Più di undici milioni di famiglie pensano di non poter mantenere l'attuale tenore di vita e sette milioni non riescono a rispettare le scadenze di pagamento. Inoltre, il 53,7% ha problemi a far fronte a una spesa improvvisa e l'87% è molto preoccupato per il futuro. Sono i dati principali che emergono dall'Outlook Italia 2013 di Censis-Confcommercio sul clima di fiducia di famiglie e imprese, presentato in conferenza stampa a Roma presso la sede nazionale della Confederazione. Incertezza, pessimismo e paura per il futuro, insomma, sembrano essere i sentimenti prevalenti tra le famiglie italiane. Quanto ai consumi, ritornati ai livelli di metà Anni Novanta e in rapida flessione da quattro anni, sono «l'aspetto esteriore più evidente della crisi che attanaglia il Paese». In questo contesto, il clima di fiducia non può che continuare a scendere. Secondo il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, «con il livello attuale di fiducia di famiglie e imprese è impossibile una ripresa nel giro di qualche mese. Negli ultimi mesi il 23% delle famiglie ha avuto problemi con il mondo del lavoro, fatto che non può che influenzare poi il reddito e quindi la fiducia delle famiglie stesse». Quanto alle imprese, la loro fiducia resta complessivamente bassa, ma «mentre quella della manifattura – ha ricordato Bella – oggi è comunque superiore ai livelli peggiori fatti segnare all'inizio del 2009, quella dei servizi e del commercio è al minimo di sempre per effetto della situazione disastrosa della domanda interna». In più le imprese devono subire quella che il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio ha definito «la condizione peggiore della storia economica italiana in termini di finanziamento»: nel primo trimestre 2013 solo l'11,5% delle imprese ha chiesto un prestito e appena il 29,6% lo ha ottenuto. La percentuale di imprese finanziate è quindi in totale del 3,4%, «il Paese è fermo». E «senza credito – ha detto Bella – la vita aziendale è insufficiente e se le imprese non funzionano non c'è occupazione e non c'è crescita». Tuttavia, il quadro complessivo, secondo il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, «è di sfiducia, non di depressione. La propensione al consumo nel 2012 è cresciuta, anche se non potrà andare avanti così e nel futuro diminuirà gradualmente. Ma se subentrerà la depressione, prepariamoci a una crisi ben peggiore dell'attuale».
Da parte sua il direttore del Censis, Giuseppe Roma, ha indicato come fenomeno specchio della crisi la diminuzione della capacità di risparmio delle famiglie: solo il 12% riesce a mettere qualcosa da parte contro il 17% costretto ad erodere i propri risparmi e il 71% che ce la fa ad "andare in pari". Per tirare avanti il 43,6% delle famiglie usa i risparmi accumulati in passato, ma soprattutto si posticipano i pagamenti (la relativa percentuale è passata dal 13 al 32%). Si chiede poi un prestito in banca (il 6,4%) o ad amici (il 26,5%). È quello che Roma ha definito «modello delle 3 R: Risparmio, Rinuncio, Rinvio». Il tutto, purtroppo, in presenza di un potenziale di domanda che resta abbastanza rilevante: il 68%, per fare un esempio, vorrebbe acquistare un nuovo elettrodomestico ma decide rinviare o rinunciare. Secondo il direttore del Cernsis, «il vero crollo dei consumi c'è stato nel 2012 e oggi viviamo la crisi più lunga della storia italiana che ha fatto bruciare 114 miliardi di Pil». E se i consumi non crescono è «perché si deteriora il mercato del lavoro: il 12% delle famiglie ha un componente che teme di perdere il lavoro e il 30% dei lavoratori dipendenti ha visto diminuire il proprio reddito». «Il sentiment delle famiglie – ha concluso Roma – è di grande difficoltà e deriva soprattutto dalla preoccupazione per la condizione lavorativa. Per la ripresa dei consumi bisogna saper contare sulla capacità di reagire delle famiglie italiane. Quindi più politica per le imprese, ma anche più politica per le famiglie».