L’arte dei pizzaioli napoletani è entrata nel patrimonio Unesco, ma l’idea di fusione tra cucina e pizzeria è nata ben lontana dal Vesuvio. A Verona, Simone Padoan, nel 1999, ha aperto il nuovo millennio con la sua proposta da degustazione. Da allora non si esce solo per una pizza dopo il cinema, ma si sperimentano accostamenti arditi, spicchio dopo spicchio. Chef-pizzaioli si cimentano in tecniche d’alta cucina, lievitazioni da calende greche, farine macinate a pietra e abbinamenti ricercati. Come ogni tendenza, c’è chi la sposa per business senza preparazione e chi alza i prezzi alle stelle in cerca di notorietà. Ne abbiamo parlato con il maestro Padoan e con chi è impegnato ogni giorno a portare la pizza nel mondo, Tiziano Casillo, docente dell’Accademia del Gusto. Non mancano le dritte e gli indirizzi bergamaschi per gustare un’ottima pizza.
Simone Padoan: “Non chiamatela “gourmet”. Oltre i 50 euro è solo provocazione”
Simone Padoan, indiscusso maestro e fautore della pizza da degustazione (odia il termine gourmet, “E’ troppo elitario”), ha scelto questa professione per caso: “L’alberghiero di Recoaro era la scuola più vicina alle piste da sci e la discesa libera era la mia vera passione” confessa. A 16 anni abbandona gli studi per lavorare in pizzeria da uno dei suoi otto fratelli. A 23 anni apre il suo locale, I tigli di San Bonifacio, tra Verona e Vicenza: è il 1994 e nel giro di qualche anno, nel 1999, nasce la pizza da degustare a spicchi, realizzata con ingredienti d’eccezione e tecniche d’alta cucina. “La nostra rivoluzione è stata inconsapevole – minimizza Padoan-. Volevamo solo creare qualcosa di diverso per dare valore al nostro mestiere e alla pizza, troppo spesso vista come alternativa al fast food”. Si parte dalla lievitazione naturale: “La pasta madre va curata ogni giorno: la complessità aromatica unica ripaga da ogni fatica” spiega. Sette le tipologie di impasti diversi per oltre 25 proposte in carta: “Una base di mais si abbina a baccalà e gambero in ceviche, quella di segale e avena alle verdure, mentre il pan brioche a hamburger e foie-gras. Aggiungo semi all’impasto per burrata e crudo”. Non mancano omaggi alle sue origini e alla tradizione veneta, come la pizza con raperonzolo stufato con lardo fuso e pasta di salame: “Non posso scegliere il km zero perché le migliori mozzarelle e burrate arrivano da lontano, ma nella nostra dispensa- con le uniche eccezioni di stoccafisso e foie gras- ci sono solo prodotti italiani”. Ogni ricetta ha due, quattro ingredienti al massimo e altri tre per bilanciare e accompagnare:”La mia è una cucina di pancia: il piatto deve regalare un’emozione diretta e viscerale”. I prezzi, dato che c’è chi ha in carta pizze che superano i 150-200 euro? “Se ne sentono di ogni, è un modo di farsi pubblicità per un giorno sui giornali- dice con disappunto-. Da noi si va dai 9 ai 36 euro per la versione con i gamberi rossi. La più costosa in assoluto è quella al tartufo bianco, in carta a 50-55 euro. Otto uova di quaglia in camicia, carpaccio di manzo marinato e generose scaglie di tartufo bianco”. Simone Padoan propone anche l’abbinamento con vini naturali a fermentazione spontanea, oltre a qualche birra artigianale. “I tigli” Via Camporosolo, 11. San Bonifacio (Vr) 045 610 2606
Gli indirizzi bergamaschi
Pizze da veri re al Castello
Fabrizio Pasinelli ha iniziato più di vent’anni fa come aiuto pizzaiolo a Palazzolo sull’Oglio, prima di aprire il suo primo locale l picari ad Antegnate. Nel 1992 ha cambiato vita e in Umbria ha fondato un’azienda di agricoltura biodinamica. Ma il richiamo della pizza è stato più forte e nel 1998 ha inaugurato a Cividate al Piano la “Pizzeria Castello”. Nel 2008, conquistato dalla rivoluzione di Simone Padoan, ha introdotto in menù pizze “gourmet”, pezzo forte del locale. Da giugno ha raddoppiato con il ristorante: ai fornelli la figlia Francesca , laurea all’Alma e esperienza stellata a La fenice di Ragusa. Lunghi tempi di lievitazione- 48 ore in cella più 16-18 ore di pre-impasto – e cottura in forno a legna (con carpine, frassino, quercia e faggio) sono i segreti della sua pizza. La carta segue la stagionalità di ingredienti selezionati con cura, molti a presidio Slowfood. D’inverno la scarola dei Colli si abbina a sgombro in oliocottura, in primavera le fave fresche danno colore a una cacio e pepe, con guanciale croccante, d’estate la mozzarella di bufala dà il meglio di sé con San Marzano, filetti di acciuga Cantabrica, zenzero e scorza di limone e un giro di olio siciliano. La burrata si sposa a crudo di Parma Riserva, la cipolla di Tropea si abbina all’nduja per un gusto pieno e deciso.
Pizzeria Castello, Piazza Castello, 4- Cividate Al Piano. Tel. 0363 976815
La lanterna, riflettori puntati sul territorio
La pizza d’autore si spinge fino in quota: La lanterna di Dorga, a Castione della Presolana, è un indirizzo ormai di riferimento per scoprire a seconda della stagione versioni gourmet e a km zero. Ian Spampatti, dopo la scuola alberghiera di Clusone, dove ha studiato da chef e uno stage da Luca Brasi alla Braseria, seguito da un’esperienza da Cesira al Passo della Presolana, ha deciso di continuare la tradizione di famiglia nella ristorazione, aprendo quattro anni fa il ristorante pizzeria “La Lanterna”. Negli ultimi sei mesi la scelta di puntare esclusivamente sulla pizzeria tradizionale, da degustazione e in pala alla romana. Il campione MasterPizza omaggia il territorio, dai formaggi della Val di Scalve alla farina di mais rostrato rosso di Rovetta, proposti con salsiccia sbriciolata. Asparagi verdi, bianchi e viola cotti sottovuoto e passati in padella si abbinano a pomodoro Petrilli di lucera, fonduta di parmigiano e polvere di capperi di Pantelleria. Non mancano versioni veg, come quella con carota e ravanello marinati in aceto di lamponi e pomodoro arrostito al forno.
La lanterna, Via Fantoni, 4, Dorga- Castione della Presolana. Tel: 0346 32196
Il posto giusto dove trovare i campioni della pizza
Inevitabile per uno chef proporre la sua idea di cucina su pizza. Salvatore La Porta, siciliano di Piazza Armerina, con alle spalle una lunga gestione di locali, tra cui “La Cascina dei Frati” di Brusaporto, da otto anni si è dedicato alla pizzeria, nel suo Al posto giusto di Tagliuno a Castelli Calepio, che gestisce con la figlia Valentina. Il loro ultimo riconoscimento è l’argento ai Mondiali della Pizza di Parma, con “Anteprima”: base in pala alla romana, fior di latte, caponata scomposta al profumo di fieno, petali di baccalà al finocchietto selvatico, gambero di Mazara del Vallo e guanciale croccante. In carta altre pizze d’autore, alcune dedicate alla famiglia, tra cui quella alla moglie Donatella. Il petto d’oca si abbina all’aceto balsamico e il crudo affumicato del Trentino al pomodoro pendolo del Vesuvio. Da non perdere la Fra’ Ambrogio, con gambero rosso di Sicilia, julienne di seppie e bottarga.
Al posto giusto, Via Aldo Moro, 19, Tagliuno-Castelli Calepio (Bg). Tel: 035 848411
L’esperto
Tiziano Casillo: “La pizza perfetta si fa con orologio e bilancia”
Tiziano Casillo è impegnato,tra un volo intercontinentale e l’altro, a diffondere tecniche e cultura della buona pizza nel mondo. La versione gourmet, in continua ascesa, contribuisce ad innalzare la qualità. “Ci si avvicina così alla cucina, dalla selezione delle materie prime al rispetto della stagionalità. Molti la propongono perché di moda, ma pochi la preparano a regola d’arte'”.
Oltre al topping le attenzioni partono dall’impasto:”La farina a doppio zero cede il posto a integrali e semintegrali. Si allargano gli orizzonti ad altri cereali, dal farro all’avena, all’orzo e persino al riso venere”. Casillo smonta convinzioni e luoghi comuni: “Partiamo dalle lievitazioni lunghe: non sono necessariamente sinonimo di qualità. Devono essere corrette più che lunghissime e comunque non superare le 24 ore”. Anche il lievito madre non è di per sé indice di qualità: “E’ difficile da gestire e richiede competenze che in pochi posseggono. Molti lo utilizzano con il lievito di birra a supporto della lievitazione”. Casillo fa ordine anche su pre-impasti e bighe: “Si parla spesso a sproposito di biga per definire un pre-impasto. Pochissimi hanno un “ferma-biga”, cella di lievitazione che la mantiene 16-18 gradi per 16-18 ore. Per tutti gli altri c’è il frigorifero”. Anche il forno a legna, che da sempre viene segnalato sin dall’insegna, non è una garanzia: “E’ l’elevata temperatura a fare una buona pizza e non la combustione del legno. La pizza napoletana richiede da disciplinare il forno a legna, l’unico in grado di portare la temperatura a 450 gradi. Ma ormai i forni elettrici raggiungono queste temperature infernali”. Nelle pizze gourmet si parla spesso di doppia cottura, prima al vapore e poi in forno: “La pizza, come il pane, cuoce per evaporazione della sua acqua. L’umidità dà solo la possibilità di svilupparsi di più”. L’impasto della pizza in pala alla romana, con oltre l’80 per cento di acqua, è la nuova tendenza: “Si presta molto per pizze “gourmet”. Nella classica e popolare versione allungata della pala e’ ideale al taglio, in stile street food”. Sulla farcitura le regole seguono la qualità: “Un equilibrio tra ingredienti freschi e di stagione, giuste consistenze e un contrasto tra sapidità e acidità’. L’abc? Una buona mozzarella, un buon pomodoro e un buon olio. La mozzarella deve essere fatta con il latte e non con cagliate estere. Non può costare 4 euro al chilo, per intenderci, perchè un litro di latte non costa 37 cent”. La ricetta della pizza perfetta? “E’ realizzata in modo tecnicamente corretto e segue procedure standardizzate. Servono basi certe, bilanciamenti, rispetto dei tempi e grammature. La mal gestione della mozzarella, ad esempio, può far perdere ad una pizzeria 12 mila euro”.