I consumatori stanno perdendo il gusto di fare acquisti. L‘appetito del consumatore, che si pensava insaziabile, sta prendendosi una pausa, forse di riflessione. Non lo dico io, ma giganti come Apple e Ikea, che rappresentano il pinnacolo del consumismo degli ultimi dieci anni. Oggetti belli, utili e a cui ambire nel caso di Apple, accessibili e democratici nel caso di Ikea. Guardando agli ultimi risultati pubblicati qualche settimina fa dal gigante di Cupertino, le vendite di Iphone sono stagnanti, mentre quelle di Ipad, sono passate dai 21 milioni del 2014 ai 16 milioni del 2015. Ikea, che ci ha venduto candele e accessori per la casa, quando invece volevamo comperare solo un paio di mensole, lo ha capito prima degli altri. Sa che le nostre case, probabilmente più piccole di quelle in cui abitavano i nostri genitori, sono ormai piene di candele, tappeti e appendiabiti, magari proprio targati Ikea. Sanno che, per continuare a venderci nuove librerie Billy e divani letto con nomi di tennisti svedesi, ci devono aiutare a disfarci di quelle precedenti. E visto che un mobile Ikea non sopravvive ai traslochi, e soprattutto, una volta montato, non può essere smontato e rimontato in una nuova casa (e qui parlo per esperienza personale), ha pensato di offrire un servizio di riciclo, che verrà presto lanciato nel nostro continente.
Ormai sembra che solo i paesi in via di sviluppo vogliano comperare ai ritmi serrati con cui compravamo venti o trent‘anni fa. I migliori capitalisti hanno sempre saputo che le società inique non sono un terreno fertile dove fare affari e crescere, per questo Henry Ford decise di pagare bene, e di gran lunga al di sopra della media, i suoi operai. Da questa settimana Walmart, la catena di supermercati più grande degli Stati Uniti, ha iniziato a pagare un minimo salariale di dieci dollari all´ora ai suoi 1.4 milioni di dipendenti. In termini economici, si tratta di un passaggio degli introiti dal capitale alla forza lavoro. Visto che Walmart si trova sulla stessa barca di Ikea e Apple, con i consumi stagnati e, per certi prodotti, con il segno meno, ha quindi deciso di dare un incentivo ai propri dipendenti, rendendoli più motivati, e probabilmente felici. Con questa mossa, fa inoltre capire ai propri clienti, milioni e milioni in tutta America, che le loro spese quotidiane non vanno ad arricchire soltanto gli azionisti, ma servono a migliorare la vita di chi riempie gli scaffali e sta alle casse. Quando le società occidentali erano povere, rispetto ad adesso, gli economisti si concentravano su come stimolare i consumi e come produrre maggiori quantità di beni. Oggi la domanda che i consumatori si fanno davanti ad un acquisto è spesso: “mi renderà felice?”. Molti di noi hanno lavori che non rendono soddisfatti, che servono a comperare il nuovo tablet o pagare le vacanze. Oggetti o esperienze che hanno lo scopo di rendere sopportabile la nostra esistenza, non certo di migliorarla o di farci, magicamente, fare cose interessanti sul lavoro, o avere un impatto positivo sugli altri.