Lavoro, le opportunità
e i consigli per i giovani
in piazzale Alpini.
Il 30 aprile l’iniziativa
Adecco Way To Work

Adecco Way To Work™ è il nuovo programma su scala globale che l’azienda dedicata al sostegno e al supporto dei candidati in cerca di una occupazione. Il 30 aprile, in oltre 50 Paesi, tra cui l’Italia, migliaia di dipendenti Adecco si renderanno disponibili fuori dai propri uffici e filiali per offrire consigli, indicazioni e strumenti a chi è in cerca di un’occupazione. La prima edizione di Adecco Way to Work™ sarà rivolta in particolar modo ai giovani under 30, categoria più colpita dalla crisi occupazionale in atto. I dati sulla disoccupazione giovanile (15-24 anni) sono drammatici: in Italia, l’Istat (febbraio 2013) denuncia un tasso di disoccupazione giovanile pari al 37,8%. Sono 647mila i giovani in cerca di lavoro, ossia il 10,7% della popolazione in questa fascia di età.

Anche Bergamo sarà coinvolta in questa iniziativa con un corner in piazzale Alpini, dove i professionisti di Adecco saranno a disposizione dalle 10 alle 15.
Sono già oltre 280.000 i giovani under 30 che in Lombardia si affidano ai servizi di Adecco. Al momento, nell’area di Bergamo sono circa 165 le offerte di lavoro attive. Il settore metalmeccanico e quello alimentare si confermano come i più virtuosi in termini di opportunità di impiego. Tra i profili più richiesti oggi dalle aziende bergamsche si segnalano ingegneri, periti meccanici, profili specializzati in ambito tecnico e meccanico e impiegati commerciali con conoscenza delle lingue. La ricerca si concentra in particolare sugli ingegneri meccanici, profili commerciali con la conoscenza del tedesco e i periti meccanici, figure queste particolarmente difficili da trovare nel territorio. 
Proprio per favorire l’incontro tra offerta e domanda di lavoro, sempre più attenta ai profili specializzati,  Adecco metterà a disposizione di tutti gli utenti interessati e registrati al sito www.adecco.it/WaytoWork una serie di corsi di formazione gratuiti in ambito tecnico per tutto il corso del 2013.


Il boom degli chef a domicilio

Le nuove frontiere della ristorazione sono anche quelle domestiche. Se fino all’altro ieri poter contare su un personal-chef per curare nei minimi dettagli convivi formali e piccoli ricevimenti era appannaggio di una sparuta élite di padrone di casa, oggi è sempre più massiccia la richiesta di professionisti in cucine molto lontane da quelle della ricca e  grassa borghesia d’un tempo, per non parlare di quella di palazzi blasonati e antiche corti. Dall’haute-cuisine d’antan delle più potenti corti d’Europa, che hanno dato alle stampe le prime bibbie culinari e diffuso l’uso delle buone maniere e di una certa etichetta a tavola, si è ormai entrati nella stagione della cucina pret-a- porter con un bacino di utenti molto più ampio. Una svolta “democratica” per la cucina d’autore, ricercata non solo per le grandi occasioni – dal fidanzamento alla laurea, dall’anniversario al compleanno – ma anche per una semplice e rilassante cena tra amici finalmente scaccia-pensieri e scansa-fatiche anche per i padroni di casa. Le richieste sono le più diverse: dal menù speciale per due (magari accompagnato da una luccicante promessa incastonata) al barbecue all’americana tra amici, dalla cena etnica al convivio politico, dal battesimo al buffet informale. C’è chi ama, sulla scia del successo dei reality e con l’avvento della figura dello chef mediatico, lo show-cooking per concedere alla vista dei propri ospiti lo spettacolo dell’arte disinvolta ai fornelli del professionista.  Di contro non mancano le “sciure bene” che  nasconderebbero invece lo chef nella credenza e che invece di limitarsi a dissimulare la propria incapacità ai fornelli si fingono direttamente grandi chef senza nemmeno disturbarsi ad accendere il forno. Le richieste sono spesso le più strampalate: chi vuole solo una certa divisa e di un certo colore, chi chiede un menù speciale anche per Fido e chi si accolla l’onere delle compere salvo poi dimenticarsi irrimediabilmente l’ingrediente forte della serata. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo: per questo chi si presta ad infilare pentole ed attrezzi del mestiere nella propria “valigetta” e ad abbandonare i confini del regno della propria cucina è prima di tutto un guru nel districarsi tra piccoli e grandi problemi e spesso un vero maestro dell’improvvisazione ancorché consapevole. Tra aneddoti e tendenze, tre chef raccontano la loro esperienza in trasferta, dalla villa esclusiva all’attico, all’appartamento più comune. Non manca un appassionato, come Nuccio Longhi, che si sta proponendo per cene ed eventi a domicilio.   

Mirko Ronzoni
Il ragazzo dalle belle promesse che ha cucinato a casa di Colin Firth

Classe 1990, Mirko Ronzoni collabora con l’Accademia del Gusto in qualità di junior-chef e ha alle spalle esperienze e stage presso ristoranti rinomati, dal Miramonti di Concesio all’Anteprima di Chiuduno ad un lavoro oltre Manica, nel ristorante del Corinthia Hotel di Londra.  Ora è impegnato a Bucarest nell’avvio con Andrea Mainardi, chef di Officina Creativa, ristorante con un solo tavolo a Brescia, del The Lounge Contemporary Cuisine, ristorante italiano che propone una cucina rivisitata e al passo coi tempi. Secco e disilluso, nonostante l’età,  il commento sullo stato della cultura del cibo nel nostro Paese: “La cucina è un pilastro della nostra economia ma non gode della giusta attenzione, mentre all’estero è apprezzata come non mai. A Londra il mercato è fiorente e in Francia è normale per ogni famiglia investire per un’occasione speciale, almeno una volta all’anno, in una cena in un grande ristorante stellato. Qui nessuno si fa problemi a spendere 600 euro per un paio di Louboutin – le famose scarpe dalla suola rossa, ndr. – ma di fronte ad una richiesta che superi i 30 euro a commensale l’imprenditore o il professionista  storcono il naso”. Le proposte per un menù a casa sono sempre concordate in anticipo: “Le richieste di servizi sono in crescita perché la cena a casa è una formula che piace sempre di più. Va molto il barbecue per chi ha uno spazio all’aperto e la formula più informale a buffet. E’ sempre una soddisfazione poter preparare un piatto davanti ai commensali e stabilire un contatto con i clienti e cucinare per loro un risotto o un piatto davanti ai loro occhi. Stare rinchiuso in cucina non mi piace, anche se capita spesso. Non amo nemmeno l’imposizione della divisa: adoro i miei grembiuli di jeans e le mie scarpe colorate”. Ronzoni, commis alla selezione nazionale del Bocuse d’Or nel 2010, ha cucinato al ristorante Massimo del Corinthia Hotel a Londra per star del calibro di Johnny Depp e Tim Burton ed ha avuto l’onere e l’onore di cucinare a casa per gli ospiti di Colin Firth e della moglie, la produttrice italiana Livia Giuggioli: “E’ stata un’esperienza interessante e sia lui che la moglie sono molto alla mano, ma la soddisfazione più grande è sempre quella di portare la cucina nelle case, possibilmente senza troppe etichette e formalismi”.

Manuel Poli
Dal circolo più esclusivo di Milano alle cucine dei vip

Lo chef di origine bergamasche, milanese d’adozione, Emanuele Poli dopo aver firmato catering importanti in tutta Italia come responsabile food & beverage per Papillon Eventi, aver lavorato all’Hotel Principe di Savoia e al Grand Hotel Verdi, archiviata l’esperienza di chef executive al Mercato del Pesce di Milano, è approdato al Clubino nella Casa degli Omenoni, palazzo del Seicento a due passi dalla Scala. Sua la responsabilità della cucina del club per gentiluomini tra i più esclusivi  ed elitari d’ Italia, ritrovo dell’aristocrazia  e dell’alta borghesia milanese ed italiana, che dà accesso a club come il Knickerbocker di New York e il Boodle's di Londra. Da diversi anni Poli cura cene e ricevimenti in casa, dal vip all’imprenditore di turno, alla famiglia più comune: “La formula preferita è quella all’insegna del minimalismo zen orientale, con finger-food e stuzzichini soprattutto a base di pesce proposti a buffet, che fanno vivere maggiormente la casa e creano un clima più amichevole ed informale. La proposta-tipo prevede pesce crudo e cotto, moltissime verdure, frutta e due o tre tipi di dolce. Un menù più light, salutare e vitaminico, insomma”.  In ascesa lo show-cooking: “Le piastre ad induzione consentono ormai di cucinare ovunque. Realizzare uno o due piatti davanti agli ospiti, dal risotto ad altre ricette espresse, è sempre più richiesto e alla moda”. Negli ultimi anni si assiste ad una vera e propria riscoperta del barbecue: “Cucinare pesce e carne alla brace o un maialino al girarrosto è sempre più richiesto. Chi può con la bella stagione condivide con gli amici grandi terrazzi in città e giardini in campagna”. La cucina tradizionale non perde la sua aura: “Il servizio più classico continua ad essere richiesto e chi lo sceglie ama portare in tavola argenteria e porcellane di famiglia. C’è anche chi si limita a far sfornare al maggiordomo l’arrosto e tiene al fatto che tutto sembri frutto di una cucina casalinga”.  L’allestimento della tavola è sempre più sobrio: “Stanno scomparendo i fiori. Il vero spettacolo è il cibo: via libera a cascate di pane, frutta e verdura intagliate e composizioni semplici. Sui vini tornano alla ribalta le bollicine di casa nostra, dalla Franciacorta al Prosecco”. Cresce anche il desiderio di esotico: “Sono sempre più gli italiani che organizzano cene a tema, soprattutto orientali e sudamericane. Sempre richiesta anche la cucina Kasher ebraica, che richiede una conoscenza degli ingredienti permessi e proibiti dalla Torah”. In tanti anni di servizi, si può dire che Poli ne abbia viste davvero di tutti i colori: “C’è chi richiede livrea bianca  e guanti, chi la giacca alla coreana. Mi è capitato anche di cucinare per il cagnolino di casa del filetto al vapore e di dover cambiare menù o aggiustarlo all’ultimo momento perché chi insisteva a far la spesa da sé si era dimenticato l’ingrediente base”.  Innumerevoli gli eventi memorabili all’insegna  degli eccessi: “Tra i servizi più importanti ricordo la partita con chef francesi per un matrimonio a Montecarlo tra il figlio di un ministro greco e una ragazza russa con più di duecento ospiti, con piatti di entrambe le tradizioni, una ricetta italiana e francese, tra panfili e bordo piscina. Incredibile un matrimonio rom a Bergamo durato tre giorni a Cascina San Carlo con furgoni di frutta esotica, 45 torte diverse, cinque chef venuti dalla Francia per non parlare delle cuoche private che hanno cotto alla brace quattro vitelli e venti agnelli serviti interi a tavola”.

Manila Degiovanni
Tra i clienti anche musicisti ed esponenti politici di primo piano

Da oltre dieci anni Manila Degiovanni, diploma all’alberghiero ed esperienze in diversi ristoranti bergamaschi, da “Bernabò” alla “Vendemmia”, e catering (“da Vittorio”, “Acquaroli” e “Longhi”), si è specializzata nel servizio a domicilio per eventi privati e convivi contribuendo a far riaprire ai bergamaschi e non solo le porte della propria casa. E’ la chef di riferimento di esponenti politici – principalmente lumbard o di sponda azzurra – dal senatur Umberto Bossi, agli onorevoli Davide Caparini, agli ex ministri Franco Frattini e Roberto Castelli, per le grandi occasioni, a partire dalla cena di San Silvestro al castello di Ponte di Legno. Tra i clienti vip, anche il leader dei Pooh Roby Facchinetti e imprenditori e professionisti. “Quando ho iniziato a curare i primi eventi la figura dello chef a domicilio era ancora poco considerata e anche per piccoli ricevimenti ci si affidava a catering. Oggi è diventata la mia attività primaria: la cucina e la figura dello chef non sono mai stati così alla ribalta ed anche per piccole cene tra amici ed aperitivi rinforzati chi ha la possibilità si affida ad un professionista. Penso a tutto l’occorrente, dall’attrezzatura alla spesa, all’allestimento della tavola realizzando la cena che ogni cliente desidera”. Non la spaventano le cucine lillipuziane: “Anche se non manca chi ha una cucina quasi professionale, con tanto di abbattitore e sottovuoto, la maggior parte delle cucine sono mignon. Ma non è un problema: tutto si può fare anche in una cucina piccola, l’importante è attrezzarsi specialmente per stipare e conservare gli alimenti. La cucina del castello di Ponte di Legno, ad esempio, è minuscola eppure con un po’ di organizzazione cucinare per trenta non è un problema”. Tra i cavalli di battaglia di Manila la cucina di mare, ma anche quella del territorio rivisitata, selvaggina e cacciagione in testa,  per non parlare del risotto ai funghi di cui va matto Bossi. “Adoro cucinare il pesce e i risotti, che sono i piatti che personalmente amo di più. Mi piace rispettare e seguire la stagionalità degli ingredienti, per cui la proposta di menù varia di continuo”. Spesso e volentieri bisogna mettere in campo la fantasia e l’arte dell’improvvisazione: “Manca sempre qualche ingrediente e spesso nascono ricette o presentazioni interessanti. Ricordo di aver adagiato senza pensarci un carpaccio di cervo su un letto d’insalata per una cena della Lega. Le foglie verdi ricordavano la rosa camuna e ci fu una vera e propria standing ovation”.

Nuccio Longhi
L’ex concessionario ora insegue la sua passione per i fornelli

Dopo 46 anni di lavoro in concessionaria e dieci anni di presidenza del Gruppo Concessionari Opel a livello nazionale, Nuccio Longhi, costretto a chiudere la storica concessionaria di famiglia, si è rimboccato le maniche per inseguire la sua passione per la cucina. “In un momento davvero difficile della mia vita ho ricevuto tante manifestazioni di vicinanza e attestati di stima. Nel tempo libero ho iniziato a dare una mano in cucina agli amici, che mi hanno incoraggiato ad inseguire questa strada. L’attività iniziata per gioco oggi sta diventando quasi un lavoro e a gennaio ho aperto la partita Iva. La mia pagina facebook accompagnata dallo slogan “Agli ospiti? Cucino io” inizia ad avere un seguito. La soddisfazione più grande è esser contattato da chi ha avuto occasione di provare la mia cucina. Una conferma importante all’impegno che metto ai fornelli e ancora prima nella scelta dell’ingredienti nella spesa. Tra le ricette preferite i risotti cucinati rigorosamente nella casseruola di rame: con ristretto di prosecco, panna e rosmarino, con porri ed emmenthal e con bresaola e vino rosso”. Tra gli eventi Longhi cura piccoli convivi e cene più numerose: “La più importante è stata quella, realizzata in chiave promozionale e a titolo gratuito, in occasione dell’evento organizzato dall’associazione The Blank in collaborazione con il Bergamo Film Meeting con la regista Regina Pessoa”.


L’export continua a trainare
l’economia bergamasca

Nel 2012 la percentuale delle esportazioni sul fatturato totale è stata del 41,2% toccando quota 108 miliardi di euro, di gran lunga al di sopra della media nazionale e in crescita di ben un punto rispetto al 2011, quando la percentuale era del 39,9% e l’export lombardo aveva di poco superato i 104 miliardi di euro.
Bergamo figura al terzo posto con il 12,2% delle esportazioni totali, dietro a Milano (35,6) e Brescia (12,4).
E’ quanto emerge dal settimo Rapporto sull’internazionalizzazione delle imprese lombarde promosso da Confindustria Lombardia e presentato nei giorni scorsi alla presenza di Stefano Poliani, presidente del Comitato regionale Giovani Imprenditori e vicepresidente di Confindustria Lombardia con delega all’internazionalizzazione, Renato Cerioli, presidente di Confindustria Monza e Brianza e Francesco Ferri, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Monza e Brianza.
L’indagine ha visto la partecipazione di oltre 1.000 imprese attive sui mercati esteri, con una percentuale rilevante di micro e piccole imprese: ben il 71% del campione è infatti composto da aziende con meno di 50 dipendenti, il 24% da aziende fino a 250 dipendenti, mentre le imprese con 250 o più dipendenti pesano solo per il 5% del totale.
La ricerca ha analizzato le diverse modalità di presenza all’estero delle aziende della nostra regione, le direttrici geografiche attuali e prospettiche della loro espansione commerciale e multinazionale, e si è concentrata sugli ostacoli incontrati nell’attività di internazionalizzazione e sui servizi a sostegno dell’impresa.
“I dati – ha dichiarato Stefano Poliani – dimostrano che la capacità delle nostre imprese di affrontare i mercati internazionali e di riuscire a cogliere nuove opportunità non rappresenta più solo un surplus, ma è diventata cruciale per la loro stessa sopravvivenza. In una situazione di totale stagnazione del mercato interno, la presenza sui mercati esteri ha permesso al 15% delle imprese campione di bilanciare le ridotte performance nazionali e ad un ulteriore 10% di chiudere il 2012 con un fatturato totale in crescita”.
“La Lombardia conferma il ruolo trainante che mantiene da sempre nei confronti dell’economia italiana, in particolare per quanto riguarda i processi di internazionalizzazione – ha continuato Poliani – il che ci consente di essere una sorta di laboratorio vivente per valutare le tendenze più generali dell’intero Paese”.
L’analisi delle direttrici geografiche – in particolare quelle prospettiche (triennio 2013-2015) – ha evidenziato che, pur rimanendo forte l’attenzione sui grandi Paesi avanzati del Vecchio e del Nuovo Continente, il focus dell’espansione internazionale delle imprese lombarde si sta spostando verso i Paesi emergenti, la Turchia e i BRIC. Se le prospettive ricavate dallo studio risulteranno corrette, è stato inoltre stimato che la percentuale di imprese con presenza stabile all’estero crescerebbe in media di 7 punti percentuali – dal 23% al 30% – arrivando a registrare un incremento di quasi il 50% per le imprese con meno di 50 dipendenti.

Le difficoltà delle imprese
La ricerca ha inoltre analizzato le difficoltà incontrate dalle imprese nella loro attività all’estero. I maggiori ostacoli, segnalati dal 25% delle imprese, sono quelli riconducibili alle piccole dimensioni d’impresa. Diventa quindi fondamentale fornire servizi che siano diversificati per classe dimensionale e strumenti che aiutino le imprese ad aumentare l’ impatto della loro azione sui mercati esteri. In questo contesto assume fondamentale importanza il ruolo giocato dalle reti e dalle filiere produttive: l’indagine ha segnalato infatti che l’interesse verso forme di aggregazione per l’internazionalizzazione è aumentato di circa tre punti percentuali rispetto allo scorso anno.
“Il dato sulle aggregazioni – prosegue Poliani – è particolarmente interessante poiché rivede, almeno parzialmente, un diffuso pregiudizio tutto italiano nei confronti delle reti d’impresa. Anche in questo caso la Lombardia mantiene il suo ruolo di leader: la nostra regione è infatti prima in Italia con quasi duecento contratti di rete registrati (dato RetImpresa)”.
L’analisi ha inoltre evidenziato il crescente utilizzo dei servizi a supporto dell’internazionalizzazione offerti dai diversi Enti: viene sottolineata, in particolare, l’importanza attribuita al ruolo riconosciuto alle Associazioni territoriali di Confindustria, che rappresentano in molti casi l’interlocutore privilegiato delle imprese su tali tematiche. Secondo i dati raccolti, infatti, il loro supporto è considerato positivo dal 90% del campione.
“Questo importante documento- afferma Cerioli – conferma la situazione di luci e di ombre (crescenti) che caratterizzano il nostro sistema socio-economico lombardo. Da un lato un mercato interno debole in un Paese poco competitivo, sempre meno attraente per gli investimenti esteri, soprattutto di tipo industriale, dall'altro, un contesto globale in continua crescita che vede l'Europa sempre meno centrale e i Paesi (oramai) sempre più sviluppati che rappresentano una necessità per le nostre aziende e non più una semplice opportunità. Le imprese lombarde ci sono – prosegue Cerioli – stanno investendo e crescono in questi nuovi mercati nonostante tutte le difficoltà che incontrano a causa della dimensione mediamente più piccola che hanno rispetto ai concorrenti stranieri e alla crescente distanza anche di tipo culturale che occorre superare per potersi legittimare in questi nuovi contesti. Serve un sistema-Paese forte – conclude il presidente di Confindustria Monza e Brianza – per poter vincere la sfida della globalizzazione dei mercati e su questo l'Italia ?Ñ‚Äî in colpevole ritardo e non si riescono ad intravedere segnali molto rassicuranti all'orizzonte”.
Cresce anche l’importanza attribuita al supporto richiesto alle banche, ora più che mai percepite dalle imprese come un partner cruciale per l’internazionalizzazione.
Durante la mattinata è emerso il consolidato rapporto tra il sistema Confindustria Lombardia e Intesa Sanpaolo, protagonista del dibattito sul tema dell’internazionalizzazione con il contributo di Gianluca Corrias, responsabile del Servizio Internazionalizzazione Imprese di Intesa Sanpaolo.
“Lo sbocco sui mercati esteri rappresenta una scelta quasi obbligata per le imprese che vogliono crescere e rimanere competitive, in particolare le piccole e medie imprese il cui potenziale di sviluppo inespresso è maggiore – conferma Gianluca Corrias. Per accompagnare le imprese all’estero, il nostro Gruppo ha costituito da tempo strutture specializzate come il Servizio Internazionalizzazione Imprese che affianca l’azienda, qualunque sia la sua dimensione o la fase di evoluzione, sia nell’operatività ordinaria sia nelle decisioni strategiche. Lo sviluppo del business estero e il supporto alla costituzione di reti d’impresa ai fini dell’internazionalizzazione – sottolinea Corrias – rappresentano capitoli importanti nell’accordo nazionale che il nostro Gruppo ha rinnovato lo scorso marzo con Confindustria Piccola Industria e i cui contenuti, in termini di plafond, prodotti e servizi dedicati, saranno proposti anche a livello regionale qui in Lombardia”.
L’iniziativa ha visto inoltre la partecipazione di imprenditori, esperti e rappresentanti delle istituzioni, che si sono confrontati nell’ambito di due focus group, dedicati alle difficoltà e alle strategie per l’internazionalizzazione, con uno specifico approfondimento sui mercati di Russia e Turchia.
“Le aziende guidate dai Giovani Imprenditori di Confindustria Monza e Brianza dimostrano grande propensione all’internazionalizzazione. Ne sono una testimonianza – sostiene Ferri, presidente Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Monza e Brianza – le tante aziende iscritte al movimento che operano nei settori della logistica, della meccanica, della chimica, del tessile e dell’automotive che riescono ad essere ancora competitive grazie alla forte crescita che hanno avuto le esportazioni e gli insediamenti permanenti all’estero, soprattutto nei BRICS. D’altra parte – prosegue Ferri – proprio perché le aziende guidate da GI sono spesso piccole, specie se di prima generazione, si confrontano ancor di più con le difficoltà all’internazionalizzazione, quali l’accesso al credito, le difficoltà nel trovare partner locali affidabili e l’assenza di strumenti ed enti di supporto italiani nei paesi di destinazione. Una soluzione concreta per vincere questi ostacoli sono le Reti d’Impresa, al fine di poter costituire degli aggregati di PMI capaci di coinvestire per sviluppare progetti di internazionalizzazione, condividendo costi e benefici”.


Il pane “made in Bergamo” raddoppia

Il grano a chilometro zero raddoppia e passa da 300 a 600 ettari coltivati. Dal campo alla borsa della spesa, l’Aspan porta sulle tavole dei consumatori un pane bergamasco, realizzato con farine di frumento locali, pronte ad esaltare l’arte della panificazione e a garantire ai produttori agricoli un riconoscimento alla loro professionalità. Il progetto “Bergamo. La mia terra, il suo pane”, nato dalla sensibilità etica e dall’attenzione alla sostenibilità ambientale dell'Associazione panificatori artigiani di Bergamo, sta seminando tante nuove spighe, che a giugno e a luglio daranno i loro frutti. Quest’anno l’iniziativa è accompagnata da un disciplinare curato da un agronomo sulle tecniche di coltivazione per mantenere i più alti standard qualitativi.
Il progetto rappresenta già una realtà, alla luce dei successi ottenuti dalla prima sperimentazione – in via Lunga a due passi dalla Fiera dove Elio Turani ha subito colto la sfida lanciata dall’Aspan – che ne ha mostrato appieno le potenzialità, anche in relazione all'azzeramento dei costi di trasporto del grano, senza aggravi di spesa per il consumatore finale, e dalla prima commercializzazione, con 17mila quintali di panini prodotti. «In avvicinamento al tema di Expo 2015 “nutrire il pianeta” – ricorda Roberto Capello, presidente dell’Aspan -, intendiamo continuare a dimostrare la possibilità di coltivare nel territorio un grano per la panificazione in modo economicamente sostenibile, fornendo un’alternativa alle farine di importazione, che rappresentano l’80 per cento di quelle impiegate attualmente in Italia. Agli agricoltori andranno 280 euro a tonnellata di grano utile per la panificazione, contro i 140 euro a tonnellata per il grano destinato a foraggio ed altri impieghi. Non mancheranno premi per riconoscere la cura e l’attenzione nella coltivazione e per dare vita ad un prodotto eccellente».
L’iniziativa coinvolge tutte le componenti della filiera: «I vantaggi del pane bergamasco sono di tutti – dice Capello -, dall’orgoglio di trasformare farine locali al piacere di portare a tavola un pezzo di Bergamo». L’idea è quella di incrementare in futuro ulteriormente la produzione, producendo ricchezza sul territorio e per il territorio, riducendo al contempo i costi ambientali, valorizzando il paesaggio e creando forti e solidi legami territoriali fra produttori e trasformatori locali.
La sfida dei panificatori Aspan è stata sposata dalla Banca Popolare di Bergamo e affiancata da Provincia, Camera di Commercio, Confagricoltura, Coldiretti, Fogalco e Slow Food, che hanno subito condiviso un progetto economico e promozionale trasversale. La Banca Popolare di Bergamo ha messo a disposizione un prestito per l’acquisto del grano e la Cooperativa di Garanzia dell’Ascom Fogalco garantisce per il 50 per cento il finanziamento. Alla filiera manca, al momento, solo un mulino bergamasco in grado di lavorare il grano coltivato, ma da oggi il progetto conta un nuovo partner per la molitura: al molino Magri a Marmirolo, in provincia di Mantova, si è aggiunto infatti il Molino Fiocchi di San Giuliano Milanese.


Tabaccai, in 3.500 a Roma
per chiedere allo Stato più attenzione

Grande adesione alla protesta dei tabaccai che ha portato a Roma oltre 3.500 operatori: «sapevo di poter contare sui miei colleghi e sulla compattezza della categoria, ma non mi aspettavo una così grande partecipazione alla manifestazione odierna», ha affermato il presidente della Federazione italiana tabaccai, Giovanni Risso . "La manifestazione di oggi – ha rilevato Risso nel suo discorso in piazza Bocca della Verità – serve a concentrare l'attenzione dello Stato su fenomeni che recano grave danno non solo a noi tabaccai ma, soprattutto, all'erario». Spiegando le ragioni della protesta, Risso ha sottolineato come i problemi della categoria coincidano con minori entrate per lo Stato. «I dati in nostro possesso, unitamente a quelli diffusi nei giorni scorsi dal Dipartimento delle Finanze – ha sottolineato – testimoniano un allarmante calo di entrate per le casse dello Stato. Si tratta di un trend altamente negativo cui bisogna porre quanto prima rimedio». «Attraverso una maggiore lotta al contrabbando, innanzitutto, di cui da tempo denunciamo una massiccia ripresa. Ecco perché abbiamo chiesto alle istituzioni che si intervenga con tutti i mezzi possibili a stroncare il traffico illecito del tabacco». «Non siamo certo noi tabaccai, che paghiamo i diritti di concessione sulle nostre attività, i soggetti da accusare di scarsa responsabilità, tutt'altro. Non lo siamo riguardo al tabacco, non lo siamo nemmeno rispetto al Gioco pubblico», ha aggiunto il presidente della Fit. «Proprio a questo proposito – ha commentato – è importante sottolineare ancora una volta che noi tabaccai non solo siamo operatori professionali del gioco per conto dello Stato ma che, grazie alla nostra rete, sottoposta a controlli serrati, abbiamo contribuito a sottrarre il comparto alla criminalità organizzata». «La stessa criminalità che continua a rendere la nostra categoria, triste primato, la più colpita dai fenomeni criminosi come furti e rapine. Ben venga dunque l'utilizzo della moneta elettronica a favorire la nostra sicurezza, se si trovano sistemi per neutralizzarne i costi, almeno per quei prodotti o servizi svolti per conto dello Stato». «Insomma – ha concluso Risso – siamo la rete più diffusa, professionale e sicura al servizio dello Stato. Ci aspettiamo che lo Stato riconosca il nostro lavoro e che intervenga per difendere, anche attraverso la regolamentazione della vendita e della pubblicità delle sigarette elettroniche, la nostra redditività e le entrate erariali».


Credito, «imprese del terziario
sempre più in difficoltà» 

I dati non smentiscono – purtroppo – le previsioni: l’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato davvero di pura passione per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi. In vista dell’assemblea annuale della Cooperativa di Garanzia Fogalco – in programma il 6 maggio alle 10.30 all’Hotel Settecento di Presezzo – il presidente Riccardo Martinelli traccia un bilancio dell’attività svolta e guarda al futuro dietro l’angolo. Tra gli obiettivi, il rafforzamento di Asconfidi Lombardia, che entro il 30 giugno attende la conferma dell’iscrizione tra i soggetti intermediari vigilati dalla Banca d’Italia, e il consolidamento della presenza sul territorio, attraverso un costante dialogo con gli istituti di credito.
La ripresa si fa attendere e cresce il senso di smarrimento degli imprenditori. Qual è il bilancio del 2012?
«Quest’anno si sono ulteriormente accentuate le difficoltà riscontrate l’anno scorso. Il risultato è stata una consistente riduzione delle percentuali degli importi garantiti. Fogalco, direttamente e tramite Asconfidi, ha garantito poco meno di 20 milioni di euro (l’importo complessivo erogato ammonta a 17 milioni di euro) ad imprenditori che, nonostante le difficoltà, hanno comunque deciso di impegnarsi, spesso in prima persona, e di valorizzare la propria attività».
I recenti dati dell’Osservatorio del Credito di Confcommercio evidenziano una diminuzione del numero di imprese che richiedono finanziamenti. Come è la situazione nella nostra provincia?
«Nell’ultimo Consiglio di amministrazione abbiamo discusso le cause della riduzione, imputabili ovviamente in larga misura alle difficili condizioni in cui tutti i settori si trovano. In questo momento l’imprenditore sospende gli investimenti per migliorare e qualificare maggiormente la propria attività. Gli investimenti garantiti sono destinati per la maggior parte a coprire le emergenze finanziarie e ad assicurare così la sopravvivenza delle imprese».
Quali sono le principali dinamiche creditizie?
«Sul fronte della ristrutturazione dei debiti si riscontra un risparmio nei costi finanziari. L’azienda che aveva già fatto ricorso nel 2009 e nel 2010 a tale operazione non ha potuto ripeterla negli anni successivi perché le banche non accettano ormai di sostituirsi ad altri istituti precedentemente esposti. Abbiamo appoggiato incondizionatamente tutte le richieste di moratoria pervenuteci, addirittura spingendo gli imprenditori in difficoltà a sfruttare l’opportunità offerta dalle proroghe, che ad oggi sono in essere fino al 30 giugno. Siamo ormai agli sgoccioli con il termine e chi non ne avesse più usufruito può beneficiare di un rinvio dei termini di pagamento».
Quali sono i primi obiettivi nell’agenda Fogalco, anche sul fronte Asconfidi Lombardia?
«Entro la fine del 2013, almeno l’80 per cento dell’operatività della Fogalco sarà trasferito ad Asconfidi Lombardia, realtà che aggrega 13 confidi provinciali lombardi, per cui è attesa entro il 30 giugno l’ufficializzazione da parte della Banca d’Italia dell’iscrizione all’ex 107 tra gli organismi vigilati. Questo ulteriore passaggio consentirà a Fogalco di qualificare maggiormente la garanzia attraverso l’organismo regionale».
Fogalco sta accompagnando la nascita e la crescita di nuovi progetti imprenditoriali. Le start-up sono più che raddoppiate rispetto allo scorso anno. Uno spiraglio di ottimismo in un quadro difficile?
«Quest’anno la voglia di impresa è cresciuta, portando ad un notevole incremento delle start-up tra le domande esaminate e deliberate dalla nostra Cooperativa. Molte di queste imprese sono figlie della crisi e di un mercato del lavoro che annaspa, ma il fenomeno dell’auto-impiego interessa tanti giovani preparati, pronti ad avviare imprese innovative e a ritagliarsi una propria nicchia di mercato. La crescita delle richieste di finanziamento a supporto di nuove attività potrebbe contribuire ad incrementare i volumi relativi alle garanzie fidejussorie».
Come supportare le imprese e le loro esigenze nel difficile rapporto con il sistema bancario?
«Continua anche in questo mandato l’opera di sensibilizzazione della Fogalco degli istituti di credito, portata avanti attraverso incontri organizzati in tutto il territorio. Nel corso di questi momenti di confronto il sistema bancario ha evidenziato l’importanza del ruolo svolto dalla nostra Cooperativa, sia per quanto riguarda la condivisione del rischio, sia per quanto attiene la valutazione accurata di ogni singolo progetto imprenditoriale. Un merito che va all’intero consiglio d’amministrazione Fogalco. Il nostro Cda è composto da imprenditori e professionisti che abbracciano quasi ogni settore del commercio, del turismo e dei servizi. Il contributo di ognuno di loro si rivela fondamentale nell’analisi di ogni singola pratica. Lo sguardo dei rappresentanti di ogni settore va ad allargare l’analisi alla professionalità del singolo imprenditore e a tutti quei valori immateriali che dati e tabelle non riescono a cogliere».
Il sistema dei Confidi ha garantito la nascita, la sopravvivenza e la continuità a migliaia di imprese. Quest’impegno è riconosciuto e supportato?
«Grazie alla Camera di Commercio abbiamo ottenuto il sostegno al nostro fondo rischi oltre alla possibilità concessa alle imprese di avere accesso ad un pacchetto di consulenza ed assistenza finanziaria attraverso l’iniziativa “Bando sul credito”. Questo progetto si sta rivelando particolarmente strategico per le imprese, anche per gestire al meglio il rapporto con il sistema bancario. L’Ente Bilaterale ha inoltre messo a disposizione 350mila euro, implementando il nostro fondo, per le aziende che investono, innovano e mantengono l’occupazione. Nonostante i numeri evidenzino una contrazione, l’impegno messo a disposizione da tutta la nostra Cooperativa si può dire sia raddoppiato con la crisi. Le difficoltà che le imprese stanno vivendo richiedono infatti un’attenzione doppia in termini di analisi, valutazione, assistenza e supporto. Sappiamo che dall’esito di ogni pratica dipende spesso il futuro di ogni impresa e dei suoi lavoratori. Il capitale umano rappresenta il patrimonio di ogni impresa e noi cerchiamo di farci in quattro per sostenerlo e valorizzarlo. Anche per questo ringrazio il direttore Antonio Arrigoni e tutto lo staff della Fogalco».


Ubi Banca, vince Moltrasio
A Resti vanno cinque consiglieri

Andrea Moltrasio è il nuovo presidente del consiglio di sorveglianza di Ubi Banca. L'incoronazione è arrivata al termine di una lunghissima assemblea vinta, al termine di uno spoglio protrattosi fino a notte fonda, dalla lista proposta del consiglio uscente ed espressione della continuità con l'attuale gruppo dirigente. L'assemblea ha registrato numeri record, con l'intervento di circa 6.400 persone e 13.685 voti, deleghe incluse, mobilitati da una “campagna elettorale” a tratti molto dura, per il controllo di quella che a Brescia e Bergamo, complici i problemi di Mps e del Banco Popolare, chiamano ormai la terza banca del Paese. Alla lista di Moltrasio sono andati 7.318 voti e 18 consiglieri mentre quella guidata dal professore della Bocconi, Andrea Resti, ha ricevuto 4.693 voti e cinque consiglieri, grazie al premio riservato a chi raccoglie più del 30% dei voti. Al terzo posto si è classificata la lista di Giorgio Jannone: nonostante l'invito a sorpresa dell'ex deputato del Pdl, che ai suoi sostenitori aveva chiesto in assemblea di far confluire i voti su Resti, l'unico «in grado di contrastare lo strapotere di questo consiglio», i suoi candidati hanno raccolto comunque 1.548 voti. Il sostegno di Jannone, un colpo di scena che ha animato l'assemblea, è giunto «inatteso», ha detto Resti, mentre Moltrasio ha demandato ai legali la verifica di «una cornice lecita» per l'appoggio in extremis. Al di là del clima di forte contrapposizione, l'assemblea si è svolta ordinatamente, registrando momenti di tensione solo quando i sostenitori di Jannone hanno contestato la decisione, approvata per acclamazione, di aprire le votazioni prima che si concludessero gli interventi. Quanto ai programmi Resti ha chiesto «di rompere con il passato nell'interesse di tutti», promettendo attenzione a famiglie e imprese, valorizzazione dei dipendenti e un taglio a compensi e poltrone. «Non siamo qui per cavalcare la rabbia e il malcontento ma per dare risposte con serietà» ha replicato Moltrasio auspicando che cessino «i veleni» e si apra «la strada della pacificazione». Ma anche Moltrasio, come chiesto a gran voce da molti soci, ha riconosciuto la necessità di ridurre compensi e numero dei consiglieri (a partire dai 23 della sorveglianza) ma «senza populismi». Un invito ai soci «a guardare avanti» e a superare le «tensioni» è arrivato dal presidente uscente Emilio Zanetti: il suo intervento, l'ultimo dopo 28 anni alla guida prima della Popolare di Bergamo, poi della Bpu e di Ubi, è stato salutato dai soci con un caloroso applauso. La vicepresidenza della sorveglianza è andata a Mario Cera mentre la presidenza del consiglio di Gestione dovrebbe essere affidata a Franco Polotti, attuale presidente del Banco di Brescia.
Con Moltrasio, oltre a Cera, ci saranno Armando Santuz, Gian Luigi Gola, Lorenzo Renato Guerini, Alberto Folonari, Alfredo Gusmini, Sergio Pivato, Mario Mazzoleni, Federico Manzoni, Marina Brogi, Enrico Minelli, Antonella Bardoni, Pierpaolo Camadini, Ester Faia, Alessandra Del Boca, Carlo Garavaglia e Letizia Bellini Cavalletti. Nel Cds, per la lista “Ubi Banca Popolare!”, oltre a Resti entreranno Marco Gallarati, Maurizio Zucchi, Luca Cividini e Dorino Agliardi.


Dalla Regione no alla terza linea
del termovalorizzatore di Dalmine

No alla terza linea, sì all'ammodernamento
delle due esistenti "facendo squadra con gli altri impianti a livello lombardo". Queste le conclusioni a cui sono giunti – durante la conferenza dei servizi sull'istruttoria per il rinnovo dell'Autorizzazione integrata ambientale dell'impianto di termovalorizzazione Rea di Dalmine – l'assessore regionale all'Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Claudia Maria Terzi e il presidente della Provincia di Bergamo Ettore Pirovano, che, insieme al tecnico dell'Ente, ha partecipato all'incontro. "Rea – sottolinea Terzi – ha avanzato tempo fa la richiesta di una terza linea, collegandola alla necessità di ammodernare le due esistenti, in modo da poter trattare i rifiuti anche durante le opere di revamping. Nell'ottica di un lavoro di squadra fra gli impianti presenti sul territorio regionale, una cosa non può essere condizione per realizzare l'altra. Le due linee esistenti, vista l'attuale necessità di smaltimento della Lombardia, possono essere ammodernate (e quindi temporaneamente disattivate) senza la necessità di realizzarne una nuova. Non c'è infatti nessun problema di capacità: a oggi poco più del 70% di quanto trattato a Dalmine è di provenienza lombarda, mentre il resto proviene da fuori regione. Il nuovo Piano dei rifiuti, che non considera più il bacino provinciale, ma quello regionale, va proprio in questa direzione". "I rifiuti prodotti a Bergamo – afferma Pirovano – sono in calo costante, sia per l'aumento della raccolta differenziata sia per la diminuzione della produzione a causa dei minori consumi delle famiglie indotti dalla crisi economica. Come conseguenza, di ciò che è conferito a Dalmine solo il 53 per cento è di origine bergamasca. Bene quindi l'ammodernamento dell'esistente, ma di una terza linea non vedo proprio il bisogno".
"Rea deve capire – aggiunge Terzi, che è anche sindaco della cittadina bergamasca – che non può mantenere la capacità attuale di smaltimento, se questa non è giustificata dalle esigenze del territorio, per pensare poi di saturarla bruciando rifiuti provenienti da fuori Lombardia (in particolare, Napoli e Caserta). Per questo il Comune di Dalmine ha chiesto una riduzione dei quantitativi di smaltimento autorizzati. La Provincia ci ha comunicato che si riserva approfondimenti per condividere tale richiesta in sede di parere definitivo per il Piano regionale dei rifiuti".


Famiglia e consumi, dominano
le “3 R”: rinuncia, rinvia, risparmia

Più di undici milioni di famiglie pensano di non poter mantenere l'attuale tenore di vita e sette milioni non riescono a rispettare le scadenze di pagamento. Inoltre, il 53,7% ha problemi a far fronte a una spesa improvvisa e l'87% è molto preoccupato per il futuro. Sono i dati principali che emergono dall'Outlook Italia 2013 di Censis-Confcommercio sul clima di fiducia di famiglie e imprese, presentato in conferenza stampa a Roma presso la sede nazionale della Confederazione. Incertezza, pessimismo e paura per il futuro, insomma, sembrano essere i sentimenti prevalenti tra le famiglie italiane. Quanto ai consumi, ritornati ai livelli di metà Anni Novanta e in rapida flessione da quattro anni, sono «l'aspetto esteriore più evidente della crisi che attanaglia il Paese». In questo contesto, il clima di fiducia non può che continuare a scendere. Secondo il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, «con il livello attuale di fiducia di famiglie e imprese è impossibile una ripresa nel giro di qualche mese. Negli ultimi mesi il 23% delle famiglie ha avuto problemi con il mondo del lavoro, fatto che non può che influenzare poi il reddito e quindi la fiducia delle famiglie stesse». Quanto alle imprese, la loro fiducia resta complessivamente bassa, ma «mentre quella della manifattura – ha ricordato Bella – oggi è comunque superiore ai livelli peggiori fatti segnare all'inizio del 2009, quella dei servizi e del commercio è al minimo di sempre per effetto della situazione disastrosa della domanda interna». In più le imprese devono subire quella che il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio ha definito «la condizione peggiore della storia economica italiana in termini di finanziamento»: nel primo trimestre 2013 solo l'11,5% delle imprese ha chiesto un prestito e appena il 29,6% lo ha ottenuto. La percentuale di imprese finanziate è quindi in totale del 3,4%, «il Paese è fermo». E «senza credito – ha detto Bella – la vita aziendale è insufficiente e se le imprese non funzionano non c'è occupazione e non c'è crescita». Tuttavia, il quadro complessivo, secondo il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, «è di sfiducia, non di depressione. La propensione al consumo nel 2012 è cresciuta, anche se non potrà andare avanti così e nel futuro diminuirà gradualmente. Ma se subentrerà la depressione, prepariamoci a una crisi ben peggiore dell'attuale».
Da parte sua il direttore del Censis, Giuseppe Roma, ha indicato come fenomeno specchio della crisi la diminuzione della capacità di risparmio delle famiglie: solo il 12% riesce a mettere qualcosa da parte contro il 17% costretto ad erodere i propri risparmi e il 71% che ce la fa ad "andare in pari". Per tirare avanti il 43,6% delle famiglie usa i risparmi accumulati in passato, ma soprattutto si posticipano i pagamenti (la relativa percentuale è passata dal 13 al 32%). Si chiede poi un prestito in banca (il 6,4%) o ad amici (il 26,5%). È quello che Roma ha definito «modello delle 3 R: Risparmio, Rinuncio, Rinvio». Il tutto, purtroppo, in presenza di un potenziale di domanda che resta abbastanza rilevante: il 68%, per fare un esempio, vorrebbe acquistare un nuovo elettrodomestico ma decide rinviare o rinunciare. Secondo il direttore del Cernsis, «il vero crollo dei consumi c'è stato nel 2012 e oggi viviamo la crisi più lunga della storia italiana che ha fatto bruciare 114 miliardi di Pil». E se i consumi non crescono è «perché si deteriora il mercato del lavoro: il 12% delle famiglie ha un componente che teme di perdere il lavoro e il 30% dei lavoratori dipendenti ha visto diminuire il proprio reddito». «Il sentiment delle famiglie – ha concluso Roma – è di grande difficoltà e deriva soprattutto dalla preoccupazione per la condizione lavorativa. Per la ripresa dei consumi bisogna saper contare sulla capacità di reagire delle famiglie italiane. Quindi più politica per le imprese, ma anche più politica per le famiglie».


Promozione turistica,
i video li girano gli studenti

Bergamo vista e raccontata dai ragazzi. Turismo Bergamo, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Territoriale, lancia il concorso “Fai conoscere il tuo paese” indirizzato agli studenti di tutti gli istituti secondari di primo grado e a quelli degli istituti secondari di secondo grado specializzati in turismo. Si tratta di far realizzare ai ragazzi – improvvisati giovani reporter – un video di 10 minuti che racconti curiosità e angoli nascosti artistico-culturali, paesaggistico-ambientali del paese, del quartiere e della frazione in cui vivono. 
«Girando in tutta la provincia ci siamo accorti che ci sono alcuni angoli stupendi e poco conosciuti o curiosità che solo gli abitanti di quel luogo conoscono ma che potrebbero suscitare l’interesse di molti e quindi movimentare maggiormente i flussi turistici – afferma Demetrio Tomasoni, coordinatore del progetto –. Abbiamo pensato che i ragazzi possano essere interlocutori interessanti e ci è parsa una buona idea far conoscere il territorio attraverso i loro occhi, pieni di entusiasmo e di stupore verso ciò che vedono e incontrano. L’obiettivo è formare ed informare in primo luogo i bergamaschi e successivamente i potenziali turisti che incuriositi dall’iniziativa raggiungeranno le località promosse, dando anche visibilità a tutte quelle imprese turistiche che operano in loco».
Turismo Bergamo sta contattando le scuole di città e provincia per informarle del concorso; a chi aderisce l’ente di promozione mette a disposizione una videocamera, che rimane in dotazione all’istituto. Il video, della durata di 10 minuti, deve essere pronto entro fine ottobre 2013; le selezioni sono nel mese di novembre e la premiazione il 13 dicembre.
Il filmati saranno inseriti nei siti internet degli uffici Iat della provincia di Bergamo, mentre il vincitore sarà incluso nel portale di Turismo Bergamo.
Per informazioni sul progetto o per aderirvi è possibile inviare una e-mail a mail@turismo.bergamo.it oppure contattare l’Ufficio di Turismo Bergamo al numero 035 230640 entro il 15 di maggio.