Regione europea della gastronomia, un’occasione che Bergamo non può perdere

Regione europea della gastronomia, un’occasione che Bergamo non può perdere

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Il 2017 sarà un anno davvero importante per Bergamo: la città diventerà capitale del progetto regionale ERG (European Region of Gastronomy) che, a partire da Expo 2015, coinvolge quattro territori lombardi: Bergamo, Mantova, Cremona e Brescia.

ERG promette di funzionare come un vero motore per il turismo enogastronomico interterritoriale e questa è un’opportunità che Bergamo non può lasciarsi scappare. Il turismo enogastronomico è una risorsa che il nostro territorio deve valorizzare ulteriormente e in grado di coinvolgere un panorama davvero ampio: dall’area produttiva a quella della lavorazione, dalla ricettività alla ristorazione fino al turismo e al terziario.

Il progetto ERG ha già dimostrato di poter portare sui territori persone e fondi. Quello che lascia un po’ perplessi, tuttavia, è l’incertezza riguardo a come e in che comparti, tali risorse possano essere indirizzate e utilizzate.  Senza voler puntualizzare eccessivamente, quest’estate ho visitato Toledo (è una delle ERG del 2016): accattivante l’enorme telo posto sulle mura all’ingresso della città per evidenziare il titolo acquisito di Regione Gastronomica Europea per il 2016. Peccato però scoprire che i contenuti non erano poi così evidenti, anzi. È stato quasi impossibile accedere a un itinerario o proposta gastronomica realizzata per tale circostanza e mi sono chiesto dove fossero i contenuti di questo splendido contenitore. Impensabile quindi immaginare che fondi provenienti da un tipo specifico di turismo, come quello enogastronomico, possano essere investiti ed utilizzati a supporto di ambiti che nulla hanno a che vedere con la fonte originaria.

È il momento di essere chiari: il turismo enogastronomico è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, è giusto quindi che gli introiti che arrivano da questo tipo di ambito trovino sbocchi in investimenti destinati a supportare e incrementare l’offerta rivolta all’eno-gastro-turista stesso. Quello che è davvero importante tenere a mente è che mai come in questi casi è importante agire in filiera: non mi piace parlare di kilometro zero come filosofia di sviluppo. Qui si tratta di fare i conti e di parlare di economia: è importante che i fondi destinati a questo tipo di attività e i ricavi che arriveranno dal circuito del turismo enogastronomico vengano re-investiti sul territorio stesso a partire dall’area produttiva, fino ad arrivare all’offerta turistica e culturale del territorio, senza poi parlare di come tutti gli operatori, nessuno escluso, debbano contribuire in modo concreto a questa incredibile opportunità.

Non è pensabile che il turista che nel pomeriggio ha visitato dei vigneti in Valcalepio arrivi a cena in un ristorante locale e non trovi in carta il vino del territorio. Allo stesso modo è impensabile per un visitatore arrivato sul nostro territorio, per approfondire la conoscenza dell’ampio panorama dei formaggi orobici (non dimentichiamoci che deteniamo il primato europeo di formaggi Dop) non poterli apprezzare nei piatti che degusta durante la giornata.

Non si tratta di mera facciata o di filosofia della cooperazione spiccia; si tratta di economia: è giusto che il territorio aiuti il territorio e che le risorse a disposizione, nonché quelle create da questa opportunità, vengano reinvestite in quello stesso settore per poter alzare ancora di più il livello dell’offerta.