Saper riconoscere i grassi buoni, diversificare le ricette, unire salute e alimentazione: ne abbiamo parlato con la biologa Anna Villarini, nutrizionista dell’Istituto nazionale dei Tumori di Milano
Che il grasso faccia male alla linea e alla salute è ciò che ci hanno a lungo fatto credere. Ma oggi si sa che non è così. Ci sono grassi saturi, che se consumati in eccesso possono arrecare danni alla salute, e quelli insaturi, preziosi per il nostro benessere. Ma quali sono i grassi buoni che non devono mai mancare? Tutti conosciamo gli Omega-3 contenuti nel pesce grasso o l’acido oleico dell’olio extravergine di oliva. Ma non sono gli unici, come ci spiega la biologa Anna Villarini, nutrizionista dell’Istituto nazionale dei Tumori di Milano, fresca di pubblicazione de “La Dieta Totale. Difendere e proteggere tutto l’organismo in 16 passi e 80 ricette” (scritto con la collaborazione della giornalista di “Cook” Isabella Fantigrossi).
Omega-3 ma non solo giusto?
Gli Omega sono gli acidi grassi polinsaturi ed essenziali più diffusi ma non sono gli unici: carni bianche e vegetali come semi di girasole e zucca sono infatti ricchi di Omega-6, mentre gli Omega 3 sono contenuti nel pesce grasso ma anche nella frutta secca e in certe piante selvatiche. Penso alla Portulaca che oggi la si trova più nei vivai come pianta ornamentale che non nei supermercati: fa strano pensare che è un’erba spontanea e commestibile che cresce sui marciapiedi ed è ricca di Omega-3.
E l’acido oleico?
È il componente fondamentale dell’olio extravergine d’oliva (Evo) ovviamente il migliore e il più leggero in cucina da ben distinguere dal “cugino” non extravergine che è un olio raffinato e contiene grassi poco sani.
A proposito, come distinguere un olio puro da uno raffinato?
Il processo di raffinazione è indicato in etichetta e non riguarda solo l’olio di oliva. Bisogna stare attenti a tutti gli oli di semi. Dall’estrazione meccanica a freddo si ottiene l’olio di semi indicato in etichetta come “di prima pressione o spremitura”, che non viene secondariamente raffinato e permette di mantenere inalterate le proprietà nutritive: vitamine, sali minerali e acidi grassi polinsaturi. Appurato che è meglio scegliere un olio di spremitura, il mio consiglio è di consumarlo sempre a crudo per godere a pieno dei suoi benefici.
E quando, invece, gli oli subiscono un processo di raffinazione ?
Questo processo distrugge le vitamine e gli acidi grassi insaturi contenuti nell’olio naturale, oltre a contribuire alla formazione di acidi grassi trans, considerati potenzialmente nocivi per la salute e primo fattore di rischio di malattie cardiovascolari.
Che differenza c’è tra olio di sesamo e olio di lino?
Quello di sesamo ha la particolarità che contiene il sesamolo che è un potente antiossidante che protegge anche l’olio. L’importante è consumarlo crudo. L’olio di lino, invece, contiene molti Omega-3 ma bisogna stare attenti a scegliere le bottiglie giuste che in commercio sono al massimo di 250 ml e con vetro scuro. Viene infatti imbottigliato in questo modo per essere protetto dalla luce e dall’aria e, una volta aperto, va consumato entro 30 giorni e conservato in frigorifero.
Quando si parla di grassi buoni si pensa anche alla frutta secca?
Certamente e fa molto bene proprio per i grassi che contiene, soprattutto le noci che sono le più ricche di Omega-3. Attenzione però che è molto calorica ed è meglio non superare i 30 grammi al giorno, l’equivalente di 7 noci o 15 mandorle.
Qual è la sua top 5?
Al primo posto gli Omega-3 contenuti nel pesce, sono quelli che servono di più al nostro organismo perché “essenziali”, cioè il corpo non riesce a produrli. Poi l’acido oleico contenuto nell’Evo, a seguire gli oli di semi di lino e di sesamo. Infine, il burro di cocco che contiene grassi saturi ma a catena corta. Suggerisco anche l’avocado che è ricco di grassi insaturi e secondo quello che sta emergendo dalla ricerca aiuta a migliore il sistema immunitario che di questo periodo non fa male.
A proposito nel suo libro dà molto risalto alla dieta vegetariana: è un caso?
In realtà ci sono anche alcune ricette a base di carne bianca (poche) e prodotti ittici, mentre non c’è carne rossa, salumi e formaggi. Ma non è un discorso di ‘aut aut’ piuttosto e semplicemente perché noi italiani tendiamo a consumarne in quantità eccessive. Con il mio libro ho l’ambizione di promuovere un’educazione alimentare che ruota attorno al concetto di una cucina sana e bilanciata per le 4 stagioni dell’anno. E con le ricette curate da Alessandra Avallone l’invito è di trovare un’alternativa, magari anche più gustosa della solita fettina di carne o pezzetto di formaggio.
Ma quindi grassi buoni e cucina gourmet possono coesistere?
Eccome. Occorre però fare un salto culturale e imparare a osare di più. Essere gourmet vuol dire anche tener conto della salute e per questo fare un piatto buono ma non sano non è gourmet.
E qualcuno si sta muovendo in questa direzione?
Si penso a Sergio Barzetti, noto al grande pubblico per la sua collaborazione tv a La Prova del Cuoco, o Moreno Cedroni chef stellato che con il suo ristorante ha fatto da testimonial all’Airc. E poi Stefano Pace, chef del ristorante L’Orangerie all’interno dell’Hotel Terme di Sirmione, con il quale ho lavorato piacevolmente per un progetto sulla sana alimentazione. Un altro progetto pronto a partire si chiama “È tempo di vita” e lo seguirò insieme alla foodblogger Chiara Maci.
Quindi i grassi buoni possono dare gusto e valore a un piatto…
Certo e infatti tutti questi chef mi hanno insegnato diversi trucchetti. Penso alla maionese senza uova ma ottenuta da un olio di semi di spremitura e da bevanda di soia o di mandorla non zuccherate. Una maionese al cento per cento vegana ma sfido chiunque a distinguerla da quella tradizionale.
In conclusione, lei che consiglio darebbe a un ristoratore?
Di studiare, investire in ricerca e di provare a farsi affiancare da un nutrizionista attento a questi temi e all’evolversi della ricerca scientifica. Salute e alimentazione, del resto, sono un binomio imprescindibile.