra artigianale senza glutine.


Commercio, dalla Regione oltre 3,2 milioni per valorizzare i negozi sfitti

La Regione Lombardia lancia un nuovo progetto anticrisi per sostenere il commercio tradizionale. Si chiama “Stoà 2020”, per esteso Successful Shops in Towncenters Through Traders, Owners & Arts Alliance, ovvero negozi di successo nei centri urbani grazie all’alleanza tra commercianti, proprietari e arti, ed ha l’obiettivo di sostenere e rilanciare le attività del commercio in aree urbane, attraverso il recupero di spazi sfitti.

Per questa iniziativa il Pirellone ha stanziato più di 3,2 milioni di euro. Ad essere interessati sono i Duc, ovvero i Distretti urbani del commercio, che in Bergamasca sono quattro, quello della città di Bergamo, Treviglio, Seriate e Romano di Lombardia. Il progetto prevede l’introduzione di nuovi e più moderni servizi che rendano più vive e attraenti le vie commerciali delle città lombarde, progetti coordinati sui negozi sfitti e sull’arredo urbano.«Abbiamo voluto chiamare questa misura Stoà –  spiega  Mauro Parolini, assessore allo Sviluppo economico della Regione Lombardia – per evocare quello che nel mondo greco e romano era il portico colonnato che contornava la piazza, l’Agorà, dove si concentravano tutte le attività sociali ed economiche. Quei portici rappresentano ancora oggi, nei centri dei nostri paesi e nelle città, un centro commerciale naturale all’aria aperta, una unicità tradizionale che merita di essere ripensata, rilanciata e valorizzata attraverso azioni moderne ed innovative, che tengano conto dei profondi cambiamenti economici che, negli ultimi anni, hanno portato alla chiusura di molte saracinesche».

L’iniziativa continua idealmente le finalità della precedente iniziativa regionale di rivitalizzazione commerciale attraverso il franchising, che ha coinvolto 25 Comuni, oltre 100 imprese del settore, associazioni, soggetti pubblici e privati impegnati a rioccupare oltre 820 negozi sfitti.

Anche in questo caso la Regione farà leva sulla corresponsabilità dei Comuni, incentivando la creazione di nuove forme di aggregazione organizzate. Regione Lombardia concede  ai Comuni contributi fino a 100.000 euro per sostenere i progetti che nasceranno. Il contributo è destinato a sostenere, tramite il Comune capofila, Micro e PMI del commercio, del turismo, dell’artigianato e dei servizi. Per ogni Comune è ammesso un progetto complessivo di dimensione minima di 40.000 euro e non superiore ai 100.000. I progetti dovranno avere una durata minima di 12 mesi e massima di 24.


Il nuovo codice degli appalti, convegno all’i.Lab

Si svolgerà lunedì 9 maggio, nella sede dell’I.lab – Italcementi, al Kilometro rosso, il convegno “Il nuovo codice degli appalti D.Lgs. 50/2016”. L’evento, organizzato dalla Camera Amministrativa della Lombardia Orientale, dall’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti, dagli Ordini provinciali di Architetti e Ingegneri, gode anche del patrocinio della Consulta regionale degli Architetti PPC Lombardi, Consulta regionale degli Ingegneri della Lombardia e di ANCE Bergamo. La recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo Codice degli Appalti, la sua entrata in vigore e l’attesa per i decreti attuativi chiederà a professionisti, imprese e amministrazioni un cambiamento di paradigma contestualmente ad un regime transitorio in cui sarà ancora vigente il Regolamento Attuativo 207/10. Tale convegno mira, in questa prima fase, ad analizzare sia gli aspetti ritenuti positivi dal mondo delle professioni, sia le criticità che ad oggi sembrano delinearsi all’orizzonte. Tra gli esperti che interverranno, si segnala la presenza del Senatore Stefano Esposito, relatore della Legge Delega sugli Appalti.


Il Seminario Veronelli elegge il nuovo consiglio direttivo. Maculan presidente

“Il vino non è certo più necessario alla vita che la musica e la poesia. Ma che sarebbe la vita senza la musica, senza la poesia, senza il vino?”. Così scriveva Luigi Veronelli, critico, giornalista e intellettuale che per mezzo secolo ha accompagnato la crescita qualitativa dei vini, dei giacimenti gastronomici e della cucina d’Italia. Un’opera infaticabile a favore della cultura materiale che ancora oggi ispira il Seminario Permanente Luigi Veronelli, associazione senza fini di lucro di cui è stato a lungo Presidente Onorario. A costituire l’Associazione, il 7 aprile 1986, con Veronelli furono alcuni tra i più importanti vignaioli italiani: Piero Antinori, Giacomo Bologna, Marco Felluga, Ambrogio Folonari, Angelo Gaja, Vittorio Vallarino Gancia, Giannola Nonino, Mario Schiopetto e Maurizio Zanella. Il 7 aprile 2016, a trent’anni esatti di distanza, il Seminario Veronelli ha rinnovato i propri vertici con la volontà d’inaugurare un nuovo corso nella diffusione della cultura del vino e degli alimenti.

A presiedere l’Associazione è stata eletta Angela Maculan, figlia di Fausto – promotore attivo del rinascimento del vino italiano – e rappresentante di un’azienda che ha saputo imporsi scrivendo un nuovo capitolo della secolare storia dei vini di Breganze (Vicenza). Definita affettuosamente dal padre “miglior prodotto” dell’annata 1977, Angela racconta d’essere “nata in cantina”, d’aver approfondito la sua passione per la vitivinicoltura attraverso la laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie all’Università di Padova e d’aver appreso sul campo ad occuparsi dell’export dell’azienda familiare: grazie a numerosi viaggi all’estero, infatti, da vent’anni comunica al mondo l’eccellenza della cultura gastronomia italiana. Esperienze entusiasmanti e impegnative che l’hanno resa una professionista concreta, determinata, desiderosa di veder crescere la propria azienda e l’intero comparto vitivinicolo. A lei, dunque, il compito di guidare il nuovo consiglio direttivo, eletto nel giorno esatto del trentennale, una compagine composta da sostenitori convinti dei valori veronelliani, volti e cuori profondamente legati al Seminario Permanente Luigi Veronelli. I nuovi Consiglieri sono: Paolo Pizziol, direttore dell’azienda Villa (Monticelli Brusati, Brescia), Alessio Fornasetti, titolare di Torre San Quirico (Azzate, Varese), Fabio Contini, al secondo mandato da consigliere e patron, con la moglie Annalysa, dell’azienda Rossi Contini (Ovada, Alessandria) e Giuseppe Piazza, co-fondatore di Nordest Innovazione (Vicenza), società di consulenza aziendale per l’organizzazione e la gestione delle imprese con competenze specifiche nel mondo vitivinicolo. Alle esperienze e alle competenze del Consiglio Direttivo si aggiungono quelle di un’équipe coordinata da Andrea Bonini, confermato Direttore del Seminario Veronelli.


Caso Lodi, per la politica è tempo di pulizie non di attacchi alle toghe

Giorgio Gori stavolta è stato troppo impaziente. Se solo avesse aspettato di leggere gli atti che stavano uscendo da Lodi con ogni probabilità, da uomo accorto e attento a misurare le parole qual è, si sarebbe risparmiato quella che, fatti salvi gli aspetti personali, è parsa una difesa aprioristica del collega sindaco dem Simone Uggetti, arrestato per turbativa d’asta. Quel “personalmente lo conosco come persona per bene”, purtroppo per il nostro primo cittadino, stona di fronte a chi cerca di formattare il computer per nascondere le prove del trucco, si dà del cogl… da solo per non averlo fatto con la maestria dei lestofanti di professione e chiede appuntamento al comandante della Guardia di Finanza per cercare di conoscere se esiste una inchiesta su di lui. Fatta salva, come si dice sempre in questi casi, la presunzione d’innocenza, e sottolineato che non viene contestato un reato gravissimo (ma pur sempre un reato inaccettabile per un pubblico amministratore), la definizione di “persona per bene” non c’azzecca proprio con Uggetti.
Ma le battute a vuoto come quelle di Gori, seconda solo alla difesa d’ufficio del deputato pd Emanuele Fiano che a caldo ha tuonato “in tema di moralità non prendiamo lezioni da nessuno…” salvo smorzare i toni poche ore più tardi di fronte ai primi lanci di agenzia, succedono quando si mette il tema dei rapporti tra politica e magistratura su un piano di guerriglia. Come sta facendo da qualche settimana il lider maximo dei democratici. Quasi del tutto incurante degli scandali che ogni tre per due riempiono le cronache dei media, Renzi ha preso a sparacchiare parole un po’ a casaccio, fino a descrivere l’ultimo ventennio come caratterizzato da una sorta di “barbarie giustizialista”. Un marziano sceso per caso a fare un giretto tra Napoli e Roma non avrebbe saputo spararla più grossa. O forse a Firenze gli echi degli arresti avvenuti in ogni dove dello Stivale non sono mai arrivati, forse per non turbare la sensibilità artistica di chi vive in riva all’Arno.
Si capisce che, anche per talune uscite sopra le righe (più nei toni che nei contenuti) del nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo, siamo di nuovo alle prese con una delle tante riprese del lunghissimo match tra politica e toghe iniziato negli anni Novanta. Ma, senza per forza essere tacciati di giustizialismo, a noi piacerebbe che chi ha responsabilità pubbliche, si tratti di un premier o di un sindaco, cominciasse a condannare senza se e senza ma chi abusa del proprio ruolo prima di imbarcarsi in polemiche con la magistratura. Piaccia o non piaccia, fino a che i politici (di tutti i colori, intendiamoci, perché qui in Lombardia mica ce li siamo dimenticati i Mario Mantovani e i Fabio Rizzi) continuano a farsi beccare con le dita sporche di materia organica, non c’è speranza di riportare il confronto ad un clima sereno.
I cittadini ne hanno piene le tasche, reclamano pulizia e rigore. E se anche talvolta si coglie un eccesso nelle iniziative giudiziarie, ciò viene tollerato sull’altare della buona causa. L’unico modo per invertire questa tendenza, che è drammatica sia chiaro, è quella di una vera e netta assunzione di responsabilità da parte della classe politica. Che deve arrivare prima e più duramente della magistratura, che non può non sapere chi mette a tavola, che non può ritenersi impunita. Che non può definire “per bene” chi gioca con le gare d’appalto. Solo quando sarà stato fatto questo lavacro sarà possibile richiamare ciascuno ai propri ruoli. Prima di allora un bel silenzio, operoso se possibile, sarebbe la cosa migliore.

 


Il dettaglio alimentare resiste, «ma il fisco frena»

Fida-Confcommercio ha presentato a Roma l’osservatorio sulle imprese del dettaglio alimentare che riporta i dati sull’andamento del secondo semestre 2015 e le previsioni per il primo semestre 2016. L’osservatorio, realizzato dalla Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione in collaborazione con Format Research, registra un incremento nel clima di fiducia delle imprese del dettaglio alimentare ma appare chiaro come la via della ripresa, per quanto imboccata, sia ancora lunga e complessa.

«Manca ancora un miglioramento della redditività delle imprese – spiega Pierluigi Ascani, presidente Format Research – e persiste la stagnazione dei prezzi. Migliora la situazione relativa all’occupazione, aspetto che più degli altri concorre a configurare il 2015 come il primo anno di vera ripresa. Cresce, leggermente, la capacità delle imprese del dettaglio alimentare di far fronte ai propri impegni finanziari ma la metà di esse è riuscita solo con molta difficoltà a reggere il peso della pressione fiscale».

Nel dettaglio, l’indagine ha evidenziato che il 9,6% delle imprese del dettaglio alimentare ha già utilizzato il Jobs Act per assumere personale a tempo indeterminato. Di queste sette su dieci hanno approfittato delle nuove forme contrattuali per assumere personale ex-novo. Il 9,7% del campione, invece, afferma che è intenzionato a fare ricorso al Jobs Act per assunzioni nel prossimo semestre. Tuttavia il 22,7% di chi avrebbe voluto approfittare del bonus occupazionale dichiara di avervi rinunciato per il fatto che nel 2016 è previsto in forma ridotta.

Il 6,7% delle imprese del dettaglio alimentare ha registrato un incremento dello scontrino medio nel secondo semestre 2015 rispetto al secondo semestre 2014 e il 10% una crescita del numero di accessi al punto vendita, con indici più positivi per le pescherie rispetto ai negozi di alimentari e di ortofrutta. La quota di prodotti venduti in offerta risulta in calo. L’indicatore congiunturale (imprese che hanno dichiarato che i prodotti in offerta sono aumentati più la metà di quelle che hanno dichiarato che sono rimasti invariati) è pari a 52,2, in diminuzione rispetto al 54,1 registrato sei mesi fa.

Sul fronte della pressione fiscale, l’81,6% la considera aumentata, solo per lo 0,8% è diminuita. Nel periodo 2014-15 il 92% delle imprese è riuscita a far fronte al peso della pressione fiscale, ma di queste il 48,3% ci è riuscito con molta difficoltà. Si tratta in prevalenza di imprese fino a 5 addetti, imprese del Mezzogiorno e del Centro Italia e imprese della frutta e verdura. Esiste però un 8% di imprese che non è riuscito affatto a reggere il peso della pressione fiscale.

«Il settore del dettaglio alimentare, da molti erroneamente considerato ormai superato, conferma la propria capacità di resistere alle burrasche del mercato meglio di altri settori» commenta Donatella Prampolini Manzini, presidente nazionale Fida e vicepresidente nazionale Confcommercio: «Ciò non significa che la strada per l’uscita dalla crisi sia ormai spianata, ma che puntare sulla qualità del servizio e sulla specializzazione di funzione sono caratteristiche che meglio di altre mettono le imprese in condizioni di agganciare la ripresa dei consumi. Sul lato delle politiche occorre affrontare il tema della pressione fiscale che rimane un fattore di ostacolo alla crescita delle imprese». «Il taglio all’irap – ha detto Prampolini- è stato positivo soprattutto per le imprese di grandi e medie dimensioni ma non è stato avvertito dalle piccole imprese. Per questo motivo chiediamo l’adozione dell’Iri (imposta sul reddito imprenditoriale ndr.) per le piccole imprese e le ditte individuali». «Un altro aspetto che va affrontato, è quello degli studi di settore che devono cambiare logica: devono essere percepiti come uno strumento di “compliance” tra imprese e amministrazione».


Aromatiche, quel tocco in più per ogni piatto

Una foglia di melissa esalta l’asprezza di una limonata, quella di menta dà vigore a un tè freddo, mentre i fiori di monarda impreziosiscono un anonimo aperitivo. Il rosmarino è adatto a patate e arrosti oppure tritato si può unire all’impasto di soffici focacce e filoncini profumati. L’origano si abbina alla pizza, ma sta bene anche con carne di agnello e di maiale. Il basilico, invece, è da sempre l’ingrediente principe del pesto o della classica pasta al pomodoro. E poi c’è la salvia, inseparabile compagna di burro e pancetta nel condimento dei tradizionali casoncelli alla bergamasca. Insomma, le erbe aromatiche, anche quelle più comuni, conferiscono ai piatti di ogni giorno una nota di gusto.

Ma per condire le loro prelibatezze i veri amanti della cucina casalinga non possono certo rassegnarsi al sapore artificiale di spezie liofilizzate. Così negli ultimi tempi sta crescendo il numero di bergamaschi che preferiscono coltivare sul balcone di casa piantine aromatiche pronte all’uso. Grazie ai loro molteplici principi nutritivi, sono adatte a una dieta sana e rappresentano un valido sostituto del sale. «A Bergamo abbiamo una situazione favorevole e ottimale per la coltura delle erbe aromatiche – spiega Gabriele Rinaldi, direttore dell’Orto Botanico Lorenzo Rota di Bergamo Alta –. Aprile e maggio sono mesi ideali per trovare vivai ben forniti di piante di sicuro interesse per insaporire i nostri piatti. Sul nostro territorio sono attive alcune realtà che producono ortaggi biologici e piante aromatiche, ma questo non vieta al singolo di dotarsi di prodotti a chilometro zero direttamente a casa propria».

orto botanico 3Per trovare la giusta ispirazione per la creazione di un terrazzo profumato potrebbe rivelarsi di indubbia utilità una visita alla Valle della Biodiversità ad Astino. La sezione distaccata dell’Orto Botanico è infatti un piccolo angolo di paradiso dove vengono ospitate circa 300 specie differenti di piante e le loro 1.500 varietà in un terreno che si estende per 9.000 metri quadri di superficie. Unica realtà italiana dedicata interamente alle piante alimentari, la Valle della Biodiversità è stata protagonista lo scorso marzo a Milano dell’area dedicata agli orti botanici della Lombardia nell’ambito di “Fa’ la cosa giusta”, fiera del consumo critico e del vivere sostenibile. Un’occasione unica che ha dato ai visitatori la possibilità di scoprire il mondo dal punto di vista delle piante, attraverso storie, immagini, esperienze sensoriali e semplici esperimenti scientifici. «Ad Astino – racconta Rinaldi – abbiamo parecchie erbe aromatiche, soprattutto della famiglia della lamiaceae. Abbiamo specie declinate in più varietà con sapori particolari come la monarda, le cui foglie hanno un aroma simile al bergamotto e, essiccate, vengono usate nelle bibite, nel tè e nei sacchetti profumati. Ogni anno coltiviamo circa 150 piante con proprietà aromatiche. Le perenni sono visibili già ad aprile, le annuali crescono più avanti».

Per avere sapori sempre a portata di mano anche sul terrazzo di casa, non serve una particolare propensione. Bastano buona volontà, contenitori adeguati e un piccolo spazio: «Coltivazioni in vaso, fioriera, cassone o in un piccolo giardino danno grandi soddisfazioni – conferma Rinaldi –. Ci sono però alcuni elementi imprescindibili: tutte le piantine hanno bisogno di sole, un po’ di acqua e di terriccio di ottima qualità, possibilmente biologico senza residui chimici dannosi. I produttori di piante aromatiche in Bergamasca non sono moltissimi, le colture biologiche, poi, si contano sulle dita di una mano. I consumatori e i ristoratori, invece, dovrebbero essere più esigenti nel preferire le piante biologiche perché garantiscono più sicurezza alimentare e rispetto dell’ambiente».

Tra le piante più gettonate per gli orti casalinghi, spicca la salvia che è presente in natura con una decina di varietà differenti: «Il nome salvia significa salute e, non a caso, ha molte proprietà officinali. Aiuta la digestione dei grassi e ha parecchie qualità dal punto di vista culinario – prosegue il direttore –. Le varietà più eccentriche si possono trovare nelle mostre mercato. Alcuni tipi di salvia hanno sapore di ananas. Altra pianta facile da coltivare è la menta, perfetta nelle tisane o in un’insalata, con le sue varietà: la piperita con foglie appuntite, la menta comune, più opaca e rugosa, la tondifoglie, la marocchina… C’è poi il rosmarino che, lasciato in terra piena, diventa anche di due o tre metri di altezza con un bell’arbusto; il timo che cresce in vasi piccoli; la melissa che è infestante e quindi semplice da far sviluppare sul balcone di casa. E non dimentichiamo l’origano. Il finocchio si coltiva in un vaso da 18 ai 24 centimetri: i semi si usano per la tisana, per il pesce, per il riso, per il pane oppure consiglio di masticarli a fine pasto per una buona digestione».

Seppur ben curato, un orto casalingo non può durare per sempre: «Non illudetevi che le erbe aromatiche siano eterne – conclude Rinaldi –. Pur essendo perenni, dopo qualche anno tendono ad assumere un aspetto dimesso. Eventualmente, per mantenere vivo il nostro orto, si possono fare delle talee. Basta tagliare un rametto da una nostra piantina e farla radicare in un vaso con terreno umido oppure potrebbe essere divertente scambiarsi rametti tra amici per ottenere più varietà».

L’ESPERTO

Calliari: «Ecco come coltivarle in casa»

La moda di creare orti casalinghi sul balcone ha origini molto lontane. Già ai tempi degli assiri e babilonesi il sovrano Nabucodonosor aveva nel suo giardino pensile un angolo dedicato alle erbe aromatiche. Con la crescente disponibilità del sale, nel corso dei secoli le erbe sono state piano piano confinate a un utilizzo sporadico. Complici le loro proprietà salutari oggi sono però tornate a rivestire un ruolo di primo piano nella nostra cucina. E così, con l’arrivo della primavera, sono parecchi i bergamaschi che con vasi, semi e paletta alla mano si dilettano a far crescere pianticelle aromatiche- sul terrazzo di casa. Gino Calliari ex vivaista esperto in floricoltura e giardinaggio, ci spiega quali accorgimenti seguire e gli errori da evitare per avere erbe saporite e rigogliose.

Quali sono le erbe aromatiche più diffuse?

«La varietà di piante aromatiche è molto vasta. Le essenze più in uso sono salvia, rosmarino, basilico, timo, maggiorana, origano, prezzemolo, erba cipollina, alloro, erba di San Pietro».

Quali sono le condizioni più favorevoli per la coltivazione?

«Quasi tutte amano il pieno sole, più sono esposte, più sono aromatiche».

Come si sceglie il vaso giusto?

«Si coltivano sia in terrazzo, in cassettine oppure in fioriere a ciotola o a cassette, sia in pieno campo, lungo il perimetro dell’orto. Queste erbe aromatiche, quando sono in fioritura, vengono visitate da insetti pronubi che sono utilissimi per l’impollinazione degli ortaggi da frutto come esempio i pomodori, le melanzane, i peperoni, ecc».

Come possiamo proteggere le nostre piantine da insetti e parassiti dannosi?

«Per infestazioni da insetti meglio ricorrere a prodotti a base di piretro oppure di Neemazal, insetticida estratto dalla corteccia della pianta di Neem. Qualora si formassero delle infezioni da funghi tipo oidio, detto anche mal bianco, o maculature sulle foglie, consiglio di utilizzare prodotti bio a base di rame e zolfo».

Con quale frequenza vanno innaffiate le erbe aromatiche?

«L’innaffiatura per le piante in contenitore deve essere abbondante. Poi bisogna lasciare che il terriccio si asciughi quasi totalmente e poi bagnarle di nuovo».

Come si sceglie il terriccio?

«Il terriccio da usare per le fioriere deve essere di buona qualità, invece per le piante dimorate a cielo aperto è sufficiente un terreno di medio impasto con l’aggiunta di concime biologico».

Con che frequenza vanno concimate?

«Durante la stagione vegetativa le piante da contenitore vanno concimate ogni due mesi con concime biologico. Per le piante in piena terra la concimazione va effettuata alla fine dell’inverno e nel mese di maggio».

E quando arriva l’inverno?

«In inverno bisogna tagliare le aromatiche quasi a filo del terreno. Buona norma sarebbe quella di proteggerle al piede con foglie secche, torba, trucioli di legno, corteccia di pino o coprirle con un tessuto non tessuto, preferibilmente bianco. Prima della fioritura è bene togliere il fiore dalla erbe aromatiche in quanto la pianta migliora il suo aroma».

 

Per chi non ha il pollice verde

Produzioni biologiche made in Bergamo

Esiste anche una produzione locale e biologica di erbe aromatiche. A Esamate, frazione di Solto Collina, l’Azienda agricola “L’Asino del Lago”, coltiva una sessantina di varietà di erbe, tra aromatiche e officinali. Sono raccolte a mano esclusivamente nel periodo balsamico specifico per ogni specie e vengono essiccate con un metodo delicato che preserva i principi attivi. Diventano tisane e miscele aromatiche, che vengono confezionate in sacchetti, bustine e barattoli. Si possono trovare i classici salvia, rosmarino, origano, prezzemolo e timo, ma anche piante meno note, come il levistico montano, una sorta di sedano, o i mix di erbe e fiori per grigliate, arrosti, formaggi e minestre.

Anche sui Colli di Bergamo, nell’azienda agricola “Le Sorgenti”, è partita una coltivazione biologica di erbe e piante aromatiche con annesso laboratorio autorizzato per essiccarle, estrarre tinture madri e oli essenziali. L’iniziativa è di Fabrizio Gelmini e Cristian Testa, rispettivamente tossicologo e medico naturopata, con un approccio rivolto ad esaltare le virtù salutistiche delle aromatiche (e sono davvero tante), ma anche a dare la possibilità di utilizzare in cucina aromi biologici e a chilometro zero, come alloro, salvia, timo, menta e melissa. Da non sottovalutare nemmeno il loro l’utilizzo sotto forma di olio essenziale, come aromatizzante e pure per conservare meglio cibi e bevande, grazie al potere antimicrobico e antiossidante.

Acquisti sfusi per assaggiarne di più

Chi non ha una particolare propensione per gli orti fai-da-te potrà trovare una lunga serie di spezie, erbe e aromi pronti da mettere in tavola nel Negozio Leggero di via Don Luigi Palazzolo 11 a Bergamo. In questa bottega dedicata all’ambiente, al risparmio e alla buona alimentazione Sara Crema e Claudia Carissoni vendono oltre 1.500 prodotti sfusi dalla pasta alle tisane, dal detersivo al deodorante naturale e una buona selezione di erbe aromatiche. Qui è possibile fare la spesa comprando solo il contenuto e questo permette al cliente di acquistare le quantità necessarie, di provare articoli nuovi e di sperimentare in cucina con spezie, cereali, legumi della tradizione o prodotti etnici e vegan. «La definizione di pianta aromatica viene spesso interpretata in modi diversi – spiegano le responsabili della bottega Sara e Claudia – c’è infatti chi considera anche le spezie delle piante aromatiche. Quelle che noi intendiamo per erbe aromatiche e che si possono trovare nei nostri scaffali sono: origano siciliano da agricoltura biologica, timo, rosmarino italiano, erbe di Provenza (un mix di erbette molto profumato), alloro, maggiorana, melissa, erba cipollina, prezzemolo, dragoncello, menta italiana e da agricoltura biologica. Sono tutti prodotti selezionati Ecologos, un ente di ricerca ambientale applicata che ha fatto della riduzione dei rifiuti alla fonte il suo obiettivo e che svolge attività di ricerca scientifica dal basso coinvolgendo cittadini, amministrazioni pubbliche e realtà private con proposte concrete per un futuro sostenibile. Inoltre vendiamo tutto sfuso. L’assenza di imballaggi permette la riduzione dei rifiuti oltre che la possibilità di acquistare a prezzi accessibili una quantità minima di prodotto se lo si vuole solo provare, così da ridurre anche gli scarti alimentari». Negozio Leggero fa parte di una rete di negozi nata a Torino nel 2009 e oggi è presente in Italia con 12 punti vendita e uno in Svizzera, nel Canton Ticino.


Tra mamma e zia defunta, ecco l’impiegata comunale che non t’aspetti

Torre BoldoneLe occasioni di dire bene di qualche scheggia di istituzioni, di questi tempi, sono talmente rare che, quando capitano, non si può proprio perdere l’occasione di parlarne. Così, dopo tanti articoli in cui ho coperto di contumelie funzionari inefficienti, politicanti ignoranti o vigili pedanti, stavolta vi voglio sottoporre un brevissimo apologo, in cui, una volta tanto, i miei rapporti con la gestione della cosa pubblica mi hanno procurato piacere e soddisfazione. Dovete sapere che, qualche giorno fa, è morta improvvisamente una mia cara zia: era l’unica delle cinque sorelle di mia madre a non essersi sposata ed incarnava, anche per questo, la classica figura della zietta premurosa, che si fa in quattro per il prossimo, in infinite opere caritatevoli, oltre che, naturalmente, per i nipoti. Nelle sue ultime volontà, aveva espresso il desiderio di essere cremata: anche da morta, evidentemente, non voleva occupare troppo spazio o dare troppo fastidio.

Fatto si è che, non avendo altri parenti più prossimi, l’autorizzazione per la cremazione doveva essere firmata dalle due sorelle superstiti, vale a dire mia madre e mia zia Marinella. Per quel che riguarda la seconda, nessun problema: Marinella è la più giovane del sestetto e se la sbriga benissimo da sola. Mia mamma, però, ha novantaquattro anni ed un piede alquanto sifolino che, da qualche tempo, le impedisce di andarsene a spasso con passo bersaglieresco, cosa che era la sua specialità d’antan. Quindi, la firma dell’autorizzazione si è fatta un tantino complicata. Ve la faccio breve: mia zia è morta al “Bolognini” e il comune di residenza di mia mamma, ossia Torre Boldone, avrebbe dovuto inviare a Seriate l’autorizzazione via fax per sbloccare la procedura. Reso un po’ prevenuto dalle mie precedenti esperienze con la pubblica amministrazione, ho telefonato all’ufficio anagrafe di Torre Boldone, per domandare come dovessi procedere: erano le 8.45 e pensavo addirittura che non mi avrebbe risposto nessuno. Invece, contro i miei pregiudizi, mi ha subito risposto un’impiegata, gentilissima e disponibile, che mi ha spiegato nel dettaglio cosa avrei dovuto fare: anzi, per la verità, me l’ha anche ripetuto un paio di volte, avendo, evidentemente, capito subito che aveva a che fare con uno un tantino duro di comprendonio. Passo da mia mamma e ritirare la sua carta d’identità, indispensabile per la compilazione del modulo dia autorizzazione e me ne vado bel bello al Comune di Torre Boldone.

Ma la genetica non è un’opinione: se io sono un tantino duro, mia mamma è graniticamente negata alla realtà fenomenica. Difatti, la sua carta d’identità era scaduta nel 1993! Giunto allo sportello dell’anagrafe, con il mio bravo documento inutile da 23 anni, mi sarei meritato di sentirmi dare dell’asino somaro, a titolo individuale e familiare: viceversa, la gentile signora di cui sopra si è limitata ad attivarsi per risolvere la questione, non prima di aver espresso il proprio dispiacere per l’inconveniente. Non so dirvi se questo sia dipeso da una certa dimestichezza nel trattare con utenti pirla o da una congenita dolcezza di carattere: il risultato, comunque, è stato che il mio problema, previo intervento finale della zia Marinella nel ruolo di staffetta motorizzata, si è risolto in tempi rapidi, con piena soddisfazione di tutti. Lo so che efficienza e cortesia dovrebbero far parte del bagaglio deontologico di chi si rapporti con la cittadinanza: sta scritto nella “mission” di tutti i comuni d’Italia.

Siccome, però, tra la “mission” e la dura realtà c’è di mezzo l’oceano, io vi dico che a me questo modo di operare garba assaissimo e che voglio approfittare di questa mia rubrichetta per ringraziare quella sconosciuta signora e tutti gli impiegati come lei, che, anziché farsi i fatti propri, cercano di mettersi nei panni degli utenti, dandosi da fare oltre i loro obblighi istituzionali per facilitarne le incombenze burocratiche e, in definitiva, l’esistenza. Mia mamma mi aveva spesso tessuto le lodi del suo Comune di residenza, vantandone il riciclaggio ecologico, la cortesia degli addetti e degli abitanti, il benessere diffuso: confesso, però, che avevo attribuito tutto quanto all’incontrovertibile tendenza materna all’ottimismo nei confronti degli esseri umani. Ho dovuto ricredermi, in una circostanza, certamente spiacevole, ma resa, diciamo così, molto meno spiacevole dalla semplice cortesia personale. Ci vuole così poco ad accontentare un cittadino. Ci vuole così poco ad essere un pochino più umani.


Commercio, a Bergamo ancora segno “più”. In flessione l’alimentare

La produzione industriale di Bergamo cresce nel primo trimestre dell’anno sia su base trimestrale (+0,5%) che nel confronto tendenziale (+1,7%) rileva l’indagine congiunturale della Camera di Commercio. Il risultato del campione provinciale si inserisce sullo sfondo di una tendenza debolmente espansiva che prosegue, anche se in decelerazione, a livello dell’intera Lombardia (+0,1% nel trimestre, +1,3% sull’anno).

La fase di ripresa del ciclo in provincia di Bergamo è confermata dall’indice di diffusione che vede prevalere le imprese in espansione, con un aumento relativo delle indicazioni positive e negative agli estremi della scala. Le imprese di maggiori dimensioni registrano risultati nettamente migliori rispetto alle piccole e medie aziende.

Il fatturato cresce, in uno scenario deflazionistico, a buoni ritmi (+0,9% nel trimestre, +3,5% anno su anno), con variazioni più brillanti per le vendite sul mercato nazionale rispetto a quelle estere. Gli ordinativi sono ancora in crescita.

Note positive vengono dal versante occupazionale. La variazione a saldo nel primo trimestre dell’anno è positiva e il tasso d’ingresso degli addetti dell’industria – dopo il rialzo nel precedente trimestre probabilmente influenzato dalla prevista riduzione degli esoneri contributivi sulle assunzioni dal 1° gennaio – si mantiene sugli stessi livelli dell’anno precedente.

Le previsioni delle imprese per il prossimo trimestre restano prevalentemente improntate all’ottimismo.

Nell’artigianato di produzione l’indicatore del ciclo è tipicamente più variabile. Dopo il balzo della scorsa indagine, la variazione congiunturale si riporta in territorio negativo (-1,3%) ma rimane al di sopra (+1,2%) dei livelli di un anno fa. Anche nell’artigianato manifatturiero l’occupazione è in netto aumento a inizio anno.

Nel commercio si fa più incerta, a Bergamo come in Lombardia, la risalita dei consumi finali: prosegue la crescita tendenziale ma con una dinamica congiunturale in decelerazione (+0,2%) e, a livello regionale, di poco negativa (-0,3%). Si notano ampie differenze a seconda delle merceologie e, probabilmente, dei canali di vendita.

A Bergamo, nel commercio al dettaglio continua il recupero su base annua: il volume d’affari dell’intero commercio cresce del +1,8%, ma con andamenti merceologici molto diversi: negativi nel settore alimentare (-3,7%), positivi nel non alimentare (+2,5%). Nel commercio non specializzato il giro d’affari risulta in crescita (+2%). Secondo i dati IRI – Information Resources, inoltre, volumi e valori delle vendite di prodotti del largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati sono in netto calo tendenziale a Bergamo nel primo trimestre dell’anno.

Tornando all’indagine campionaria regionale, le imprese commerciali di Bergamo che segnalano un aumento tendenziale delle vendite prevalgono su quelle in difficoltà con un saldo positivo leggermente inferiore rispetto al trimestre precedente. L’occupazione, nell’insieme del commercio, al netto della stagionalità registra una caduta nel primo trimestre del 2016. Gli addetti nel primo trimestre del 2016, diminuiscono a Bergamo (- 1,1% a saldo di un tasso d’ingresso grezzo del 3,5% e di un tasso di uscita del 4,5%) e in misura più contenuta in Lombardia (-0,3%). L’indice dell’occupazione, fatto 100 il livello medio del 2007, è a Bergamo a quota 87,8, mentre in Lombardia è al 93,3.

Poco brillante il quadro congiunturale nei servizi. Il giro d’affari cala del -0,5% su base annua, sia a Bergamo che nell’insieme della regione. Le vendite crescono, a Bergamo come in Lombardia, nel commercio all’ingrosso e nei servizi alle persone.

Per alberghi e ristoranti si registra una leggera flessione a Bergamo e una decelerazione in Lombardia. Negativo il giro d’affari nei servizi alle imprese.

L’occupazione è stazionaria e Bergamo si mantiene su un trend distante da quello, più stabilmente positivo, della Lombardia.

Infine, nelle costruzioni si conferma una crescita del volume d’affari (intorno ai 3 punti percentuali nella media regionale) e prosegue un lento miglioramento delle proiezioni a breve termine che, per la prima volta da quattro anni, vedono prevalere aspettative positive sull’evoluzione di fatturato e occupazione.


«Vi racconto cosa significa lavorare in un ristorante stellato»

Aimo e Nadia è uno di quegli indirizzi dai quali non si può prescindere se si vuole entrare in contatto con la storia della ristorazione italiana. Perfino oggi che Aimo ha superato gli ottanta anni di età, che si mostra un po’ meno nel ristorante ed ha passato il timone di comando a una formidabile coppia di giovani e brillanti cuochi, capaci idealmente (e non solo) di unire a tavola l’intera penisola, visto che Alessandro Negrini è un valtellinese Doc, mentre Fabio Pisani arriva dalla lontana Puglia.

Uno degli aspetti più sorprendenti di questo inevitabile avvicendamento nel locale di via Montecuccoli a Milano è stato certamente l’approccio soft, da parte del duo Negrini/Pisani, e la volontà di mantenere lo stile e l’impronta tradizionale della cucina storica, pur con interessanti accorgimenti che hanno saputo portare il ristorante verso uno stile più moderno e lineare. Anche quando si è trattato di presentare i classici della casa o, invece, di stimolare la curiosità del cliente verso nuovi prodotti e delizie del Bel Paese.

L’esperienza a tavola qui diventa un vero e proprio Gran Tour italiano come dicono delizie quali la cicerchia, i calamaretti spillo, i mandarini di Calabria o il bergamotto che spuntano puntualmente dal menù. In attesa di scoprire quali saranno le novità che riguardano Aimo e Nadia per le prossime stagioni, visto che si parla di un restyling della sala e di un dehors esterno tutto ancora da realizzare, abbiamo incontrato uno dei due cuochi, Alessandro Negrini, per capire, tra le altre cose, dove sta andando la cucina italiana e come lavorano ai fornelli i giovani che escono dalle scuole alberghiere. Un discorso curiosamente affrontato proprio nel momento stesso in cui dalla porta d’ingresso del locale faceva capolino un cinese di quindici anni che, prendendo a due mani il coraggio, ha chiesto ai due cuochi di poter fare uno stage presso il ristorante.

Cosa sta accadendo di questi tempi nei ristoranti? Quali sono i trend del momento, le principali novità e cosa chiedono i clienti?

«Non è difficile da dire. Perché se vogliamo è anche quello che ci aspettiamo quando varchiamo la soglia di un ristorante. Si tratta dell’emozione, della capacità di trasmettere attraverso il cibo un’immagine, una persona, un luogo, un pensiero felice. In fin dei conti sono quelle stesse sensazioni che noi abbiamo codificato nel tempo e nella nostra memoria gustativa e che ci piace poi ritrovare nel piatto. Anche per questo la storia e la tradizione qui da Aimo e Nadia sono un valore imprescindibile. Se invece si vuole fare il gioco di quale potrebbe essere l’ingrediente più in voga per il 2016, io dico che saranno le cozze. E in realtà non è un’ affermazione dettata da certezze incrollabili, se non per il fatto che le vedo sempre più presenti in molti menù. Poi sai, tutto accade ciclicamente e come la vita anche la cucina è una ruota che gira. Non dimentichiamo il successo che, ad esempio, hanno avuto le acciughe o l’aceto balsamico nel recente passato».

Da parte del cliente c’è anche un approccio più salutista e attento verso quello che si mangia?

«Sicuramente, e non è una questione di opportunità da parte del ristoratore, come molti pensano. In realtà le porzioni nel corso degli anni sono decisamente diminuite ed è un dato di fatto che chi si siede al tavolo fa fatica a mangiare in quantità. Non a caso si tende a star meno seduti al ristorante rispetto a un tempo».

Veniamo a un tasto che in Italia a volte è dolente, quello della formazione dei giovani che escono dalle scuole e vengono catapultati nelle cucine.

«Come sempre in questi casi, conta molto la provenienza del giovane. Ci sono scuole che lavorano bene e altre meno bene. In realtà andrebbe fatta una rigorosa selezione già all’ingresso delle scuole, per scremare chi vede la professione come un bel gioco del momento, grazie anche al successo mediatico di tutto ciò che riguarda il food. In questo modo avremmo dei giovani vogliosi e pronti ad affrontare nel migliore dei modi il mondo del lavoro. Poi c’è da dire che non tutti gli istituti alberghieri possono contare su insegnanti validi e che fanno loro stessi una continua formazione e si aggiornano sulle novità della ristorazione; e questo è un grandissimo problema. Infine manca il lato pratico delle scuole alberghiere, un po’ per questione di investimenti è un po’ perché queste istituzioni sono spesso mosse da meccanismi burocratici che non aiutano. Così il giovane si ritrova da un giorno all’altro a passare dal lato teorico della cucina a quello pratico, con gravi difficoltà. In un mondo che, in qualche modo, è un po’ militaresco».

Da Aimo e Nadia cosa chiedete ai giovani che bussano alla vostra porta?

«Innanzitutto la serietà. Poi un pizzico di curiosità ma sempre restando fermi al proprio ruolo. Negli ultimi anni ho visto troppo spesso da parte di giovani di talento perdere il senso delle proporzioni, voler a tutti i costi correre verso il futuro, quando invece andrebbe prima studiato e conosciuto meglio il passato. C’è sempre la tendenza a voler fare i fenomeni e a non restare umili. Invece se c’è una cosa che ci insegna la cucina di Aimo è l’assoluta grandezza della cucina di tradizione, dell’italianità, di un pensiero genuino da diffondere e interpretare in modo da incuriosire anche le nuove generazioni di clienti che magari si affacciano per la prima volta alla grande ristorazione».

Qual è il lavoro fondamentale per un ristorante che, come Aimo e Nadia, vanta due stelle Michelin?

«Innanzitutto l’accoglienza e l’attenzione per il cliente che deve vivere i suoi momenti nel ristorante come un’esperienza unica. Poi c’è anche la creatività della cucina, ma senza lasciarsi prendere la mano. Altrimenti ci si perde. Invece, la costanza, il rigore, la serietà, la passione permettono di durare più a lungo. Il progetto è sempre quello di migliorarsi, di avvicinare clienti nuovi».

Una bella sfida per due cuochi così diversi per provenienza e background…

«Sì, ma io e Fabio in qualche modo ci completiamo a vicenda. È sempre stimolante e divertente questo dualismo nord/sud che si avverte in cucina anche se poi per entrambi la missione è quella di preservare il gusto primario e il “bambino” creato da Aimo. Con l’idea di riattivare la memoria gustativa attraverso piatti in parte nuovi. Noi percepiamo Il Luogo di Aimo e Nadia come un ristorante che ha una sua forza essenziale e in fin dei conti non ci sentiamo dei traghettatori. Infatti i clienti storici continuano a tornare e a rivivere certe sensazioni. Per assurdo, un giorno io e Fabio potremmo perfino non essere più in cucina, eppure il ristorante continuerebbe a vivere da protagonista».

Non a caso molti sono piatti della memoria…

«Certo, basti pensare alla Zuppa etrusca, con verdure dell’orto, legumi e farro della Garfagnana alle erbe aromatiche e fiori di finocchio selvatico. Con tutte le verdure che vengono cotte separatamente e assemblate solo all’ultimo. Oppure gli Spaghetti al cipollotto fresco e peperoncino, che risale, nella sua prima versione, all’anno 1965. E in mezzo a tutto questa storia c’è anche qualche tocco di Valtellina e di Puglia. Il ricordo delle mie valli lo si incontra subito a inizio pasto, visto che utilizzo il grano saraceno in una cialda croccante con burro e arancia, mentre il sud esce con tutta la sua prepotenza nella Cicerchia con marasciulo, lampascioni e olive, oppure nel raviolo di baccalà con pasta di pane di Matera».