Saldi estivi, in città e nelle località turistiche dati sopra la media nazionale

Dalle prime rilevazioni di Ascom Confcommercio Bergamo, l’incremento registrato nei due mesi è del 5% rispetto al 2021

La stagione dei saldi estivi si conclude oggi, martedì 30 agosto dopo 60 giorni di calendario dalla partenza del 2 luglio 2022. Dalle prime rilevazioni fatte da Ascom Confcommercio Bergamo, l’incremento registrato nei due mesi di saldi è del 5% rispetto al 2021. Il dato è depurato dal segno molto positivo registrato dai settori della ristorazione, presente in molti osservatori nazionali e locali e che ha contribuito a raddoppiare a circa il 10% l’incremento dei consumi registrato nei mesi di luglio ed agosto.

Per abbigliamento, calzature e articoli sportivi, dopo un avvio meno eclatante rispetto agli anni scorsi, le vendite sono proseguite anche nella seconda metà di luglio ed a agosto. Il segno positivo bergamasco supera inoltre un peggioramento rilevato da Federmoda a livello nazionale, riscontrato in un – 10% a luglio. A livello nazionale si è in attesa dei dati di agosto, che difficilmente ribalteranno una tendenza che non ha premiato le vendite di fine stagione in generale nella penisola.
A trascinare il segno positivo a Bergamo sono stati la città, i luoghi turistici delle valli e dei laghi ed i centri commerciali. Un fattore positivo è stato il turismo, almeno per le località che ne hanno beneficiato, facendo registrare presenze superiori agli anni prima della pandemia.

«Anche se la media conferma un incremento del 5% rispetto alla stagione dei saldi estivi 2021, la situazione non è stata favorevole per tutti – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Non mancano infatti imprese, poco meno della metà, che hanno registrato segni negativi rispetto all’estate 2021. Sono soprattutto i negozi posti nei centri urbani dei comuni di più piccola dimensione e con assenza di turismo. L’anno boom delle vacanze, anche dei bergamaschi, ha favorito le ferie delle famiglie, almeno quelle con la possibilità economica, erodendo le vendite dei negozi vocati alla clientela più locale».

Con la chiusura dei saldi si inaugura ufficialmente la stagione autunnale che parte con i buoni risultati dell’estate e con molte preoccupazioni, a partire dal caro energia che sta mettendo in grave difficoltà le imprese di ogni settore ed anche del terziario. Nel commercio la situazione peserà il doppio non solo per l’aggravio dei costi per i negozi, ma anche per la riduzione della possibilità di spesa dei consumatori.


Bergamo, crescono le attività commerciali in città: sono 6.822

I dati del Comune al 31 dicembre 2021: aumentano i negozi di vicinato e calano b&b e case vacanze.
Bene anche il processo di digitalizzazione 

Il numero delle imprese commerciali in città, dopo aver tenuto nel travagliato 2020, riprende la sua crescita nel 2021: se il 2020 non aveva evidenziato grossi contraccolpi sul tessuto commerciale della città, che, anzi, aveva dimostrato la propria solidità, i dati aggiornati al 31 dicembre 2021 evidenziano che il numero di imprese attive registra un confortante segno positivo, ovvero +148 attività commerciali attive in città. Il numero complessivo delle attività commerciali si attesta quindi a quota 6.822, record per la città nella storia recente. Incide la crescita delle attività di vendita online, che fanno registrare un importante +119 rispetto all’anno precedente, ma la possibile chiusura di molte attività, paventata a inizio 2021 per via del perdurare dell’emergenza pandemica e delle conseguenti limitazioni imposte da Governo e Regioni, non sembra essersi verificata nel capoluogo.

Oltre all’incremento delle attività di vendita online – che in alcuni casi sono state connesse a negozi di vicinato che hanno deciso di incrementare la propria offerta, sfruttando le nuove tecnologie e dimostrando la prosecuzione di un progressivo processo di digitalizzazione del commercio – la notizia principale è rappresentata dall’incremento degli esercizi di vicinato, sia di vendita di prodotti alimentari sia di prodotti non alimentari: rispetto all’anno scorso, a Bergamo si registrano +17 attività commerciali di quartiere. Complessivamente si contano quindi 385 negozi di alimentari, 1558 non alimentari, 247 attività cosiddette miste. Il comparto si dimostra anche di una particolare vitalità, con 210 nuove attività che si sono insediate al posto delle 193 che hanno chiuso nel 2021: quando un negozio ha chiuso, se ne è sempre, quindi, insediato più di uno nuovo.

Le attività ricettive extra alberghiere (bed & breakfast, case vacanze) sono quelle che subiscono il maggior calo, seppur più contenuto rispetto al 2020 (-50 rispetto allo scorso anno), anche se qualcuno ha aperto comunque scommettendo sul futuro, anche alla luce del riconoscimento di Bergamo e Brescia Capitali italiane della cultura 2023. Va rimarcato il numero ancora altissimo di queste attività in città nonostante il calo degli ultimi due anni, a dimostrazione del verificarsi di una “bolla” in questa categoria prima della pandemia: sono attualmente 725, in linea con il valore 2018, un centinaio in più del 2017, quasi il doppio di quelle attive a Bergamo nel 2016 (486).

Aumenta il numero di artigiani alimentari attivi in città (+12), di estetisti (+12), di acconciatori, ma anche di attività di noleggio di biciclette, di auto e di moto (+15 rispetto all’anno precedente). Calano le rivendite di giornali e riviste (si parla di punti vendita non esclusivi, quindi non parliamo di edicole) e c’è una leggera contrazione di bar, ristoranti e trattorie, che a fine 2021 sono 693 in tutta la città, una decina in meno rispetto al record di fine 2020. Crescono (+18) invece le attività di somministrazione di bevande e alimenti collegate ad associazioni e circoli o che si configurano come mense. Interessanti anche altri dati: non varia il numero delle medie strutture di vendita e delle grandi strutture di vendita, a dimostrazione che i nuovi insediamenti hanno pareggiato il numero delle strutture che hanno abbassato la saracinesca. In città si è insediato un mercato in più (ora sono 18 in città), quello dei produttori agricoli della Malpensata.


Green pass, nei negozi bastano controlli a campione

Il chiarimento del Governo: i titolari degli esercizi commerciali potranno richiedere il certificato verde anche dopo l’ingresso della clientela nei locali

I titolari degli esercizi commerciali diversi da quelli che soddisfano le esigenze alimentari, mediche e di prima necessità ai sensi del dpcm 24 gennaio 2022, devono assicurare i controlli del green pass all’ingresso? “No. I titolari degli esercizi per i quali è richiesto il green pass base non devono effettuare necessariamente i controlli sul possesso del green pass base all’ingresso, ma possono svolgerli a campione successivamente all’ingresso della clientela nei locali”. Con questa  faq pubblicata sul suo sito web il Governo è venuto incontro alle molte proteste di titolari di esercizi commerciali che lamentavano la mera impossibilità di assicurare un controllo puntuale all’ingresso nell’attività.

“Sapere di poter effettuare i controlli a campione sui green pass della clientela rende possibile svolgere al meglio il nostro lavoro, nel rigoroso rispetto delle regole e agevola la vita ai cittadini”, è il commento di Giovanni Risso presidente della Fit, la Federazione italiana tabaccai aderente a Confcommercio. Si tratta di ”un giusto compromesso tra le ragioni, mai messe in discussione, del Governo e quelle della categoria”, conclude Risso.

Negozi senza pass: si “salvano” alimentari, ottici, farmacie e carburanti

Dal primo febbraio prossimo si potrà accedere senza green pass solo in supermercati, farmacie, negozi di ottica e alimentari, oltre che in strutture sanitarie e uffici giudiziari e di polizia.  È quanto prevede l’atteso decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che elenca le attività “necessarie al soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona”. Il provvedimento stabilisce in particolare che si potrà entrare privi di certificazione verde in “esercizi specializzati e non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande”, come supermercati, discount, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari, “escluso in ogni caso il consumo sul posto”.  Possibile fare spesa anche in negozi di animali domestici e alimenti per animali domestici, di articoli igienico-sanitari e in distributori di carburanti. Ingresso libero, poi, pure in ottici, farmacie, parafarmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica, oltre che in negozi di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati.

Nell’elenco “no pass” anche le strutture sanitarie, sociosanitarie e veterinarie, così l’accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio-assistenziali, sociosanitarie e hospice.  Consentito infine l’ingresso senza certificazioni verdi anche agli uffici aperti al pubblico delle forze di polizia e delle polizie locali, agli uffici giudiziari e dei servizi sociosanitari “esclusivamente per la presentazione indifferibile e urgente di denunzie da parte di soggetti vittime di reati o di richieste di interventi giudiziari a tutela di persone minori di età o incapaci, nonché per consentire lo svolgimento di attività di indagine o giurisdizionale per cui è necessaria la presenza della persona convocata”.

L’elenco delle attività senza “green pass”

  • commercio al dettaglio in esercizi specializzati e non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande (ipermercati, supermercati, discount di alimentari, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari), escluso in ogni caso il consumo sul posto;
  • commercio al dettaglio di prodotti surgelati; commercio al dettaglio di animali domestici e alimenti per animali domestici in esercizi specializzati;
  • commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati; commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari;
  • commercio al dettaglio di medicinali in esercizi specializzati (farmacie, parafarmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica);
  • commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati;
  •  commercio al dettaglio di materiale per ottica;
  • commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento.

 


Pagamenti elettronici, sanzioni prorogate. Ma il nodo da risolvere è la sostenibilità economica del Pos

Negli ultimi 5 anni c’è stata un’ascesa irrefrenabile degli strumenti alternativi al contante ma per molte attività i costi non giustificano gli incassi

“È giusto pensare di recuperare con una sanzione interi settori che a oggi non hanno introdotto il Pos e tutti quei commercianti ancora refrattari ma attenzione a non considerare il Pos l’unico strumento di pagamento, in quanto può essere un boomerang per le attività e i consumatori per i costi legati alle operazioni e per l’inflazione che può derivarne. Insomma il tema vero non è tanto quello della proroga delle sanzioni ma piuttosto la sostenibilità economia di questo strumento di pagamento”. È chiaro il commento di Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo, in merito al rinvio delle sanzioni a chi rifiuta i pagamenti con bancomat e carte di credito che, rispetto a quanto previsto in precedenza, è slittato di un anno e dunque al primo gennaio 2023.

La sanzione

L’importo della sanzione rimane fermo a 30 euro, più il 4% del valore della transazione, e la misura verrà applicata a tutti coloro che già dovrebbero accettare carta e bancomat con un Pos.  Già in passato erano stati fatti tentativi in questa direzione mai però trasformati realmente in sanzioni per rendere efficace l’obbligo: a partire dal 2014,all’epoca del Governo Monti, era stato introdotto in Italia l’obbligo per negozianti e professionisti di accettare i pagamenti con Pos, misura poi confermata ed estesa a partire dal 1° luglio 2020 dal decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio. Nessuna delle due norme, tuttavia, aveva introdotto sanzioni per gli esercenti che rifiutavano pagamenti con carte e bancomat.

“Attenzione a puntare il dito – prosegue Fusini – perché ci sono interi settori non del commercio che sono ancora sprovvisti del Pos. Per questo non si può pensare a un obbligo sanzionabile senza prima aver affrontato il tema delle categorie e dei settori che possono essere esonerati. E sia chiaro: non siamo contro la sanzione. Anzi. La misura è stato prorogata in extremis grazie a un emendamento blitz alla Legge di bilancio e al pressing di Confcommercio e dell’onorevole Rebecca Frassini della Lega Nord, relatrice dell’emendamento”.

La crescita dei pagamenti elettronici in Italia

Venendo ai dati, il numero dei Pos attivi negli ultimi 5 anni da fine 2015 a fine 2020 è passato da 1.945.629 a 3.421.602 con un incremento del 75,9% (fonte Sistema dei pagamenti Banca d’Italia. Il numero di carte di credito attive è passato da fine 2015 a 2020 da 13.931.000 a 15.342.000 con un incremento del 10,1% e le carte di debito da 51.256.000 a 59.418.000 con un aumento del 15,9%. Le carte prepagate da 25.482.000 a 31.937.000 con un aumento del 25,3%.
Le operazioni con carta di credito personale sono passate da 616.453.000 a 1.061.003.000 con un incremento del 72,1% e gli importi da 48,054 mld a 64,003 mld con l’aumento del + 33,2%.
Il valore medio di transazione con la carta di credito da fine 2015 a fine 2020 è sceso da 77,95 euro a 60,32 euro. Nello stesso periodo (cinque anni) il valore medio della transazione con carta di debito è scesa da 66,75 euro ad operazione a 46,54 euro.

Bergamo: l’80% delle imprese commercio è provvisto di Pos

Il numero dei Pos presenti nella nostra provincia è stimato tra i 56.000 e i 58.000. La crescita registrata negli ultimi 5 anni è stata nettamente al disotto di quella nazionale essendo il nostro sistema dei pagamenti già attrezzato (si stima intorno al 27%). Se in media è presente il Pos in due su tre delle imprese attive bergamasche la percentuale nel commercio sale all’80%. Un’impresa su 5 non ha ancora il sistema di incasso elettronico.
Il settore del turismo con alberghi e le altre imprese ricettive, ristoranti è coperto al 100%. I bar al 80%. I negozi di abbigliamento calzature, gioiellerie, mobili sono pressoché al 100%. L’alimentare al dettaglio fisso e ambulante è coperto al 90%. Resta ancora bassa al 40% la copertura per agenti di commercio e immobiliari, edicole fioristi e professionisti.

“L’andamento dei pagamenti elettronici degli ultimi 5 anni dimostra l’ascesa irrefrenabile degli strumenti alternativi al contante – conclude Fusini -. L’obbligo introdotto anche senza sanzione ha portato a una crescita del 30% dei Pos in provincia, raggiungendo gli oltre due terzi delle imprese bergamasche e secondo le stime l’80% delle imprese del terziario. Non era quindi necessario introdurre oggi una sanzione postuma che, di fatto, andrà a penalizzare soprattutto coloro che non possono utilizzare i Pos per esigui margini di guadagno. La detrazione fissata dalle legge copre infatti il 50% delle spese e se aggiungiamo i costi supplementari è evidente che l’installazione del Pos è un investimento anti-economico per alcune imprese le cui categorie merceologiche non garantiscono elevati margini di guadagno e di fatto non coprono le spese dell’incasso elettronico”.


Lavoro, in Bergamasca oltre 7000 imprese del terziario fanno fatica a reperire personale

I settori più penalizzati sono quelli della ristorazione e dell’accoglienza: tutti i dati della ricerca di Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo

Oltre 9000 aziende del terziario stanno cercando di inserire una figura nel proprio organico e il 77,5% di queste (circa 7.100) sta registrando difficoltà tnel reperirla. Il settore più penalizzato è quello della ristorazione e dell’accoglienza. Dalle risposte raccolte dagli imprenditori risulta che il rifiuto dipende dalla retribuzione ritenuta poco sufficiente dai candidati, dalla concorrenza di altre imprese e dalle mansioni ritenute poco attrattive. Le aziende richiedono in particolare diplomati. La tipologia contrattuale offerta è il contratto a tempo determinato, a cui segue il tempo indeterminato, il contratto di apprendistato. Il 65% dei contratti a tempo determinato prefigurano un’assunzione successiva. Sono questi alcuni dei dati emersi dalla ricerca sulle Risorse umane contenuta nel Rapporto di ricerca sulle imprese del terziario realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo.

La ricerca di personale

Nonostante le difficoltà del periodo, il 34,7% delle imprese del terziario bergamasco ha avviato azioni per la ricerca di nuovo personale; il profilo maggiormente richiesto è il diplomato (47%), di età tra i 18 e i 24 anni (39%) e senza preferenza per il sesso (57,9% contro il 18% che vuole assolutamente un uomo e il 24% una donna). La tipologia contrattuale offerta è il contratto a tempo determinato (50%), a cui segue il tempo indeterminato (23,8%), il contratto di apprendistato (15,9%). Il 65% dei contratti a tempo determinato prefigurano un’assunzione successiva.

La difficoltà di reclutamento

Tra le imprese che stanno cercando nuovo personale il 39% sta registrando molte o abbastanza difficoltà e il 38,5% poche difficoltà. Solo il 22,5% non registra alcuna difficoltà.

Tra le prime, cioè le imprese che registrano difficoltà, il 60,2% ritiene che l’incapacità di trovare il profilo stia producendo un impatto forte o comunque consistente sull’attività, mentre il 39,8 poco e pur nulla.

Queste difficoltà sono superiori a quelle già riscontrate prima della pandemia: per il 43% molto superiori, il 7,8% superiori e il 25,4 le stesse difficoltà. Solo il 4,1% dichiara minori difficoltà.

Le ragioni

Le imprese che rilevano difficoltà a identificare i profili ricercati imputano le ragioni a retribuzione considerata insufficiente dai candidati per il 38,2%, concorrenza delle altre imprese per il 35,0%, mansioni considerate poco attrattive per il 32,0%, scarsità di personale con competenze adeguate per il 26,9%, orari di lavoro ritenuti pesanti per il 24% e ricollocamento presso settori non colpiti dalla crisi per il 18,0%.

“La pandemia ci ha restituito una crisi occupazionale senza precedenti, un mostro bifronte – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Se molti faticano a trovare lavoro, moltissime imprese non trovano lavoratori. Più di un’impresa su tre del terziario orobico sta cercando almeno una nuova figura da inserire nell’organico. Rapportate all’universo del settore stiamo riferendoci ad oltre 9.100 aziende del terziario bergamasche. Di queste circa 7.100 sta registrando difficoltà di reperimento. Gli impatti presumibili sono l’incapacità di crescere con i volumi di vendita, turno di lavoro massacranti per i titolari ed anche per gli altri dipendenti, rinuncia di parte degli ordini. In un momento di ripresa del commercio paradossalmente il problema delle imprese non è nei consumi, ma nella mancanza di manodopera. L’incapacità di completare gli organici impedisce di cogliere a pieno la ripresa e a volte crea un circolo vizioso ulteriore, perché coloro che lavorano lo fanno a condizioni di maggiore pesantezza”.


Vola il mercato residenziale, male le compravendite di negozi e uffici. Capannoni in ripresa

Case più grandi, efficienti, con giardino o terrazzo vivibile e, preferibilmente, fuori città: presentata la 27ª edizione del Listino dei prezzi degli immobili di Bergamo e provincia

Case più grandi, efficienti, con giardino o terrazzo vivibile e, preferibilmente, fuori città. E se il mercato residenziale vola alto grazie anche ai superbonus fiscali, quello degli immobili commerciali e industriali soffre ancora i contraccolpi della crisi pandemica. È questa la fotografia che emerge dalla 27ª edizione del “Listino dei prezzi degli immobili di Bergamo e provincia” realizzato da Fimaa Bergamo, la Federazione italiana mediatori e agenti d’affari aderente ad Ascom Confcommercio, in collaborazione con Adiconsum, Collegio dei Geometri e Geometri laureati di Bergamo, Consiglio Notarile di Bergamo, Ance, Appe-Confedilizia e con il patrocinio di Provincia di Bergamo, Comune di Bergamo, Camera di Commercio di Bergamo e Università degli Studi di Bergamo.

Presentato venerdì 10 dicembre in Ascom Confcommercio Bergamo, il Listino degli immobili (stampato in 8 mila copie e in vendita in edicola al prezzo di 18 euro) offre un quadro completo sull’andamento del mercato, con tutte le quotazioni per la compravendita e la locazione di appartamenti, box, uffici, negozi e capannoni della città e dell’intera provincia. La nuova edizione contiene le rilevazioni di tutti i paesi della Bergamasca, mentre le quotazioni in città sono suddivise per ogni via e quartiere, con 37 zone di rilevazione e relative mappe aggiornate e ridisegnate.

 Le abitazioni: in città prezzi in crescita soprattutto in centro. In aumento anche in provincia. Aumenta il numero di compravendite
La fotografia scattata dal Listino vede un mercato in ripresa con i prezzi in crescita in città e provincia. Si tratta di una crescita già significativa, che consolida gli aumenti già registrati lo scorso anno e che conferma l’apertura di un nuovo ciclo delle quotazioni. I prezzi tendono quasi tutti a crescere spinti soprattutto dal nuovo con la sua maggiore qualità e dagli immobili da ristrutturare, sostenuti dall’effetto bonus e superbonus. Si registrano le crescite più significative in Città Alta, centralissimo di pregio e centralissimo in tutti i segmenti. Restano perlopiù invariati, i valori degli immobili recenti, quelli che non hanno l’attrattività del nuovo e nemmeno i vantaggi della ristrutturazione. In questo segmento si avverte il ritardo nella ripartenza dei prezzi degli immobili più periferici.
In provincia i prezzi crescono nei centri principali, dove si registra un risveglio della domanda, mentre sono stabili nei comuni più piccoli. Tengono le quotazioni del segmento del nuovo e dell’offerta di qualità. Tiene la domanda a scopo abitativo, alimentata dalle richieste di prima casa e di sostituzione. In generale l’atteggiamento delle famiglie non è più attendista ma desideroso del cambio casa. Torna, dopo anni di stasi, la domanda a scopo di investimento per effetto della pandemia e dei bonus.

Cosa si compra
La tendenza è verso case più grandi e più efficienti. Analizzando le compravendite emerge la richiesta delle abitazioni tra i 100 e i 125 mq (+55%) e quello delle case tra i 70 e i 100 mq (+26%). Richiesti i piano terra con giardino o piano alto con ampi terrazzi, doppi o tripli servizi e una stanza per figlio. Torna lo studiolo per lo smart working.

Dove si compra
La tendenza è quella di comprare fuori città: nell’hinterland le compravendite sono aumentate del 20-25% rispetto alla città che sigla un +15%. In totale tra il 2019 e il 2021 si è registrata una crescita media delle transazioni del 26%.

 

Le locazioni: canoni in risalita in città e in città. Prezzi trascinati dal nuovo di qualità
Se il mercato delle compravendite è in crescita, la rinnovata spinta del settore crea dinamismo anche nel mercato delle locazioni. Restando ancora debole l’affitto turistico è più alta l’offerta di locazione mentre la domanda di affitto è stabile. Manca infatti l’impulso della domanda di famiglie di cittadini stranieri. È l’affitto del nuovo e della casa di qualità, che avviene a prezzi più alti a dare impulso ai prezzi della locazione che in città crescono dell’1,4%. I prezzi degli affitti sono stabili nei principali paesi della provincia, con un leggero aumento dell’1,1%.
Resta prioritaria per i proprietari l’esigenza di selezionare conduttori affidabili e solvibili, anche riconoscendo sconti sul canone. L’accresciuta pressione fiscale spinge a mettere a reddito gli immobili invenduti.

Box
I dati evidenziano una ripresa del mercato e delle quotazioni di acquisto sia in città (dove i prezzi sono più alti) sia in provincia. La crescita della movimentazione dei box dipende dalla ripresa dell’acquisto di casa e dalla crescita degli immobili di qualità che associano al loro scambio un numero più alto di autorimesse pertinenziali.  In calo invece i valori di locazione dei box, che si compra solo se indispensabile e solo se ce lo si può permettere e che per molti è un lusso insostenibile.

Il mercato dei posti auto resta molto variabile, con aree (cittadine e dei principali centri della provincia) in cui i prezzi sono crescenti e altre zone con valori in diminuzione per l’eccesso di offerta. I fattori che incidono sull’andamento dei prezzi sono: la scarsa offerta di posti auto nelle aree di maggior pregio residenziale, l’assenza di parcheggi pubblici o privati in aree centrali e la crescita della domanda di box a scopo di investimento.

I negozi: deboli le compravendite e prezzi in diminuzione. In flessione i canoni
Il commercio continua la sua fase non positiva, sebbene i negozi di prodotti alimentari abbiano mantenuto le vendite durante la pandemia e la spinta all’apertura di nuove attività di somministrazione e vendita per asporto di food renda un po’ dinamico un mercato altrimenti in difficoltà. Il calo dei consumi e il cambiamento delle abitudini di spesa si riflettono sull’andamento dei valori immobiliari. Pochi importanti investimenti con prezzi crescenti non compensano la generalizzata stasi del commercio di vicinato. La difficoltà dell’accesso al credito e le aspettative di scarso guadagno scoraggiano nuovi micro investimenti.

Continua la forbice di mercato. Il nuovo di qualità e le medie superfici che caratterizzano la domanda dei nuovi insediamenti in aree extraurbane e attrattive vedono salire i prezzi. La crisi mette invece ai margini gli immobili e le superfici non più idonee al mercato, mentre la domanda è trainata da attività che mantengono visibilità e passaggio. Terminata la fase dove molti negozi avevano cambiato la loro destinazione da commercio a somministrazione, se ne affaccia un’altra che amplifica la desertificazione. Per questo i prezzi diminuiscono sia nella vendita sia nell’affitto. Il mercato esclude immobili e ubicazioni più marginali e come tale consolida la discesa dei canoni di locazione sia in città, dove gli scambi sono più limitati, sia in provincia. Il numero di transazioni resta basso.

Gli uffici: mercato fermo, prosegue la discesa dei prezzi

Per il mercato direzionale, l’anno appena trascorso è stato sostanzialmente negativo. Poche le scelte di spostamento per lo più di completamento di programmi avviati già da tempo e di strutture di servizi più grandi. L’epidemia ha consolidato la tendenza già in atto da anni. La domanda è debole a fronte di un’offerta di spazi che resta strutturalmente eccedente e che, per la sua scarsa qualità, non riesce ad essere collocata sul mercato. Qualche ufficio viene riconvertito in abitazione per cercare di produrre reddito.

L’incertezza sul futuro ricorso allo smart working crea attendismo nelle stesse imprese e nei professionisti. La debolezza della domanda e la scarsa qualità dell’offerta consolidano la diminuzione dei prezzi di compravendita, con qualche difficoltà in più in centro città e in diverse aree del territorio a forte vocazione industriale che oggi perdono appeal per i servizi collegati. Anche i canoni di locazione sono in diminuzione. Alla bassa domanda si contrappone la bassa qualità degli immobili offerti in locazione e questo riduce l’appetibilità per il trasferimento di imprese e professionisti.  Da anni si registra la forte necessità di nuovi uffici di qualità inseriti in centri direzionale posti vicino alle principali vie di comunicazione e all’aeroporto.

I capannoni: mercato in ripresa per la logistica. In aumento i prezzi

Il mercato degli immobili industriali, rispetto a quello degli uffici e dei negozi, pur continuando a restare debole ha mostrato qualche segnale di ripresa. E’ il settore della logistica che alimenta una domanda di nuovi spazi e trova sbocco nella poca offerta di qualità.  La domanda, pur essendo inferiore a quella di anni fa, non trova sul mercato soluzioni con le caratteristiche desiderate. Esiste una forte offerta di capannoni ma posizionati in zone non corrispondenti alle richieste e si tratta di immobili in gran parte datati e non a norma. Quando l’immobile presenta le caratteristiche richieste l’operazione si chiude velocemente e i prezzi riflettono l’aumento. Per il terzo anno si registra anche un aumento delle quotazioni degli affitti.

La nuova tendenza è la costruzione di capannoni in acciaio, edifici alti 10-12 metri che rispettano le regole antisismiche, con aree esterne per carico e scarico per la circolazione di autoarticolati. Le aree ambite che alimentano la domanda nel settore sono quelle prossime ai raccordi stradali, autostradali, all’aeroporto e vicine a strade di grande scorrimento.

La pandemia segnerà purtroppo in maniera chiara i cambiamenti che già da anni si registravano circa la difficoltà a vendere e locare capannoni non più adatti qualitativamente alla produzione.  Oltre ai grandi insediamenti logistici nella Bassa bergamasca, la domanda si orienta verso strutture medio-piccole, sotto i mille mq. Le superfici medio-grandi sul mercato spesso non rispondono alle esigenze aziendali e le imprese preferiscono cercare terreni su cui edificare nuove strutture.


Nuove frontiere del commercio: un questionario sulle tecnologie digitali

L’iniziativa lanciata da un gruppo di studenti universitari magistrali della Bocconi per un progetto di ricerca rivolto proprio ai negozianti

In quale direzione sta andando il mondo del commercio? E quali sfide deve affrontare per dribblare la crisi che la pandemia ha scatenato? Domande a cui un gruppo di studenti universitari magistrali dell’università commerciale Luigi Bocconi vuole provare a dare risposta proponendo un progetto di ricerca rivolto proprio ai negozianti. Si tratta di un questionario di ricerca che vuole mappare le difficoltà che i commercianti hanno verso l’utilizzo, in modo efficiente, di tecnologie digitali e della competizione patita dai sistemi di compravendita online.
Nell’ultimo anno, a causa della pandemia e della crescita del commercio online, la Confcommercio ha infatti riportato che 70.000 negozi italiani erano a rischio di chiusura definitiva. In particolar modo, solamente nel primo bimestre 2021, gli acquisti presso la grande distribuzione e i piccoli commercianti si sono ridotti, rispettivamente, del 3,8% e 10,7%.  Il corretto utilizzo – e lo sviluppo – di piattaforme digitali potrebbe quindi portare ai piccoli commercianti benefici per resistere a tale competizione e a crescere nonostante le difficoltà portate dalla pandemia e tramite questo breve questionario l’obiettivo è capire meglio la relazione che i negozianti hanno con le tecnologie digitali e contribuire allo sviluppo e alla ricerca di soluzioni digitali appropriate.

I commercianti interessati sono invitati a compilare il questionario (il tempo richiesto per il completamento è inferiore ai 5 minuti) cliccando qui https://unibocconi.qualtrics.com/jfe/form/SV_da5oNfLvvQQeTI2


Quanto costa aprire un negozio a Bergamo? Dai 40 agli 80mila euro

Quest’anno quasi 300 aperture in più. Ma bisogna fare i conti con gli investimenti necessari per avviare l’attività e le difficoltà legate all’accesso al credito

È una ripresa in chiaro scuro quella che sta vivendo il terziario bergamasco. Se da un lato infatti i numeri sorridono al settore in termini di nuove aperture, dall’altro bisogna fare i conti con gli investimenti necessari e l’accesso al credito.
Entrando nel merito dei numeri, si sta registrando l’aumento del numero delle imprese (+ 283 imprese nei primi tre trimestri del 2021). Il dinamismo imprenditoriale bergamasco deve però fare i conti con l’investimento necessario per aprire un’attività commerciale: secondo un’analisi di Ascom Confcommercio Bergamo, infatti, per chi si vuole mettere in proprio l’investimento iniziale è sostenibile per le attività svolte tra le mura domestiche, mentre quelle esercitate in un punto vendita richiedono investimenti più robusti.
“Sono molte le persone che alla ricerca di un lavoro o di una nuova opportunità stanno aprendo nuove imprese commerciali – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Le aperture più gettonate riguardano in questo momento i negozi di prodotti non alimentari (abbigliamento, calzature, cartolerie, casalinghi, articoli regalo ecc); mentre si stanno risvegliando piano piano le aperture relative a nuovi bar, attività tra le più colpite dalla pandemia”.

Quanto costa aprire un negozio

Secondo Ascom Confcommercio Bergamo, per aprire una nuova impresa l’investimento varia a seconda della tipologia: si va dai 2.000 euro per aprire un’attività di vendita on line (per avvio di impresa e iscrizioni alle principali piattaforme), ai circa 40.000 euro per un negozio di 50 mq non alimentare (dove l’acquisto di merci iniziali, i mobili e gli arredi e l’anticipo del canone sono le principali voci di spesa preventiva), ai 70.000 euro – investimento minimo – per un bar di circa 80 mq (dove spesso la voce mobili e arredi è sostituita dalla quota di avviamento pagato anticipatamente al cedente).
“In questo momento la spinta ad aprire nuove imprese e a investire i propri risparmi è alta – conclude Fusini (guarda qui l’intervista su Bergamo Tv) -. Il paradosso è che questi investimenti, che sono significativi per le persone che li realizzano quasi sempre senza sostegno né pubblico né del sistema bancario, risultano per lo più insufficienti per fronteggiare una situazione di mercato di grande concorrenza e di difficoltà. In altri termini aprire costituisce spesso un azzardo. L’entusiasmo della ripartenza non deve far perdere la bussola rispetto alla realtà nella quale il recupero delle attività commerciali e dei pubblici esercizi non è completa rispetto a prima della pandemia. Infine, la richiesta di contributi a fondo perduto non è la soluzione del problema perché le nuove imprese devono rendersi economiche a lungo termine. Meglio puntare a una decisa riforma del sistema fiscale che tocchi tutte le imprese, anche quelle già in attività”.

 

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Confcommercio Milano: petizione online contro i cortei al sabato

Aperta su change.org dopo che i tre sabati “No green pass” sono costati a negozi e locali 10,2 milioni di euro

Confcommercio Milano prende posizione a favore di uno stop al diluvio di cortei dei “No green pass” che ormai ogni sabato bloccano la città. Lo fa attraverso una petizione su Change.org in cui si legge che “Milano produttiva vuole dire con chiarezza che la città non può e non vuole dividersi sulle soluzioni per combattere la pandemia. Milano vuole far sentire la voce pacifica ma ferma della grande maggioranza dei propri cittadini che non condivide la paralisi ogni sabato della città per cortei ripetitivi che spesso non rispettano le regole creando disagi crescenti e rischi per la collettività”. “In vista del periodo natalizio Milano non può accettare, dopo tutta la sofferenza di questo lungo anno e mezzo di pandemia, che si crei un clima di contrapposizione dannoso per la società civile e per il mondo delle imprese”, si legge ancora nella petizione.

Sangalli: “Appello alla responsabilità nel rispetto della libertà di tutti”

“La probabile estensione dell’emergenza sanitaria – commenta il presidente Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio Milano – dimostra che la pandemia resta ancora un problema aperto e una fonte di preoccupazione. Proprio per questo è fondamentale ricordare che è il Covid il nemico comune e non le soluzioni per combatterlo. La petizione che abbiamo voluto lanciare è un appello forte alla responsabilità da parte di tutti, nel rispetto della libertà di tutti. Dopo un anno e mezzo drammatico Milano, e il nostro Paese, hanno assoluto bisogno di tornare a crescere in sicurezza. Tutti insieme per il bene comune e per la libertà”.

 

Tre sabati “No green pass” sono costati a negozi e locali 10,2 milioni di euro

Solo per l’area del centro e corso Buenos Aires il costo delle manifestazioni “No Green pass” è stato di 10,2 milioni di euro negli ultimi tre sabati, ovvero una perdita del 27% del  fatturato di negozi, bar e ristoranti. La stima è dell’Ufficio Studi di Confcommercio Milano effettuata in base a un sondaggio condotto su 613 imprese. “È un bilancio che potrebbe essere ben più pesante se dovesse perdurare questa situazione di caos con un impatto significativo sull’attrattività della città. Chi sarebbe infatti invogliato a recarsi in città – si chiede Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano – sapendo di trovare confusione e disagi per cortei più o meno autorizzati? Il danno economico rischia seriamente di aggravarsi con l’avvicinarsi del periodo natalizio”.

Dal sondaggio emerge che il 70% si dice favorevole all’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro e che il 73% non ha riscontrato criticità legate al relativo controllo. Il 71%, poi, risente ancora dei danni subiti per effetto dell’emergenza Covid, percentuale che si innalza nella ristorazione: 86%. Il 68% delle imprese, infine, ritiene non condivisibili le proteste anti green pass e il 16% chiede percorsi definiti e un maggior controllo da parte delle forze dell’ordine.

 

 

 


Distretto del commercio di Seriate: un bando comunale per sostenere le spese delle imprese di vicinato

I fondi messi a disposizione sono pari a 22.500 euro. Domande entro il 26 ottobre per lavori già realizzati e rendicontati entro il 15 settembre

L’Amministrazione comunale indice un nuovo bando a sostegno degli investimenti sostenuti da micro, piccole e medie imprese del Distretto del Commercio (DUC) Città di Seriate a causa dell’emergenza sanitaria Covid -19. I fondi messi a disposizione, pari a 22.500 euro, sono il residuo del bando regionale che nel 2020 mise a disposizione 100 mila euro per rilanciare e incrementare la competitività degli esercizi commerciali interni all’area distrettuale, elevarne l’attrattività dell’offerta e la qualità urbana. Tale avanzo è dettato dalla non regolarità di alcune attività che avevano presentato domanda la scorsa estate. Sono ammissibili al nuovo bando comunale le imprese commerciali che hanno già sostenuto spese pertinenti e imputabili al progetto di rilancio e i cui giustificativi di spesa decorrano a partire dal 5 maggio 2020 fino al 15 settembre 2021.
“Questo nuovo bando comunale ha lo scopo di assegnare delle risorse alle attività di vicinato del Duc che lo scorso anno non hanno potuto usufruire o aderire ai fondi regionali o perché non in regola con i contributi o perché non avevano ancora deciso di realizzare dei lavori per il rilancio delle proprie imprese, poi fatti, o perché non a conoscenza del bando regionale – dichiara l’assessore al Commercio, Gila Cremonini –. La differenza sostanziale tra il primo bando regionale e questo comunale è che ora i lavori devono essere già realizzati e rendicontati entro il 15 settembre, così da elargire i contributi man mano che arriveranno le richieste regolari, fino a esaurimento del fondo”.

Le risorse regionali rimesse a disposizione dal Comune di Seriate per le imprese del Duc:

• mantenere e favorire la crescita del tessuto economico locale
• favorire lo sviluppo e il miglioramento qualitativo dei servizi offerti dalle realtà economiche ai residenti e ad eventuali visitatori dell’area
• migliorare il posizionamento competitivo delle imprese del territorio
• contribuire alla nascita di sinergie tra diversi ambiti dell’economia locale
• rigenerare il tessuto urbanistico/economico per mantenere vivo l’aspetto di socialità di piazze e vie
• sostenere le imprese nell’importante processo di cambiamento legato alla rivoluzione digitale, che ha mutato le abitudini e i comportamenti di acquisto dei consumatori.

Il contributo regionale sarà calcolato nella misura massima del 50% delle spese sostenute dai negozianti a partire dal 5 maggio 2020 e fino al 15 settembre 2021 e riguardanti:

– opere edili private (ristrutturazione, ammodernamento dei locali, lavori su facciate ed esterni ecc.)
– installazione o ammodernamento di impianti
– arredi e strutture temporanee
– macchinari, attrezzature e apparecchi- veicoli da destinare alla consegna a domicilio
– realizzazione, acquisto o acquisizione tramite licenza pluriennale di software, piattaforme informatiche, applicazioni per smartphone, siti web ecc.
– materiali per la protezione dei lavoratori e dei consumatori e per la pulizia e sanificazione dei locali e delle merci
– spese per eventi e animazione
– spese di promozione, comunicazione e informazione a imprese e consumatori
– affitto dei locali per l’esercizio dell’attività di impresa
Le domande di agevolazione dovranno essere presentate sino alle ore 12 del 26 ottobre 2021.
La documentazione si può scaricare dal sito comunale al seguente link https://www.comune.seriate.bg.it/servizi/notizie/notizie_fase02.aspx?ID=47888.

Per informazioni: tel. 035.4120123 – consulenza@ascombg.it.