Forse non hanno molti torti quelli che dicono che il tallone d’Achille dei leghisti è l’economia. Nel senso che quando devono passare dalle declamazioni tonitruanti ai fatti mostrano idee pasticciate e contraddittorie, certo non riassumibili in una vera e propria piattaforma programmatica come si converrebbe ad una forza politica che aspira, assumendo la leadership del centrodestra, a guidare il Paese. Due casi fra i tanti, presi dalle notizie degli ultimi giorni, aiutano a capire cosa intendiamo.
A proposito dell’ipotesi di aggregazione tra Sea e Sacbo, per le quali si profila la nascita di una nuova società partecipata in maniera diversa da entrambe (quella che si definisce “newco”), il presidente della Regione Roberto Maroni ha fatto sapere che sarebbe interessato ad entrare nella compagine azionaria. “Non per comandare – ha tenuto a precisare con involontario umorismo – ma per favorire lo sviluppo del sistema aeroportuale lombardo”. Di qui la disponibilità ad investire svariate decine di milioni di euro per acquisire una partecipazione. Benissimo. Ma c’è da chiedersi dove viva il governatore leghista e se non possa spendere qualche minuto del suo preziosissimo tempo per cercare di capire cosa sta avvenendo nel mondo aeroportuale italiano ed europeo. Perché è l’esatto contrario di quel che pensa lui. La parola d’ordine è privatizzare, altro che investire nuovi soldi pubblici nelle società di gestione. Che poi si scelga la vendita di pacchetti azionari a grandi realtà che fanno quello di mestiere o si preferisca la via della quotazione in Borsa, quel che è certo è che la stagione delle partecipazioni statali, o regionali in questo caso, è irrimediabilmente, e giustamente, finita. Senza dire che, per quanti soldi possa metterci Maroni (per conto dei contribuenti lombardi, non scordiamocelo), la quota che potrebbe arrivare a detenere la Regione sarebbe comunque modesta, non tale da influire in alcun modo nelle decisioni. E allora, cui prodest? Non è gestendo aeroporti, come un tempo lo Stato produceva panettoni, che il Pirellone può essere utile. Semmai bisogna lavorare per creare tutte le condizioni, infrastrutturali e non, perché gli scali possano svilupparsi al meglio. A ciascuno il suo, insomma. La Regione si batta e investa per strade e autostrade, per collegamenti moderni e tecnologicamente all’altezza dei tempi. Alla gestione del traffico aereo baderà meglio chi ha come sua ragione di vita (e di business) questo compito. Solo così ognuno è in grado di essere utile e complementare all’altro, senza quelle invasioni di campo tra controllati e controllori che anche nella modesta realtà bergamasca hanno dato e danno parecchi problemi.
Ma il singolare modo di vedere l’economia da parte dei leghisti emerge anche dalla discussa vicenda della chiusura dello stabilimento della Faac di Grassobbio. Come è noto, il leader del Carroccio Salvini ne ha fatto un cavallo di battaglia dopo aver scoperto, con ritardo di qualche mese, che la proprietà della società appartiene alla Curia di Bologna (che l’ha ricevuta in eredità). Il ragionamento leghista è semplice: se il padrone è la Chiesa, per sua natura il soggetto che aiuta i deboli e censura chi non lo fa (vedi le polemiche sui rifugiati), come fa a lasciare per strada 50 lavoratori? E’ uno scandalo, qui si predica bene e si razzola male, hanno gridato a più voci dal palco della Bèrghem Fest. La fabbrica avrebbe dovuto rimanere aperta, comunque. Ma visto che il danno è stato fatto, pur avendo la Faac conti floridi, beh allora, è stata l’ultima trovata di Salvini, si devolvano ai lavoratori licenziati gli utili che la società genera. Davvero un gran bel ragionamento, che verrebbe quasi voglia di sottoscrivere entusiasticamente se non fosse che qualche dubbio si insinua nella mente. Per esempio, la Faac è una società per azioni che opera sul mercato, soggetta alla concorrenza del libero mercato, e quindi obbligata a muoversi secondo le leggi dell’economia, oppure è un ente di volontariato, di assistenza ai lavoratori, un mutuo soccorso? Per stare in piedi e svilupparsi (e quindi continuare a garantire occupazione a centinaia di persone) la società deve seguire una sua strategia, certo non unica e quindi soggetta a legittime critiche, che può magari comportare anche qualche soluzione dolorosa, o deve perseguire logiche assistenzialistiche? Se un giorno dovesse accusare delle perdite potrebbe chiedere ai lavoratori di contribuire al ripianamento con i loro stipendi? E ancora, come è già stato osservato, perché la Lega stessa quando si è trovata a non avere più quattrini in cassa ha messo sul marciapiede una settantina di lavoratori? Non potevano, Salvini e i suoi, tagliarsi un pezzo del lauto stipendio che ogni mese incassano per assicurare ai loro (ex) dipendenti un salario? I grillini, per esempio, destinano buona parte del loro emolumento a un fondo destinato alle piccole e medie imprese. Qui, in definitiva, si trattava di una operazione minore. Ma non è stata nemmeno presa in considerazione. E allora viene il sospetto, o qualcosa di più, che pur di scatenare contro la Chiesa una polemica velenosa si sia lasciata da parte la coerenza. Vizi privati e pubbliche virtù, si diceva un tempo. Per Salvini vale ancora oggi.