Tra mamma e zia defunta, ecco l’impiegata comunale che non t’aspetti

Tra mamma e zia defunta, ecco l’impiegata comunale che non t’aspetti

image_pdfimage_print

Torre BoldoneLe occasioni di dire bene di qualche scheggia di istituzioni, di questi tempi, sono talmente rare che, quando capitano, non si può proprio perdere l’occasione di parlarne. Così, dopo tanti articoli in cui ho coperto di contumelie funzionari inefficienti, politicanti ignoranti o vigili pedanti, stavolta vi voglio sottoporre un brevissimo apologo, in cui, una volta tanto, i miei rapporti con la gestione della cosa pubblica mi hanno procurato piacere e soddisfazione. Dovete sapere che, qualche giorno fa, è morta improvvisamente una mia cara zia: era l’unica delle cinque sorelle di mia madre a non essersi sposata ed incarnava, anche per questo, la classica figura della zietta premurosa, che si fa in quattro per il prossimo, in infinite opere caritatevoli, oltre che, naturalmente, per i nipoti. Nelle sue ultime volontà, aveva espresso il desiderio di essere cremata: anche da morta, evidentemente, non voleva occupare troppo spazio o dare troppo fastidio.

Fatto si è che, non avendo altri parenti più prossimi, l’autorizzazione per la cremazione doveva essere firmata dalle due sorelle superstiti, vale a dire mia madre e mia zia Marinella. Per quel che riguarda la seconda, nessun problema: Marinella è la più giovane del sestetto e se la sbriga benissimo da sola. Mia mamma, però, ha novantaquattro anni ed un piede alquanto sifolino che, da qualche tempo, le impedisce di andarsene a spasso con passo bersaglieresco, cosa che era la sua specialità d’antan. Quindi, la firma dell’autorizzazione si è fatta un tantino complicata. Ve la faccio breve: mia zia è morta al “Bolognini” e il comune di residenza di mia mamma, ossia Torre Boldone, avrebbe dovuto inviare a Seriate l’autorizzazione via fax per sbloccare la procedura. Reso un po’ prevenuto dalle mie precedenti esperienze con la pubblica amministrazione, ho telefonato all’ufficio anagrafe di Torre Boldone, per domandare come dovessi procedere: erano le 8.45 e pensavo addirittura che non mi avrebbe risposto nessuno. Invece, contro i miei pregiudizi, mi ha subito risposto un’impiegata, gentilissima e disponibile, che mi ha spiegato nel dettaglio cosa avrei dovuto fare: anzi, per la verità, me l’ha anche ripetuto un paio di volte, avendo, evidentemente, capito subito che aveva a che fare con uno un tantino duro di comprendonio. Passo da mia mamma e ritirare la sua carta d’identità, indispensabile per la compilazione del modulo dia autorizzazione e me ne vado bel bello al Comune di Torre Boldone.

Ma la genetica non è un’opinione: se io sono un tantino duro, mia mamma è graniticamente negata alla realtà fenomenica. Difatti, la sua carta d’identità era scaduta nel 1993! Giunto allo sportello dell’anagrafe, con il mio bravo documento inutile da 23 anni, mi sarei meritato di sentirmi dare dell’asino somaro, a titolo individuale e familiare: viceversa, la gentile signora di cui sopra si è limitata ad attivarsi per risolvere la questione, non prima di aver espresso il proprio dispiacere per l’inconveniente. Non so dirvi se questo sia dipeso da una certa dimestichezza nel trattare con utenti pirla o da una congenita dolcezza di carattere: il risultato, comunque, è stato che il mio problema, previo intervento finale della zia Marinella nel ruolo di staffetta motorizzata, si è risolto in tempi rapidi, con piena soddisfazione di tutti. Lo so che efficienza e cortesia dovrebbero far parte del bagaglio deontologico di chi si rapporti con la cittadinanza: sta scritto nella “mission” di tutti i comuni d’Italia.

Siccome, però, tra la “mission” e la dura realtà c’è di mezzo l’oceano, io vi dico che a me questo modo di operare garba assaissimo e che voglio approfittare di questa mia rubrichetta per ringraziare quella sconosciuta signora e tutti gli impiegati come lei, che, anziché farsi i fatti propri, cercano di mettersi nei panni degli utenti, dandosi da fare oltre i loro obblighi istituzionali per facilitarne le incombenze burocratiche e, in definitiva, l’esistenza. Mia mamma mi aveva spesso tessuto le lodi del suo Comune di residenza, vantandone il riciclaggio ecologico, la cortesia degli addetti e degli abitanti, il benessere diffuso: confesso, però, che avevo attribuito tutto quanto all’incontrovertibile tendenza materna all’ottimismo nei confronti degli esseri umani. Ho dovuto ricredermi, in una circostanza, certamente spiacevole, ma resa, diciamo così, molto meno spiacevole dalla semplice cortesia personale. Ci vuole così poco ad accontentare un cittadino. Ci vuole così poco ad essere un pochino più umani.